La storia della Repubblica Italiana riguarda gli eventi attinenti alla storia d'Italia che si sono succeduti a partire dal 1946; la storia repubblicana viene generalmente divisa nelle fasi della prima e della seconda Repubblica.
Il centrismo e il dopoguerra (1946-1963)
[modifica | modifica wikitesto]L'istituzione della Repubblica
[modifica | modifica wikitesto]La Repubblica Italiana nacque il 2 giugno 1946, in seguito ai risultati del referendum istituzionale indetto quel giorno per determinare la Forma di Stato dopo la fine della seconda guerra mondiale. I risultati furono proclamati dalla Corte di Cassazione il 10 giugno successivo: la repubblica ottenne il 54% dei consensi e i ricorsi concernenti presunti brogli circa la legalità dello svolgimento della consultazione furono respinti il seguente 18 giugno.
Nella notte tra il 12 e 13 giugno 1946, nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, il presidente Alcide De Gasperi, preso atto del risultato referendario, assunse le funzioni di Capo provvisorio del nuovo Stato repubblicano. Messo di fronte al fatto compiuto, l'ormai ex re Umberto II, rimasto in carica soltanto un mese e per questo soprannominato "re di maggio", lasciò polemicamente e volontariamente il paese il 13 giugno.
Oltre che per il referendum, si votava per l'elezione di un'Assemblea Costituente che avesse il compito di dare all'Italia una nuova Costituzione: primo partito risultò la Democrazia Cristiana, seguita dal Partito Socialista Italiano e dal Partito Comunista Italiano. Il Partito d'Azione, invece, a seguito del risultato deludente, si sarebbe sciolto nel 1947. Fu la prima consultazione politica alla quale partecipavano anche le donne italiane.
Alla sua prima seduta, il 28 giugno 1946, l'Assemblea Costituente, sotto la presidenza di Giuseppe Saragat, elesse quindi Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, con 396 voti su 501, al primo scrutinio. De Nicola poi sarà il primo ad assumere le piene funzioni di Presidente della Repubblica Italiana il 1º gennaio 1948.
In quegli anni l'Italia operò le scelte decisive che avrebbero determinato il proprio destino: guidata da De Gasperi, che presiedeva un governo di unità nazionale composto dai tre partiti antifascisti del Comitato di Liberazione Nazionale, l'Italia accettò di entrare a far parte della sfera di influenza atlantica, filoamericana e anticomunista, contrapposta al blocco sovietico. Questa collocazione accese una competizione politica tra i due maggiori partiti, la DC e il PCI. Quest'ultimo rimarrà da allora confinato all'opposizione per via dei legami ideologici e finanziari con l'Unione Sovietica,[1] legami che avrebbero provocato, nel caso di una sua entrata al governo, una rottura dell'alleanza internazionale con gli Stati Uniti e degli accordi di Yalta. Un tale assetto politico priverà inoltre l'Italia di una logica dell'alternanza fino alla caduta del muro di Berlino,[2] generando un'anomalia rispetto alle altre democrazie occidentali, dove i partiti comunisti godevano di una forza e un consenso assai minori che in Italia.[3][4] Questa situazione degenererà in pratiche consociative più o meno occulte,[1] che porteranno di fatto a un progressivo coinvolgimento dell'opposizione nelle decisioni della maggioranza.[5]
Fu in particolare durante la missione di De Gasperi del gennaio 1947 negli Stati Uniti, con i quali si accordò per ricevere gli aiuti economici previsti dal Piano Marshall (un prestito Eximbank di 100 milioni di dollari), che si aprì un dialogo costruttivo tra USA e Italia, in grado di dare a De Gasperi la motivazione e il sostegno necessari ad attuare l'ambizioso disegno di un nuovo governo senza le sinistre. Il Piano Marshall, con cui si chiedeva ai paesi beneficiari di estromettere in cambio le forze filosovietiche, fu il primo atto della guerra fredda. Il PSI e soprattutto il PCI interpretarono la propria esclusione dall'esecutivo, avvenuta nel maggio 1947, alla stregua di un "colpo di Stato"; essi tuttavia decisero di non abbandonare i lavori dell'assemblea costituente a cui stavano partecipando insieme alla DC. Questa decisione consentirà in particolare al PCI di acquisire una legittimità costituzionale che non poteva avere sul piano ideologico, e che lo porterà, negli anni a venire, a richiamarsi spesso alla Costituzione come motivo di auto-legittimazione democratica, e a difenderla da qualunque tentativo di modificarla senza un suo previo consenso.[3]
Nel periodo costituzionale transitorio, prima della svolta centrista di De Gasperi, si erano succeduti i seguenti governi di unità nazionale: dal 22 giugno 1944 al 12 dicembre 1944 il governo Bonomi II (Ivanoe Bonomi); dal 12 dicembre 1944 al 21 giugno 1945 il governo Bonomi III; dal 21 giugno 1945 al 10 dicembre 1945 il governo Parri (Ferruccio Parri); dal 10 dicembre 1945 al 13 luglio 1946 il governo De Gasperi I (Alcide De Gasperi); dal 13 luglio 1946 al 28 gennaio 1947 il governo De Gasperi II; dal 2 febbraio 1947 al 13 maggio 1947 il governo De Gasperi III.
Un'altra anomalia tipicamente italiana fu l'atteggiamento del Partito Socialista (allora denominato PSIUP), che a differenza di quanto avveniva negli altri paesi occidentali decise di avvicinarsi alle posizioni dei comunisti, per timore di vedersi sottrarre da costoro l'egemonia sulle masse operaie, accettando così anche la dipendenza da Mosca.[3] Alcuni esponenti del partito, guidati da Saragat, disapprovando la scelta di legarsi all'Unione Sovietica, operarono nel gennaio 1947 una scissione, dando vita al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, che in seguito diverrà Partito Socialdemocratico Italiano.
Nel frattempo vennero firmati nel 1947 i trattati di Parigi, con i quali formalmente e definitivamente fu siglata la pace con le potenze alleate e vennero sancite le conseguenze della sconfitta nella seconda guerra mondiale, con mutilazioni nazionali territoriali: l'Istria e la Dalmazia cedute alla nascente Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia, il Dodecaneso alla Grecia, Briga e Tenda alla Francia, l'Isola di Saseno all'Albania, il pagamento dei danni di guerra all'URSS e la perdita di tutti i possedimenti coloniali italiani. Il passaggio dei territori dell'Adriatico orientale dall'Italia alla Jugoslavia determinò il più grande flusso migratorio nella storia italiana: l'esodo giuliano-dalmata.
Nonostante si cercasse di tornare alla normalità, nel paese si stavano diffondendo alcuni movimenti separatisti, in particolare in Sicilia e in Alto Adige. Per farvi fronte, Alcide De Gasperi istituì, il 15 maggio 1946, la Regione a statuto speciale della Sicilia. Per il Tirolo meridionale trovò nel settembre 1946 una soluzione con il collega ministro degli esteri austriaco Karl Gruber: fu costituita la Regione a statuto speciale del Trentino-Alto Adige, dotata di ampie autonomie e dove accanto all'italiano, a livello regionale, fu ufficializzato pure il tedesco. In seguito, nel 1948, si avrà l'istituzione della Regione a statuto speciale anche della Valle d'Aosta.
Tornò tuttavia alla ribalta in quel periodo la mafia, riemersa nel 1943 in occasione dello sbarco Alleato in Sicilia.[6] Il 1º maggio 1947 rimase tristemente celebre l'eccidio di Portella della Ginestra, quando il bandito Salvatore Giuliano, presumibilmente assoldato da alcuni latifondisti, sparò sulla folla che festeggiava la Festa dei lavoratori chiedendo la distribuzione delle terre: fu la prima strage in Italia di cui non si scopriranno i mandanti. Giuliano venne poi ucciso dal suo braccio destro Gaspare Pisciotta, che a sua volta fu ritrovato morto in carcere in circostanze misteriose.
Negli ultimi giorni del 1947 venne infine ultimata la stesura della Carta Costituzionale, entrata ufficialmente in vigore il 1º gennaio 1948. Fu questo un periodo particolarmente felice per la letteratura italiana e ancor di più per il cinema, con l'affermazione del neorealismo.
Gli anni del centrismo e la ricostruzione
[modifica | modifica wikitesto]Dopo che il 31 maggio 1947 era caduto il terzo governo De Gasperi per la fuoriuscita di socialisti e comunisti, si formò il IV governo De Gasperi appoggiato soltanto dalla Democrazia Cristiana, dal Partito Liberale Italiano, dal Partito Repubblicano Italiano, e dal neonato partito socialdemocratico di Saragat. L'esecutivo si avvalse anche di un gruppo di tecnici guidati dal liberale Luigi Einaudi, il quale attraverso una politica deflazionistica, attenta alla spesa pubblica e ai salari, riuscì a far diminuire fortemente l'inflazione. Fu l'inizio di una lunga fase di governo detta del "centrismo", perché dominata da partiti collocati esclusivamente nell'area di centro dello schieramento politico. L'Italia diventò un grande cantiere, anche grazie agli aiuti del Piano Marshall che contribuì a risanare il bilancio dello Stato. In contemporanea si verificarono evoluzioni nella politica e nel costume.
Il Partito Socialista invece, dopo la scissione di Saragat, si accostò sempre più al Partito Comunista fino a formare con esso una federazione che avrebbe dovuto condurre l'Italia verso la rivoluzione socialista; la somma di PSI e PCI sembrava infatti maggiore dei voti della DC. L'effigie di Garibaldi fu il simbolo con cui il nuovo partito, denominato Fronte Democratico Popolare, si presentò alle prime elezioni parlamentari dell'Italia repubblicana nel 1948.
Il timore di una vittoria della sinistra crebbe tra i dirigenti della Democrazia Cristiana, anche in considerazione dell'avanzata del partito dell'Uomo Qualunque che avrebbe potuto sottrarle una parte consistente di elettorato. Si trattava di un movimento sorto attorno all'omonimo giornale fondato a Roma nel 1944 dal commediografo e giornalista Guglielmo Giannini, che ripudiava le ideologie e che per il proprio atteggiamento di generica sfiducia nella classe politica diede vita a quella tendenza definita appunto qualunquismo. Continuarono inoltre in quegli anni gli episodi di rappresaglia contro ex-fascisti ma anche contro gente comune, da parte di apparati del PCI, come l'eccidio di Porzûs in Friuli ai danni di formazioni resistenziali "bianche".[7] In vista delle elezioni del 1948 crebbero le tensioni tra le sinistre, unite nel Fronte Democratico Popolare e la DC di De Gasperi. La tensione raggiunse livelli assai acuti, per esempio a Milano dove, in seguito alla rimozione del prefetto Ettore Troilo, un corteo di militanti comunisti ed ex-partigiani guidato dal giovane esponente del PCI Gian Carlo Pajetta occupò la Prefettura. L'intervento del leader nazionale del PCI Togliatti contribuì a rasserenare la situazione.[8][9]
La campagna elettorale del 1948, tra le più aspre e combattute dell'Italia repubblicana, si risolse infine con la vittoria della Democrazia Cristiana (che ottenne il 48,51% alla Camera dei Deputati e il 48,14% al Senato della Repubblica) e la bruciante, inaspettata, sconfitta del Fronte Popolare: questo non era andato al di là della somma dei voti del PSI e del PCI ottenuti nel 1946. Tra le cause della sconfitta, oltre ai vari episodi di intimidazione che lasciavano trapelare l'esistenza di un volto armato e minaccioso accanto a quello più rassicurante di Togliatti, vi era la proposta di un modello di vita, di tipo sovietico, piuttosto ignoto allora agli italiani, contrapposto a quello ben più accattivante e filo-americano offerto dalla DC. Il partito dell'Uomo Qualunque invece per il suo scarso successo non fu tale da scalfire i voti per la DC, e si sciolse entro pochi mesi. Alcide De Gasperi poté formare così il suo quinto governo, appoggiato, oltre che dal suo partito, anche dai socialdemocratici di Saragat, dal Partito Repubblicano Italiano e dal Partito Liberale Italiano, il cui principale esponente, Luigi Einaudi, divenne il secondo presidente della Repubblica.
Negli anni Quaranta e Cinquanta si susseguirono i seguenti governi: dal 1º giugno 1947 al 24 maggio 1948 il governo De Gasperi IV (Alcide De Gasperi); dal 24 maggio 1948 al 27 gennaio 1950 il governo De Gasperi V; dal 27 gennaio 1950 al 26 luglio 1951 il governo De Gasperi VI; dal 26 luglio 1951 al 16 luglio 1953 il governo De Gasperi VII; dal 16 luglio 1953 al 17 agosto 1953 il governo De Gasperi VIII; dal 17 agosto 1953 al 18 gennaio 1954 il governo Pella (Giuseppe Pella); dal 18 gennaio 1954 al 10 febbraio 1954 il governo Fanfani I (Amintore Fanfani); dal 10 febbraio 1954 al 6 luglio 1955 il governo Scelba (Mario Scelba); dal 6 luglio 1955 al 19 maggio 1957 il governo Segni I (Antonio Segni); dal 19 maggio 1957 al 19 giugno 1958 il governo Zoli (Adone Zoli); dal 1º luglio 1958 al 26 gennaio 1959 il governo Fanfani II; e dal 15 febbraio 1959 al 25 marzo 1960 il governo Segni II.
Il 14 luglio 1948 l'attentato a Togliatti provocò sollevazioni in tutte le città italiane che reclamavano la destituzione del governo De Gasperi. La situazione cominciò a precipitare, si contarono diversi morti e quasi un migliaio di feriti,[10][11] ma Togliatti non morì, venendo salvato dai medici; fu provvidenziale un suo stesso annuncio alla radio in cui invitava i "compagni" a deporre le armi.[12] Nello stesso giorno giunse la notizia di una grande impresa compiuta dal ciclista Gino Bartali, le cui gesta dividevano gli italiani tra suoi fan e sostenitori di Fausto Coppi.
Su richiesta degli Stati Uniti nel 1949 l'Italia aderì alla NATO, un'alleanza fra i paesi occidentali, che dal 1955 si contrappose al patto di Varsavia guidato dall'Unione Sovietica e che in quel periodo stava esercitando la propria influenza come nella guerra civile greca. Il Patto prevedeva, nel caso di un attacco nemico nei confronti di uno Stato alleato, che tutti i paesi intervenissero militarmente in sua difesa. La decisione di aderire alla NATO scatenò nuovamente le proteste e le agitazioni delle sinistre nelle piazze italiane; Nenni, leader del PSI, insieme a Togliatti accusarono De Gasperi di mettere in pericolo la democrazia e l'indipendenza politica dell'Italia.
Accanto alle agitazioni politiche l'Italia si stava comunque ricostruendo. La forte prevalenza democristiana nei governi che si succedettero, tutti a guida De Gasperi, permise di varare importanti riforme come quella del piano Casa, detta anche piano Fanfani, con cui lo Stato agevolò la costruzione di 75 000 abitazioni per i lavoratori, stanziando circa 15 miliardi di lire all'anno in cambio di una trattenuta sul loro stipendio.[13] Venne poi varata nel 1950, con una misura del ministro dell'Agricoltura Antonio Segni, la riforma agraria, ritenuta tra le più importanti del secondo dopoguerra,[14] che attuava, tramite l'esproprio coatto ai grandi latifondisti, la distribuzione delle terre incolte ai braccianti agricoli rendendoli così piccoli imprenditori; se da un lato la riforma andava incontro alle rivendicazioni dei contadini del Sud, sfociate in episodi come la strage di Melissa, per altri versi ridusse in maniera notevole la dimensione delle aziende agricole, togliendo di fatto la possibilità di trasformarle in veicoli imprenditoriali avanzati.[14] Sul versante estero, nel 1951 l'Italia aderì al Trattato di Parigi che istituiva la CECA (Comunità europea del carbone e dell'acciaio), il primo embrione di un'organizzazione europea. Nel 1955 venne ammessa invece alle Nazioni Unite. Il 1958 vedrà infine la nascita della Comunità Economica Europea, il primo passo verso la realizzazione dell'Unione europea.
Tra gli altri atti di rilievo della stagione centrista ci fu l'attuazione di un riassetto fiscale operato dal ministro delle Finanze Ezio Vanoni, e l'istituzione della Cassa del Mezzogiorno per finanziare iniziative industriali tese allo sviluppo economico del meridione d'Italia e colmarne il divario con le regioni settentrionali. Furono così poste le premesse per quello che alla fine degli anni cinquanta diventerà un vero e proprio boom economico. La produzione industriale accelerò e comparvero i primi segnali del consumismo; iniziò la produzione su larga scala dei primi motorini come Vespa e Lambretta. Nel 1954 cominceranno le prime trasmissioni televisive della RAI, che portarono a un incremento vertiginoso della vendita di televisori. I primi programmi televisivi più seguiti furono il festival di Sanremo e il gioco a quiz Lascia o raddoppia?, che «nasceva in un Paese che nasceva: c'era lo stesso carico di sogni, di speranze, di buone intenzioni».[15] In campo cinematografico, ai film del neorealismo si succedono quelli surreali di Federico Fellini, mentre grande successo riscossero i primi colossal girati a Cinecittà a cui contribuì l'emergente regista Sergio Leone. In campo artistico si affermarono talenti come Alberto Burri.
Se da un lato stava nascendo una nuova borghesia benestante, nel paese permanevano ancora delle sacche di povertà, dovute al fatto che i salari dei lavoratori crescevano più lentamente rispetto ai ritmi della produzione industriale. Le proteste sociali e sindacali, come quelle alle Fonderie Riunite di Modena nel 1950, vennero fermamente represse dal ministro dell'Interno Mario Scelba. Nel novembre 1951 ci fu poi una terribile alluvione nel Polesine che causò 84 morti e rivelò la penuria di mezzi adeguati di contrasto delle catastrofi naturali. La crescita economica peraltro non fu senza sacrifici: il disastro di Marcinelle in una miniera del Belgio nel 1956 mise in luce che l'Italia aveva ceduto ai belgi 50 000 minatori in cambio del carbone di cui aveva bisogno.
La DC intanto stava guardando con crescente preoccupazione all'avanzata sulla propria destra del Movimento Sociale Italiano, nato dalle ceneri della Repubblica Sociale Italiana, e del Partito Nazionale Monarchico dell'armatore Achille Lauro. Alle amministrative del 1951, dove si votava anche per eleggere il sindaco di Roma, l'invito agli elettori fu di non disperdere i voti. Alcuni componenti del clero cattolico, tuttavia, compreso papa Pio XII, intimoriti dal clima da guerra fredda e dalla minaccia sovietica, auspicarono un'alleanza con le destre ritenendo fosse opportuno unire adesso le forze in funzione anticomunista, così come durante la lotta per la Liberazione vi era stata un'unione di tutte le forze antifasciste: fu pertanto incaricato lo storico leader don Luigi Sturzo di trovare una mediazione tra DC, MSI e monarchici. Ampi settori della DC, tuttavia, tra cui lo stesso De Gasperi, opposero resistenza al progetto, rivendicando un'autonomia politica dalle volontà curiali, e sancendo il fallimento dell'operazione Sturzo nella maggior parte dei casi, in particolare a Roma dove venne comunque eletto un sindaco democristiano (mentre in altre realtà locali l'alleanza con le destre giunse in porto).
L'atteggiamento della DC nei confronti delle destre fu molto duro e aperto anche negli anni successivi. Per contrastare la loro avanzata fu varata nel 1953 la legge Scelba che vietava la ricostituzione del disciolto Partito Fascista. Anche se rivolta esplicitamente al Movimento Sociale, la legge di fatto rimase inapplicata, né i comunisti si batterono per una sua effettiva messa in pratica vedendo tacitamente nel MSI un partito capace di erodere consensi al suo principale avversario, la DC.[16] Un altro provvedimento fu una nuova legge elettorale, ribattezzata dagli oppositori "legge truffa", che prevedeva un premio di maggioranza al partito (la DC nelle intenzioni) che avesse superato la soglia del 50% dei voti. Questa legge non avrebbe danneggiato tanto le sinistre che mantenevano ampi consensi elettorali nel paese, ma proprio le destre che avrebbero visto esclusi o ridotti i propri rappresentanti al Parlamento. Nella campagna elettorale del 1953, che vide un ampio ricorso alla satira e la contrapposizione tra DC e PCI si rifletterà nei film su Don Camillo e Peppone. Alle elezioni, per un soffio la DC non ottenne la maggioranza assoluta dei voti, e il meccanismo della "legge truffa" non scattò; ci furono peraltro accuse di brogli e irregolarità rivolte agli scrutatori di fede comunista. Si trattò comunque di una sconfitta per la DC che determinò la fine dell'esperienza politica di De Gasperi.
Gli scompigli in casa democristiana portarono a un succedersi di diversi governi (Pella, Fanfani, Scelba), mentre emergeva l'esigenza di un superamento del centrismo, ora che la DC faticava a governare da sola con i suoi minori alleati di centro. Tra i successori più in voga di De Gasperi vi era il democristiano Attilio Piccioni, la cui carriera fu però stroncata da uno scandalo, rivelatosi poi una montatura, in cui rimase coinvolto il figlio Piero, riguardante il caso Montesi.[17]
A nuovi scenari che consentissero ad esempio un'apertura ai socialisti guarderà sempre più con favore il nuovo presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, esponente della sinistra democristiana, e amico dell'imprenditore Enrico Mattei, presidente dell'Agip, una delle personalità più rilevanti e potenti del panorama post-bellico italiano, di cui appoggiava le iniziative spregiudicate. Fra i primi a intuire l'importanza del petrolio per lo sviluppo dell'Italia, Mattei osteggiò il predominio delle cosiddette sette sorelle in campo petrolifero, e portò avanti una visione neoatlantista che coinvolgesse il Mediterraneo nelle politiche di cooperazione tra Europa e Stati Uniti. Avviò la costruzione di una rete di gasdotti per lo sfruttamento del metano, aprì all'energia nucleare, e negoziò rilevanti concessioni petrolifere in Medio Oriente e con l'Unione Sovietica.
Notevoli sconvolgimenti si stavano producendo anche in casa comunista, dove si era accesa una rivalità fra Pietro Secchia e Togliatti, dopo che quest'ultimo aveva rifiutato l'invito di Stalin a trasferirsi in URSS per occuparsi della propaganda sovietica. Nel 1953 avvenne poi la morte di Stalin: circondato allora da un'aura di mito, la sua figura fu ridimensionata dal suo successore Krusciov durante il processo di destalinizzazione.[18] La notizia della denuncia fu un trauma per il mondo comunista, non solo del PCI ma anche del PCUS, che cercarono di negare i crimini, ma ebbe conseguenze in Ungheria che nel 1956 si ribellò all'Unione Sovietica uscendo dal Patto di Varsavia. La rivolta ungherese venne però repressa dall'Armata Rossa suscitando sdegno nei paesi occidentali. Nel PCI emerse per la prima volta il dissenso, da parte di intellettuali come Delio Cantimori, Carlo Muscetta, Natalino Sapegno, firmatari del Manifesto dei 101: costoro furono espulsi dal partito, che rimase schierato con l'Unione Sovietica.
Nel 1954 intanto fu firmato il Memorandum di Londra con il quale il Territorio Libero di Trieste veniva suddiviso in due zone, una assegnata all'Italia con il ritorno di Trieste alla madrepatria, ed una alla Jugoslavia (la parte settentrionale dell'Istria).
Con l'uscita di scena di De Gasperi, il vuoto lasciato nella dirigenza della DC fu progressivamente riempito da due nuove personalità, Amintore Fanfani e Aldo Moro. Già nel 1956 Fanfani ritenne maturi i tempi per un'alleanza col PSI, ora che questo partito sotto la spinta degli autonomisti si era deciso a rompere i legami col PCI, contestandone la vicinanza all'Unione Sovietica. Pur avviandosi così verso una nuova fase, nel PSI restavano tuttavia forti le resistenze nei confronti di una possibile alleanza con la DC.
Le elezioni del 1958 segnarono un importante successo dei partiti componenti il centro-sinistra vagheggiato da Fanfani. Quest'ultimo, divenuto intanto segretario della DC, si decise perciò a compiere un ulteriore passo, formando un governo che comprendeva anche il PSDI di Saragat, come premessa per una futura alleanza coi socialisti di Nenni. Tra gli atti di rilievo del nuovo governo, orientato su tematiche care alla sinistra, come una politica estera filo-araba o l'appoggio all'Eni fondato da Enrico Mattei, ci fu l'abolizione delle case chiuse con la legge Merlin, seppure tra le contestazioni di alcuni parlamentari o del giornalista Indro Montanelli. Venne anche varato il nuovo codice della strada per far fronte al grave incremento degli incidenti automobilistici, dovuto alla motorizzazione di massa nell'epoca in cui stava esplodendo il cosiddetto boom economico.
Il miracolo economico
[modifica | modifica wikitesto]Durante il cosiddetto "miracolo economico" il prodotto interno lordo, che fino al 1958 era cresciuto in media del 5.5%, crebbe nei sei anni successivi del 6.3%. Tale crescita rappresentò un record nella storia del paese. Il reddito pro capite passò da 350.000 a 571.000 lire. Tra il 1958 e il 1959 gli investimenti lordi crebbero del 10%, mentre tra il 1961 e il 1962 l'incremento fu del 13%. Questi numeri ridussero sensibilmente il divario storico con i grandi Paesi europei: Inghilterra, Germania e Francia.
La crescita del reddito pro capite produsse l'aumento dei consumi individuali che registrarono una crescita media di cinque punti percentuali l'anno. La domanda di beni durevoli (automobili, elettrodomestici, ecc.) raggiunse una crescita annua pari al 10.4%.
La produzione industriale registrò una crescita pari all'84% tra il 1953 e il 1961, grazie sia alle nuove tecnologie di produzione che arrivavano in gran parte dagli Stati Uniti sia ad una manodopera con bassi salari.
Con l'aumento dell'industrializzazione diminuì il peso delle attività agricole nel bilancio globale dell'economia del paese. Tra il 1954 e il 1964 in tutta Italia vi fu una diminuzione di 3 milioni di posti di lavoro nel settore agricolo. Il peso dell'agricoltura si ridusse del 10.8% del Prodotto interno lordo.
Tra il 1958 e il 1963, infatti, l'economia italiana, ma anche la società e le famiglie, subirono una radicale trasformazione: da paese prevalentemente agricolo l'Italia diventò una delle sette grandi potenze industriali del mondo.
Allora l'Italia primeggiava soprattutto in due grandi settori ad alta tecnologia, quali la microelettronica e la chimica, grazie a gruppi industriali come la Olivetti e la Montecatini, ma anche nella farmaceutica, nel nucleare, nell'aeronautica, nelle telecomunicazioni, settori che in seguito sarebbero scomparsi o finiti in mani straniere.[19]
Importanti cambiamenti ci furono nell'alimentazione e nella vita delle donne, grazie alla diffusione degli elettrodomestici, in particolare del frigorifero e della lavatrice. Anche le automobili e le motociclette divennero beni accessibili per un gran numero di italiani. Si affermarono marchi come Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Autobianchi, Gilera, Piaggio.
Contribuì alla rapida crescita dell'Italia l'elevata disponibilità di manodopera, dovuta ad un forte flusso di migrazione dalle campagne alle città, e dal Sud verso il Nord. Questo fenomeno provocò per certi versi un aumento del divario economico tra il Settentrione e il Meridione. Il tentativo di ridurre tale squilibrio con l'istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, o la formazione di poli siderurgici Italsider, non darà risultati soddisfacenti. Ma contribuì alla crescita anche un fattore esterno, cioè la creazione del Mercato comune europeo (MEC), preceduta dalla creazione nel 1951 della Comunità europea del carbone e dell'acciaio e la creazione della CEE nel 1957, a cui l'Italia aderì immediatamente. Con la creazione del MEC vi fu l'apertura delle frontiere europee ai commerci, col conseguente aumento delle esportazioni e degli scambi commerciali europei.
Se il paese uscì dall'arretratezza in cui versava, non mancarono però gli aspetti negativi legati al "miracolo economico", come una crescita tumultuosa dei centri urbani. Questo notevole sviluppo si dovette tra l'altro anche all'intervento dello Stato nell'economia attraverso politiche di tipo keynesiano, rese possibili soprattutto dall'aumento della spesa pubblica e dalla creazione di società a partecipazione statale. Fondamentale in tal senso fu la realizzazione di alcune infrastrutture necessarie per lo sviluppo del mercato: un importante ruolo fu ricoperto dall'IRI, ente pubblico di origine fascista fondato nel 1933, che intervenne sostanzialmente nella costruzione della rete autostradale (con la costituzione della Società Autostrade) e nel potenziamento del settore dei trasporti, non solo automobilistico, ma anche metropolitano, navale e aereo (fondazione dell'Alitalia).
Nel marzo 1959, intanto, all'interno della DC era emersa la corrente dei Dorotei, che contestava il decisionismo di Fanfani, e il fatto che egli concentrasse nelle sue mani tre poteri: quello di presidente della DC, di presidente del Consiglio, e di ministro degli Esteri. I Dorotei giunsero ad appoggiare in Sicilia la giunta del democristiano Silvio Milazzo, sostenuta da una convergenza di missini e comunisti, contro il candidato di Fanfani Barbaro Lo Giudice. Trovandosi isolato, e senza più appoggi nel partito al suo difficile tentativo di trovare un'intesa col PSI, Fanfani rassegnò le dimissioni da tutte e tre le cariche.
Dopo che Aldo Moro fu eletto segretario della DC col sostegno dei Dorotei, nel 1960 il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi affidò a Fernando Tambroni, ex-ministro degli Interni distintosi per il suo carattere deciso e autorevole, il governo che avrebbe dovuto finalmente varare il nuovo corso di centro-sinistra. Di fronte a un ennesimo temporeggiamento di Nenni e della base socialista, tuttavia, Tambroni decise di cercare altrove i voti di cui aveva bisogno, rivolgendosi al Movimento Sociale Italiano, a cui concedeva in cambio il suo "sdoganamento".[20] Il governo Tambroni in tal modo ricevette dall'opposizione diverse accuse di neofascismo, ma fu soltanto alcuni mesi dopo, in occasione di un congresso del MSI da tenere a Genova, città ritenuta "antifascista" in quanto medaglia d'oro della Resistenza, che scoppiarono delle pesanti proteste di piazza, fomentate dal PCI,[21] con scontri e morti anche in altre città italiane.
In seguito ai gravi fatti di Genova Tambroni rassegnò le dimissioni; al suo posto tornò Fanfani che stavolta trovò i socialisti più disponibili ad un'alleanza con la DC, memori dell'esperienza appena trascorsa, a partire dalla quale il MSI subirà un isolamento dal cosiddetto arco costituzionale che durerà almeno fino alla metà degli anni ottanta.[22] Venne così varato un governo che si reggeva su un appoggio esterno del PSI, e definito da Moro delle «convergenze parallele», perché basato sulla convergenza di disegni e linee politiche assai distanti tra loro, ma che nonostante tutto durerà quasi tre anni. Tra i suoi atti di rilievo vi fu la nazionalizzazione dell'energia elettrica (che nel 1964 porterà alla nascita dell'Enel) voluta dalle forze di sinistra ma osteggiata dal PLI e dalle società private Edison e SADE, allora sostenute dal Corriere della Sera, le quali paventavano il rischio di creare in tal modo inefficienze e aumenti di spesa per lo Stato e le famiglie. Vi fu poi l'estensione della scuola dell'obbligo fino ai 14 anni con la creazione della scuola media unificata, per impedire l'abbandono scolastico dei ragazzi avviati precocemente al lavoro.
Nell'agosto del 1960 si erano svolte intanto le Olimpiadi di Roma. Benché l'unità nazionale italiana si stesse ormai consolidando, grazie anche alla diffusione della lingua comune veicolata dalla televisione, persistevano episodi di separatismo, tra i quali la Notte dei fuochi del 1961 in Alto Adige; un'altra strage avverrà il 25 giugno 1967 in Cima Vallona, ad opera del Comitato per la liberazione del Sudtirolo (Befreiungsausschuss Südtirol-BAS), in cui rimasero uccisi quattro militari.
Nel 1961 avvennero le celebrazioni del centenario dell'unificazione italiana: il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy disse:
«Tutti noi, nel senso più vasto, dobbiamo qualcosa all’esperienza italiana. È un fatto storico straordinario: ciò che siamo e in cui crediamo ha avuto origine in questa striscia di terra che si protende nel Mediterraneo. Tutto quello per la cui salvaguardia combattiamo oggi ha avuto origine in Italia, e prima ancora in Grecia. (...) Il Risorgimento, da cui è nata l'Italia moderna, come la Rivoluzione americana che ha dato le origini al nostro Paese, è stato il risveglio degli ideali più radicati della civiltà occidentale: il desiderio di libertà e di difesa dei diritti individuali. Lo Stato esiste per proteggere questi diritti, che non ci vengono grazie alla generosità dello Stato. Questo concetto, le cui origini risalgono alla Grecia e all'Italia, è stato, secondo me, uno dei fattori più importanti nello sviluppo del nostro Paese. (...) Per quanto l'Italia moderna abbia solo un secolo di vita, la cultura e la storia della penisola italiana vanno indietro di oltre duemila anni. La civiltà occidentale come la conosciamo oggi, le cui tradizioni e valori spirituali hanno dato grande significato alla vita occidentale in Europa dell'Ovest e nella comunità Atlantica, è nata sulle rive del Tevere.[23]»
Negli anni Sessanta si susseguirono i seguenti governi: dal 25 marzo 1960 al 19 luglio 1960 il governo Tambroni (Fernando Tambroni); dal 26 luglio 1960 al 2 febbraio 1962 il governo Fanfani III (Amintore Fanfani); dal 21 febbraio 1962 al 16 maggio 1963 il governo Fanfani IV; dal 21 giugno 1963 al 4 dicembre 1963 il governo Leone I (Giovanni Leone); dal 4 dicembre 1963 al 22 luglio 1964 il governo Moro I (Aldo Moro); dal 22 luglio 1964 al 23 febbraio 1966 il governo Moro II; dal 23 febbraio 1966 al 24 giugno 1968 il governo Moro III; dal 24 giugno 1968 al 12 dicembre 1968 il governo Leone II; dal 12 dicembre 1968 al 5 agosto 1969 il governo Rumor I (Mariano Rumor); dal 5 agosto 1969 al 27 marzo 1970 il governo Rumor II; dal 27 marzo 1970 al 6 agosto 1970 il governo Rumor III.
In questo periodo anche la Chiesa cattolica andava incontro a un grande cambiamento con il Concilio Vaticano II, avviato nel 1962 da papa Giovanni XXIII con l'intenzione di "aprire la Chiesa alla lettura dei segni dei tempi". Si conobbero anche le prime risposte dello Stato alla mafia, dopo che nell'ambito della prima guerra di mafia il 30 giugno 1963 un'autobomba vicino alla casa di un boss a Ciaculli uccise sette carabinieri giunti sul posto in seguito ad una telefonata anonima. Il fatto, noto come strage di Ciaculli, fu alla base dei primi provvedimenti antimafia del dopoguerra. Nello stesso anno l'Italia, unendo la regione del Friuli con la parte dell'ex-territorio Libero di Trieste, costituì la Regione a Statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia.
Dal punto di vista letterario questo fu il periodo della neoavanguardia.
Il centrosinistra, la contestazione e gli anni di piombo (1963-1981)
[modifica | modifica wikitesto]Il varo del centro-sinistra
[modifica | modifica wikitesto]Le elezioni del 1963 videro un indebolimento della DC e del PSI, e un contemporaneo rafforzamento da un lato del PCI, che aveva duramente contestato la loro alleanza, e dall'altro del PLI, che aveva accusato il governo di causare l'aumento dei prezzi e di gonfiare la spesa pubblica. Fanfani è costretto a ritirarsi dalla scena politica; il presidente della Repubblica Antonio Segni formò per l'estate un governo "balneare" in attesa di nuovi sviluppi. Fu nell'autunno di quell'anno che si verificò il terribile cedimento della diga del Vajont, nel fondovalle veneto, che provocò la morte di circa 2000 persone.[24]
Nel dicembre del 1963 fu incaricato Aldo Moro di formare il primo vero governo di centro-sinistra "organico", cioè con l'entrata effettiva dei socialisti al governo. Fu un varo a cui sia la DC che il PSI giunsero stremati da anni di trattative, congressi, ed esitazioni. Anche in quest'occasione non mancarono i malumori all'interno di entrambi i partiti, che esplosero pochi mesi dopo, nel maggio 1964, quando il governo Moro cadde per una questione riguardante il finanziamento pubblico alle scuole cattoliche. Ma già il ministro del Bilancio, il democristiano Emilio Colombo, aveva criticato Moro per un'eccessiva arrendevolezza nei confronti di alcune riforme auspicate dai socialisti, come quella sulle Regioni e sull'urbanistica, e su cui Nenni si rifiutava di cedere, sebbene il PSI avesse messo in minoranza il suo esponente più radicale, Riccardo Lombardi.
Di fronte allo stallo venutosi a creare, il presidente della Repubblica Segni convocò il comandante dell'arma dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo, il quale partecipò in seguito ad una riunione con Moro e alcuni dirigenti della DC. Qualche anno più tardi si parlerà del tentativo, o piuttosto della minaccia, di attuare un piano eversivo, noto come il "Piano Solo", per far rientrare nei ranghi la sinistra, e convincerla ad ammorbidire le proprie posizioni. Nenni, probabilmente messo al corrente di questa possibilità, decise di far rientrare il PSI al governo; Lombardi lasciò la direzione del PSI, e il suo uomo di fiducia Giolitti non venne più confermato come ministro nel nuovo governo, il cui corso sarà negli anni a venire molto più moderato del precedente, e dalla cui agenda politica verranno tolte le riforme volute dai socialisti.[25] Ci fu anche una scissione nel PSI da parte della componente più estremista del partito, che diede vita al PSIUP.
Nel 1966 invece il PSI, la cui direzione era passata da Nenni a Francesco De Martino, dopo aver contribuito ad eleggere Saragat presidente della Repubblica, si fonderà con il PSDI, rimarginando la scissione dello stesso Saragat avvenuta nel 1947, andando così a formare il Partito Socialista Unificato. La fusione si rivelerà però fallimentare alle elezioni del 1968, dopo le quali i due partiti torneranno a dividersi.
Il sessantotto e la contestazione
[modifica | modifica wikitesto]Nell'agosto 1964, a Jalta, moriva Togliatti, leader storico del PCI, intorno al quale era stata costruita quasi un'aura di mito, e che aveva guidato il partito comunista lungo quello che allora si definiva "doppio binario":[26] della legalità democratica da un lato, e della fedeltà all'Unione Sovietica dall'altro. Dopo la sua scomparsa, nel 1966 si svolse il primo scontro "alla luce del sole" di un congresso del PCI: l'ala "destra" di Giorgio Amendola, propensa a stimolare il centro-sinistra sul terreno delle riforme, contro quella di "sinistra" di Pietro Ingrao, che cavalcava temi come l'anti-capitalismo e chiedeva più attenzione al dissenso cattolico e ai movimenti giovanili; il compromesso fu trovato nell'assegnazione della leadership a una figura di mediazione, Luigi Longo. Ma a sinistra dello stesso PCI stavano cominciando anche a formarsi dei movimenti spontanei, che contestavano la guerra americana in Vietnam solidarizzando coi vietcong, simpatizzavano per la Cina maoista che criticava la degenerazione a suo dire "borghese" dell'URSS, e idealizzavano la rivoluzione cubana di Fidel Castro e Che Guevara, il quale aveva coniato lo slogan «Dieci, venti, cento Vietnam». Questi gruppi si riunivano intorno a riviste come Quaderni Rossi e Quaderni Piacentini di orientamento operaista.
Negli anni sessanta era comunque la stratificazione sociale dell'intera popolazione italiana che era cambiata dopo il boom economico, l'urbanizzazione creata dai flussi migratori interni aveva aumentato la concentrazione della popolazione, esisteva ormai un ceto medio e si cominciava a delineare un prototipo di italiano medio. L'apertura agli stili di vita e ai fenomeni musicali internazionali, specialmente tra i giovani, portò alla comparsa dei cosiddetti capelloni, già nel 1965. Icona del nuovo costume fu il Piper, storica discoteca di Roma. Guardati sempre più con diffidenza, la nuova Beat Generation italiana tuttavia si guadagnò la simpatia dell'opinione pubblica in occasione della terribile alluvione di Firenze del 4 novembre 1966, quando gli studenti accorsi da tutta Italia per prestare soccorso furono chiamati gli «angeli del fango».
I cambiamenti nella mentalità di questi gruppi giovanili esplosero nel 1968, l'anno che vide l'Italia trasformarsi radicalmente sul piano culturale e sociale, in seguito alle migliorate condizioni di vita dovute al boom economico degli anni precedenti, e al sorgere di movimenti radicali, soprattutto di estrema sinistra. Le proteste partirono da una contestazione studentesca dei metodi di insegnamento nelle università, ritenuti "autoritari", e si estenderanno fino a saldarsi con i movimenti degli operai. Nel marzo 1968 si svolse la prima "battaglia" a Valle Giulia; seguì un mese di "autogestione" sgombrata dopo un mese dalla polizia. A Milano fu assalita la sede del Corriere della Sera. Seguirono altri episodi di contestazioni che si protrassero fino a tutto l'anno successivo. La base ideologica di queste sollevazioni consisteva soprattutto nel "terzomondismo", ossia nella solidarietà verso le lotte rivoluzionarie dei popoli poveri e lontani dall'Occidente. In Italia però, a differenza delle altre liberaldemocrazie occidentali, la contestazione del '68 verrà sempre più egemonizzata dall'ideologia comunista.[27][28] Si trattava di gruppi per lo più autonomi dai partiti, sorti dalle assemblee, dai collettivi, e dalle occupazioni, che dipingevano gli americani come i nuovi "nazisti", che giunsero a scavalcare a sinistra lo stesso PCI, ritenendo il filo-sovietismo quasi un tradimento dell'autentico marxismo, di cui consideravano invece degno interprete il dittatore cinese Mao Tse-tung, e contestavano alle radici lo Stato e le istituzioni borghesi. L'intellettuale Pier Paolo Pasolini fece notare tuttavia come la base sociale dei contestatori italiani fosse costituita, almeno all'inizio, proprio da studenti piccolo-borghesi anziché da proletari; a costoro rivolse un'invettiva poetica, intitolata Il Pci ai giovani!!:
«Avete facce di figli di papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo) ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri: prerogative piccoloborghesi, amici. Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.[29]»
Tra i nuovi gruppi extra-parlamentari di estrema sinistra, che avevano quasi tutti intenti rivoluzionari, emersero l'Unione Comunisti Italiani, simpatizzante di Mao Tse-tung; Potere Operaio di Oreste Scalzone, che vedeva negli operai la forza propulsiva della rivoluzione; Movimento Studentesco di orientamento leninista; e Lotta Continua di Adriano Sofri, rivolto a tematiche sociali più generiche e dedito a diffondere la cosiddetta "controinformazione".
Tra i partiti, quello che più di tutti seppe trarre vantaggio dalla contestazione fu comunque il PCI, che guadagnò terreno a spese dei socialisti. Nello stesso anno ci fu tuttavia un sessantotto controcorrente, noto come la primavera di Praga, ossia il tentativo della Cecoslovacchia guidata dal riformista Alexander Dubček di sottrarsi al giogo sovietico, tentativo duramente represso dall'Armata Rossa. Il PCI, la cui leadership stava vedendo l'avvicendamento di Luigi Longo, dimessosi per motivi di salute, con Enrico Berlinguer, nuova figura di mediazione tra le due anime del partito, stavolta criticò e condannò i crimini di Mosca (a differenza del 1956 durante l'invasione dell'Ungheria), senza però giungere ad un'effettiva rottura. Berlinguer anzi rafforzò ancor più i legami del PCI con l'URSS, per non distruggere il mito sovietico di cui si alimentava la base del partito, ritenendo l'invasione della Cecoslovacchia un errore da mettere tra parentesi.[30] Questo atteggiamento suscitò le critiche di un folto gruppo di intellettuali comunisti, riuniti intorno alla rivista Il manifesto, tra cui Luigi Pintor, Aldo Natoli, Lucio Magri, Rossana Rossanda: Praga è sola fu il titolo emblematico di quella rivista in occasione dei fatti di Praga. Dopo varie procedure alquanto macchinose, il PCI decise di espellere i dissidenti del Manifesto come già accaduto in altre circostanze.[31]
Anche nel mondo cattolico cresceva il fermento, in particolare si chiedeva alla DC di aprirsi alle nuove rivendicazioni sociali, o di solidarizzare coi vietcong, e di prendere le distanze dagli USA. Dopo la pesante sconfitta subita dal Partito Socialista Unificato nel 1968, si ritenne comunque esaurita l'esperienza di centro-sinistra guidata da Aldo Moro, il quale lasciò il campo al democristiano Mariano Rumor, leader doroteo, che salirà a capo di cinque governi, sempre però insieme ai socialisti. Nel 1969, intanto, sul fronte della prima guerra di mafia, il 10 dicembre ebbe luogo la strage di Viale Lazio, in cui assassini travestiti da finanzieri uccisero sei persone.
La crescita del conflitto sociale portò al cosiddetto autunno caldo del tardo 1969, quando i movimenti studenteschi sessantottini si saldarono con le sollevazioni e le proteste del mondo operaio. Per la prima volta dal 1946, le tre sigle sindacali CGIL, CISL, UIL, si ritrovarono unite. Il movimento ottenne vari successi come le 40 ore lavorative, una regolamentazione degli straordinari, la revisione del sistema pensionistico, il diritto di assemblea; nel 1970 verrà infine approvato lo statuto dei lavoratori. Nello stesso anno fu approvata da una maggioranza trasversale, con l'esclusione della DC e del MSI, anche la legge sul divorzio, appoggiata in particolare dall'emergente leader radicale Marco Pannella, che si distinguerà sempre più per le sue battaglie in materia di diritti civili. Un altro risultato a cui si giunse sulla scia delle agitazioni sociali fu l'istituzione, sempre nel 1970, delle Regioni come enti autonomi, una riforma che comportava una loro capacità legislativa e quindi l'implicita cessione di regioni notoriamente "rosse", in particolare l'Emilia-Romagna, la Toscana e l'Umbria, alla guida dei comunisti.
Gli anni di piombo
[modifica | modifica wikitesto]Negli anni settanta alcuni dei numerosi movimenti politici, sorti negli anni precedenti, si estremizzarono, degenerando nel terrorismo rosso e in quello nero, dando vita ad organizzazioni di estrema sinistra come le Brigate Rosse (BR) e di estrema destra come i Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR).
Sebbene il sessantotto italiano fosse stato egemonizzato dall'estrema sinistra, vi avevano partecipato anche alcune frange di estrema destra; il nuovo decennio si aprì ora proprio col cosiddetto "triennio di destra",[30] ossia con uno spostamento dell'intero quadro politico sul versante conservatore, dovuto sia ad un nuovo protagonismo del MSI guidato da Giorgio Almirante, sia all'emergere della cosiddetta "maggioranza silenziosa", composta da esponenti del ceto moderato intimoriti dalle contestazioni della sinistra, che si presentavano con il motto «Noi siamo l'Italia che lavora, produce e paga le tasse».[32]
Già dopo le prime elezioni regionali, nel luglio 1970 scoppiò la rivolta di Reggio Calabria, dovuta alla decisione del governo di centro-sinistra di collocare il capoluogo della neonata regione a Catanzaro. La sommossa fu capeggiata dal missino Ciccio Franco, sindacalista della CISNAL, che rilanciò l'espressione «boia chi molla!» di mussoliniana memoria. Dopo tre mesi di scontri violenti, che videro la città di Reggio assediata dall'esercito, i moti furono sedati, ma nel 1972 il MSI diventerà il primo partito della Calabria.
Ancora nel 1971, alla scadenza del mandato di Saragat, dopo che il candidato ufficiale della DC Fanfani era stato osteggiato dalle sinistre, il MSI si rivelò determinante nell'elezione del nuovo presidente della Repubblica Giovanni Leone, sebbene i voti missini non fossero stati esplicitamente richiesti. Alle elezioni anticipate dell'anno seguente, il MSI raggiunse il suo massimo storico fino ad allora, grazie anche alla fusione con i Monarchici. A causa dei modesti risultati del PSI, venne formato un governo Andreotti - Malagodi che segnò anche una momentanea interruzione del centro-sinistra; esso vedeva infatti un ritorno alla formula centrista con l'esclusione dei socialisti e un ingresso organico dei liberali nella compagine governativa.
In quegli anni si venne inoltre a sapere che nel dicembre del 1970 c'era stato un velleitario tentativo di colpo di Stato, noto come il Golpe Borghese, organizzato da gruppi neofascisti capitanati da Junio Valerio Borghese, ex-figura carismatica della Repubblica Sociale Italiana. Il golpe sarebbe stato progettato nei minimi dettagli: gli uomini di Borghese avrebbero dovuto occupare il Ministero dell'interno, il Ministero della difesa, le sedi della RAI, e rapire il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e il capo della polizia Angelo Vicari; si parlò anche di un presunto appoggio da parte di organi eversivi ed occulti come la loggia massonica P2. Mentre però l'operazione stava iniziando, Borghese avrebbe annullato l'azione misteriosamente, sancendo il fallimento del golpe.
La notizia del golpe si andava comunque ad inserire in un clima allarmistico di attentati, che connotarono quegli anni detti perciò "di piombo", attentati inaugurati dall'esplosione di una bomba in Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 che provocò la morte di diciassette persone e ottantotto feriti. Dapprima le indagini seguirono la pista anarchica incriminando Pietro Valpreda; i processi successivi decretarono invece la matrice neofascista dell'attentato, la responsabilità dell'organizzazione eversiva Ordine Nuovo guidata da Franco Freda e Giovanni Ventura -non più perseguibili in quanto precedentemente assolti con giudizio definitivo (ne bis in idem) dalla Corte d'assise d'appello di Bari- e la condanna (con pena pescritta) di Carlo Digilio.[33][34] Fu accusato anche un amico di Valpreda, Giuseppe Pinelli, in seguito rivelatosi del tutto estraneo all'attentato, che morì in circostanze mai chiarite cadendo da una finestra della questura dov'era interrogato; il Movimento Studentesco, ipotizzando cospirazioni e trame oscure, accusò di omicidio il commissario Luigi Calabresi che stava conducendo l'interrogatorio. Calabresi fu poi assassinato il 17 maggio 1972 da alcuni esponenti di Lotta Continua.
Seguirono altri episodi rimasti tristemente celebri, come l'attentato alla questura di Milano ad opera dell'anarchico Bertoli nel 1973, quello al treno Italicus nel 1974, e nello stesso anno la strage di piazza della Loggia a Brescia, entrambi compiuti da organizzazioni terroristiche neofasciste. Nell'agosto 1970 erano poi comparsi davanti alla Siemens di Milano i primi volantini a firma BR, gruppo terrorista di estrema sinistra, guidato all'inizio dagli esponenti di Movimento Studentesco Renato Curcio e Mara Cagol, che dapprima si limitò ad azioni dimostrative come furti e incendi, ma col passare degli anni divenne sempre più violento, giungendo a rapire, gambizzare e uccidere personalità del mondo culturale e politico ritenuti "reazionari", a cominciare dal rapimento di Sossi e dall'omicidio di due missini a Padova nel 1974. La sinistra politica, soprattutto quella comunista, dapprima non riuscì a riconoscere che le BR provenissero dal suo stesso retroterra ideologico, ipotizzando trame oscure di gruppi mascherati di estrema destra e parlando perciò di Brigate «sedicenti» rosse.[35] Anche quando diventò evidente la loro matrice rivoluzionaria di sinistra, negli ambienti del PCI vi fu chi mantenne, nonostante le condanne ufficiali del partito, un atteggiamento indulgente nei loro confronti parlando di «compagni che sbagliano».[35][36] Negli stessi ambienti desterà scalpore, nel marzo 1978, un articolo di Rossana Rossanda che denunciava chiaramente l'appartenenza delle BR all'«album di famiglia» del PCI.[37]
La crisi energetica del 1973 fu dovuta principalmente all'improvvisa e inaspettata riduzione del flusso dell'approvvigionamento di petrolio proveniente dalle nazioni appartenenti all'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio verso le nazioni importatrici ed al conseguente aumento del prezzo. L'Italia intraprese una politica di risparmio energetico, la cosiddetta "austerity". Una successiva crisi (crisi del 1979) con caratteristiche analoghe si verificò sei anni dopo.
Il Partito Comunista, intanto, stava conoscendo una crescita elettorale progressiva e impetuosa, soprattutto a spese degli altri partiti della sinistra, mentre la DC, tornata sotto la guida di Fanfani, subì nel 1974 la sconfitta al referendum abrogativo della legge sul divorzio. Si trattò di un successo per il movimento femminista, il quale comincerà a battersi anche per la legalizzazione dell'aborto che riuscirà a ottenere nel 1978. Nello stesso anno sarà emanata la legge Basaglia, con la quale venivano chiusi i manicomi. Fra le nuove tendenze, presero a diffondersi tra i giovani le culture alternative e la moda dei raduni di massa. Negli anni settanta la crescita economica che aveva portato al boom si arrestò, iniziò un periodo di recessione aggravato dalla crisi petrolifera del 1973 dovuta alla guerra dello Yom Kippur tra Israele e mondo arabo. Ne conseguì un periodo di austerity caratterizzato dalle prime "domeniche a piedi" per il divieto di circolazione degli automezzi. Aumentò il disagio sociale e crebbe spaventosamente l'inflazione. Affiorò anche il risvolto negativo del tumultuoso sviluppo industriale dei decenni precedenti, con danni ambientali denunciati dai primi movimenti ambientalisti, e nuove forme di inquinamento; tra i fatti più gravi, da annoverare il disastro di Seveso, un comune della provincia di Milano investito da una nube di diossina nel luglio 1976.
Negli anni Settanta si susseguirono i seguenti governi: dal 6 agosto 1970 al 17 febbraio 1972 il governo Colombo (Emilio Colombo); dal 17 febbraio 1972 al 26 giugno 1972 il governo Andreotti I (Giulio Andreotti); dal 26 giugno 1972 al 7 luglio 1973 il governo Andreotti II; dal 7 luglio 1973 al 14 marzo 1974 il governo Rumor IV; dal 14 marzo 1974 al 23 novembre 1974 il governo Rumor V; dal 23 novembre 1974 al 12 febbraio 1976 il governo Moro IV, dal 12 febbraio 1976 al 29 luglio 1976 il governo Moro V; dal 29 luglio 1976 all'11 marzo 1978 il governo Andreotti III; dall'11 marzo 1978 al 20 marzo 1979 il governo Andreotti IV; dal 20 marzo 1979 al 4 agosto 1979 il governo Andreotti V; dal 4 agosto 1979 al 4 aprile 1980 il governo Cossiga I (Francesco Cossiga) e dal 4 aprile 1980 al 18 ottobre 1980 il governo Cossiga II.
Sul piano politico si venne determinando uno stallo per via dell'erosione dei consensi alla maggioranza di centro-sinistra, che portò alla fine anticipata di due legislature. Cominciò allora a prendere corpo l'idea di un compromesso storico fra le principali forze politiche del paese, che dalla DC si estendesse al PCI, cresciuto enormemente alle Regionali del 1975 e ancor più alle politiche del 1976, e i cui «voti congelati» non potevano essere ormai ulteriormente confinati all'opposizione. Si trattava di un progetto ideato dallo stesso leader del PCI, Enrico Berlinguer, all'indomani del golpe cileno del 1973, e che fu recepito con favore dai principali organi di informazione. Per rimuovere la pregiudiziale che impediva al suo partito di partecipare al governo del paese,[2] Berlinguer nel 1976 rilasciò una storica intervista al Corriere della Sera in cui sembrava prendere le distanze dall'URSS, dichiarando di non voler prendere più le sue parti in caso di conflitto con la NATO;[38] promosse inoltre la cosiddetta linea euro-comunista, cioè un'alleanza col Partito Comunista Francese e quello Comunista di Spagna, che prevedeva un approdo "democratico" al comunismo in Europa a prescindere dal sostegno dell'Unione Sovietica. Fu così che in quello stesso anno, dopo che il PSI ebbe fatto cadere l'ultimo governo di centro-sinistra, a seguito di elezioni anticipate cominciarono i governi di astensione o di unità nazionale, guidati da Andreotti, monocolori democristiani che si reggevano indirettamente sull'astensione di PSI, PCI, PLI e PSDI, ma vissuti dal paese come se tutti i partiti vi contribuissero.
Il compromesso storico porterà tuttavia il PCI a lasciare scoperti diversi settori della sinistra extraparlamentare che non si sentivano più rappresentati da quel partito, contrari all'idea di compromessi con le forze borghesi. In particolare il 1977 vide un ritorno delle agitazioni e dei movimenti di piazza, con scontri molto più feroci di quelli del Sessantotto: iniziate con un assalto alla tribuna di Luciano Lama, leader della CGIL a cui veniva contestata una linea politica ritenuta troppo morbida, le violenze sfociarono in azioni armate con lanci di molotov, uccisioni sia di poliziotti che di manifestanti, assalti alle sedi del MSI, e strascichi come la strage di Acca Larentia. Anche le BR giunsero ad alzare maggiormente il tiro, dopo che la loro nuova guida, Mario Moretti, aveva preso il posto di Cagol, morta nel 1975, e di Curcio, arrestato nel 1976. Moretti diede alla lotta armata l'ordine di «mirare al cuore dello stato», portando a un incremento degli attentati: nel 1977 le persone uccise ad opera delle BR salirono a trentuno.
Berlinguer, ritenendo che il PCI stesse pagando più di tutti il proprio appoggio al governo Andreotti con una perdita di consensi, fece pressioni per avervi un maggior coinvolgimento. Fu allora che si ebbe l'episodio più eclatante quando il 16 marzo 1978 le BR rapirono il Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, uno dei maggiori sostenitori del compromesso storico, in via Fani a Roma, proprio nel momento in cui il Presidente del Consiglio incaricato, Giulio Andreotti, stava tentando di far nascere il primo governo con i voti diretti del PCI. Il fronte politico si divise allora tra i fautori della trattativa con le BR (soprattutto il PSI), e i sostenitori della fermezza (democristiani e comunisti), convinti che lo Stato non si dovesse piegare ai loro ricatti; alla fine prevalsero questi ultimi. Il conseguente omicidio di Moro, il cui cadavere fu fatto ritrovare in via Caetani, a metà strada tra le sedi della DC e del PCI, gettò l'Italia intera nello scompiglio e nel caos. Il ministro dell'Interno Cossiga, che si era opposto alla trattativa con le BR, fu costretto alle dimissioni. Anche il presidente della Repubblica Leone fu accusato di non aver fatto abbastanza per salvare Moro; sottoposto tra l'altro a una campagna mediatica da parte dell'Espresso e del Partito Radicale che lo ritenevano coinvolto nello scandalo Lockheed, che in quegli anni stava portando a svariate inchieste giudiziarie,[39] Leone si dimise di lì a poco, nonostante la sua estraneità ai fatti[40] riconosciuta vent'anni dopo dagli stessi radicali.[41] L'omicidio di Moro accelerò di fatto la fine dei governi di solidarietà nazionale, portando alla fine anticipata della legislatura nel 1979, e lasciando nella Repubblica Italiana la lugubre sensazione di avviarsi verso un inesorabile declino.[30]
Il pentapartito e la fine della prima repubblica (1981-1994)
[modifica | modifica wikitesto]Il riflusso e gli anni ottanta
[modifica | modifica wikitesto]Il pesante clima ideologico degli anni settanta, che aveva portato a un vertiginoso accrescimento della tensione sociale e politica, cominciò a dissolversi all'inizio degli anni ottanta, durante i quali avvenne la cosiddetta svolta del «riflusso»,[42] inaugurata nell'autunno del 1980 dalla marcia dei quarantamila a Torino, quando tornò alla ribalta l'esistenza di una «maggioranza silenziosa» che si contrapponeva al clamore degli scontri sociali del decennio precedente: il 14 ottobre numerosi quadri intermedi della Fiat, stanchi delle continue proteste dei sindacati che si opponevano alla cassa integrazione di diversi operai proposta dall'azienda per rilanciarsi, e che impedivano loro di entrare in fabbrica a lavorare, diedero vita a un corteo "silenzioso" per la città che mise a tacere gli scioperi e le occupazioni.[43]
Ci fu nel complesso un ritorno delle persone dalle piazze al privato; cominciò l'era della televisione commerciale, unito a un decollo della pubblicità e a un incremento dei consumi. Rinacque il Carnevale di Venezia; crebbe la disaffezione dei cittadini per la politica, ma aumentò il senso di ottimismo e di benessere sociale.[44] A livello politico iniziò a prevalere la personalizzazione sull'appartenenza ideologica; ci fu così un declino del potere dei sindacati e del Partito Comunista Italiano, parallelamente all'ascesa di Bettino Craxi tra le file del Partito Socialista Italiano, chiamato nel 1976 a risollevare le sorti del partito che allora si trovava ai minimi storici, stretto nella tenaglia del tentativo di compromesso storico tra la DC e il PCI.[45] Esponente quarantenne della corrente minoritaria degli autonomisti di Nenni, ritenuto una figura provvisoria di mediazione tra le opposte correnti dei demartiniani di Enrico Manca e dei lombardiani di Claudio Signorile, Craxi ottenne ben presto un comando indiscusso sul PSI, giungendo a cambiarne la fisionomia. Allontanandosi in maniera sempre più marcata dal PCI, sul modello del programma di Bad Godesberg del Partito Socialdemocratico di Germania, Craxi si propose di costruire un'alternativa di sinistra alla DC, che fosse costituita non già da un partito comunista colluso con l'Unione Sovietica, ma da una sinistra riformista che potesse trattare col PCI da una posizione di forza, al fine di riassorbire l'anomalia dell'Italia adeguandola agli altri paesi occidentali.[4]
Prendendo parte al clima culturale ravvivato dai nuovi intellettuali della rivista Mondoperaio, Craxi cominciò ad attaccare il PCI, rimproverandogli di essere ancora alle dipendenze di Mosca nonostante i proclami di segno opposto; il primo atto di quest'offensiva era stata un'intervista concessa nell'agosto 1978 all'Espresso in cui accusava i comunisti di essere ancorati all'ideologia marxista-leninista.[46][47] Nello stesso anno Craxi era riuscito a far eleggere presidente della Repubblica Sandro Pertini, uomo della vecchia guardia del PSI, che durante il suo mandato si proporrà un riavvicinamento più amichevole e sereno dei cittadini alle istituzioni, promuovendo ad esempio incontri e afflussi di scolaresche al Quirinale. Per il suo carisma, il suo modo di fare schietto e ironico, il suo affetto verso i bambini, Pertini sarà ricordato come il presidente più amato dagli italiani.[48][49][50][51]
I primi anni del decennio furono tuttavia ancora permeati di una certa turbolenza. Nell'estate 1980 avvenne la strage di Ustica, un disastro aereo di un DC-9 dai contorni tuttora non chiariti. Il 2 agosto avvenne poi la strage di Bologna in cui morirono ottantacinque persone e se ne ferirono duecento. I processi che ne seguirono decretarono la colpevolezza di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, membri dei Nuclei Armati Rivoluzionari di ispirazione neofascista.[52] Tra i fatti di cronaca, la disgrazia toccata al piccolo Alfredino turbò assai l'opinione pubblica. Nel calcio esplose il primo scandalo scommesse di notevole rilievo, che vide la condanna di numerosi calciatori e la penalizzazione di alcune importanti squadre di club.
Dopo la fine delle esperienze di unità nazionale si erano avvicendati governi fragili e di breve durata (Cossiga I-II, Forlani) che si rivelarono inadeguati a gestire le conseguenze del terremoto dell'Irpinia del 1980, in occasione del quale Pertini auspicò invano il ricompattarsi di una grande coalizione; un suo tentativo di riesumarla era già fallito l'anno precedente quando aveva provato senza successo a dare l'incarico di un nuovo governo per la prima volta a un politico non democristiano, Ugo La Malfa. Si ripresentò la minaccia della guerra fredda con l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'Unione Sovietica e la sua decisione di rivolgere contro l'Europa occidentale una moderna generazione di missili a testata nucleare SS20;[53] tra i paesi NATO si cominciò allora a discutere se installare nuovi euromissili pershing e cruise in risposta.
Nel marzo 1981 una perquisizione nella villa di Licio Gelli da parte della Guardia di Finanza condusse alla scoperta della loggia massonica P2, un'organizzazione clandestina anticomunista con presunti scopi eversivi, che contava tra i suoi iscritti, oltre a Gelli, anche Roberto Calvi, responsabile del fallimento del Banco Ambrosiano trovato misteriosamente impiccato a Londra sotto un ponte, e il banchiere Michele Sindona, ritenuto mandante dell'omicidio del giudice Giorgio Ambrosoli che stava indagando su irregolarità nelle sue operazioni finanziarie. Il presidente del consiglio Arnaldo Forlani dovette dimettersi per non aver reso pubblici i documenti riguardanti lo scandalo sulla P2. Sempre nel 1981 ci fu l'attentato al Papa polacco Wojtyła, avversario dei regimi comunisti, la cui elezione al soglio pontificio era stata mal vista negli ambienti dell'Est europeo.
Tra gli eventi sportivi di rilievo ci fu tuttavia nel 1982 l'inaspettata vittoria della nazionale italiana di calcio guidata da Bearzot ai mondiali di Spagna, di cui fu protagonista uno dei maggiori imputati nello scandalo, il calciatore Paolo Rossi. Le forze dell'ordine, intanto, grazie al varo di nuove leggi e ad innovativi metodi di indagine, riuscirono ad arrestare i capi delle Brigate Rosse, finendo per smantellarne l'organizzazione, che ricevette un duro colpo nel gennaio 1982 con la spettacolare liberazione da parte dei NOCS del generale statunitense James Lee Dozier rapito un mese prima.
Nel giugno 1981 riuscì il tentativo di Pertini di mettere alla guida del governo il primo politico non appartenente alle file della DC, il repubblicano Giovanni Spadolini. Sotto la sua presidenza, che inaugurava la formula del pentapartito (alleanza governativa fra DC-PSI-PLI-PSDI-PRI), l'Italia inviò in Libano per la prima volta un contingente militare all'estero. Anche se si trattò di un governo debole, destinato a cadere per uno scontro tra i ministri Andreatta e Formica noto come "lite delle comari", fu il preludio della chiamata a Palazzo Chigi del socialista Bettino Craxi, investito da Pertini nel 1983 in seguito ad elezioni anticipate: queste videro un pesante tracollo della DC, che sotto la direzione del nuovo segretario Ciriaco De Mita scese di quasi 6 punti, una flessione del PCI, e una risalita del PSI. Se la DC perse così la sua funzione di guida politica del paese, l'ascesa di Craxi consentì di superare lo stallo del sistema venutosi a creare dopo il fallimento del compromesso storico; quello di Craxi sarà infatti il governo più lungo di tutti quelli finora mai avuti. Esso sarà caratterizzato da un energico decisionismo, con frequente ricorso a decreti-legge, a differenza di quelli precedenti a guida democristiana più inclini alle mediazioni. Tra i suoi primi atti di rilievo, Craxi firmò nel febbraio del 1984 l'accordo di villa Madama, un protocollo aggiuntivo ai Patti lateranensi già stipulati nel 1929 e ratificato in seguito dalla legge 206 del 1985, che ribadiva la sovranità e la reciproca indipendenza di Stato e Chiesa.
Legato in amicizia all'emergente imprenditore Silvio Berlusconi, a favore del quale intervenne per decretare il ripristino delle trasmissioni delle sue reti Fininvest oscurate nell'ottobre 1984 dall'ingiunzione di tre pretori,[54] Craxi inaugurò un nuovo corso economico che trovò una sponda nel liberismo di Reagan e della Thatcher. In particolare egli si propose di combattere la pesante inflazione che si trascinava sin dagli anni settanta, motivo di stagnazione e crescita lenta, individuandone la causa principale nella scala mobile, ossia nel meccanismo di adeguamento automatico dei salari all'aumento del costo della vita. L'abolizione di alcuni suoi punti, attuata il 14 febbraio 1984 col cosiddetto decreto di "San Valentino", in accordo con la Confindustria, i liberali, la CISL di Carniti e la UIL di Benvenuto, scatenò le proteste dei settori più estremisti della CGIL di Lama, che indussero quest'ultimo a rompere l'unità con le altre sigle sindacali dopo la ricomposizione del 1969,[55] ma soprattutto la durissima opposizione del Partito Comunista Italiano, il quale in aperta sfida a Craxi proclamò dei pesanti scioperi insieme alla CGIL.
Poiché Craxi non demorse, Berlinguer fece indire un referendum per sconfiggere il suo decreto convertito intanto in legge, ma morì improvvisamente per un aneurisma nel giugno 1984 durante un comizio in vista delle imminenti elezioni europee. La commozione per la morte di Berlinguer spinse il PCI in quelle elezioni a superare la DC facendolo momentaneamente diventare il primo partito, e inducendo il segretario democristiano De Mita a prefigurare una nuova alleanza trasversale col Partito Comunista, il quale rivendicava da tempo una propria legittimità e superiorità "morale" rispetto ai partiti di governo. Alessandro Natta, figura di mediazione tra le varie anime del PCI, fu il nuovo segretario che condusse il partito al referendum tenutosi l'anno dopo nel giugno del 1985, che si risolse però in una vittoria di Craxi e una sconfitta inaspettata per il PCI; quest'ultimo, ritrovandosi isolato, e senza più il carisma di Berlinguer, da allora si avviò a una lenta e inesorabile perdita di consensi.
Negli anni Ottanta si susseguirono i seguenti governi: dal 14 ottobre 1980 al 26 maggio 1981 il governo Forlani (Arnaldo Forlani); dal 28 giugno 1981 al 7 agosto 1982 il governo Spadolini I (Giovanni Spadolini); dal 23 agosto 1982 al 13 novembre 1982 il governo Spadolini II; dal 1º dicembre 1982 al 2 maggio 1983 il governo Fanfani V (Amintore Fanfani); dal 4 agosto 1983 al 27 giugno 1986 il governo Craxi I (Bettino Craxi); dal 1º agosto 1986 al 3 marzo 1987 il governo Craxi II; dal 17 aprile 1987 al 28 aprile 1987 il governo Fanfani VI; dal 28 luglio 1987 all'11 marzo 1988 il governo Goria (Giovanni Goria); dal 13 aprile 1988 al 19 maggio 1989 il governo De Mita (Ciriaco De Mita); dal 22 luglio 1989 al 29 marzo 1991 il governo Andreotti VI (Giulio Andreotti).
Sul versante estero, Craxi da un lato rafforzò i legami dell'Italia con il Patto Atlantico, intensificando i rapporti con l'America di Ronald Reagan, ma dall'altro mantenne una politica filo-araba nella questione israelo-palestinese del Medio-Oriente, spalleggiato dal ministro degli Esteri Andreotti. Nell'autunno 1985, ad esempio, in occasione del sequestro della nave da crociera Achille Lauro da parte di un gruppo terrorista guidato da Abu Abbas, Craxi rivendicò la giurisdizione italiana del caso garantendo la libertà ai sequestratori contro il parere degli Stati Uniti che intendevano giudicarli per l'uccisione di un loro concittadino; la conseguente crisi di Sigonella fece aumentare il prestigio di Craxi anche presso i comunisti per il suo mantenimento della parola data. Anche durante il bombardamento americano di Tripoli, che vide una rappresaglia libica con lancio di missili su Lampedusa nell'aprile 1986, Craxi fu reputato eccessivamente prudente verso Gheddafi, mostrando di disapprovare piuttosto l'attacco americano e il suo coinvolgimento del suolo italiano.[56]
Per il resto, tuttavia, l'Italia di Craxi diede attuazione pratica al progetto americano di uno scudo di euromissili in risposta alle minacce del mondo comunista-sovietico fattesi sempre più pressanti, progetto già approvato in fase teorica nel dicembre 1979 dal governo Cossiga e a cui si erano allineati anche gli altri paesi occidentali come il Regno Unito, la Francia, la Spagna, la Germania, e che si rivelerà determinante per mettere in crisi l'apparato strategico e finanziario dell'Unione Sovietica, accelerandone la caduta e la svolta di Gorbačëv. Il PCI, invece, in occasione dell'installazione della base missilistica a Comiso, si schierò dalla parte dei sovietici.[57]
Nella seconda metà degli anni ottanta ci fu una crescita significativa del PIL italiano anche grazie al calo dell'inflazione, che portò l'Italia ad affermarsi come la quinta potenza economica mondiale.[59] Si impose il made in Italy, trascinato dalla moda[60] e dai prodotti alimentari di consumo.[61] Da paese di emigranti l'Italia si scoprì terra di immigrati, provenienti soprattutto dai paesi "extracomunitari" del terzo mondo.[62] Avvertendo il ritardo del sistema politico rispetto ai cambiamenti in atto nella società, Craxi fu tra i primi a parlare della necessità di riforme istituzionali,[63] ad esempio in senso presidenzialista, sebbene egli stesso riconoscerà che questi progetti resteranno alla fine un «inutile abbaiare alla luna».[64] Nell'estate del 1986, intanto, la DC si dichiarò non più disponibile a dargli la fiducia, obbligandolo ad un patto noto come "staffetta", che porterà nel 1987 alla fine del governo Craxi, ad elezioni anticipate, e al subentro di Giovanni Goria, uomo vicino a De Mita, sempre col sostegno del pentapartito. Avversario di Craxi, De Mita era espressione dell'ala sinistra della DC e favorevole all'antico progetto di alleanza consociativa col PCI.[65] Per evitare che il PSI si logorasse nella forzata alleanza col centro che gli sottraeva visibilità a sinistra (come avvenuto sin dagli anni sessanta), Craxi diede vita a una politica movimentista di piazza, antagonista alla DC, che di fatto trasferiva all'interno del governo quella che avrebbe dovuto essere una contrapposizione dialettica tra maggioranza e opposizione.[66] Risultato di queste iniziative furono i referendum del 1987 a favore della punibilità civile dei magistrati (vanificato in seguito dalla legge Vassalli)[67] e quello sul "nucleare" che riscosse molti consensi sull'onda emotiva del disastro di Černobyl': esso portò all'abolizione della produzione di energia atomica in Italia, e vi si opposero soltanto i liberali, i repubblicani e missini.
Un'altra battaglia ingaggiata da Craxi riguardò quegli ambiti, come l'informazione, che vedevano un'assegnazione dei posti di influenza non solo alle forze di maggioranza (DC e PSI), ma anche di opposizione (PCI). Mentre le tre reti pubbliche televisive erano infatti così spartite fra quelle tre formazioni, i principali quotidiani nazionali erano invece per lo più schierati contro i socialisti,[68] i quali non disponevano di un radicamento ideologico-culturale nel paese pari a quello dei due grandi «partiti-chiesa».[69] Particolarmente ostile nei loro confronti era La Repubblica di Scalfari, appartenente al gruppo editoriale Caracciolo-Espresso dell'imprenditore Carlo De Benedetti, vicino al PCI e alla sinistra democristiana. Fu per questo che nel giugno 1988, all'indomani del primo scontro per la scalata alla Mondadori tra Berlusconi, possibile amico dei socialisti sul terreno delle reti private, e De Benedetti, l'appoggio di Craxi andò al primo, sostenendo un progetto di legge antitrust del repubblicano Oscar Mammì che di fatto avrebbe escluso il secondo dal mercato televisivo.[70] La stessa preoccupazione aveva spinto Craxi nel 1985 a impedire l'operazione con cui l'IRI presieduta da Romano Prodi, appoggiato da De Mita, si impegnava a cedere il gruppo SME alla Buitoni di De Benedetti.[71]
Quando poi nell'aprile del 1988 fu il suo avversario De Mita a succedere a Goria alla guida del governo, in vista di una lunga fase che doveva attuare un progressivo coinvolgimento dei comunisti,[65] Craxi sfruttò il malcontento di diversi settori della DC, contrari al doppio incarico di De Mita di segretario del partito e presidente del Consiglio, formando contro di lui nel maggio 1989 una solida alleanza con Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani, esponenti della destra democristiana; l'alleanza fu ribattezzata C.A.F. dalle iniziali dei cognomi dei tre protagonisti (Craxi-Andreotti-Forlani), e prevedeva una loro alternanza al governo con programmatica esclusione della sinistra estrema.
La fine della guerra fredda
[modifica | modifica wikitesto]Il patto Craxi-Andreotti-Forlani costrinse alle dimissioni De Mita, che fu sostituito nel luglio 1989 da Andreotti, mentre Forlani assumeva la segreteria della DC.[72] Il fatto che un tale progetto politico sembrasse non prevedere alternative suscitò tuttavia una sensazione di immobilismo, dando l'impressione che i partiti si accordassero tra loro indipendentemente dal resto del paese. Ciò nonostante, dal governo Andreotti furono avviate alcune importanti riforme economiche come l'apertura agli investimenti privati nelle università,[73] e soprattutto l'adesione al trattato di Maastricht, che avrebbe aperto il mercato italiano alla libera concorrenza internazionale, rendendo obsoleto il sistema economico basato sulle partecipazioni statali su cui si era retto fino allora.[74]
Con la caduta del muro di Berlino avvenuta il 9 novembre 1989, che assunse il significato ideale di un crollo dell'alternativa al capitalismo, sembrarono aprirsi nuovi spazi di intesa tra il PSI e un PCI finalmente libero dalla pregiudiziale sovietica, ma il rapporto travagliato tra i due partiti che si era andato deteriorando lungo tutto il decennio fece ben presto naufragare una tale prospettiva.[75] Venuto meno il "fattore K",[2] il 12 novembre 1989 Achille Occhetto, da poco più di un anno divenuto segretario del Partito Comunista Italiano, annunciò la "svolta della Bolognina", che comportava l'abbandono della tradizione comunista e l'avvio alla socialdemocrazia, pur mantenendo tuttavia la distanza che lo separava dal PSI.[76]
Nel 1990 si celebrò il Campionato mondiale di calcio in Italia, un evento molto seguito dalla popolazione, a cui però seguirono discussioni circa gli appalti per la costruzione degli impianti sportivi. Avevano cominciato infatti a svilupparsi nuovi partiti di protesta nei confronti di quella che è stata definita partitocrazia, che contestavano un eccessivo carico fiscale, ravvisavano malsani rapporti tra politica e imprenditoria, ed esigevano la necessità di riforme. In particolare la Lega Nord, della quale fu nominato Segretario generale Umberto Bossi, già eletto la prima volta in Senato nel 1987 (e per questo da allora soprannominato senatùr) si fece portatrice di una tale protesta, arrivando a prospettare l'autonomia del Nord Italia dal resto del paese.
Il tramonto delle ideologie, che già negli anni ottanta aveva portato in tutto l'Occidente a un indebolimento del voto di appartenenza in favore di una maggiore personalizzazione della politica (incarnata in Italia dalla figura di Craxi), contribuì alla crisi dei partiti tradizionali; parallelamente era cresciuto così il ruolo supplente del presidente della Repubblica, sin dal tempo di Pertini.[77]
Con Francesco Cossiga, eletto al Quirinale nel 1985 con una larghissima maggioranza, si assistette a un incremento di interventi nella vita politica: sebbene avesse svolto con discrezione il proprio mandato nei primi anni del proprio settennato, dopo la caduta del muro Cossiga iniziò una fase di conflitto, spesso provocatoria e con una fortissima esposizione mediatica, verso il sistema dei partiti, da lui accusato di immobilismo, e contro la politicizzazione dei magistrati. Definito perciò il grande «picconatore»,[78] Cossiga ruppe uno dei più antichi tabù della politica democristiana, che consisteva nel mettere a tacere le turbolenze e le piaghe del sistema. Quando nel 1990 Andreotti rese pubblici i documenti su Gladio a cui lo stesso Cossiga apparteneva, organizzazione clandestina pronta a intervenire in caso di invasione sovietica, egli lo interpretò come un tentativo di spodestarlo, e nel novembre 1991 si autodenunciò alla magistratura come referente politico di Gladio, per rivelare agli italiani il prezzo che in termini di legalità era costato il mantenimento della pace pubblica durante la cinquantennale presenza in Italia del più forte partito comunista d'Occidente.[79] Un mese dopo, l'opposizione parlamentare, in particolare quella ex-comunista, presentò una richiesta di messa in stato di accusa contro di lui, richiesta tuttavia respinta in quanto manifestamente infondata in base agli atti parlamentari del 12 maggio 1993. Sebbene inviso a quasi tutti i partiti, Cossiga trovò una sponda nei progetti presidenzialisti di Craxi,[80] e un asse col MSI guidato dal nuovo segretario Gianfranco Fini, succeduto da pochi anni ad Almirante.[81]
Nel novembre 1990, intanto, Occhetto annunciò il cambio di nome del suo partito, che si sarebbe chiamato Partito Democratico della Sinistra (PDS), evitando la denominazione "socialista" e prefigurando già in questo modo la chiusura di ogni possibilità di intesa col PSI.[76] Nonostante gli umori contrari della base, il 3 febbraio 1991 il PCI deliberò il proprio scioglimento, provocando la scissione di Armando Cossutta e Fausto Bertinotti che daranno vita al Partito della Rifondazione Comunista. Il neonato PDS, che si proponeva come alternativa al pentapartito, conobbe già un momento di tensione in occasione della guerra del Golfo contro il dittatore iracheno Saddam Hussein, esplosa da poche settimane, tra una maggioranza antiamericana, fautrice del ritiro delle forze militari italiane inviate in Iraq dal governo sotto l'egida dell'ONU, e i "miglioristi" come Giorgio Napolitano, riluttanti ad una rottura col blocco eurosocialista;[83] poiché prevalse la contrarietà alla guerra, in antitesi all'orientamento della comunità internazionale, il neonato partito della sinistra si attirò le critiche, da parte di Craxi, di aver attuato una svolta filo-occidentale poco credibile.[84][85]
Il perdurare del gelo nei rapporti tra PSI e PDS, e la conseguente impossibilità di costruire un blocco di sinistra alternativo alla DC nonostante la caduta della pregiudiziale anticomunista, continuò a mantenere il sistema politico in una fase di stallo, tanto più che il sorpasso a sinistra, progettato da Craxi ai danni del PCI-PDS, appariva ancora lontano da venire, nonostante la lenta e progressiva crescita dei socialisti durante tutti gli anni ottanta. Non riuscendo a trovare la sua «onda lunga», il PSI seguitò a ritenersi alleato "costretto" alla DC,[75] cercando di contenderle quanti più spazi di visibilità e mezzi finanziari possibili per sopravvivere nella moderna società mediatica,[86] esponendosi alle critiche della stampa avversa che continuava a cavalcare la "questione morale".[87] Da più parti si cominciò a pensare che la paralisi del sistema favorisse la corruzione.[88] Per far fronte alla crisi della politica, l'emergente leader Mario Segni propose dei referendum per abolire il voto proporzionale, ritenuto una delle cause di quella paralisi: il primo passo in questa direzione fu la proposta di introduzione della preferenza unica, che ebbe notevole successo ai referendum del giugno 1991. Craxi, che aveva invitato i cittadini ad «andare al mare», ritenendo che quella proposta avrebbe ridotto il diritto di scelta dei cittadini, apparve agli occhi dell'opinione pubblica come uno dei principali sconfitti.[89]
Si era fatto intanto sempre più minaccioso l'attacco della mafia nei confronti dello Stato, un attacco cominciato sin dall'omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa nel 1982, e acuitosi a partire dal 10 febbraio 1986, data di inizio del maxiprocesso contro "cosa nostra", avviato in seguito alle dichiarazioni dei pentiti Tommaso Buscetta, Totuccio Contorno, e Francesco Marino Mannoia, rilasciate al giudice Giovanni Falcone, e che aveva portato all'arresto di 456 imputati. Tra questi vi erano Luciano Liggio e Michele Greco, esponenti della cosca di Corleone, capeggiata da Salvatore Riina, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano, che erano saliti al vertice della cupola mafiosa sconfiggendo il clan rivale di Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo. All'indomani delle sentenze costoro scatenarono una rappresaglia non solo contro le famiglie dei pentiti, ma anche contro alcuni referenti politici, già sospettati di collusione, presumibilmente per aver fatto mancare la consueta protezione nei loro confronti: nel 1988 uccisero l'ex sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco, e nel 1992 il presidente della DC siciliana Salvo Lima.
Furono uccisi anche i magistrati Antonino Saetta nel 1988, Rosario Livatino nel 1990, e Antonino Scopelliti nel 1991. Nel 1992, pochi mesi dopo che la Corte di Cassazione ebbe confermato le condanne del maxiprocesso, due grandi stragi colpirono l'Italia: la strage di Capaci avvenuta sull'autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci a pochi chilometri da Palermo, in cui persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta (Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro); e la strage di via d'Amelio in cui morì il giudice antimafia Paolo Borsellino e la sua scorta, avvenuta per l'esplosione di una Fiat 126 contenente circa 100 chilogrammi di tritolo.[90]
L'inchiesta "Mani pulite" e la fine della prima repubblica
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1992 le indagini della magistratura milanese, dette Mani pulite, sul fenomeno dilagante delle tangenti (da cui il nome dello scandalo chiamato appunto Tangentopoli), portarono alla scoperta di numerosi intrecci irregolari tra politica e affari,[91] originati da un consociativismo patologico.[88] Furono colpiti quasi solamente esponenti del pentapartito, ossia delle forze politiche di maggioranza che fino allora erano state al governo. Fu per questo che Craxi, uno dei principali imputati, in un discorso al Parlamento chiamò in correità anche i partiti dell'opposizione, dichiarando «spergiuro» chi avesse negato di non aver fatto ricorso al finanziamento illecito dei partiti.[92][93]
Il fenomeno speculativo dell'estate 1992 coinvolse la lira italiana e la sterlina britannica. Il governo italiano, retto da Amato, il 13 settembre decise di svalutare il cambio di riferimento della valuta nazionale complessivamente del 7%, in particolare la lira in sé fu svalutata del 3,5%, mentre le altre valute furono rivalutate del 3,5%.
Nonostante ciò, la crisi finanziaria sembra precipitare verso la bancarotta. Il 16 settembre il governo britannico decise di far uscire la moneta nazionale dallo SME.
Il 17 settembre 1992 il governo Amato decise una drastica svalutazione della lira (pari al 25% del suo valore), la conseguente fuoriuscita dallo SME - il sistema monetario europeo in cui la lira era entrata nel 1979 - e una parallela manovra finanziaria del valore di quasi centomila miliardi. I provvedimenti attuati, quali l'aumento dell'età pensionabile e dell'anzianità contributiva, il blocco dei pensionamenti, la "minimum tax" sui redditi autonomi, la patrimoniale sulle imprese, il prelievo sui conti correnti bancari, i ticket sanitari, l'istituzione dell'ICI, provocarono episodi di protesta sociale che si rivolsero anche contro i sindacati confederali.
Sul piano economico, intanto, l'Italia subì una pesante crisi finanziaria: nel 1992 la lira venne svalutata e uscì dal Sistema monetario europeo avendo superato i margini di fluttuazione consentiti. Cresceva anche il debito pubblico, salito costantemente sin dagli anni settanta per il vertiginoso aumento della spesa pubblica (quasi raddoppiata dal 1960)[94] causato da un oneroso sistema di Stato sociale e dall'attuazione di politiche keynesiane di sostegno alla produzione.[95][96] Se negli anni settanta il peso del debito era stato mitigato dalla forte inflazione, negli anni ottanta era andato fuori controllo a causa del continuo disavanzo primario (e non a causa della separazione, solo pubblicistica, tra Ministero del Tesoro e Banca d'Italia nel 1981 - di fatto la relazione tra i due enti prosegue fino al 1994[97]), fino a raggiungere il 121,8% nel 1994,[98] alimentato dal circolo vizioso della spesa per interessi passivi sui titoli di stato.[99][100]
Nelle elezioni politiche del 5 aprile 1992 la DC ottenne il minimo storico con quasi il 30% dei suffragi pur conservando la maggioranza relativa, PDS e PRC assommati ricevettero molti meno voti del vecchio PCI, mentre gli altri partiti di governo rimasero pressoché stabili nelle preferenze; la Lega Nord ottenne un risultato sorprendente vincendo in numerosi collegi settentrionali e ottenendo quasi il 9% a livello nazionale. Anche La Rete e i Verdi riuscirono a fare eleggere alcuni loro candidati: conseguenza del voto fu un parlamento molto frammentato e senza una maggioranza robusta. Quando, a maggio, le Camere appena riunite furono chiamate a votare il nuovo Presidente della Repubblica, le votazioni si tennero in un clima di caos totale (in quegli stessi giorni avvenne la strage di Capaci, in cui rimasero uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta) e fu affossata dapprima la candidatura di Arnaldo Forlani, poi quella di Giulio Andreotti. Alla fine, fu eletto il democristiano Oscar Luigi Scalfaro, che si rifiutò di concedere incarichi ai politici vicini agli inquisiti: Craxi, che aspirava a tornare alla presidenza del Consiglio, dovette rinunciare in favore di Giuliano Amato, che varò una finanziaria molto onerosa, detta di «lacrime e sangue», mentre le forze del pentapartito crollavano sotto i colpi dell'inchiesta "Mani Pulite", che portò alle dimissioni degli allora ministri Claudio Martelli (PSI), Francesco De Lorenzo (PLI), Giovanni Goria (DC) e Franco Reviglio (PSI), raggiunti dagli avvisi di garanzia. In seguito alla strage di via d'Amelio (19 luglio), in cui rimasero uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta, il governo Amato diede il via all'Operazione Vespri siciliani, con cui vennero inviati in Sicilia 7000 militari per presidiare gli obiettivi sensibili, e dispose inoltre il trasferimento in blocco di circa cento detenuti mafiosi nelle carceri dell'Asinara e di Pianosa.[101]
La DC ricevette accuse di collusione con la mafia, con l'incriminazione dello stesso Andreotti nel marzo 1993, mentre il 15 gennaio venne catturato dal CrimOr il capo di cosa nostra Totò Riina, latitante dal 1969. Per far fronte al dilagare di tangentopoli nel marzo 1993 il governo Amato presentò il decreto Conso che mirava ad una "soluzione politica" del fenomeno depenalizzando il finanziamento illecito ai partiti, ma per la prima volta nella storia repubblicana il presidente della Repubblica Scalfaro, sull'onda dalla contrarietà dell'opinione pubblica, rifiutò di firmarlo. Il 18 aprile 1993 i nuovi referendum voluti da Mario Segni, forte del successo del 1991, sancirono la fine del proporzionale e l'introduzione del Mattarellum, cioè di un sistema di voto in gran parte maggioritario, che spingendo i partiti ad accorparsi in coalizioni avrebbe segnato la fine di un'epoca. Dinanzi ai nuovi scenari Amato rassegnò le dimissioni e subentrò un governo guidato per la prima volta non da un parlamentare ma da un tecnico indipendente, Carlo Azeglio Ciampi, che avrebbe traghettato il sistema verso la seconda repubblica.
Intanto le bombe di mafia esplosero per la prima volta fuori dalla Sicilia, tramite autobombe nel maggio 1993 furono compiuti l'attentato di via Fauro a Roma e la strage di via dei Georgofili a Firenze, mentre il 27 luglio 1993 avvenne la strage di via Palestro a Milano e quaranta minuti dopo gli attentati alle chiese di Roma infine il 31 ottobre a causa di un malfunzionamento fallì l'attentato allo Stadio Olimpico di Roma.[102] Questa strategia si collocava nell'ambito della feroce risposta di Cosa Nostra all'applicazione di nuovi strumenti legislativi per la lotta alla mafia (articolo 41 bis, legge sui collaboratori di giustizia).[103] Nello stesso periodo scoppiò anche lo "scandalo SISDE", relativo alla gestione di fondi riservati, che arrivò a coinvolgere il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.[104]
Il bipolarismo e la crisi economica (1994-2011)
[modifica | modifica wikitesto]Le elezioni del 1994
[modifica | modifica wikitesto]Il declino della DC e del PSI avevano lasciato un vuoto di potere nello schieramento moderato, che nelle elezioni amministrative del 1993 fu momentaneamente riempito a Nord dalla Lega, che vinse a Milano, e al Centro-Sud dal Movimento Sociale Italiano (MSI), che a Roma e Napoli andò al ballottaggio ottenendo percentuali inaspettate di poco inferiori al 50%. Nell'occasione, durante un'intervista concessa nel novembre del medesimo anno sulla contesa per la candidatura a sindaco di Roma, che si disputava tra Francesco Rutelli della sinistra e Gianfranco Fini del Movimento Sociale, Silvio Berlusconi affermò che avrebbe scelto quest'ultimo.
La successiva campagna elettorale per le elezioni del 27 marzo 1994, seguite allo scandalo suscitato dall'inchiesta Mani Pulite, segnarono il definitivo cambiamento dello scenario politico italiano. Il preludio per lo svolgimento di queste elezioni furono le dimissioni di Carlo Azeglio Ciampi. Questi, che prima degli incarichi governativi era stato Governatore della Banca d'Italia, aveva proceduto ad attuare ulteriori tagli della spesa pubblica e nuovi inasprimenti fiscali per fronteggiare la svalutazione della lira, con una politica di duri sacrifici.
Il PCI era già divenuto PDS nel 1991, e confortato dalle previsioni di un successo elettorale diede vita a uno schieramento di sinistra paragonato da Occhetto a una «gioiosa macchina da guerra».[105] La DC si trasformò in Partito Popolare Italiano (PPI), riprendendo il nome adottato dal partito cattolico del 1919; un settore di esso però, in particolare una componente dell'ala destra già facente capo a Forlani, decise di scindersi fondando il Centro Cristiano Democratico, guidato da Pier Ferdinando Casini, mentre gran parte della sinistra democristiana rimase nel PPI, alleandosi col nuovo movimento di Mario Segni, il Patto per l'Italia. Il MSI-DN, invece, per mettere a frutto i successi di Roma e Napoli in vista di una propria definitiva fuoriuscita dall'emarginazione, operava una svolta in senso moderato dando origine ad Alleanza Nazionale (AN).
Nasceva infine Forza Italia, un movimento promosso da Silvio Berlusconi (allora proprietario delle maggiori reti televisive private italiane e del gruppo Fininvest-Mediaset) allo scopo di opporsi alla possibile affermazione delle sinistre che avevano vinto i turni delle elezioni amministrative, su un programma di rilancio dell'iniziativa privata, di aumento dell'occupazione (1 milione di posti di lavoro), di riduzione dei carichi fiscali per le imprese.
Sparivano intanto formazioni di lunga tradizione quali il PSDI e il PLI; quest'ultimo, che decretò il proprio scioglimento il 6 febbraio 1994, decise di aderire ai diversi movimenti liberali sparsi per il territorio riuniti nella Federazione dei Liberali Italiani. Altri invece confluirono nel nuovo partito Forza Italia. Il 13 novembre 1994 sarà la volta della diaspora del Partito Socialista Italiano: gran parte dei reduci sarà recuperata da Enrico Boselli che fonderà i Socialisti Italiani; altri fonderanno invece il Partito Socialista Riformista, la Federazione Laburista e l'Alleanza Democratica; altri ancora confluiranno in Forza Italia.
Il nuovo sistema elettorale, di tipo maggioritario, favorì la formazione di alleanze tra i partiti. Le elezioni del 27 marzo 1994 decretarono al Nord la vittoria di Forza Italia e Lega Nord, unite nel Polo delle Libertà, e al Centro-sud di Forza Italia e Alleanza Nazionale, unite nel Polo del Buon Governo; uscirono sconfitti gli altri due poli, cioè i Progressisti (Pds, Rifondazione, Verdi, Alleanza Democratica, Rete, Psi) guidati dal segretario pidiessino Achille Occhetto, e il Patto per l'Italia (Ppi e Patto Segni) guidato da Mario Segni e Mino Martinazzoli.
Berlusconi e il primo governo di destra
[modifica | modifica wikitesto]Il vero vincitore risultò Silvio Berlusconi, il quale formò il suo primo governo, che vedeva per la prima volta l'ingresso nella stanza dei bottoni dei missini di Fini. Il suo governo, tuttavia, incontrò subito numerose difficoltà che sfociarono in scontri giudiziari con la Procura di Milano, in scontri politici con la Lega di Bossi e in scontri sociali con i sindacati (sulla questione della riforma delle pensioni) tali da portare ad una rapida caduta del suo governo nel dicembre del '94, in particolare a seguito di un avviso di garanzia emesso a Napoli contro Berlusconi per un presunto reato dal quale sarà assolto con formula piena per non aver commesso il fatto.[106][107]
Si insediò allora il governo tecnico di Lamberto Dini (ex ministro del Tesoro del governo Berlusconi), appoggiato dall'esterno da centrosinistra e Lega Nord, che durò per tutto il 1995, dopo il quale la legislatura giunse prematuramente alla fine.
La prima volta della sinistra post-comunista
[modifica | modifica wikitesto]Le nuove elezioni anticipate del 1996 videro contrapporsi il Polo delle Libertà di centro-destra (ma senza Lega Nord), guidato da Berlusconi, e la coalizione di centro-sinistra, l'Ulivo (Pds, Ppi e forze minori), guidate da Romano Prodi, economista di area cattolica.
L'Ulivo vinse di misura e alla Camera ebbe bisogno dei voti di Rifondazione comunista per formare la maggioranza ed il nuovo governo. Tra gli intenti della nuova legislatura ci fu il tentativo di riformare la Costituzione, esigenza che si avvertiva in maniera sempre più pressante sin dagli anni ottanta, e che si rendeva ormai necessaria per adeguare le istituzioni al nuovo modello politico della Seconda Repubblica, orientato rispetto alla Prima in senso decisamente bipolare. A tal proposito si diede vita ad una Commissione bicamerale presieduta da D'Alema, che tra varie difficoltà riuscì dapprima a trovare una fragile intesa per approvare un modello presidenzialista che prevedesse l'elezione diretta del Capo dello Stato, ma fu poi costretta a rinunciarvi per l'emergere di disaccordi tra le opposte parti politiche.
Diversi obiettivi, intanto, come la privatizzazione di importanti aziende statali, il risanamento dei conti pubblici e l'ingresso nell'euro, furono raggiunti dal governo attraverso un inasprimento della pressione fiscale. Alla fine del 1998 il governo Prodi cadde tuttavia a causa della scelta di Rifondazione comunista di ritirare la fiducia sulla legge finanziaria. Seguirono altri due governi di centro-sinistra, retti con l'apporto di alcuni parlamentari dal centro e di una parte di comunisti rimasti fedeli a Prodi, autori di una scissione da Rifondazione. Il primo dei due governi fu presieduto da Massimo D'Alema, segretario dei Democratici di Sinistra (la nuova denominazione del Pds), e il secondo da Giuliano Amato, ex socialista.
Il 13 maggio 1999 vide l'elezione di Carlo Azeglio Ciampi alla presidenza della Repubblica sin dalla prima votazione, con un'ampia maggioranza parlamentare. Pochi giorni dopo venne alla luce una recrudescenza del terrorismo quando un commando delle Nuove Brigate Rosse uccise Massimo D'Antona, giuslavorista e collaboratore del ministro del lavoro Antonio Bassolino. Tre anni dopo la stessa tragica sorte toccherà ad un altro giuslavorista, Marco Biagi, collaboratore del nuovo ministro del lavoro Roberto Maroni.
I primi anni duemila
[modifica | modifica wikitesto]Già dal 1º gennaio 1999 l'euro esisteva come unità di conto (1 € = 1936,27 lire), usata nei mercati finanziari. L'introduzione delle banconote e delle monete avviene a partire dal 1º gennaio 2002, in parallelo alla lira, che resta in circolazione fino al 28 febbraio. Le lire (monete e banconote) in corso legale all'introduzione dell'euro possono essere ancora cambiate presso le filiali della Banca d'Italia. La data di prescrizione delle lire, fissata al 29 febbraio 2012, verrà poi anticipata in modo incostituzionale dal governo Monti al 7 dicembre 2011.
Negli anni Duemila si susseguirono i seguenti governi: dal 26 aprile 2000 all'11 giugno 2001 il governo Amato II (Giuliano Amato); dall'11 giugno 2001 al 23 aprile 2005 il governo Berlusconi II (Silvio Berlusconi); dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006 il governo Berlusconi III; dal 17 maggio 2006 all'8 maggio 2008 il governo Prodi II (Romano Prodi); dall'8 maggio 2008 al 16 novembre 2011 il governo Berlusconi IV.
Nel 2001 si registra il primo caso di «mucca pazza» in Italia. Dopo la sconfitta dell'Ulivo nelle Regionali del 2000, intanto, alcuni partiti di centro come i Popolari, Rinnovamento Italiano, I Democratici e l'UDEUR crearono la federazione de La Margherita, presieduta da Francesco Rutelli, la quale, insieme ai Democratici di Sinistra, si presentò alle elezioni nell'aprile 2001 contro la Casa delle Libertà, la coalizione di centro-destra guidata dal ticket Silvio Berlusconi-Gianfranco Fini, di cui era tornata a far parte la Lega Nord di Umberto Bossi, con l'aggiunta del Nuovo PSI di Gianni De Michelis.
Alle elezioni politiche del 12 maggio 2001 quest'ultima batté lo schieramento ulivista, e Forza Italia registrò un notevole successo, raccogliendo circa il 30 per cento dei consensi globali. Berlusconi tornò così al governo: tra le prime emergenze con cui si misurò vi fu la riunione del G8 a Genova in cui, nonostante fossero state prese eccezionali misure di sicurezza per prevenire incidenti, si verificarono violenti scontri tra i manifestanti e le forze dell'ordine.[108] Esplose poi il problema della prevenzione del terrorismo islamico a seguito degli attentati dell'11 settembre 2001 a New York.
Dal 1º gennaio 2002 la circolazione della lira italiana cominciò inoltre ad essere affiancata da quella dell'euro, la moneta adottata dall'Unione europea: l'euro sostituì definitivamente la lira il 28 febbraio 2002.
Le principali riforme del governo Berlusconi II furono: l'anticipazione della sospensione delle chiamate al servizio militare di leva in Italia, le pensioni portate alla soglia minima di 1 milione di lire mensili, la riforma del mercato del lavoro con l'emanazione della legge 30/2003, quella riguardante codice della strada - sempre nel 2003 - con l'istituzione della patente a punti, una legge antifumo, e il ritorno dei discendenti maschi di casa Savoia.
Dal luglio 2003 l'Italia partecipò all'Operazione Antica Babilonia volta al mantenimento della pace in Iraq a seguito della seconda guerra del Golfo. Il 12 novembre dello stesso anno avvenne il primo grave attentato di Nassiriya ai danni delle truppe italiane, con la morte di diverse persone tra Carabinieri, militari e civili.
Nel dicembre 2003 Gianfranco Fini in Israele in qualità di Ministro degli Esteri critica le leggi razziali promosse dal regime fascista,[110] provocando la scissione di Azione Sociale, guidata da Alessandra Mussolini.
Nelle elezioni regionali del 2005, che coinvolgono 14 regioni italiane, sono presenti due principali coalizioni: la già nota Casa delle Libertà, costituita da Forza Italia, Alleanza Nazionale, Unione dei Democratici Cristiani e di Centro e Lega Nord e la nascente in chiave anti-berlusconiana Unione, costituita da: Ulivo (che da coalizione si stava trasformando in federazione di Margherita, Democratici di Sinistra e Repubblicani Europei), Socialisti Democratici Italiani, Verdi, Udeur, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Italia dei Valori. Oltre a questi c'è Alternativa Sociale, una federazione di partiti di estrema destra nata un anno prima, costituita da: Azione Sociale, Fronte Sociale Nazionale e Forza Nuova. L'Unione ottiene già un successo conquistando 12 delle 14 regioni in questione. Queste elezioni risultano fatali per il governo e Berlusconi, il 27 aprile 2005, forma un nuovo governo di fine legislatura, il governo Berlusconi III. Il governo Berlusconi II risulta il più longevo della storia repubblicana, rimanendo in carica per quasi quattro anni, dal giugno 2001 all'aprile 2005.
Il 10 aprile 2006 si svolgono nuove elezioni politiche tra la Casa delle Libertà e L'Unione. Queste elezioni si svolgono per la prima volta secondo la legge Calderoli del 2005 che ha modificato il precedente meccanismo misto maggioritario, in favore di un sistema proporzionale corretto, con premio di maggioranza per la coalizione e senza possibilità di indicare preferenze (la selezione dei parlamentari viene effettuata dai partiti). Alla Camera, l'Unione ottiene il 49,81% dei consensi, mentre la Casa delle Libertà il 49,74%; mentre, al Senato, la coalizione guidata da Prodi prevale per due seggi (determinanti i voti ottenuti nella circoscrizione Estero, per la prima volta al voto). Ciò decreta un'esigua vittoria dell'Unione. La limitata maggioranza e l'eterogeneità della coalizione, sostenuta dall'intera sinistra parlamentare, solleva ben presto dubbi sulla solidità del governo. Il 10 maggio 2006, al quarto scrutinio, Giorgio Napolitano viene eletto Presidente della Repubblica italiana.[111]
Alla fine di giugno 2006 si concludono le indagini che portarono allo scandalo di Calciopoli, scandalo che ha investito il calcio italiano coinvolgendo diverse società professionistiche fra le più importanti e numerosi dirigenti sia delle stesse società sia dei principali organi calcistici italiani (Federazione Italiana Giuoco Calcio, Lega Nazionale Professionisti, Associazione Italiana Arbitri), oltre ad alcuni arbitri ed assistenti. A stemperare il clima tetro del calcio italiano, giunge il 9 luglio 2006 la vittoria in Germania del quarto titolo mondiale da parte della nazionale italiana. Tra il febbraio ed il marzo 2006, si svolgono a Torino ed in altre 8 località piemontesi i XX Giochi olimpici invernali e i IX Giochi paralimpici invernali.
Il 29 luglio 2006 il Parlamento ha approvato con un'ampia maggioranza trasversale[112][113] una legge sull'indulto. Il 2 dicembre 2006 viene portato a compimento il ritiro dei militari italiani dall'Iraq. Con l'aiuto di parte dell'opposizione verranno inoltre approvati diversi provvedimenti in materia di politica estera: il rifinanziamento delle missioni militari all'estero, il decreto sulla partecipazione italiana alla missione UNIFIL in Libano, il permesso di estensione della Caserma Ederle, base militare statunitense situata in territorio vicentino. Questi provvedimenti, ma non solo, aprono contrasti interni alla maggioranza parlamentare che nel frattempo regge in senato grazie al sostegno, spesso decisivo, dei senatori a vita.
Negli ultimi mesi del 2007 sono numerose le esternazioni, da parte di componenti della maggioranza di governo, di insoddisfazione per i provvedimenti fino ad allora prodotti (Fausto Bertinotti) e riguardo alla difficoltà di realizzare a causa del sostanziale equilibrio parlamentare (Lamberto Dini, Francesco Rutelli, Clemente Mastella[114]). Lo stesso presidente Napolitano giudica come "abnorme" il ricorso ad eccessivi voti di fiducia.
Nel 2007 i partiti maggiori dello schieramento di centro-sinistra, ossia i Democratici di Sinistra e La Margherita avviano un processo unificatore nel segno dell'Ulivo, proiettato alla costituzione di un unico grande partito che ricalchi il modello dell'americano "Partito Democratico". Il 14 ottobre 2007 vede la luce il Partito Democratico, del quale presidente è Romano Prodi e Segretario Nazionale Walter Veltroni, i quali vengono così eletti dopo aver partecipato a delle primarie con altri candidati.
Il 16 gennaio 2008 viene arrestata la moglie del ministro di giustizia Clemente Mastella, seguita il giorno successivo dallo stesso ministro, entrambi per concussione. Mastella dà allora le dimissioni da ministro di giustizia, e pur affermando in un primo momento che l'UDEUR continuerà ad appoggiare il governo esternamente, avverte la mancanza di solidarietà politica da parte della maggioranza: per questo il 21 gennaio decide alla fine di farne uscire il suo partito, dando il via alla crisi di governo. Prodi, apprestandosi a chiedere la fiducia al Parlamento, spera ancora di poterla ottenere: il 23 gennaio alla Camera dei Deputati ottiene 326 sì e 275 no. Il giorno dopo però è la volta del Senato della Repubblica, dove ottiene 161 no e 156 sì: la sua maggioranza non c'è più. A seguito della sconfitta Prodi rassegna le proprie dimissioni, restando in carica per il disbrigo degli affari correnti.[115]
Subito dopo la caduta del governo il Partito Democratico decide di candidare Presidente del Consiglio Walter Veltroni, il quale decide di proporre un'alleanza ai soli Italia dei Valori e Radicali Italiani in cambio di un futuro incorporamento, che accettano, chiudendo di fatto l'esperienza dell'Unione.
La nascita del PD accelerò gli eventi anche all'interno del centro-destra, dove Silvio Berlusconi aveva già lanciato il 18 novembre 2007 una nuova formazione denominata Popolo della Libertà, prefigurando un allontanamento dai suoi alleati tradizionali. L'8 febbraio dell'anno seguente, tuttavia, Forza Italia e Alleanza Nazionale trovarono un accordo per fondersi insieme nel neonato progetto di unificazione del centro-destra, quello appunto del Popolo della Libertà, destinato a diventare un partito unitario. In esso confluiranno vari esponenti di movimenti minori, ad eccezione di Pier Ferdinando Casini il cui rapporto col centro-destra entrò in crisi. La Lega Nord rimase invece soltanto alleata della nuova formazione, non entrando a farne parte.
Nel corso del 2007 si verificò un riacuirsi della crisi dei rifiuti in Campania, con la saturazione delle discariche nella regione d'Italia. La gestione dell'emergenza fu uno dei maggiori temi trattati durante la campagna elettorale del 2008. Verso la fine della legislatura venne esposto dai media all'opinione pubblica il caso Alitalia. I tentativi di privatizzazione della compagnia in crisi di debito, cominciati nel 2006, incontravano l'opposizione dei sindacati agli esuberi previsti. La situazione verrà successivamente risolta dal governo Berlusconi IV con l'acquisizione di parte dell'azienda da parte di una cordata italiana senza placare però le polemiche sulle modalità della vendita e rimediando, da parte della Commissione Europea, la contestazione di aiuti illeciti dallo Stato italiano.
Il quarto governo di Berlusconi
[modifica | modifica wikitesto]Le elezioni politiche in Italia del 2008 - svoltesi il 13 e 14 aprile - furono vinte dalla coalizione composta da Il Popolo della Libertà, Lega Nord e Movimento per l'Autonomia, che, con il 47% delle preferenze, ottiene la maggioranza relativa dei voti e, in base alla vigente Legge Calderoli, il 55% dei deputati ed il 54% dei senatori. La nomina dei 21 ministri e dei 37 sottosegretari viene comunicata da Silvio Berlusconi il 7 maggio, contestualmente al conferimento dell'incarico da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Subito dopo le elezioni nazionali 2008, Romano Prodi abbandona la carica di presidente del Partito Democratico.
La maggioranza assoluta in Parlamento (ridottasi tuttavia notevolmente a partire dal 2010 per la scissione di Futuro e Libertà) ha garantito una solidità tale da permettere al governo Berlusconi IV di essere il secondo governo più longevo della Repubblica Italiana e di varare numerose riforme. Nei mesi immediatamente successivi alle elezioni il governo legifera soprattutto riguardo ai temi trattati durante la campagna elettorale: vengono approvati i decreti per la privatizzazione di Alitalia, che viene ceduta alla CAI, una cordata di imprenditori italiani guidati da Roberto Colaninno;[116] viene gestita la crisi dei rifiuti in Campania stabilendo la costruzione di quattro nuovi inceneritori, dichiarando dieci nuove discariche come zone di interesse strategico nazionale e di competenza militare, prevedendo sanzioni per i Comuni che non dovessero portare a regime la raccolta differenziata, e nominando Guido Bertolaso sottosegretario all'emergenza rifiuti, già commissario durante il governo Prodi;[117] nel maggio 2008 l'ICI sulla prima casa, che già il governo Prodi aveva in parte ridotto, viene abolita del tutto, con l'esclusione delle abitazioni signorili, delle ville e dei castelli;[118] vengono poi detassati gli straordinari e i premi di produttività.[119] Nel 2009 viene approvato lo scudo fiscale per favorire il rimpatrio o la regolarizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali illegalmente detenute all'estero fino al 31 dicembre 2008. Divengono legge il decreto Salva Banche, con i cosiddetti Tremonti bond, e i decreti Anti Crisi volti a tentare di fronteggiare la crisi creditizia ed economica che nel solo 2009 portava il Pil italiano ad una contrazione del 5% a fronte di una crescita dell'indebitamento pari al 5,3% del Pil.[120] In materia di istruzione vengono approvati il decreto Gelmini su scuola primaria e secondaria[121] e quello sull'università.[122] Nel marzo 2009 viene approvato il decreto del ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta mirante all'efficienza e alla trasparenza della produttività del lavoro pubblico per colpire fenomeni come gli assenteismi e le inefficienze nella Pubblica Amministrazione.[123] In campo giudiziario divengono legge: il lodo Alfano, riguardante l'immunità per le quattro più alte cariche dello Stato, tuttavia successivamente giudicato anticostituzionale dalla Corte costituzionale; il ddl sicurezza 2009, riguardante soprattutto disposizioni su immigrazione e lotta alla mafia; il DDL Intercettazioni, che restringe la possibilità per i pubblici ministeri di servirsi di intercettazioni telefoniche nelle indagini; la legge sul legittimo impedimento ed il decreto Svuota Carceri, che riduce la popolazione carceraria di 7 000 unità. Di anno in anno vengono prorogate le missioni internazionali e raggiungono l'approvazione il Trattato di Bengasi ed il Trattato di Lisbona.
All'inizio del 2009 si accende la discussione riguardo all'accanimento terapeutico e alle questioni di fine vita per via del caso Eluana Englaro. Il governo italiano, contrario alla sospensione di alimentazione ed idratazione della paziente, vara un decreto legge che non viene firmato dal Capo dello Stato in quanto giudicato incostituzionale.
Tra il 27 e il 29 marzo Il Popolo della Libertà, con la convocazione del suo primo congresso, si costituisce ufficialmente come partito. Silvio Berlusconi è eletto presidente del partito all'unanimità.
Il 6 aprile 2009 il grave terremoto dell'Aquila di magnitudo 5,9 della scala Richter, causa la morte di 308 persone, 1 500 feriti e 65 000 sfollati circa. Compagnie italiane, governi nazionali e soprattutto l'Unione Europea hanno contribuito al finanziamento della ricostruzione. A quasi otto mesi dal sisma viene realizzato il Progetto C.A.S.E. con costruzione di nuove abitazioni antisismiche[124] e chiusura ufficiale di tutte le tendopoli allestite.[125] Si sviluppa la polemica riguardo alla comunicazione del rischio reale cui era soggetta la popolazione e la trascuratezza delle norme antisismiche. Nell'ottobre 2012 vennero condannati per diversi reati tutti i membri della commissione «Grandi rischi»[126], in Appello vennero invece assolti e poi tranne un imputato scagionati tutti definitivamente dalla Cassazione.[127]
Il 13 dicembre 2009, dopo un comizio in piazza del Duomo a Milano, Silvio Berlusconi viene colpito al volto con una riproduzione in miniatura del duomo, lanciata da distanza ravvicinata da Massimo Tartaglia, che il 29 giugno 2010 verrà ritenuto incapace di intendere e di volere, e perciò assolto.
La crisi economica
[modifica | modifica wikitesto]Alle elezioni regionali 2010 si conferma la solidità del governo Berlusconi e del centrodestra, a cui seguirà tuttavia uno scontro politico interno al PdL fra il vertice del partito ed il Presidente della Camera Gianfranco Fini, che il 30 luglio 2010, porterà 33 deputati e 10 senatori politicamente vicini a quest'ultimo a costituire nuovi gruppi parlamentari denominati "Futuro e Libertà. Per l'Italia", uscendo dal PdL, e passando dopo pochi mesi all'opposizione. Non ottiene successo tuttavia un tentativo, nel dicembre 2010, di sfiduciare il governo,[128] il quale mantiene una maggioranza in Parlamento, anche se fortemente ridimensionata a soli tre voti in più.[129]
Il 21 dicembre 2010 Silvio Berlusconi viene indagato dalla procura di Milano, in seguito allo scandalo denominato "Rubygate", con le accuse di sfruttamento della prostituzione minorile con l'ipotesi di aver fatto sesso dietro retribuzione con la ballerina di night club minorenne, Karima El Mahroug, e di presunta concussione per aver indotto i funzionari della Questura di Milano ad affidare indebitamente la ragazza, scappata da una comunità per minori, alla consigliera regionale lombarda Nicole Minetti.[130] La stampa nazionale ed estera danno molta enfasi all'avvenimento.
Dal mese di marzo 2011 l'Italia prende parte all'intervento militare in Libia nel contesto della guerra civile libica che vide la fine del regime quarantennale di Muʿammar Gheddafi.[131] Tra l'ottobre e il novembre 2011 lo Spezzino, la Lunigiana e il Genovese vengono colpiti da forti alluvioni che causano la morte di 19 persone e svariati danni materiali.[132][133]
Alle elezioni amministrative 2011 si registra un calo di consenso nella maggioranza e una vittoria sostanziale delle liste di centro-sinistra.[134] Nei successivi referendum del 12 e 13 giugno 2011 viene raggiunto per la prima volta dal 1995 il quorum in un referendum nazionale: vengono abrogate 4 norme riguardanti l'energia nucleare (che il governo stava valutando se reintrodurre), la privatizzazione della gestione dei servizi idrici e il legittimo impedimento (quest'ultima già pesantemente mutilata a seguito di una sentenza della Corte costituzionale).
Durante l'estate 2011 la "Crisi del debito sovrano europeo" raggiunge elevati livelli di criticità in Italia, ed il governo Berlusconi viene accusato dalle opposizioni di inadeguatezza a fronteggiare l'emergenza. In seguito all'acuirsi della crisi, riguardante in particolare l'aumento dello spread o differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi, e dopo che il governo perse la maggioranza l'8 novembre, nel voto sul rendiconto generale dello Stato,[135] il 12 novembre 2011 Berlusconi rassegna le dimissioni. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affida a Mario Monti l'incarico di formare un governo tecnico.
Il 16 novembre 2011, dopo un rapido giro di consultazioni, Mario Monti e i ministri designati hanno prestato giuramento davanti al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dando così inizio al governo Monti, il secondo esecutivo tecnico della storia repubblicana. Gli obiettivi dichiarati del governo sono di affrontare le riforme più importanti per il paese al fine di superare la crisi finanziaria e di rispettare gli impegni presi con i partner europei.[136] Quasi tutti i partiti, ad esclusione della Lega Nord e dell'Italia dei Valori, hanno garantito il loro appoggio al nuovo esecutivo.
Gli anni 2010 e 2020 (dal 2011)
[modifica | modifica wikitesto]Il superamento della crisi finanziaria
[modifica | modifica wikitesto]Le riforme, volte al ripristino della credibilità nazionale, tentano di coniugare l'uscita dalla recessione con l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013[137] e vengono presentate agli italiani come sacrifici necessari. Vengono attuate: la riforma delle pensioni[138] che ha dato vita al problema dei cosiddetti "esodati"[139]; la riforma del mercato del lavoro, il cui punto più discusso riguarda la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori; il ddl liberalizzazioni; viene potenziata la lotta all'evasione fiscale; e nasce l'IMU, che de facto ripristina l'imposta sugli immobili precedentemente cancellata. Il provvedimento Salva Italia del 6 dicembre 2011,[140] se da un lato viene accettato dalle parti sociali e dall'opinione pubblica, dall'altra accende la polemica sulla mancata estensione dei sacrifici ai parlamentari.
Nei primi mesi del 2012 alcune inchieste portano alla luce casi di corruzione, appropriazione indebita dei rimborsi elettorali e truffa ai danni dello Stato. I principali indagati sono il Tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito[141], il Tesoriere della Margherita, Luigi Lusi[142], il presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, Davide Boni, della Lega Nord, diversi consiglieri della regione Lombardia e della giunta guidata da Roberto Formigoni, il Capogruppo del PdL e Presidente della Commissione Bilancio della Regione Lazio, Franco Fiorito.
Gli scandali, la limitata autoriduzione di pensioni e stipendi da parte dei parlamentari[143], l'appoggio dei partiti alle manovre del governo e la disputa sull'attitudine al buon governo dei politici rispetto ai tecnici sono fra le possibili cause di una crescente sfiducia nella classe politica.[144] Alle elezioni amministrative in Italia del 2012, oltre ad una diminuita affluenza, si registra il forte calo di consenso dei partiti al governo nella precedente legislatura (Lega Nord e Popolo della Libertà) ed il lieve calo per il Partito Democratico; riscuote un notevole successo il Movimento 5 Stelle.[145]
Il 13 gennaio 2012, la nave Costa Concordia della compagnia Costa Crociere naufraga davanti al porto dell'Isola del Giglio. L'incidente causa la morte di 32 persone e il parziale affondamento della nave.[146] È la nave passeggeri di più grosso tonnellaggio mai naufragata.[147]
A cavallo del maggio-giugno 2012 una serie di eventi sismici localizzati nel distretto sismico della pianura padana emiliana e mantovana causa 27 vittime ed ingenti danni ai centri abitati coinvolti.[148]
Il 6 dicembre 2012 il PdL lascia la maggioranza. Il 21 dicembre 2012, dopo l'approvazione della Legge di stabilità, Monti rassegna le dimissioni da Presidente del Consiglio.
Il centrosinistra
[modifica | modifica wikitesto]Il governo Letta
[modifica | modifica wikitesto]Le elezioni politiche del febbraio 2013 segnano l'ascesa del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che raccogliendo oltre il 25% dei consensi pone di fatto fine alla contrapposizione bipolare tra centro-destra e centro-sinistra.[149] La coalizione di centro-sinistra guidata dal Partito Democratico di Pier Luigi Bersani riesce però a prevalere su quella di centro-destra riferita a Il Popolo delle Libertà di Silvio Berlusconi, ottenendo così il premio di maggioranza alla Camera dei Deputati, ma vista la differente distribuzione dei seggi al Senato vede solo la maggioranza relativa a Palazzo Madama.[150] A seguito di un primo giro di consultazioni Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affida un incarico esplorativo al segretario del PD Pier Luigi Bersani[151], il quale però non riesce a trovare un sostegno parlamentare per la formazione di un nuovo governo. A seguito dell'elezione del Presidente della Repubblica, che si conclude con la rielezione di Giorgio Napolitano[152], la prosecuzione delle consultazioni porta a fine aprile alla nascita del governo Letta, detto anche delle "larghe intese" essendo sostenuto sia dal Partito Democratico che da Il Popolo delle Libertà, oltre che da alcune formazioni centriste.[153]
Nel settembre 2013 Il Popolo delle Libertà apre una crisi di governo che si risolve con la scissione del partito in due formazioni: Forza Italia, all'opposizione e guidata da Silvio Berlusconi e, il Nuovo Centrodestra filogovernativo di Angelino Alfano.[154] Contestualmente alla crisi del centro-destra Silvio Berlusconi viene rimosso dalla carica di senatore per effetto della Legge Severino in seguito alla condanna definitiva per frode fiscale nel processo Mediaset.[155] Nel centro-sinistra a dicembre Matteo Renzi, sindaco di Firenze, vince a larga maggioranza le elezioni primarie del Partito Democratico. Nell'arco di tre mesi le continue tensioni tra il segretario del Partito Democratico e il presidente del consiglio sfociano nelle dimissioni del capo di governo, sfiduciato dal suo stesso partito.[156]
Sul piano internazionale, in risposta la primavera araba avvenuta due anni prima, le migrazioni dall'Africa verso l'Italia subiscono un brusco incremento e il 3 ottobre del 2013 al largo delle coste dell'isola di Lampedusa avviene un naufragio in cui perdono la vita centinaia persone. In risposta all'avvenimento il governo Letta vara l'operazione militare Mare nostrum volta a fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria in corso nel canale di Sicilia.[157] Sul fronte interno invece nel dicembre 2013 avviene la protesta del "Movimento dei Forconi", che attraverso blocchi stradali e ferroviari provoca tensioni principalmente a Torino e in alcune aree del Nord Italia.[158][159]
I governi Renzi e Gentiloni
[modifica | modifica wikitesto]Con la sfiducia al governo Letta, Matteo Renzi forma nel febbraio 2014 un nuovo governo sostenuto dalla stessa maggioranza. Nel gennaio del 2014 Matteo Renzi e Silvio Berlusconi siglano il cosiddetto Patto del Nazareno sulle riforme istituzionali. Raccolto oltre il 40% dei consensi alle elezioni europee il governo inizia una riforma del diritto del lavoro in senso liberale, il cosiddetto Jobs Act, a cui però seguono manifestazioni di dissenso dall'ala della sinistra del Partito Democratico.[156] Nel gennaio 2015 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rassegna le dimissioni, si svolge quindi un'elezione in cui su indicazione del Partito Democratico viene eletto al quarto scrutinio Sergio Mattarella.[160] Nel 2015 l'Italia ospita a Milano per sei mesi l'esposizione universale.[161] Il fenomeno migratorio si intensifica ulteriormente raggiungendo il suo apice con il grave naufragio nel Canale di Sicilia del 18 aprile 2015; dal novembre 2014 l'operazione Mare nostrum è sostituita da quella dell'Unione europea Triton.
Nel maggio 2016 sono istituite le unioni civili tra persone dello stesso sesso.[162] Il 24 agosto 2016 una forte scossa di terremoto ha interessato le regioni dell'Italia centrale danneggiando gravemente i centri interessati. La sequenza sismica è proseguita fino al gennaio del 2017 provocando complessivamente 299 vittime e decine di migliaia di sfollati.[163] Il 4 dicembre 2016, in seguito alla vittoria del No nel referendum sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi, il premier Matteo Renzi annuncia le dimissioni. In seguito alle consultazioni al ministro degli esteri Paolo Gentiloni è assegnato l'incarico di formare un nuovo governo, che presta giuramento 12 dicembre e ottiene la fiducia il giorno successivo.[164] Per contrastare il fenomeno migratorio il 2 febbraio 2017 il governo firma un memorandum con la Libia con l'intenzione di rafforzare la sicurezza della frontiera marittima con il paese nordafricano.
Le elezioni e il governo Conte I
[modifica | modifica wikitesto]Dopo lo scioglimento delle Camere alla fine del 2017,[165] le elezioni del marzo 2018 vedono una forte affermazione del Movimento 5 Stelle, che indicava in Di Maio il proprio candidato premier, e in misura minore della Lega retta da Salvini. Dopo due mesi i due leader danno vita a un'alleanza di governo, denominato «giallo-verde» dai colori con cui tradizionalmente sono soliti presentarsi i due rispettivi partiti, sotto la guida dell'indipendente Giuseppe Conte.[166][167][168][169][170] Il 14 agosto 2018 avviene crollo del Ponte Morandi a Genova, che causa la morte di 43 persone e determina il ritorno della partecipazione statale nella maggiore società autostradale italiana.[171] In seguito alle elezioni europee del 2019, in cui i rapporti di forza tra i due partiti di governo si ribaltarono, crebbe il livello di tensione all'interno della maggioranza. Nell'agosto 2019 si ebbe una crisi di governo aperta dalla Lega, che portò alla caduta del Governo Conte I ed alla formazione di una nuova maggioranza composta da Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, più altri partiti di sinistra, e perciò rinominata «giallorossa»;[172] nacque così il governo Conte II.[173]
La pandemia di COVID-19
[modifica | modifica wikitesto]Il governo Conte II
[modifica | modifica wikitesto]Dal 2020, anche l'Italia è colpita dalla pandemia di COVID-19, con il primo caso confermato il 30 gennaio 2020. Per contenerne la diffusione, il governo Conte II impone il confinamento domiciliare e il blocco totale di ogni attività e spostamento non essenziale sull'intero territorio nazionale per nove settimane, da lunedì 9 marzo a lunedì 18 maggio; misure giudicate da alcuni osservatori tra le più rigide in Europa.[174] Alla seconda ondata iniziata in autunno, il governo risponde con restrizioni modulate sulle regioni, raggruppandole in tre livelli di gravità in base al loro scenario epidemiologico.
In seguito ad un lungo periodo di tensioni con Italia Viva, partito di maggioranza guidato da Matteo Renzi, il 26 gennaio 2021 Giuseppe Conte rassegna le dimissioni ponendo fine all'esperienza di governo.[175][176]
Il governo Draghi
[modifica | modifica wikitesto]Dopo un periodo di consultazioni e trattative tra le forze politiche per tentare di formare un nuovo governo guidato da Giuseppe Conte,[177][178] il Presidente della Repubblica conferisce a Mario Draghi l’incarico di formare un nuovo governo.[179] Draghi ha accettato l'incarico con riserva, la quale è stata poi sciolta il 12 febbraio 2021,[180] dopo due giri di consultazioni con tutte le forze politiche e colloqui con le parti sociali. Il 13 febbraio 2021 l’esecutivo presta giuramento, entrando ufficialmente in carica;[181] nei giorni seguenti riceverà la fiducia al Senato ed alla Camera.[182][183]
Grazie a un massiccio afflusso di dosi di vaccino, la campagna vaccinale contro il COVID accelera (con l'85% di popolazione over-12 vaccinata a inizio dicembre 2021); si provvede inoltre a redigere e iniziare ad applicare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), documento che stabilisce la destinazione d'uso dei fondi e prestiti del Next Generation EU spettanti all'Italia.
Tra il 24 e il 29 gennaio 2022 si svolge l'elezione del Presidente della Repubblica che ha riconfermato Sergio Mattarella attraverso un accordo tra i partiti di maggioranza.[184]
Il 21 luglio 2022 il Presidente del Consiglio Mario Draghi rassegna le dimissioni al Capo dello Stato. Nel pomeriggio, una volta sentiti il Presidente Fico e la Presidente Casellati, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella decreta lo scioglimento delle Camere e indice elezioni anticipate per il 25 settembre, con la prima riunione delle nuove Camere fissata il 13 ottobre. Di conseguenza viene anticipata la fine della XVIII legislatura, il cui termine naturale era previsto per marzo 2023.[185][186]
Il governo Meloni
[modifica | modifica wikitesto]I risultati delle elezioni politiche del 2022 hanno visto la vittoria del centro-destra guidato da Giorgia Meloni, affermandosi come coalizione più votata con circa il 44% delle preferenze, conquistando la maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento italiano per la prima volta dalle elezioni del 2008. Per la prima volta dalla nascita del sistema bipolarista nel 1994, inoltre, ha ottenuto la maggioranza relativa dei consensi la stessa coalizione più votata alle elezioni precedenti (anche se in quel caso non ha potuto godere della maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento). A seguito della riforma costituzionale approvata nel 2019 e confermata con il referendum del 2020, il numero di parlamentari è stato ridotto a 400 deputati e 200 senatori (mentre in precedenza erano rispettivamente 630 e 315 in tutte le legislature dalla IV alla XVIII); inoltre l'elettorato attivo per il Senato ha incluso, per la prima volta, tutti i maggiorenni, data l'abolizione della soglia di 25 anni richiesta per esprimere il proprio voto per la camera alta.
Il 20 ottobre il capo dello Stato ha cominciato un giro di consultazioni terminato il giorno successivo, quando ha conferito a Giorgia Meloni l'incarico di formare un nuovo governo. Meloni ha accettato l'incarico senza riserva (come prima di lei fecero Giuseppe Pella nel 1953, Silvio Berlusconi al suo quarto governo nel 2008 e Giuseppe Conte al suo primo governo nel 2018), presentando contestualmente la lista dei ministri. Il giorno seguente, sabato 22 ottobre, il governo ha prestato giuramento al Palazzo del Quirinale, entrando ufficialmente in carica immediatamente dopo la cerimonia. Il governo è il primo ad essere presieduto da una donna nella storia dell'Italia unita e della Repubblica Italiana.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Piero Melograni, I vincoli del consociativismo, su oocities.org, Il Sole 24 Ore, 24 novembre 1999. URL consultato il 25 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 24 gennaio 2022).
- ^ a b c Alberto Ronchey usò l'espressione «fattore K» per indicare l'impedimento del PCI ad avere accesso al governo per la logica dei blocchi contrapposti, cfr. La sinistra e il fattore K, articolo sul Corriere della Sera, 1979, richiamato da Quel che resta del fattore K, su corriere.it, 12 maggio 2006. URL consultato il 29 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2022).
- ^ a b c Storia della Prima Repubblica, parte II, Le elezioni del 48, a cura di Paolo Mieli, 3D produzioni video e Istituto Luce.
- ^ a b Lucio Colletti, Craxi, da leader a grande accusato, su Corriere della Sera, 12 febbraio 1993, p. 4. URL consultato il 25 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2015).
- ^ Michele Petrocelli, Il labirinto clientelare: la crisi di sistema dell'economia italiana, p. 245., Armando editore, 2008.
- ^ «È storicamente provato che prima e durante le operazioni militari relative allo sbarco degli alleati in Sicilia, la mafia, d'accordo con il gangsterismo americano, s'adoperò per tenere sgombra la via da un mare all'altro» (Michele Pantaleone, cit. in Aspetti controversi dell'invasione della Sicilia, conferenza a cura dell'associazione culturale Ethos, su ethosassociazione.it, 11 luglio 2008. URL consultato il 29 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 5 maggio 2021).«la mafia rinascente trovava in questa funzione, che le veniva assegnata dagli amici di un tempo, emigrati verso i lidi fortunati degli Stati Uniti, un elemento di forza per tornare alla ribalta e per far valere al momento opportuno, come poi effettivamente avrebbe fatto, i suoi crediti verso le potenze occupanti»(Giovanni Di Capua, Il biennio cruciale. pag. 69, Rubbettino Editore, 2005).
- ^ Giovanni Belardelli, L'eccidio di Porzûs e le colpe del pci, su Corriere della Sera.it, 6 febbraio 2012. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 5 agosto 2020).
- ^ Paolo Franchi, La Milano di Ettore Troilo Il prefetto politico, su Corriere della Sera, 9 giugno 2014. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2022).
- ^ Aldo G. Ricci, «I timori di guerra civile nelle discussioni dei governi De Gasperi», in Fabrizio Cicchitto (a cura di), L'influenza del comunismo nella storia d'Italia, Rubbettino, 2008.
- ^ Quella sottile linea rossa. L'attentato a Palmiro Togliatti (archiviato dall'url originale l'8 gennaio 2015). A cura di G. Calore, 14 aprile 2010.
- ^ A. Ciaralli, "Liberare le carceri, arrestare treni e tram". Il "Piano K", un documento dell'attività insurrezionale del PCI?, in Segni per Armando Petrucci, Roma 2002, pp. 60-119; cfr. anche Carlo Maria Lomartire, Insurrezione. 14 luglio 1948: l'attentato a Togliatti e la tentazione rivoluzionaria
- ^ Marco Innocenti, 14 luglio 1948: l'attentato a Togliatti, su inserto del Sole 24 Ore. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 7 dicembre 2018).
- ^ Paola Di Biagi, La grande ricostruzione, in "Saggi, Storia e scienze sociali", Corriere della Sera, 2001.
- ^ a b Corrado Barberis Teoria e storia della riforma agraria Firenze, Vallecchi, 1957
- ^ Vittorio Veltroni, Lascia o raddoppia?, su La voce del Serchio, 19 novembre 2010. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato il 25 novembre 2020).
- ^ Montanelli & Cervi, Storia d'Italia, vol. 49, L'Italia del miracolo, pp. 144-45, Fabbri Editori, 1994.
- ^ Episodio di cronaca nera, che ebbe un notevole impatto mediatico, riguardante l'omicidio di una ragazza ventunenne, Wilma Montesi, a Torvaianica.
- ^ Marco Innocenti, 5 marzo 1953: la morte di Stalin, su Il Sole 24 Ore (inserto), 29 febbraio 2008. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 28 novembre 2021).
- ^ Piero Angela, La sfida del secolo, Mondadori, 2006.
- ^ Montanelli & Cervi, Storia d'Italia, vol. 50, L'Italia dei due Giovanni, pag. 124, Fabbri Editori, 1994.
- ^ Indro Montanelli, L'Italia dei due Giovanni, Milano, Rizzoli editore, 1989, pag. 130. Cfr. anche Piero Ignazi, Il polo escluso: profilo storico del Movimento sociale italiano, Bologna, Il Mulino, 1998, p. 93, ISBN 9788815052346.
- ^ «[Craxi] non ritenne di dover discriminare nessuno, e decise di consultare, quando formò il suo primo governo, anche il segretario del MSI Almirante, e fu la prima volta che accadeva» (Mauro Del Bue, Il socialismo liberale da Rosselli a Craxi (archiviato dall'url originale il 19 gennaio 2012). 2006).
- ^ Siamo tutti figli della vostra civiltà (archiviato dall'url originale il 22 febbraio 2014). Dal discorso di JFK.
- ^ Elenco morti e feriti del Vajont, su sito ufficiale del Comune di Longarone. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 9 aprile 2022).
- ^ "La soluzione data da Moro e Nenni - che vedeva nel Psi l’opposizione da sinistra di Lombardi e nella Dc quella di Fanfani (che si spostava a destra invocando la “reversibilità” del centro-sinistra) - fu immediatamente bollata dal Pci come “fallimento del centro-sinistra”. E quella sentenza dell’ottobre ’64 è diventata il giudizio storico sui quattro anni successivi: senza Fanfani e Lombardi le “ambizioni riformatrici” avrebbero ceduto il passo a una carrellata di “cedimenti socialisti”. Non vanno però messe in ombra due ragioni che rendevano deboli i socialisti nel confronto con la Dc: la mancanza di autonomia finanziaria (il dipendere in buona parte dal sistema delle partecipazioni statali a controllo dc) e la cultura di governo classista (impreparata a contrapporre ricette di risanamento alternative per fronteggiare una congiuntura sfavorevole)": Ugo Finetti, Oltre il mito ed oltre la caricatura, Mondoperaio, n. 6/2017, p. 88.
- ^ Salvatore Sechi, Compagno cittadino. Il PCI tra via parlamentare e lotta armata, Rubbettino, 2006, ISBN 978-88-498-1108-7, alle pagg. 148, 152, 275.
- ^ S. Acquaviva, Guerriglia e guerra rivoluzionaria in Italia, Milano, Rizzoli, 1979.
- ^ Cfr. anche M. Brambilla, Dieci anni di illusioni. Storia del Sessantotto, Milano, Rizzoli, 1994.
- ^ Pasolini, il testo della poesia Il PCI ai giovani!! (archiviato dall'url originale il 18 novembre 2012).
- ^ a b c Storia della Prima Repubblica, parte V, Il 68 e gli Anni di Piombo, a cura di Paolo Mieli, 3D produzioni video e Istituto Luce.
- ^ Fabio Martini, Comunismo e ironia. Il manifesto fa quaranta, su La Stampa, 28 aprile 2011. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato il 26 marzo 2019).
- ^ Le piazze contrapposte (archiviato dall'url originale il 16 febbraio 2014). L'Italia tra libertà e unità, saggio storico di Alberto Servidio.
- ^ Flavia Alì, A 50 anni dalla strage di piazza Fontana, su treccani.it, 12 dicembre 2019. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato il 10 agosto 2022).
- ^ Giusi Fasano, La fine di Ventura, uomo dei misteri di piazza Fontana, su Corriere della Sera.it, 4 agosto 2010. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato il 28 agosto 2016).
- ^ a b Cfr. l' Intervista a Mario Scialoja (archiviato dall'url originale il 25 maggio 2013). Tratta da Gilberto Mastromatteo, Quando i media staccano la spina, Prospettiva Editrice, ISBN 978-88-7418-152-0.
- ^ Piero Fassino, uno dei dirigenti del PCI in quegli anni, ricorda in proposito: «A volte, le nostre intenzioni erano confuse. Mentre alcuni compagni pensavano a una congiura di forze reazionarie, in altri la condanna del terrorismo era, come dire?, soltanto tattica. Secondo questi ultimi compagni, il terrorista sbagliava unicamente perché la forma di lotta che aveva scelto era "controproducente" e faceva il gioco del padrone. Mancava in molti di noi un giudizio negativo della violenza, da rifiutare sempre, in sé e per sé. E c'erano anche, guai a non riconoscerlo!, gruppi sia pure isolati di nostri compagni che dicevano di certe vittime: "Gli sta bene!". Accadde, ad esempio, per il sequestro Amerio. Quest'ultima posizione si espresse nella formula: "I terroristi sono compagni che sbagliano". Lo slogan imperversò per un paio d'anni, fino al 1977, contrapponendosi alla tesi della congiura» (da un'intervista tratta da Bruno Vespa, Vincitori e vinti, pagg. 338-339, Mondadori, Milano 2005, ISBN 88-04-54866-5.
- ^ «Chiunque sia stato comunista negli anni cinquanta riconosce di colpo il nuovo linguaggio delle BR. Sembra di sfogliare l'album di famiglia: ci sono tutti gli ingredienti che ci vennero propinati nei corsi Stalin e Ždánov di felice memoria. Il mondo, imparavamo allora, è diviso in due. Da una parte sta l'imperialismo, dall'altra il socialismo. L'imperialismo agisce come centrale unica del capitale monopolistico internazionale (allora non si diceva "multinazionali"). Gli Stati erano il "comitato d'affari" locale dell'imperialismo internazionale. In Italia il partito di fiducia - l'espressione è di Togliatti - ne era la DC. In questo quadro, appena meno rozzo e fortunatamente riequilibrato dalla "doppiezza", cioè dall'intuizione del partito nuovo, dalla lettura di Gramsci, da una pratica di massa diversa, crebbe il militarismo comunista degli anni cinquanta. Vecchio o giovane che sia il tizio che maneggia la famosa Ibm, il suo schema è veterocomunismo puro. Cui innesta una conclusione che invece veterocomunista non è: la guerriglia» (R. Rossanda, Il discorso sulla Dc, articolo apparso in prima pagina sul Manifesto, il 28 marzo 1978).
- ^ Cfr. l'intervista a Berlinguer di Giampaolo Pansa, Berlinguer conta "anche" sulla NATO per mantenere l'autonomia da Mosca, articolo sul Corriere della Sera, 15 giugno 1976. I paesi membri della NATO non consideravano tuttavia il PCI un partito democratico e non lo ritenevano adatto a governare l'Italia né a fornire ministri ad un governo democristiano. Tale fu la posizione di netta condanna nei confronti del Partito Comunista Italiano emersa nel vertice G8 tenutosi a Porto Rico nello stesso anno.
- ^ Uno scandalo che a livello politico vedeva l'imputazione della DC da parte delle opposizioni, e a cui Aldo Moro aveva reagito dichiarando in maniera perentoria che il suo partito non si sarebbe fatto «processare nelle piazze» (dagli Atti parlamentari, VII legislatura, Parlamento in seduta comune, "Resoconto stenografico della seduta dal 3 all'11 marzo 1977", pag. 455).
- ^ (EN) William H. Honan, Giovanni Leone, Italy's Ex-President, Dies at 93, su The New York Times, 10 novembre 2001. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2012).
- ^ Emma Bonino, Marco Pannella e Carlo Bo, Leone, 90 anni con un regalo: le scuse dei vecchi nemici, su Corriere della Sera, 3 novembre 1998, p. 35. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2015).
- ^ Pierluigi Battista, 1980, l'anno del Riflusso ci ha reso moderni, su Corriere della Sera, 22 novembre 2009. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale l'8 dicembre 2021).
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- ^ Claudio Pavanello, Tutto sugli anni 80, Zoppelli e Lizzi, 2009.
- ^ Simona Colarizi e Marco Gervasoni, La cruna dell'ago. Craxi, il partito socialista e la crisi della Repubblica, Laterza, 2006, pag. 3.
- ^ La nuova identità del PSI (Bettino Craxi Opera Omnia), su operaomniacraxi.it. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato il 21 aprile 2017).
- ^ Bettino Craxi, Il Vangelo socialista. Craxi e Berlinguer 30 anni fa, su dorinopiras.it, 26 agosto 2008. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato il 30 marzo 2022). Il testo dell'articolo di Craxi apparve sull'Espresso del 27 agosto 1978.
- ^ Alessio Altichieri, "Non ci sarà più un altro Pertini" la Voltolina ricorda il suo Sandro, su Corriere della Sera, 24 aprile 1992, p. 11. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2015).
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- ^ Giangiacomo Schiavi, "Non ci sarà più un altro Pertini" la Voltolina ricorda il suo Sandro, in Corriere della Sera, 24 aprile 1992. URL consultato il 10 febbraio 2009 (archiviato dall'url originale il 20 maggio 2011).
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- ^ Stazione di Bologna, 2 agosto 1980, su treccani.it, 2 agosto 2020. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato il 20 maggio 2022).
- ^ Franco Papitto, Già installati dai sovietici almeno 387 missili Ss-20, su la Repubblica, 21 dicembre 1984. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 21 agosto 2016).
- ^ Franco Scottoni, Tre pretori contro i colossi TV, su ricerca.repubblica.it, la Repubblica, 17 ottobre 1984. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato il 25 settembre 2018).
- ^ Storia della CGIL (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2010).
- ^ ' Paolo Galimberti, Ma tenero è il governo, su la Repubblica, 27 ottobre 1989, p. 2. URL consultato il 27 settembre 2022 (archiviato il 27 settembre 2022).«È UNA prassi corrente nei rapporti internazionali, quando uno Stato crea una tensione ingiustificata nei confronti dei cittadini di un altro Stato, e non sarebbe stato assolutamente azzardato, né pericoloso se il nostro ministero degli Esteri l'avesse seguita in questo caso. Ma non è questa la linea del governo italiano, il quale, quando si tratta della Libia, è sempre incline ad una prudenza, per non dire una condiscendenza, che ha già sollevato in passato perplessità e critiche non solo in Italia, ma anche all' estero.»
- ^ Nino Blando, I missili a Comiso e la svolta del mondo, su la Repubblica, 13 maggio 2007. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato il 19 gennaio 2021).
- ^ Nell'immagine il gioco a premi Telemike condotto da Mike Bongiorno.
- ^ V. Castronovo, Storia economica d'Italia, Einaudi, Torino 1995, pag. 515-517.
- ^ Patrizia Calefato, Mass moda. Linguaggio e immaginario del corpo vestito, Meltemi editore, Roma 2007, pag. 8.
- ^ L'Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta: culture, nuovi soggetti, identità, a cura di Fiamma Lussana e Giacomo Marramao, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003, pag. 294.
- ^ Immigrazione straniera in Italia (archiviato dall'url originale il 18 agosto 2012).
- ^ Norberto Bobbio nel 1992 osservò che, in tema di riforme costituzionali, «non si poteva negare che Craxi fosse stato un precursore». Testimonianza del Presidente Napolitano alla cerimonia in occasione del centenario della nascita di Norberto Bobbio, in Quirinale, 15 ottobre 2009. URL consultato il 27 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 25 aprile 2014).
- ^ «Il discorso sulle riforme istituzionali che aveva rappresentato, già prima dell'assunzione della Presidenza del Consiglio, l'elemento forse più innovativo della riflessione e della strategia politica dell'on. Craxi ( [...] ) non si tradusse in risultati effettivi di avvio di una revisione della Costituzione repubblicana. La consapevolezza della necessità di una revisione apparve condivisa (...) ma (...) non seguì alcuna iniziativa concreta, di sufficiente respiro, in sede parlamentare. Si preparò piuttosto il terreno per provvedimenti che avrebbero visto la luce più tardi, come la legge ordinatrice della Presidenza del Consiglio e, su un diverso piano, significative misure di riforma dei regolamenti parlamentar» (dalla Lettera del Presidente Napolitano alla signora Craxi nel 10º anniversario della scomparsa di Bettino Craxi. Lettera del Presidente Napolitano alla signora Craxi nel 10º anniversario della scomparsa di Bettino Craxi, in Quirinale, 18 gennaio 2010. URL consultato il 27 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2017).
- ^ a b Giuseppe Sangiorgi, Piazza del Gesù. La Democrazia Cristiana negli anni Ottanta: un diario politico, Mondadori, 2005, pagg. 435-437, in Colarizi, La cruna dell'ago, op. cit., pag. 217.
- ^ Simona Colarizi, Gli anni Ottanta come storia., Rubbettino, 2004, pag. 100.
- ^ Ripartiamo dalla responsabilità civile dei magistrati (archiviato dall'url originale il 6 ottobre 2014). Articolo su L'Occidentale, 2011.
- ^ P. Murialdi, N. Tranfaglia, I quotidiani negli ultimi venticinque anni, in V. Castronovo, La stampa italiana nell'età della TV (1994), nuova ed., Laterza, Roma-Bari 2002, pp. 32-47.
- ^ «Partiti-chiesa» venivano definiti la DC e il PCI (cfr. ad esempio Edoardo Crisafulli, Le ceneri di Craxi, Rubbettino, 2008) per indicarne la forte connotazione ideologica che rifletteva i due blocchi contrapposti USA-URSS sulla scena internazionale.
- ^ Daniela Brancati, Arriva la legge sulle tv, su la Repubblica, 4 giugno 1988. URL consultato il 26 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016). Cfr. anche Corso di storia contemporanea (DOC) (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016). Pag. 18, estratto da Simona Colarizi e Marco Gervasoni, La cruna dell'ago. Craxi, il partito socialista e la crisi della Repubblica, Laterza, op. cit..
- ^ Simona Colarizi e Marco Gervasoni, op. cit., pag. 186.
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- ^ Oltre alla mafia in Sicilia, altre associazioni criminali o malavitose come la ndrangheta in Calabria, la Camorra in Campania, la sacra corona unita in Puglia, la mafia del Brenta nel Veneto, l'Anonima sequestri in Sardegna, la banda della Magliana a Roma, la banda della Comasina in Lombardia, la Banda della Uno bianca in Emilia-Romagna, le Bestie di Satana nel varesotto, turbarono la vita sociale e politica della Repubblica negli anni ottanta e nei seguenti anni novanta, con le loro azioni delittuose contro i civili e lo Stato in generale.
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- ^ «I partiti, specie quelli che contano su apparati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali e associative, e con essi molte e varie strutture politiche operative, hanno ricorso e ricorrono all'uso di risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale. Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest'aula, responsabile politico di organizzazioni importanti che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro» (dal discorso di Craxi alla Camera (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2013). Del 3 luglio 1992).
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- ^ Nel corso di tali accesi contrasti furono commessi numerosi eccessi che portarono in seguito, il 7 aprile 2015 la Corte europea dei diritti dell'uomo a dichiarare all'unanimità che era stato violato l'articolo 3 sul "divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti" durante l'irruzione della scuola Diaz, cfr. (FR) AFFAIRE CESTARO c. ITALIE, su European Court of Human Rights, 7 aprile 2015. URL consultato il 27 settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 1º settembre 2022).
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Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Storia d'Italia
- Compromesso storico
- Costituzione della Repubblica Italiana
- Consultazioni referendarie in Italia
- Nascita della Repubblica Italiana
- Presidenti della Repubblica Italiana
- Repubblica Italiana
- Sistema politico della Repubblica Italiana
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Progetto Novecento, su progettonovecento.it. URL consultato il 22 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 25 novembre 2011).
- Graziano Galassi, La Costituzione e le vicende politico istituzionali italiane dal 1946 al 1994, su liberliber.it.