Salmo 110

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«Dixit Dominus Domino meo: sede a dextris meis. Donec ponam inimicos tuos scabellum pedum tuorum. Virgam virtutis tuae emittet Dominus ex Sion: Dominare in medio inimicorum tuorum! Tecum principium in die virtutis tuæ in splendoribus Sanctorum ex utero ante luciferum genui te. Juravit Dominus et non pænitebit eum: Tu es sacerdos in æternum secundum ordinem Melchisedech. Dominus a dextris tuis: Confregit in die iræ suæ reges. Judicabit in nationibus, Implebit ruinas conquassabit capita in terra multorum. De torrente in via bibet, propterea exaltabit caput.»

Voce principale: Salmi.

Il Salmo 110 (numerazione greca e tradizionale romana: salmo 109) fa parte della raccolta dei 150 Salmi sia nella Tanakh ebraica che nell'Antico Testamento cristiano. Viene talvolta anche ricordato con le parole iniziali Dixit Dominus (Disse il Signore).

Appartiene al gruppo dei salmi regali e riveste un'importanza particolare per la lettura messianica che ne è stata fatta e per la nuova interpretazione datane nel Nuovo Testamento.

Composizione iniziale

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Il salmo è tradizionalmente attribuito al re Davide. Porta infatti il titolo: "Di Davide. Salmo". L'attribuzione a Davide dipende unicamente da quanto indicato nella raccolta stessa dei Salmi. La sola conferma "esterna" al testo veterotestamentario si ha nei Vangeli, che sono del I secolo d.C., ossia di parecchi secoli successivi alla composizione del salmista. Si può supporre, in ogni caso, che sia stato composto in qualche ricorrenza particolare, ad esempio per celebrare una vittoria. Le parole del salmo non permettono, peraltro, di dedurre di quale ricorrenza o cerimonia si tratti e neppure lo scopo specifico della composizione. I primi versi recitano:

« Dice il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, affinché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi »   ( Salmo 109,1, su laparola.net.)

Il problema interpretativo che essi offrono riguarda l'identità dei due "Signori", in particolare il secondo dei due. Uno di essi è certamente Dio, che mette i nemici alla mercé dell'altro Signore. Dell'altro si potrebbe pensare che si tratti del re (ipotizzando, quindi, che i versi siano da intendere nel modo seguente: "Dice il Signore al mio re...". Tuttavia, del secondo Signore in questione, il salmo dice, più avanti:

« Il Signore ha giurato e non si pente: Tu sei sacerdote in eterno secondo il modo di Melchisedek »   ( Salmo 109,4, su laparola.net.)

Secondo le consuetudini ebraiche il re non aveva alcuna prerogativa sacerdotale, quindi non è certamente al re Davide o ad un re nel senso comune del termine che il salmo si riferisce. Da queste considerazioni, sin dall'epoca precristiana, deriva l'interpretazione del salmo in senso messianico.

Lettura messianica

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Secondo l'interpretazione messianica, il secondo Signore del salmo è proprio il messia. Le due frasi citate precedentemente gli si adattano, infatti, assai bene: certamente si siederà alla destra di Dio e certamente sarà detentore di un sacerdozio speciale. Il momento d'inizio dell'interpretazione messianica del salmo non è noto. Potrebbe essere, per quanto ne sappiamo, già a fondamento del salmo stesso (ossia, riflettere le consapevoli intenzioni dell'autore), oppure risalire già al tempo della monarchia ebraica. Di sicuro sappiamo che è l'interpretazione che l'antico ebraismo dà al salmo già prima della nascita di Cristo ed è anteriore alla identificazione con Cristo stesso del "secondo Signore" fatta dai Vangeli.

Interpretazione del Nuovo Testamento

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Il Nuovo Testamento rilegge il salmo attribuendo l'identità del "secondo Signore" a Gesù Cristo che è annunziato dagli evangelisti come il Messia atteso ed il realizzatore delle promesse fatte da Dio agli ebrei.

Nel Vangelo secondo Matteo Gesù cita il salmo per indicare la nascita divina del Messia:

« Trovandosi i farisei riuniti insieme, Gesù chiese loro: «Che ne pensate del Messia? Di chi è figlio?». Gli risposero: «Di Davide». Ed egli a loro: «Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore, dicendo: Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?». Nessuno era in grado di rispondergli nulla; e nessuno, da quel giorno in poi, osò interrogarlo. »   ( Matteo 22,41-46, su laparola.net.)

L'episodio narrato da Matteo si inserisce in quella prima fase della predicazione di Gesù nella quale egli non ha ancora pubblicamente affermato di essere sia il Messia (che è un uomo) che Dio stesso, per quanto lo abbia già rivelato alle persone della cerchia più stretta dei suoi discepoli. La proclamazione pubblica di messianicità e, soprattutto, di divinità, avverrà in un secondo momento, e darà luogo prima alle dispute con i giudei ed ai tentativi di linciaggio riportati dal Vangelo secondo Giovanni. Gesù, in questa fase non richiama, quindi, un ulteriore importante verso del salmo in esame, che recita

« A te il principato, nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato »   ( Salmo 109,3, su laparola.net.)

Questo verso, nel quale il "primo Signore" ossia Dio, afferma di aver generato il "secondo Signore" e di averlo fatto in un "giorno della sua potenza" e oltretutto "tra santi splendori" è, secondo l'interpretazione cristiana del salmo, indicativo che il "secondo Signore" non solo è figlio del primo, ma che si tratta di una filiazione reale e non allegorica, dato che la potenza viene, dal salmista, attribuita al figlio ed in un contesto glorioso particolare, quello della santità. In altri termini, il "secondo Signore" non è, secondo tale interpretazione, semplicemente il messia, bensì proprio Dio stesso, nella persona del figlio di Dio.

Come si può notare Gesù aderisce all'idea tradizionale che Davide sia l'autore del salmo. È questa la sola conferma "esterna" al testo veterotestamentario dell'identità dell'autore della composizione. Peraltro, è altresì conferma che almeno all'epoca di Gesù si riteneva comunemente che fosse proprio Davide (altrimenti, è logico pensare che i farisei, nella polemica con Cristo, avrebbero eccepito trattarsi di autore differente e per questo, diversamente da Davide, "non ispirato").

Nel libro degli Atti degli Apostoli Pietro, nel suo primo discorso, testimonia la resurrezione di Gesù Cristo e la sua ascensione al cielo citando le parole del salmo:

« Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire. Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice: Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi. Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!». »   ( Atti 2,32-36, su laparola.net.)

Questa stessa frase del salmo viene ripresa dalla Lettera agli Ebrei per indicare la superiorità di Gesù Cristo rispetto agli angeli:

« A quale degli angeli poi ha mai detto: Siedi alla mia destra,

finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? »   ( Ebrei 1,13, su laparola.net.)

La stessa lettera agli Ebrei, per illustrare la superiorità del sacerdozio di Gesù rispetto a quello ebraico, cita il salmo:

« Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato. Come in un altro passo dice: Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek. Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchìsedek. »   ( Ebrei 5,5-10, su laparola.net.)

Insolitamente, il verso di Salmi 110:4[1] è citato per altre due volte e in modo parziale, anche in Ebrei 7:17[2] e Ebrei 7:21[3]

«Gli è resa infatti questa testimonianza:
Tu sei sacerdote in eterno alla maniera di Melchìsedek.
Si ha così l'abrogazione di un ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità - la legge infatti non ha portato nulla alla perfezione - e si ha invece l'introduzione di una speranza migliore, grazie alla quale ci avviciniamo a Dio.»

«Inoltre ciò non avvenne senza giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza giuramento; costui al contrario con un giuramento di colui che gli ha detto:
Il Signore ha giurato e non si pentirà:
tu sei sacerdote per sempre.
Per questo, Gesù è diventato garante di un'alleanza migliore.»

Uso liturgico

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Vesperae de dominica - Dixit Dominus (info file)
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Fin dai tempi antichi è previsto ai Vespri domenicali e in quelli di I Classe semplici o doppi. Nell'attuale ufficio romano si trova (senza il versetto 6) ai secondi vespri della domenica della prima settimana. Nello schema monastico "B" (Füglister) è previsto come primo salmo del primo notturno delle Vigilie della domenica.

  1. ^ Salmi 110:4, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  2. ^ Ebrei 7:17, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  3. ^ Ebrei 7:21, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  4. ^ Ebrei 7:17-19, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  5. ^ Ebrei 7:20-22, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  6. ^ (EN) Bibbia di re Giacomo, Lettera agli Ebrei, capitolo 7, su kingjamesbibleonline.org, 1611.
  7. ^ (EN) Bibbia di re Giacomo, Libro dei Salmi, Salmo 110, su kingjamesbibleonline.org, 1611.

Voci correlate

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Altri progetti

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