Scalera Film

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Scalera Film
StatoItalia (bandiera) Italia
Fondazione1938
Chiusura1952 (fallimento)
Settorecinema

La Scalera Film è stata una società di produzione e distribuzione cinematografica italiana, attiva dal 1938 al 1950. Annunci e programmi di produzione le fanno guadagnare, fin dal 1939, il titolo di «massima casa italiana[1]». Nel periodo 1940-1943 fu la casa cinematografica italiana con il maggior numero di film prodotti[2].

L'atto di nascita della Scalera Film è datato marzo 1938[3]. È fondata dai fratelli Scalera, Salvatore e Michele, dietro suggerimento di Mussolini che gli prospetta un buon affare[4], anticipando loro le oramai prossime leggi sull'incremento produttivo (la cosiddetta "Legge Alfieri"), che concede robusti finanziamenti alle produzioni nazionali, e quella sul monopolio, una legge che di fatto blocca in gran parte l'importazione della cinematografìa estera (soprattutto americana) favorendo una più ampia produzione di film italiani. Mussolini, interessato al decollo di Cinecittà e all'esplosione autarchica di questa nuova industria, ha bisogno urgente di coinvolgere imprenditori per farli investire nella cinematografia[4].

I napoletani Salvatore e Michele Scalera, insieme al fratello Carlo, sono costruttori edili, i più attivi nell'edilizia civile a Napoli e a Roma, e, soprattutto, i principali destinatari degli appalti del regime: costruzioni di aeroporti civili e militari, realizzazione delle più importanti opere stradali dell'Impero (come la Asmara-Massaua in Eritrea e la litoranea Tripoli-Bengasi in Libia).

Dovendo e volendo rimpiazzare la produzione hollywoodiana allontanata dal monopolio, la Scalera adotterà in modo programmatico, unica casa italiana, lo studio system statunitense. Viene creata una casa di distribuzione e vengono rilevati gli studi della Caesar Film. Attori, registi e tecnici verranno messi sotto contratto esclusivo: Gino Cervi, Fosco Giachetti, Ruggero Ruggeri, Rossano Brazzi, Carlo Ninchi, Massimo Serato; Emma e Irma Gramatica, Isa Pola, Luisa Ferida, Doris Duranti; i registi Mario Bonnard, Amleto Palermi, Goffredo Alessandrini, Corrado D'Errico; i tecnici Ubaldo Arata, Massimo Terzano, Otello Martelli, Romolo Garroni, Sergio Pesce, Pietro Cavazzuti, Ercole Pace.

Michele Scalera (al centro), tra il regista Jean Renoir e Vittorio Mussolini (1940).

La Scalera cercherà un suo stile e un'immagine da casa "internazionale", trionfo dell'estetica da studio, uno stile teatral-letterario, lussuoso, artificioso. Sarà anche la casa che maggiormente sosterrà l'incremento della produzione italiana del periodo: 6 film prodotti nel 1938, 8 nel '39, 10 nel '40, 9 nel '41, 13 nel '42[5]. Numerose saranno anche le coproduzioni internazionali, specialmente con la Francia, girate in Italia da registi stranieri e a volte con un cast misto come: Papà Lebonnard, Ultima giovinezza, Rosa di sangue, Ecco la felicità, Tosca. Alcuni film francesi invece comprendono una quota Scalera minoritaria (un preacquisto per la distribuzione italiana) grazie all'accordo con il produttore André Paulvé. Fra questi spiccano anche titoli di grande prestigio: Les visiteurs du soir (L'amore e il diavolo), Les enfants du paradis (Amanti perduti), La Belle et la Bête (La bella e la bestia).

A partire dal 1941 è anche la casa cinematografica che più si assume l'onere della produzione di guerra e di propaganda. Pellicole come Giarabub o Alfa Tau! ne sono un esempio. Anche Uomini sul fondo, per la regia di Francesco De Robertis, ne fa parte. Ma è girato dal vero sui mari, senza retorica, e viene oggi considerato uno dei film anticipatori del neorealismo[4]. In questo settore della produzione Scalera avviene anche l'esordio alla regia di Roberto Rossellini (subentrando a De Robertis) con La nave bianca.

Un supporto indiretto alla propaganda di guerra, attraverso una rappresentazione simbolica della storia, lo danno anche alcuni film d'ambiente veneziano: Il bravo di Venezia, Il ponte dei sospiri, Capitan Tempesta, Il leone di Damasco, I due Foscari[6]. A quest'ultimo film collabora anche un giovanissimo Michelangelo Antonioni e che, sotto contratto Scalera e grazie all'intercessione del direttore della fotografia Ubaldo Arata, verrà anche inviato in Francia come coregista di Marcel Carné per il già citato Les visiteurs du soir[7].

Dopo il 25 luglio 1943 la produzione del cinema italiano, allo sbando, si arresta completamente. Michele e Salvatore verranno addirittura arrestati dai badogliani[8]. A settembre invece, con l'occupazione tedesca di Roma e la nascita della Repubblica Sociale Italiana, Ferdinando Mezzasoma e Luigi Freddi decidono di trasferire la produzione italiana a Venezia creando il Cinevillaggio. La Scalera, che ha già degli studi cinematografici nel territorio veneziano (alla Giudecca) diventa così una delle case cinematografiche dislocate a Venezia. Pochi però furono i registi, gli artisti e i tecnici che, aderendo all'invito di Freddi e Mezzasoma, si trasferirono da Roma a Venezia. Pochi saranno i film prodotti dalla Scalera sotto la Repubblica Sociale Italiana, ma anch'essi faranno parte delle difficoltà in cui si troverà la casa nell'immediato dopoguerra.

Una delle "squadre" sonore della Scalera (al centro il fonico Ercole Pace).

Dopo la Liberazione la stretta dipendenza della Scalera dalla politica, cinematografica e non, dello stato fascista la pone nell'occhio del ciclone[9]. Michele Scalera finisce sotto processo per «ingiustificato arricchimento»[10]. Viene assolto ma, anche se nel cinema italiano non si procede a nessun tipo di epurazione, l'ostilità verso la casa di produzione è largamente riscontrabile, e si trasferisce in qualche modo sui suoi prodotti[9]. Un elemento per ricostruire la propria immagine, cercando allo stesso tempo di occultare gli aspetti più scomodi del proprio passato, è quello di aver avviato per prima le già citate coproduzioni internazionali, una sorta di strategia di alleanze europee, continuata anche in pieno conflitto.

Dopo l'uscita fallimentare di alcune pellicole del periodo fascista rieditate, si riparte, già nella stagione 1946-47, con un programma di inequivocabile ambizione internazionale, continuazione ideale della tipica produzione Scalera del periodo prebellico[9]. Le coproduzioni sono molte e ad ampio raggio, i teatri di posa vengono rilanciati e la distribuzione potenziata. I listini sono ricchissimi di titoli, tra i quali spicca anche La Grande illusion (La grande illusione) di Jean Renoir, film censurato dal fascismo (malgrado il film sia stato presentato al Festival Venezia nel 1937 e premiato «per il miglior complesso artistico»).

Nel 1949 viene anche presentato il primo film internazionale realizzato in Italia da un produttore statunitense[9], Black Magic (Gli spadaccini della Serenissima alias Cagliostro) di Gregory Ratoff con Orson Welles, che ha accettato di interpretare questo film anche per tentare di convincere Michele Scalera a finanziare un suo progetto per la realizzazione di un Otello (il film uscì nel 1952). La Scalera finanziò il progetto di questa produzione, ma la crisi finanziaria colpì la casa e il fallimento arrivò qualche giorno prima dell'inizio della lavorazione del film: «Ci trovammo in Marocco con una troupe di trentacinque tecnici, più tutti gli attori. Naturalmente non c'erano soldi e i costumi che dovevano arrivare dall'Italia non arrivarono[11]».

Con l'apertura ad una collaborazione italo-americana Michele Scalera si era illuso di poter rilanciare la casa, che non riesce a recuperare un'esposizione finanziaria: le difficoltà balzano alla ribalta della cronaca già nel 1950 (la stampa specializzata scrive di un passivo di un miliardo e mezzo di lire)[9]. Michele Scalera è obbligato a rispondere pubblicamente, smentendo la voce del passivo, ma confermando una difficoltà finanziaria dovuta a un problema con le banche creditrici. Scalera si rivolge anche al sottosegretario Andreotti con la richiesta di intercedere presso l'IMI per un prestito garantito sugli immobili di Roma e Venezia, ma l'IMI rifiuta[9]. È, probabilmente, l'ultimo tentativo per salvare la casa cinematografica dal fallimento. La Scalera verrà messa in liquidazione nell'aprile del 1952.

Distribuzione

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  1. ^ G. P. Brunetta, pag. 21.
  2. ^ Cfr. tabella in G. P. Brunetta, pag. 11.
  3. ^ Sebbene in una guida commerciale di Roma è indicata la data di costituzione: 29 marzo 1939. Cfr. Guida Monaci 1945: guida commerciale di Roma e Lazio. Industriale, amministrativa e religiosa, 1945, p.343.
  4. ^ a b c Paolo Lughi, La Scalera Film: lo studio system all'italiana, in Ernesto G. Laura, pp. 392-399.
  5. ^ Vincenzo Buccheri, La crisi della Cines e il panorama produttivo, in O. Caldiron, 2006, pag. 124.
  6. ^ G.P. Brunetta, 2007, pag. 262.
  7. ^ Dalla biografia di Michelangelo Antonioni, su michelangeloantonioni.it.
  8. ^ Riscossacristiana.it - Un faro di fede e cultura, su riscossacristiana.it, 21 settembre 2023. URL consultato il 20 ottobre 2024.
  9. ^ a b c d e f Barbara Corsi, Le majors sul Tevere, in C. Cosulich, pp. 393-397.
  10. ^ Ernesto G. Laura, I reduci del cinema di Salò, in C. Cosulich, pag. 327.
  11. ^ Dalla testimonianza di Orson Welles, in R. Poppi, pag. 310.
  12. ^ R. Chiti, E. Lancia, pag. 424.
  • Gian Piero Brunetta, Cent'anni di cinema italiano - Dalle origini alla seconda guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari 2007 (settima edizione).
  • Gian Piero Brunetta, Il cinema italiano di regime, Laterza, Roma-Bari 2009.
  • Orio Caldiron (a cura di), Storia del Cinema Italiano, vol.5 - 1934/1939, Marsilio, Edizioni di Bianco & Nero, Venezia 2006.
  • Ernesto G. Laura (a cura di), Storia del Cinema Italiano, vol.6 - 1940/1944, Marsilio, Edizioni di Bianco & Nero, Venezia 2010.
  • Callisto Cosulich (a cura di), Storia del Cinema Italiano, vol.7 - 1945/1948, Marsilio, Edizioni di Bianco & Nero, Venezia 2003.
  • Roberto Chiti, Enrico Lancia (a cura di), Dizionario del Cinema Italiano - i film vol.I, Gremese, Roma 2005.
  • Roberto Poppi (a cura di), Dizionario del Cinema Italiano - i film vol.II, Gremese, Roma 2007.

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