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* [[Francesco Alberto Giunta]] (1925), scrittore, poeta e giornalista |
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* [[Ignazio La Russa]] (1947), politico ([[Fratelli d'Italia - Centrodestra Nazionale]]) |
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Versione delle 22:39, 11 giu 2013
Paternò comune | |
---|---|
Panorama di Paternò | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Sicilia |
Città metropolitana | Catania |
Amministrazione | |
Sindaco | Mauro Mangano (PD) dal 21-5-2012 |
Territorio | |
Coordinate | 37°34′00″N 14°54′00″E |
Altitudine | 225 m s.l.m. |
Superficie | 144,04 km² |
Abitanti | 49 616[1] (31-12-2011) |
Densità | 344,46 ab./km² |
Frazioni | Sferro |
Comuni confinanti | Belpasso, Biancavilla, Catenanuova (EN), Centuripe (EN), Ragalna, Ramacca, Santa Maria di Licodia |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 95047 |
Prefisso | 095 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 087033 |
Cod. catastale | G371 |
Targa | CT |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[2] |
Nome abitanti | paternesi, patornesi, paturnisi in siciliano. |
Patrono | santa Barbara - san Vincenzo martire (compatrono) |
Giorno festivo | 4 dicembre |
Cartografia | |
Posizione del comune di Paternò nella provincia di Catania | |
Sito istituzionale | |
Paternò (IPA: [ˈpaˈteːrnɔː][3], Patennò in siciliano) è un comune italiano di 49.616 abitanti[1] della provincia di Catania in Sicilia.
È il terzo comune della provincia per ampiezza demografica dopo Catania e Acireale, dista 20,4 km dal capoluogo di provincia (Catania)[4] e 183,7 km dal capoluogo di regione (Palermo)[4].
Geografia fisica
Territorio
Paternò è un centro urbano di medie dimensioni situato nell'entroterra catanese[5] e fa parte dell'area etnea. Il territorio comunale confina nella parte occidentale con Centuripe, in provincia di Enna, e nella parte meridionale con i comuni di Castel di Judica e Ramacca, appartenenti al distretto del Calatino.
Il territorio è situato alle pendici sudoccidentali dell'Etna, ha un'altitudine media di 225 m s.l.m., una superficie complessiva di 144,04 km²[6] ed una popolazione che sfiora i 50 000 abitanti.
Il centro storico di Paternò si presenta delimitato da nuovi quartieri, tra cui quello "satellite" di ampie dimensioni dell'Ardizzone; il colle, che gli abitanti chiamano "Collina storica", essendo la parte in cui vi sono concentrati i più importanti monumenti della città, nonché il suo nucleo originale e antico, fa anch'esso parte del centro storico.
A seguito dell'ordinanza emessa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri entrata in vigore il 20 marzo 2003, e deliberata dalla Giunta regionale siciliana il 19 dicembre, la classificazione sismica attribuita al territorio del Comune di Paternò è quella di Zona 2 (sismicità media)[7].
Orografia
Dal punto di vista geomorfologico, il territorio comunale di Paternò è suddiviso in due aree ben definite, con i terreni di origine lavica nelle contrade verso le pendici dell'Etna e i terreni di origine alluvionale lungo la Valle del Simeto e la Piana di Catania[8].
La città, invece, è racchiusa in una conca delimitata dall'antico vulcano preistorico che fu il luogo dove sorse il primo nucleo abitato. Ubicate nella parte nordoccidentale del territorio comunale, le Salinelle, importante sito di interesse naturalistico.
Idrografia
Una buona parte de territorio paternese ricade nel bacino idrografico del fiume Simeto. Il territorio, inoltre è caratterizzato dalla presenza di numerose sorgenti idriche, in quanto si incontrano gli strati lavici permeabili con quelli argillosi impermeabili, facendo fuoriuscire le acque provenienti dal bacino idrografico dell'Etna. Le sorgenti più importanti sono Monafria, Maimonide e Currone[9].
Flora e fauna
Il territorio di Paternò presenta una scarsa presenza di boschi, ma ciò è dovuto principalmente al fatto che, grazie alla fertilità dei terreni, utilizzati per le coltivazioni, soprattutto quelle agrumarie[10], si è dedicato molto spazio all'attività agricola.
Clima
Dal punto climatico Paternò si presenta variabile a seconda della stagione: più mite di tipo continentale nel periodo invernale[11] e più torrido in quello estivo.
È classificata quale zona climatica di tipo C[12].
Storia
Sull'origine del toponimo «Paternò» nel corso dei secoli, vari studiosi hanno formulato diverse ipotesi su quale possa essere l'origine o il significato del nome della città etnea.
Tra le ipotesi, sono degne di segnalazione quelle dello storico Gaetano Savasta (in Memorie storiche della città di Paternò, 1905), e del linguista Giovanni Alessio, che nei loro studi si sono orientati verso l'ipotesi di un'origine bizantina del nome. In particolare l'Alessio sostiene che il nome di Paternò sia legato a quello del vicino centro di Adernò, anch'esso di origine bizantina, e l'etimologia deriverebbe dal'espressione in lingua greca ep-Adernòn, che significa «verso Adernò»[13]. Il Savasta, invece, ha formulato l'ipotesi che il toponimo abbia origine latina e che derivi da Paetram Aitnaion, il cui significato sarebbe «Rocca degli Etnei» (riferendosi all'antico toponimo di Aitna). Ipotesi quest'ultima simile a quella formulata nel XVI secolo dallo storico Leandro Alberti, per il quale il toponimo comparve sotto i Romani.
Il geografo arabo Al-Muqaddasi, nella sua descrizione della Sicilia (scritta intorno all'anno 988) denomina la città come Batarnù (una probabile corruzione del termine greco ep-Adernòn) e afferma che il toponimo era preesistente alla dominazione araba.
In seguito alla conquista normanna (1061) il sito verrà quindi denominato Paternionis.
Età antica
La frequentazione umana del territorio è attestata a partire dal Neolitico, mentre tracce di insediamenti risalirebbero all'età del rame e del bronzo[14]. La fondazione dell'odierna città di Paternò viene fatta risalire all'epoca anteriore a quella greca, su un sito di origine vulcanica, che fu probabilmente abitato fin dall'età di Thapsos[15].
In origine dovette trattarsi di un villaggio dei Sicani, i quali sarebbero stati successivamente cacciati dai Siculi, che vi si insediarono intorno al IV millennio a.C., sfruttarono il tipo di superficie per cavare dalle rocce i blocchi di lava ed estrarre gli utensili da lavoro e le macine, e vi costruirono edifici sulla parte sommitale del colle vulcanico[8].
Questo nuovo centro abitato assunse il nome di Hybla (Υβλα), che per distinguerla dalle altre città con lo stesso nome, fu chiamata Hybla Gereatis (o Hybla Major). Nella stessa epoca e nella stessa area, sorse probabilmente il villaggio di Inessa (Ινεσσα). A fare menzione di queste due località, fu lo storico greco Tucidide, il quale affermò persino che i due villaggi fossero di origine sicula e li collocò nella medesima zona[16].
L'odierno abitato di Paternò fu in passato identificato con una di queste due antiche città sicane: secondo il prevosto e storico locale Gaetano Savasta[17] sarebbe stato identificabile con Inessa, mentre l'archeologo Paolo Orsi ipotizzò che si trattasse di Hybla, seguendo in questo alcuni studiosi seicenteschi, Filippo Cluverio (1619), Giovan Battista Nicolosi (1670)[18], e che Inessa corrisponda all'odierno centro di Santa Maria di Licodia[19]. Le fonti sono frammentarie e mancano campagne di scavo sistematiche che consentano di risolvere la questione.
Eppure un altro storico locale, il religioso Frà Placido Bellia, nel suo manoscritto dal titolo Storia di Paternò, che terminò nel 1808, vi attestò che nel suo convento furono rinvenute in uno scavo di ghiaia l'ara di cui sopra inciso "Veneri Hyblensi" e una lapide con scritta "Paternò Hybla Major", documenti conservati al Museo Biscari di Catania[20].
Le due città sicule caddero in mano greca attorno al 460 a.C., quando furono assaltate dai Siracusani guidati dal tiranno Gerone I. Ad Inessa si rifugiarono numerosi profughi provenienti da Katane, e fu successivamente denominata Aitna (Αίτνα)[8]. Esse furono altresì coinvolte nelle guerre tra i Siracusani e gli Ateniesi, da questi ultimi devastate, ed in seguito dai primi riconquistate nel 403 a.C., quando al potere salì Dionisio il Vecchio: ad Aitna Dionisio inviò nel 396 a.C., truppe di mercenari campani al suo soldo, i quali compirono numerose stragi di popolazione, per aver questi favorito gli Ateniesi nel 415 a.C.[21].
Aitna e Hybla, assieme alle altre città della Sicilia orientale, furono successivamente liberate nel 339 a.C. dai Corinzi guidati dal generale Timoleonte, che eliminarono i campani. Tracce dell'epoca greca a Paternò sono testimoniate da dei manufatti rinvenuti sulla rupe basaltica nel 1909, detti gli "argenti di Paternò", che oggi si trovano al Pergamonmuseum di Berlino[22].
I due centri caddero in mano ai Romani intorno al 243 a.C., e fu l'inizio di una dominazione caratterizzata dallo sfruttamento delle loro risorse, dalla schiavizzazione degli abitanti e dalla fiscalità oppressiva: Aitna e Hybla, infatti, furono inserite nell'elenco delle città decumane della Sicilia[23]. All'epoca romana risalgono resti di strutture quali l'acquedotto[24] e il Ponte di Pietralunga.
Età medievale
Dai bizantini agli arabi
Con la caduta dell'Impero romano d'occidente, si persero le tracce delle due antiche città di Aitna e Hybla: secondo il geografo Strabone i due villaggi siculi scomparvero attorno al II secolo a.C.[25].
Tra il IV e il V secolo d.C., la Sicilia passò sotto il dominio bizantino, e, secondo alcuni studiosi (Savasta ed altri), fu in quel periodo che nacque il nuovo toponimo di Paternò, anche se, in effetti, quello bizantino fu un periodo di declino politico ed economico che causò lo spopolamento del territorio, anche a causa delle continue scorrerie e attacchi di popolazioni barbariche e di saraceni.
Dell'epoca bizantina si hanno scarse notizie nelle fonti storiche, gran parte delle quali riportano scarne informazioni in merito all'intenso processo di cristianizzazione che portò alla diffusione dello stile di vita monastico e alla costruzione di eremi, tra i quali, quello importantissimo di San Vito (dal VI secolo).
Occupata dagli Arabi verso il 901, il borgo fu chiamato Batarnù[26] - che fu probabilmente un'arabizzazione del termine greco ep-Adernòn - e amministrativamente fu integrata nel Val Demone. Grazie alla fertilità dei luoghi si assistette ad una costante ripresa delle attività agricole e pastorizie in tutto il territorio.
La dominazione normanna
Paternò fu uno dei primi centri dell'isola liberati dalla dominazione araba ad opera dei Normanni, che vi giunsero nel 1061, ed il sito venne denominato Paternionis: iniziò un periodo di grande splendore civico ed economico. Il principale artefice dell'impresa, fu il condottiero normanno Ruggero d'Altavilla, che dopo aver liberato Messina e gli altri borghi del Val Demone dal dominio musulmano, giunse con le sue truppe a Paternò.
Poiché Paternò fu uno dei centri meno islamizzati dal punto di vista etnico, e che la maggioranza della popolazione era di etnia greca, Ruggero vi fece costruire un castello nel 1072 come fortezza per attaccare Catania e le altre zone a maggioranza arabe[27][28]. La città divenne Contea, che l'Altavilla diede in dote al genero Ugo di Jersey, ed il suo vastissimo territorio includeva diversi monasteri, specialmente benedettini: veri e propri feudi che amministravano le ricche risorse agricole del contado.
Infatti, per la feracità dei suoi terreni e la ricchezza di fonti idriche, che rendono il suo territorio adatto alle colture, nel medioevo Paternò ricevette l'appellativo di Civitas Paternio Fertilissima[29], o più semplicemente Civitas Fertilissima, ovvero "città molto fertile".
Il doppio matrimonio del 1089 tra il Conte Ruggero e Adelaide del Vasto e quello del fratello di costei, Enrico, con la figlia di primo letto del conte normanno, Flandina, stabilì un'alleanza politica e militare tra gli Altavilla e gli Aleramici. A seguito di quest'ultimo evento, la contea paternese passò di ai Del Vasto, dapprima con il già citato Enrico, a cui succedette nel 1137 il figlio Simone, ed infine nel 1143 il figlio di quest'ultimo Manfredo, che fu l'ultimo conte aleramico di Paternò poiché non ebbe eredi legittimi[30].
Le dominazioni sveva, angioina ed aragonese
A seguito del matrimonio avvenuto nel 1186 tra la figlia del re Ruggero II di Sicilia, la principessa Costanza d'Altavilla e l'imperatore Enrico VI, la contea passò sotto la dominazione sveva nel 1194, quando il sovrano germanico la concedette al normanno Bartolomeo de Luci[31]. Da quell'unione, tra Enrico VI e la normanna Costanza, nacque il futuro imperatore Federico II, il quale affidò la città al controllo di Beatrice Lanza.
Nel 1256 il re Manfredi di Sicilia concedette la signoria sulla città all'aleramico Galvano Lancia, suo zio, al quale spettava il suo possesso per diritto materno[32].
Estintasi la dinastia sveva, con la morte di Manfredi e lo sterminio per ordine di Carlo I d'Angiò nel 1268 di tutti i membri maschi della casa ed anche dello stesso Lancia ad essi fedele, Paternò, la cui signoria passò a Manfredi II Maletta, fu occupata dagli Angioini a seguito del tradimento compiuto dal Maletto nei confronti dei reali svevi, il quale offrì la città agli invasori[33][34].
Dopo la cacciata degli Angioini dall'isola (1299), subentrarono gli Aragonesi. In epoca aragonese, nel 1302, Paternò fu inserita nella cosiddetta Camera Reginale che venne costituita da Federico III d'Aragona come dono di nozze alla consorte Eleonora d'Angiò[35], poi ereditata dalle Regine che si susseguirono, sino alla sua abolizione.
Nel 1348 la signoria di Paternò passò a Blasco Alagona, che governò la città sostenuto dal popolo nella sua lotta contro i Palizzi e i Chiaramonte. Alla morte di Blasco, la guida del governo della città fu assunta dal figlio Artale, che dimorò nel Castello.
Passata al Regio Demanio nel 1396, il re Martino la assegnò nel 1403 alla sua seconda moglie, la regina Bianca di Navarra[36], che due anni più tardi codificò un sistema di norme civili denominato Consuetudini di Paternò.
L'infeudamento della città
Il periodo di magnificenza di Paternò durò fino al XV secolo: nel 1431 il re Alfonso I d'Aragona vendette la città a Niccolò Speciale, poi ritornata alcuni anni più tardi al Regio Demanio e, infine, venduta definitivamente nel 1456[37] a Guglielmo Raimondo Moncada.
Età moderna
Con i Moncada la città venne infeudata e, seppur inizialmente furono buoni amministratori, ne causarono un lento ma inarrestabile declino. Poco più di un secolo dopo, da semplice feudo, Paternò divenne principato nel 1565 su investitura di Filippo II di Spagna, che nominò primo principe di Paternò, il conte Francesco I Moncada[38].
L'elevazione a rango di stato principesco, che diede quindi maggior prestigio e importanza alla città e agli stessi Moncada, favorì l'afflusso di numerose famiglie nobili e borghesi provenienti dalle altre zone della Sicilia e dalla Spagna[39]. Di questo periodo è di notevole interesse storico un'antica mappa prospettica di Paternò: un disegno ad inchiostro del Seicento scoperto recentemente, che inquadra la Collina e la città sottostante, coi suoi monumenti principali e con scene di vita quotidiana e di giustizia.
In quel periodo Paternò, mutò quindi a livello urbanistico, e dopo il terremoto del 1693, la collina perse sempre più il suo ruolo di cuore della città in favore della parte bassa, in forte espansione demografica ed economica. Numerosi furono gli edifici religiosi eretti in città ad opera delle molte confraternite che vi operarono, in particolare nella "parte bassa".
Il dominio dei Moncada sul comune etneo si concluse nel 1812, anno di promulgazione della Costituzione siciliana, che assieme ad un'uguaglianza in campo giuridico, all'abolizione della tortura e del maggiorascato, prevedeva la cessazione dei diritti feudali.
Età contemporanea
Dal Risorgimento alla Seconda Guerra Mondiale
Nel corso della prima metà del XIX secolo, la popolazione paternese partecipò attivamente ai moti del 1820, 1837 e del 1848, scoppiati nella Sicilia borbonica.
Il 17 maggio 1860 nella città etnea scoppiò un'altra insurrezione antiborbonica, che vide l'innalzarsi del Tricolore. A Paternò i volontari di Giuseppe Garibaldi sconfissero un reparto dell'esercito borbonico guidato dal colonnello Mella, e questa impresa consentì successivamente ai garibaldini di conquistare Catania[40]. Lo stesso Generale nel 1864 recò visita alla città, che lo accolse festante.
Uno dei problemi principali della città tra fine Ottocento e inizio Novecento, fu quello di avere una vasta porzione di territorio infestata dalla malaria, per la vicina presenza del fiume Simeto[41]. Il problema venne gradualmente risolto con le prime bonifiche delle zone paludose nella Piana di Catania, avviate il secolo precedente ed attuate nel corso dei decenni successivi.
La superficie agraria e forestale del paese poté quindi espandersi, e si arricchì così di agrumeti, fattore quest'ultimo che attrasse le migrazioni di braccianti agricoli (detti «agrumari») provenienti dai comuni confinanti della stessa provincia e dai comuni rurali delle province di Enna e di Messina[42].
Il XX secolo a Paternò fu caratterizzato da momenti di alti e bassi dal punto di vista economico. Durante il Fascismo - tranne che nel periodo della Grande crisi - conobbe però un incremento della sua produzione agrumicola, in particolare a seguito delle politiche economiche autarchiche attuate dal regime di Benito Mussolini dopo le sanzioni del 1936, che favorirono la commercializzazione delle produzioni agricole locali, proteggendole dalla concorrenza straniera[43].
Nelle due guerre mondiali, il centro etneo pagò un grosso tributo a livello di vite umane. Se nella Prima Guerra Mondiale furono circa 600 i giovani paternesi mandati sul fronte che persero la vita[44], fu soprattutto nel secondo evento bellico che si manifestarono gli eventi più disastrosi. Il pomeriggio del 14 luglio 1943, un pesante bombardamento compiuto dall'aviazione anglo-americana distrusse l'80% dell'abitato e causò 2.320 feriti[45]. Ben più grave fu il bilancio dei morti sotto le macerie che fu di oltre 4.000 vittime[46]. I bombardamenti durarono fino al 3 agosto, con la ritirata dei militari tedeschi presenti nella zona, e la successiva occupazione della città da parte delle forze dell'esercito inglese.
Tuttavia non è comunque certo il reale numero dei morti civili durante il secondo conflitto mondiale a Paternò. Su questo dato si è soffermato il giornalista paternese Ezio Costanzo, storico contemporaneo, secondo il quale la cifra dei caduti sotto i bombardamenti indicata dalla storiografia ufficiale sarebbe eccessiva per quelle che erano all'epoca le caratteristiche demografiche del paese e per le documentazioni sulla conta dei decessi fornite dal Comune al termine del conflitto. Costanzo ritiene infatti che i morti civili complessivi per cause belliche nella città etnea in realtà non furono oltre le 500 unità[47].
Dal secondo dopoguerra ad oggi
La ricostruzione post-bellica a Paternò fu inizialmente molto lenta. Tuttavia lo sviluppo urbanistico della città ha avuto una grande accelerazione negli anni sessanta-settanta del secolo scorso, periodo in cui la "geografia" urbana e stradale della città si è meglio definita secondo gli standard moderni e meglio adattata alle esigenze delle nuove classi emergenti della borghesia medio-alta, con la creazione di nuovi quartieri.
Fino agli anni ottanta, la città è cresciuta notevolmente e spesso, in maniera disordinata, con numerosi casi di edilizia abusiva[48] che hanno deturpato il tessuto urbano. Lungo la direttrice nord, invece, dove l'espansione si è svolta secondo il piano regolatore generale, si è sviluppato il quartiere Ardizzone (dal nome del feudo che comprendeva questi terreni), che presenta un'elevata dotazione di servizi e, soprattutto, di verde pubblico[49].
Gli ultimi anni novanta hanno visto lo sviluppo delle più lontane periferie e la riqualificazione di alcune parti della zona centrale dell'abitato, determinando uno spopolamento del centro storico passato dai 30.000 residenti del 1950 ai 18.000 del 1995[50].
Nel 2005 Paternò è andata alla ribalta delle cronache per la questione relativa alla realizzazione di un impianto per lo smaltimento dei rifiuti in contrada Cannicciola. La Regione sotto la presidenza di Salvatore Cuffaro e con il pieno placet dell'amministrazione comunale, aveva inserito il sito di Paternò (nei pressi del Simeto e di un'area archeologica) tra quelli che avrebbero dovuto ospitare i quattro termovalorizzatori nel territorio siciliano[51].
A seguito di intense e continue manifestazioni da parte dei cittadini, per la stragrande maggioranza contrari alla realizzazione dell'impianto[51], tre anni più tardi, il governo regionale presieduto da Raffaele Lombardo, ha rimosso Paternò da quella lista[52], scongiurando il pericolo di un possibile inquinamento ambientale che avrebbe potuto recare danni alla salute della popolazione. Sul caso della costruzione del termovalorizzatore a Paternò, lo stesso Lombardo in una relazione tenuta poco dopo all'Assemblea Regionale Siciliana fa chiari riferimenti a determinate personalità, ed afferma che l'impianto, una volta realizzato, sarebbe stato gestito dalla società Altecoen che faceva capo al boss catanese Nitto Santapaola[53].
Titolo
Paternò con D.P.R. del 9 febbraio 1983 ha ricevuto il Titolo di Città.
Secondo alcuni documenti storici, però, il comune etneo ebbe l'appelativo di «Città», già diversi secoli prima. In un diploma del 1473 dell'arciprete Antonio De Rocco, Paternò è a quel tempo città, titolo che solitamente spettava alle sedi arcivescovili[54]. Fu altresì dichiarata «Città», il 22 luglio 1753[55].
Simboli
Lo stemma
Lo stemma riconosciuto con D.P.R. del 10 giugno 1951 ha la seguente blasonatura:
«Di azzurro alla torre al naturale, merlata alla ghibellina, aperta e finestrata del campo, fondata sulla campagna di verde, sostenuta da due ceraste dragonali, controrampanti d'oro. Ornamenti esteriori del Comune.»
La bandiera
La bandiera cittadina è costituita da un drappo formato da due bande verticali di eguali dimensioni di colore rosso e azzurro, col rosso dalla parte dell'asta.
Onorificenze
— Roma, 19 settembre 1972[56]
Monumenti e luoghi di interesse
Architetture civili
Edificio sorto nel 1787 nel quartiere San Biagio, fu residenza della borghese famiglia Alessi. Divenuta un secolo più tardi, sede del municipio, fu in stato di abbandono per decenni. Recuperato di recente, oggi il palazzo ospita nuovamente la sede istituzionale e di rappresentanza del comune etneo.
Dimora patrizia, fu costruita nel 1627 ed appartenne alla potente famiglia siciliana di origine catalana che per oltre quattro secoli fu la feudataria della città.
Un portale ubicato nel quartiere Falconieri, è ciò che rimane dell'antico e seicentesco Palazzo Las Casas, che fu residenza della nobile famiglia paternese di origine spagnola, andato in rovina. Il Portale Las Casas mostra elementi architettonici interessanti, in particolare il mascherone che lo sormonta.
Architetture militari
Monumento simbolo della città, venne fatto erigere nel 1072 dal Gran Conte Ruggero. In forma parallelepipeda, si presenta simile ai donjon francesi ed ai castelli inglesi fortificati nello stesso periodo[57], e in seguito fu più volte rimaneggiato, in particolare nei primi anni del XIV secolo.
Subì opere di restauro nel 1900 e nel 1958, e con le sue dimensioni (24 x 18 x 34 m) è il più grande maschio edificato in Sicilia durante l'epoca normanna[58]. Gli interni si trovano ancora oggi in buono stato di conservazione e al piano terra si conserva un cappella affrescata. Al primo piano si trova la sala d'armi, illuminata da quattro bifore e al secondo piano una raffinata galleria illuminata da altre due bifore.
Attraverso le scale intagliate nelle mura arriva fino alla terrazza superiore, da cui il panorama si estende sull'Etna, sulla piana di Catania e sulla valle del Simeto.
Al periodo normanno, risalgono le mura cittadine, che erano dotate di nove porte, di cui se ne conservano tre: la porta del Borgo, la porta Lentini o del Pertuso e la porta della Ballottola.
Costruita in età medievale, la Torre dei Falconieri fu probabilmente un avamposto di guerra utilizzato dai falconieri, ai quali deve la sua denominazione. Dal XVII secolo funge da torre campanaria della Chiesa della Madonna dell'Itria.
Architetture religiose
Piccolo oratorio sorto alla fine del Cinquecento e intitolato alla Madonna del Pietoso, nel 1616 vi si insediò la confraternita della Madonna della Consolazione, a cui si deve l'attuale denominazione. Elevato a santuario nel 1937, uscì semidistrutto dai bombardamenti del 1943. Demolito, fu successivamente ricostruito, riconsacrato e riaperto nel 1954, grazie al contributo finanziario del comm. Virgillito.
Antico monastero delle monache benedettine, venne edificato tra il XVII e il XIX secolo nella "parte bassa" della città. Attualmente, in parte è sede della biblioteca comunale. L'annessa chiesa settecentesca, caratterizzata dalla grande cupola, fu la cappella delle monache. Nell'atrio si può ammirare il dipinto raffigurante la 'Madonna dell'Itria' (1579) della celebre pittrice Sofonisba Anguissola[59].
Chiesa tardocinquecentesca dedicata alla patrona della città, si trova nell'omonima piazza. Sorse come piccolo oratorio di Santa Maddalena, e successivamente assunse la denominazione attuale. Fu elevata a parrocchia nel 1669.
Chiesa cinquecentesca, fu inizialmente intitolata alla Madonna della Catena. Donata dai Moncada ai carmelitani nel 1573, assunse l'attuale denominazione e fu sede fino ai primi dell'Ottocento di un monastero e di un ospedale.
Edificata nella prima metà del Settecento, è sede dell'omonima confraternita. Fu più volte danneggiata da eventi sismici (l'ultimo dei quali nel 2002), e dai bombardamenti dell'ultimo conflitto. Recentemente è stata restaurata e riaperta al culto dopo diversi anni di chiusura. Si trova nell'omonimo quartiere.
Costruita nella metà del XVI secolo su iniziativa della Compagnia dei Bianchi, fu modificata nel XVIII secolo in stile rococò.
Detta anche "chiesa del SS. Rosario", venne costruita nel 1562. Situata in piazza Indipendenza, fu inizialmente intitolata a san Tommaso, e successivamente sede della confraternita che fa riferimento alla Madonna del Rosario e dei Padri domenicani.
- Chiesa di San Francesco all'Annunziata o dei Cappuccini
Nella zona di nuova espansione, a nord-est dell'abitato è situata la moderna chiesa dei padri cappuccini (1987), coi opere in bronzo di Betto Tesei e il mosaico del Cantico delle Creature (1989) di Ugolino da Belluno.
Edificata nel Cinquecento, è situata nella parte meridionale della rupe basaltica. Fu sede della confraternita di san Giacomo apostolo. Per decenni inagibile, l'edificio è stato recuperato e riaperto al culto nel 2006.
- Chiesa della Madonna delle Grazie detta anche "chiesa di San Giuseppe"
Di recente restauro, risale al XVII secolo, ospita i culti della Madonna delle Grazie e di san Giuseppe.
Fu uno dei primi edifici religiosi a sorgere nella "parte bassa" della città, il cui spostamento dell'abitato si verificò dopo il 1693. Alla sua edificazione, fu intitolata alla patrona santa Barbara e fu sede dei cavalieri dell'Ordine teutonico, ma a seguito del trasferimento del culto della santa patrona nell'edificio dove è attualmente è ospitato, fu intitolata all'Odigitria.
Venne eretta in epoca normanna e rimaneggiata nel 1342, ed è intitolata alla Madonna dell'Alto; la chiesa venne profondamente modificata agli inizi del XVIII secolo, periodo in cui fu variato anche l'orientamento dell'ingresso e gli interni vennero adeguati alla decorazione di stile barocco.
Situata alle pendici del colle, fu fatta edificare nel 1092 dalla contessa Adelasia, ed è dotata di un portale gotico. È detta anche "chiesa della Gancia", con l'annesso Palazzo delle arti.
Chiesa tardosettecentesca, è intitolata a santa Margherita e alla Madonna dei Sette Dolori. Presenta un particolare architettonico, la torre campanaria, la cui cupola ha forma simile a quella delle chiese orientali.
Edificata attorno alla metà del XVII secolo, la chiesa fu originariamente intitolata a Gesù e Maria. Dopo la prima guerra mondiale, la chiesa fu destinata alla sepoltura dei caduti di guerra paternesi.
Chiesa di epoca normanna, edificata agli inizi del XII secolo.
Chiesa contemporanea inaugurata nel 2000, elemento distintivo del quartiere Ardizzone, costruita per volontà testamentaria di Michelangelo Virgillito.
Architetture religiose sconsacrate
La sua edificazione risale al 1346, con la chiesa dell'XI secolo, che conserva frammenti di affreschi e alcuni residui dell'apparato decorativo barocco.
Situata in pieno centro storico di Paternò, nei pressi del Palazzo comunale, la sua edificazione risalirebbe al XVII secolo, epoca in cui si verificò lo spostamento dell'abitato della città dal colle alla pianura sottostante.
Altro
È il principale cimitero comunale di Paternò, ed è situato nell'estrema parte occidentale della Collina storica. Inaugurato nel 1887, ospita diverse tombe di alcuni paternesi illustri, e molte cappelle dalle particolari caratteristiche architettoniche.
Monumento sito nel quartiere dell'Acquagrassa, ospita al suo interno l'omonima sorgente idrica. Sorto dopo il 1733, fu un Bagno pubblico rimasto attivo fino agli anni sessanta del XX secolo.
Furono una serie di mulini ad acqua situati nelle campagne agricole del territorio di Paternò. La loro presenza è attestata fin dall'epoca normanna, ed oggi gran parte di queste strutture non esistono più: i pochi mulini rimasti sono in stato di abbandono o riutilizzati per altri scopi.
Realizzata verso il 1782, collega il sagrato della chiesa madre con la porta del Borgo, antico ingresso principale della città, ubicata nella parte mediana della Collina storica.
'A villa è considerata "il polmone verde" di Paternò essendo la più grande ed importante area verde della città.
Siti archeologici
Fu la maggiore opera di convoglio idrico nella Sicilia romana. Attraversava il territorio compreso tra le fonti sorgive di Santa Maria di Licodia e l'area urbana catanese, percorrendo gli attuali territori comunali di Paternò, Belpasso e Misterbianco prima di giungere al capoluogo etneo.
È un antico ponte costruito sotto i Romani in contrada Pietralunga, zona situata ad ovest fuori dal centro abitato, di cui rimangono le rovine.
Aree naturali
È un'area naturale protetta situata in contrada Ponte Barca, e deve il suo nome alle rovine di un antico ponte su un tratto di Simeto. Riconosciuto come sito di interesse comunitario, è popolato da numerose specie di uccelli.
Sono un'area geologico-naturalistica situata all'interno del territorio di Paternò, veri e propri vulcani di fango.
Sito naturalistico di interesse comunitario nei presi del Simeto, che comprende un territorio di 675,00 ettari ricandente nei comuni di Biancavilla, Paternò e Centuripe.
Società
Evoluzione demografica
Evoluzione demografica di Paternò nel periodo anteriore al 1861[60][61][62] | |
1500 | 4.000 |
1570 | 5.503 |
1583 | 6.415 |
1595 | 5.616 |
1600 | 5.050 |
1650 | 4.011 |
1713 | 6.341 |
1760 | 9.209 |
1798 | 9.808 |
1831 | 13.540 |
1852 | 13.733 |
Abitanti censiti[63]
Le informazioni e le statistiche storiche sulla popolazione paternese si hanno soltanto a partire dal 1500: nel periodo preunitario, infatti, dai 4.000 abitanti censiti in quell'anno, la popolazione crebbe, anche se in modo discontinuo, arrivando a contarne 13.733 nel 1852. Nel primo censimento nazionale effettuato nel 1861 la popolazione ammontava a 14.219 abitanti.
Salvo una contrazione del numero di abitanti verificatasi negli anni venti, Paternò vide crescere la propria popolazione, e il massimo incremento si verificò tra i censimenti del 1901 e il 1911. L'incremento demografico di Paternò è da attribuire principalmente al sostenuto tasso di incremento naturale dei secoli e decenni scorsi, e ai flussi migratori provenienti da altre zone, non risentendo solo parzialmente di alcune epidemie che colpirono la città etnea (come quelle della peste del 1576 e di colera del 1837, 1867 e 1911) e dei due eventi bellici. Scarsa influenza ebbe il fenomeno dell'emigrazione, che riguardò un numero assai esiguo di paternesi[42], a differenza di come avveniva nelle altre zone della Sicilia.
Il saldo naturale attivo ha costituito la principale risorsa demografica di Paternò anche nel dopoguerra: l'eccedenza tra nascite e decessi registrava annualmente circa 1.000 unità negli anni sessanta, per poi calare leggermente a quota 700-800 unità nei decenni successivi fino agli anni novanta. Ma la crescita demografica complessiva è stata fortemente attenuata dal saldo migratorio, che ha sempre registrato valori negativi, salvo che nel 1973, unico anno in cui il numero di iscritti è stato maggiore dei cancellati[50].
I valori negativi del saldo migratorio paternese degli anni scorsi sono da attribuire alle emigrazioni negli anni del boom economico verso il Nord Italia, la Repubblica Federale Tedesca e il Belgio, ed al trasferimento di residenza verso altri comuni dell'hinterland catanese, compreso il capoluogo.
Al 31 dicembre 2010, la popolazione residente nel comune di Paternò risultava essere di 49.578 abitanti[64], in lieve calo rispetto all'anno precedente in cui ammontava a 49.604[64]. Rispetto ai decenni precedenti, i valori del saldo migratorio mantenutisi costantemente negativi, hanno influito notevolmente sull'andamento demografico generale, in quanto il drastico calo del tasso di natalità (9,9‰) verificatosi negli ultimi anni (dai 13,5‰ del 2002[65]), pur essendo in eccedenza rispetto quello di mortalità (8,0‰), anch'esso in calo, ha come risultato un basso indice di crescita naturale che non riesce a compensare le perdite dovute alle migrazioni. Il dato, benché leggermente negativo, se mantenuto nei prossimi anni o dovesse subire peggioramenti, rischia di danneggiare in modo irreversibile gli attuali equilibri demografici che vedono la componente con meno di 15 anni di età (17,8%) prevalere su quella con più di 65 anni (15,1%)[66].
Di recente insediamento nella città, alcune comunità straniere. Al 31 dicembre 2010, i residenti con cittadinanza straniera risultavano 725 (pari all'1,4% della popolazione), e le comunità più grandi risultavano quelle provenienti da Romania, Marocco, Tunisia, Mauritius e Albania[67].
Lingue e dialetti
Pur appartenendo al gruppo dei dialetti catanesi privi di metafonesi, il dialetto o la parlata paternese ha delle sue peculiarità. Rispetto all'idioma parlato a Catania, il paternese differisce per la pronunzia larga, sfregata e una cadenza lenta.
Tali differenziazioni a livello lessicale e fonetico, sono probabilmente dovute ad influssi ereditati dall'antico dialetto gallo-italico parlato dai coloni settentrionali - detti «lombardi» - giunti in massa a Paternò e negli altri feudi, dal Monferrato e dalla Liguria in epoca normanna sotto la signoria di Enrico del Vasto[68], il cui idioma regredì successivamente dopo la diffusione della lingua siciliana, alla quale si commistionò.
Nel gergo popolare la parlata paternese è definita allarunchiata, termine dialettale che deriva da larunchia, ovvero rana in lingua siciliana[69], poiché l'anfibio è uno degli emblemi della città, essendo quest'ultima situata vicino ad un fiume (Simeto ndr) dove vi sono nutrite colonie di questo animale[70].
Religione
Città pagana agli inizi della sua fondazione, al tempo di Inessa-Aitna e Hybla, il cui culto si basava sulla devozione verso gli dei, come testimonia anche il nome dato in onore a Ibla la dea della procreazione. Il cristianesimo a Paternò cominciò a diffondersi, secondo la tradizione, per opera dei monaci taumaturgi Filippo di Agira, Calogero di Calcedonia, Onofrio anacoreta e Archileone, che espulsero i demoni dalle rupi della collina di Aitna. Gli spiriti malvagi o demoni furono fatti uscire da Filippo.[71].
Ai tempi della dominazione saracena, Paternò fu una delle città meno islamizzate della Sicilia: la componente maggioritaria era costituita dai cristiani, sia cattolici che ortodossi, ai quali si affiancavano minoranze di musulmani ed ebrei, la cui consistenza numerica - di per sé insignificante - andò progressivamente a ridursi a partire dall'epoca normanna fino a scomparire definitivamente nei secoli successivi. Ogni gruppo religioso viveva in un proprio quartiere o zona, dove sorgevano i luoghi di culto di riferimento[72].
Principale festa religiosa è quella in onore di santa Barbara che culmina il 4 dicembre di ogni anno. Le festività durano una settimana intera con processioni, celebrazioni sacre, gare sportive. Fu scelta dai paternesi come loro patrona nel 1576. Secondo la tradizione, infatti, la martire dell'antica Νικομήδεια (Nicomedia) fu invocata dagli abitanti, accolse le loro preghiere e liberò la città dalla peste.
Per molti secoli santa Barbara fu in realtà compatrona della città etnea assieme a Vincenzo di Saragozza, santo spagnolo introdotto dai Moncada nel XV secolo[73], quando ne divennero feudatari.
Altri eventi religiosi di grande importanza, sono la processione della Madonna della Consolazione, molto venerata in città, le cui festività ricorrono annualmente il sabato che precede l’ultima domenica del mese di maggio[74], e la processione dei simulacri della Madonna Addolorata e del Cristo Morto, che si svolge annualmente il Venerdì Santo[75], e la processione del Cristo Risorto la domenica di Pasqua[76].
Qualità della vita
Negli ultimi anni Paternò è stata afflitta da notevoli problemi sociali, economici e culturali. Sempre più verso la deriva è la qualità della vita, e ciò è dovuto a diversi fattori.
In primo luogo esiste un grave problema occupazionale. Paternò presenta uno dei tassi di disoccupazione tra i più elevati della provincia, che si attesta attorno al 29%[77], un dato preoccupante e che riguarda soprattutto i più giovani. Molti paternesi infatti sono costretti a cercare un impiego nel capoluogo oppure in alcuni paesi limitrofi come Belpasso e Misterbianco, dove sono concentrati importanti poli commerciali.
Non meno grave è l'emergenza rifiuti: diversi angoli del territorio paternese infatti, soprattutto le zone periferiche, è sommerso da cumuli di rifiuti di ogni tipo che hanno dato origine a delle discariche abusive. Tutto ciò non è da attribuire soltanto alla mancanza di senso civico di alcuni cittadini[78], ma anche ad una classe politica locale assai indifferente ai problemi generali della città.
Nel febbraio 2010, per risolvere il problema, il Ministro della Difesa (peraltro originario del centro etneo) ha dovuto inviare l'esercito per rimuovere grosse quantità di rifiuti che potevano far esplodere un'emergenza sanitaria[79]. Ciò nonostante il problema si manifesta l'anno successivo, malgrado l'amministrazione abbia successivamente tentato di incentivare la raccolta differenziata[80], decollata solo in minima parte. Nel 2011, Paternò, tra i comuni aderenti al consorzio ATO 2 Catania - Simeto Ambiente, è stato tra quelli che ha registrato il minor numero riscossioni della TIA (37%) e minor tasso di differenziata (23%)[81].
A Paternò esiste inoltre un altro grave problema, quello relativo agli atti di vandalismo subito dai monumenti e dagli edifici pubblici. In modo particolare, i monumenti della città (anche gli edifici sacri), sia quelli del Centro storico che quelli della Collina storica, sono continuo oggetto di vilipendio da parte di vandali - perlopiù adolescenti - che imbrattano i muri con vernici e spray, con la totale indifferenza di molti cittadini e la mancanza di controlli da parte delle autorità[82].
Cultura
Istruzione
Biblioteche
La biblioteca comunale è intitolata al geografo Giovan Battista Nicolosi ed è stata istituita nel 1835[83]. Dapprima ubicata a Palazzo Alessi, dal 1951 ha sede nei locali dell'ex Monastero della Santissima Annunziata[84].
Scuole
Vi è concentrato un rilevante numero di istituti di istruzione superiore di secondo grado, pubblici e privati, divisi tra licei, istituti tecnici e professionali (istituto magistrale, istituto professionale per l'agricoltura, istituto tecnico commerciale, liceo classico, liceo linguistico, liceo scientifico[6]), di cui si servono anche gli studenti dei comuni limitrofi.
Di questi, il liceo classico, intitolato al poeta catanese Mario Rapisardi, rappresenta la più antica istituzione scolastica della città essendo stata fondata nel 1904[85].
Teatri
In passato fu presente un teatro (che sorgeva nell'attuale via Teatro), inaugurato nel 1704 e fatto costruire su personale iniziativa del marchese Alessandro Clarenza. Costui donò il teatro alla Chiesa di Santa Barbara nel 1734, prima di passare sotto la proprietà del comune nel 1755[86][87]. Fu abbattuto nel 1957 per la costruzione dell'ufficio postale.
Musei
Nel comune etneo sono presenti tre musei:
- Il Museo civico Gaetano Savasta, con due sezioni: l'archeologica presso l'ex carcere borbonico e l'etnoantropologica (Museo della Civiltà Contadina), presso l'ex macello comunale;
- La Galleria d'Arte Moderna, inaugurata nel 2002 dopo dieci anni di chiusura, e attualmente ospitata nei locali dell'ex "Piccolo Teatro", corrispondenti alla loggetta dell'antico complesso benedettino dell'Annunziata[88]. La collezione è formata da donazioni di artisti che nel passato hanno esposto a Paternò. Sono presenti opere di numerosi autori tra cui Mario Sironi, Fausto Pirandello, Piero Guccione, Remo Brindisi, Sergio Vacchi, Achille Pace, Nicola Maria Martino, e una collezione di opere fotografiche di Carla Cerati[89];
- Il Palazzo delle Arti, presso l'ex Ospedale SS. Salvatore.
Media
Nel territorio di Paternò vengono ricevuti i segnali di tutte le emittenti radio-televisive a diffusione nazionale, e le maggiori a diffusione regionale, in particolare quelle catanesi e della provincia etnea (come l'adranita Radio Flash). A queste si aggiungono le emittenti televisive locali Ciak Telesud e VideoStar TV, e quelle radiofoniche Radio Video City e Radio Touring. Tra i periodici: La Gazzetta dell'Etna, La Gazzetta Rossazzurra, Freedom24, Net Magazine.
Cinema
Paternò è stato scelto come location per alcuni film:
- Cavalleria rusticana (1939) di Amleto Palermi
- I fidanzati (1963) di Ermanno Olmi
- La piovra 7 (1995) miniserie televisiva diretta da Luigi Perelli (settima stagione della Piovra)
- Vipera (2001) di Sergio Citti
- La matassa (2009) di Ficarra e Picone e Giambattista Avellino
Cucina
Dal punto di vista gastronomico, la cucina paternese è pressocche identica a quella tipica dell'area etnea, ma ha delle peculiarità per ciò che riguarda la tradizione dolciaria. Tipico dolce pasquale è il ciciliu, uova di gallina ornate con figure di pasta[90]; a Natale viene invece preparata la luna, dolce a forma di mezzaluna ripiena di fichi secchi, miele, arance, mandarini e limoni canditi, pinoli, noci, mandorle, uva passa e cannella.
Piatto tradizionale paternese è la rana, per la quale nel mese di settembre di ogni anno viene organizzata una sagra, che comprende anche le altre specialità culinarie locali[91].
Tradizioni e folklore
Oltre alle feste religiose, a Paternò si svolgono annualmente altri generi di eventi: il Carnevale (la prima edizione si svolse nel 1867[92]), la mostra sull'artigianato, il commercio e l'agricoltura locali che si svolge agli inizi d'autunno, e rassegne artistiche nel periodo estivo.
Miti e leggende
- Sull'origine del nome del comune esiste una leggenda secondo la quale all'epoca della conquista della Sicilia ad opera del generale Marcellino vi furono ribellioni. Tra i ribelli vi erano un vecchietto ed un giovane, suo figlio. Mentre due soldati romani tentavano di violentare due ragazze del luogo, furono attaccati dal vecchio e dal giovane. Un soldato morì, l'altro, ferito, si salvò fuggendo. I due ribelli scapparono, ma furono catturati e condotti dal giudice, che li sottopose all'esame giudizio del soldato scampato alla morte. Questi riconobbe subito il giovane, ma non seppe pronunciarsi sulla identità del vecchio. Il giovane fu interrogato dal soldato, non fornì l'identità del padre e lo salvò. Il vecchio visse il resto della sua vita presso il fiume che fu chiamato "Paternò" e dal quale prese in seguito il nome anche il paese.
- Esiste un'altra leggenda che narra che l'antica Inessa, antico nucleo dell'attuale Paternò, fu fatta costruire da un re greco di nome Simeto che gli diede il nome al fiume, o che sorse dopo il Diluvio universale. Inoltre il villaggio sarebbe stato in seguito popolato da dei "Giganti".
- Si dice che due dragoni alati vissero nel Castello, ma quando la popolazione tentò di cacciarli, i due draghi uscirono dal loro nascondiglio e rimasero per sempre attaccati alle mura del castello così come sono raffigurati nello stemma comunale.
Personalità legate a Paternò
La città di Paternò ha dato i natali a diverse personalità note in vari ambiti, da quello culturale, giuridico, musicale, politico e sportivo:
- Emanuele Bellia (1792-1860), avvocato e giureconsulto
- Ciccio Busacca (1925-1984), cantastorie
- Michele Cannavò (1864-1941), scultore
- Alessandro Cavallaro (1980), atleta
- Carmelo Ciccia (1934), scrittore e critico letterario
- Francesco Coco (1977), ex calciatore
- Barbaro Conti (1930), poeta e scrittore
- Venerando Correnti (1909-1991), antropologo
- Gaetano Cutore (1869-1955), medico anatomista
- Gino Cutore (1866-1930), poeta e giornalista
- Giulio Crimi (1885-1939), tenore
- Alfio Fallica (1898-1971), architetto e scultore
- Alfio Ferrisi (1916-2005), scrittore e questore
- Giovanni Galloni (1927), politico (Democrazia Cristiana)
- Francesco Alberto Giunta (1925), scrittore, poeta e giornalista
- Antonino La Russa (1913-2004), politico (Movimento Sociale Italiano)
- Ignazio La Russa (1947), politico (Fratelli d'Italia - Centrodestra Nazionale)
- Salvatore Ligresti (1932), imprenditore
- Barbaro Lo Giudice (1917-2010), politico (Democrazia Cristiana)
- Angelo Lo Jacono (1838-1898), scrittore e giornalista
- Nino Lombardo (1927), politico (Democrazia Cristiana)
- Margareth Madè (1982), attrice e modella
- Michele Moncada (1701-1765), religioso
- Giovan Battista Nicolosi (1610-1670), sacerdote, geografo, matematico
- Luca Parmitano (1976), astronauta
- Emanuele Rapisarda (1900-1989), latinista e docente universitario
- Gioacchino Russo (1865-1953), politico, militare e ingegnere navale
- Gaetano Savasta (1865-1922), prelato, storico, conferenziere, poeta
- Nicolò Stizzìa (1540-1595), teologo, canonista, vescovo, 1° giudice del Tribunale della Apostolica Legazia di Sicilia
- Salvatore Torrisi (1957), politico (Il Popolo della Libertà)
- Michelangelo Virgillito (1901-1977), finanziere e filantropo
Cittadini onorari
- Giulio Einaudi[93] (1912 - 1999), editore
Geografia antropica
Urbanistica
L'attuale centro storico di Paternò si sviluppò verso la seconda metà del XVI secolo, quando vi si insediarono gli abitanti provenienti dalla Collina Storica, e l'abitato fu oggetto di numerosi interventi edilizi a partire dal secolo successivo.
La pianta urbanistica della città presenta delle particolari sequenze a "croce" di strade e di piazze. Si parte della via Vittorio Emanuele - detta "strada dritta" per via della sua struttura lineare - costruita agli inizi del XIX secolo con il nome di via Ferdinandea, che attraversa gran parte del centro, tocca la piazza Regina Margherita - detta i "Quattro Canti" e molto simile a quelli di Palermo - e la piazza Indipendenza, per poi concludersi al Santuario dell'Annunziata.
Accanto al "salotto" classico dell'antica e suggestiva via Vittorio Emanuele ricca di dimore patrizie si affiancò, a partire dal secondo dopoguerra, la via Emanuele Bellia (più larga della "strada dritta")[50].
Nel 1976[49] furono avviati i lavori per la realizzazione del quartiere "satellite" in contrada Ardizzone. Paternò subì quindi nuove spinte centrifughe che la portarono ad una successiva espansione verso il fronte orientale a partire dal corso Italia e dal corso del Popolo che videro il fiorire di nuove palazzine e ampliamenti delle strade con l'aggiunta di viali alberati e giardini, nonché la presenza della attuale sede del Municipio (un moderno palazzo di 9 piani edificato nel 1980).
L'abitato di Paternò è a tutt'oggi in fase di espansione: verso la parte sud della città è prevista infatti l'urbanizzazione del quartiere Scala Vecchia-Palazzolo, il cui progetto comprende la realizzazione di un parco, di alloggi popolari e di nuove strade[94].
Quartieri
Pur essendo un comune di notevole ampiezza demografica e territoriale, a Paternò non esistono suddivisioni in quartieri, a livello amministrativo, ma storico. Ad eccezione fatta per il quartiere Ardizzone, i rioni paternesi sono tutti situati all'interno o a ridosso del centro storico. I quartieri di Paternò traggono la loro origine dall'antichità e dalla presenza di un edificio religioso[95], ed essi sono:
Acquagrassa, Ardizzone, Balatelle, Cappuccini, Circumvallazione, Coniglio, Consolazione, Falconieri, Gancia, Montecenere, Pioppi, Purgatorio, Quattro Canti, San Biagio, San Francesco di Paola, San Giovanni (o delle Palme), San Michele, Sant'Antonio, Santa Barbara, Santa Caterina, Santissimo Salvatore, Scala Vecchia-Palazzolo.
Contrade
Nel territorio comunale di Paternò si trovano numerose contrade, che sono per gran parte zone disabitate e dove vi sono situati molti terreni agricoli. La toponomastica delle contrade paternesi deve la propria origine al cognome di un feudatario o per ragioni puramente storiche[95]:
Acqua Rossa, Archimandrita, Ardizzonella, Baè, Barriera, Bellacortina, Buffa, Cafaro, Campisi, Canfarella, Cannicciola, Capannoni, Capitano, Cappellano, Cappuccini Vecchi, Carrubba, Casulle, Cavallara, Cesarea, Chiapparia, Chiusa Oria, Ciappe Bianche, Ciaramito, Cisterna, Civita, Civiti, Condotti, Coscia del Ponte, Costantina, Costantinella, Cotoniera, Currone, Cutura, Damuso, Feudo Stella, Fondaco della Fata, Fondaco Petulenti, Fontana Paradiso, Fossa della Creta, Fragione, Gammarella, Gerbini, Gerbini Soprano, Gerbini Sottano, Giacobbe, Giaconia, Gianferrante, Giosafatta, Iazzo, Jaconianni, Jungo, Lago, Leone, Magazzinazzo, Malcocinato, Malvezzaro, Mellicucco, Mendola, Monafria, Moncichene, Navarra, Nicolò, Ospedaletto, Palazzolo, Pantafurna, Pantano, Patellina, Pericello, Pero, Pescheria, Petulenti, Piano Lago, Picone, Pietralunga, Pispisa, Pizzo Scalilla, Poggio del Monaco, Poggio Rosso, Poira, Porrazzo, Portere Stella, Portiere Stella, Prefalaci, Priolo, Puzzillo, Raisa, Regalizie, Renazzi, Rescaporto, Revogadro, Revogadro Grande, Revogadro Piccolo, Rocce Acitano, Romito, Rotondella del Fiume, Tanazzo, Tanazzo Soprano, Tanazzo Sottano, Trappetazzo, Tre Fontane, Valle Soprana, Volta dei Cerchi, Zappulla[96].
Frazioni
Nonostante la vastità del territorio, Sferro, centro agrumicolo situato nella Piana di Catania, è l'unica frazione del comune di Paternò[97].
Furono frazioni del comune di Paternò, Licodia di Paternò (l'odierna Santa Maria di Licodia)[98] e Ragalna, elevate a comuni rispettivamente nel 1841 e nel 1985. Il Dizionario Geografico dei Comuni della Sicilia e delle frazioni comunali di Giuseppe Di Vita ed edito da Pravatà nel 1906, indica come frazioni anche Barca e Schettino[41].
Economia
Paternò è da sempre uno dei maggiori centri agricoli della provincia di Catania: in passato l'agricoltura ha costituito il settore primario nell'economia paternese. Tuttavia però, con la terziarizzazione dell'economia verificatasi degli ultimi decenni, il primo settore è rappresentato dalle imprese attive nel commercio (39,8%), seguite da quelle attive nell'agricoltura (18,6%), nell'edilizia (16,2%), nel settore manifatturiero (8,6%), e il resto da servizi, trasporti, etc. (16,8%)[99].
Agricoltura
Il principale settore produttivo è sempre stato quello di produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. In passato era molto importante il settore agrumario, di cui era rinomata l'arancia rossa, la sanguinella, esportata in tutto il mondo. Si producono anche cereali, ortaggi, pomodori, olive ed uva.
In passato molto diffuse erano anche altri tipi di colture. Fino al XVI secolo, Paternò fu, assieme a Catania ed Acireale, uno dei maggiori centri della provincia per la coltivazione del baco da seta, ed assieme ad Adrano, il maggiore centro nella coltivazione del cotone[100]. Non meno rilevanti erano le coltivazioni dei legumi e delle mandorle, a cui si aggiungeva anche una significativa produzione vinicola.
Dai dati del V Censimento generale dell'agricoltura effettuato nel 2000, è emerso che a Paternò la superficie agricola utilizzata è risultata di 4.926,06 ha (per oltre l'80% impiegata nell'agrumicoltura), mentre di soli 232,46 ha, è risultava invece la superficie agricola non utilizzata. Tale situazione è dovuta principalmente alla fertilità del territorio, che fanno della città etnea una dei maggiori centri agricoli della provincia[10].
Oggi la produzione è orientata verso il settore conserviero agroalimentare.
Artigianato
Fiorenti sono le attività artigianali, che hanno avuto notevole impulso negli ultimi decenni, e vantano la produzione dei famosi carretti siciliani. Hanno assunto grande importanza anche la lavorazione dell’argilla, del ferro battuto, della ceramica, della pietra lavica e soprattutto della pietra lavica ceramizzata[101].
Industria
Nel complesso l'attività manifatturiera è poco sviluppata, e oltre al settore delle conserve, riguarda anche i settori della plastificazione e degli imballaggi.
Commercio e servizi
Notevole l'impiego nel settore terziario, e molto presenti sono le attività commerciali, soprattutto nel centro cittadino.
Purtroppo da quando è nato il vicino centro commerciale Etnapolis, il commercio del paese ha iniziato a soffrire pesantemente.
Per molti anni il centro storico di Paternò è stato una vera e propria "città del commercio", poi andata in crisi con la chiusura di molti esercizi, dovuta alla proliferazione dei centri commerciali nella provincia etnea degli anni 2000 - in primo luogo Etnapolis nella vicina Valcorrente - che hanno attirato in maniera significativa una buona fetta del bacino di utenza servito dai negozi di Paternò. Eppure negli anni novanta si era prospettata la costruzione di un centro commerciale nel territorio paternese, ma l'iniziativa non è mai decollata[102].
Molto fiorente è anche l'attività del mercato trisettimanale, che per l'appunto si svolge per tre giorni alla settimana (lunedì, giovedì, sabato) in contrada Fonte Maimonide. Conosciuto dai paternesi come a fera o' jovi, ovvero "la fiera del giovedì", storicamente l'attività del mercatino era concentrata in piazza Vittorio Veneto, ed è stato trasferito nell'attuale sito nel 1982[103].
In passato Paternò fu un significativo centro finanziario, in quanto sede di diversi istituti di credito: il primo fu la Banca Popolare di Paternò fondata nel 1886. Altri istituti bancari furono la Banca Commerciale di Credito Vittorio Emanuele, la Cassa Agricola G.B. Nicolosi e la Cassa di Credito La Combattente[104].
Turismo
Pur disponendo il suo territorio di bellezze architettoniche e naturalistiche, e malgrado l'importanza storica che ha sempre avuto nell'area etnea sud-occidentale, il turismo a Paternò non è mai stato particolarmente valorizzato. Ne è una dimostrazione la carenza di strutture ricettive turistico-alberghiere, la cui offerta è attualmente limitata ad un solo albergo[105].
Infrastrutture e trasporti
Strade
Per la sua posizione geografica e per l'importanza che riveste nell'area in cui è situata, la città di Paternò è servita da numerose strade statali che la collegano con altri comuni, e provinciali, che la collegano con altri comuni e si trovano anche all'interno del suo territorio e collegano le varie contrade.
- Strade Statali
- Strada statale 121 Catanese: collega al capoluogo catanese. Ammodernata a due corsie separate negli anni ottanta, è ormai del tutto insufficiente al volume di traffico giornaliero;
- Strada statale 284 Occidentale Etnea: collega con Randazzo[106];
- Strada statale 575 di Troina: collega con Troina e gli altri centri dell'Ennese da località Ponte Maccarrone[107].
- Strade Provinciali[108]
- SP 4/II: S. Maria di Licodia – Belpasso - Nicolosi
- SP 15: Valcorrente – Agnelleria – Ponte Barca
- SP 24: Ponte Barca – Gerbini
- SP 56/II: Patellina – Belpasso
- SP 57: Paternò – Ragalna
- SP 58: Paternò – Tre Fontane
- SP 77: Tre Fontane – Agnelleria – Barca dei Monaci ( Giarretta )
- SP 102/I: Lago – Sferro
- SP 102/II: Sferro – Bivio per Castel di Judica
- SP 135: Paternò – Fossa della Creta
- SP 136: Scalilla – Porrazzo
- SP 137/I: S. Marco – Pietralunga – Schettino
- SP 137/II: Tre Fontane – Fontana Paradiso
- SP 138: Ponte Barca – Tre Fontane
- SP 139: S. Marco – Ponte Barca
- SP 140: Paternò – Iaconianni
Ferrovie
Nonostante la presenza di ben due stazioni ferroviarie, quella delle Ferrovie dello Stato non ha mai rappresentato un'alternativa valida di trasporto viaggiatori ma ha svolto un grande volume di traffico merci derrate e agrumario fino alla fine degli anni settanta: oggi è dismessa.
L'altra, a scartamento ridotto della Ferrovia Circumetnea (attiva dal 1895) svolge ancor oggi un discreto servizio pendolare; è in progetto, già approvata ma non interamente finanziata, la costruzione della tratta extraurbana della Metropolitana di Catania, che assicurerà celeri collegamenti continui e cadenzati[109].
Autolinee
La Ferrovia Circumetnea gestisce anche una linea di autobus che svolgono servizio lungo la direttrice Catania - Adrano[110], mentre il trasporto urbano è affidato ai bus navetta dell'Azienda Siciliana Trasporti che collegano le varie zone della città[111].
Amministrazione
Amministrazioni precedenti
Gemellaggi
Paternò è gemellata con:
- Santa Barbara (California), dal 1978[112]
- Sesto Fiorentino, dal 1981[113]
Altre informazioni amministrative
Il comune di Paternò fa parte delle seguenti organizzazioni sovracomunali:
- regione agraria n.6 - Colline litoranee di Paternò[114][115]
- patto territoriale "Patto Territoriale Simeto Etna"[116]
Sport
Impianti sportivi
Pur essendo un comune relativamente molto grande, Paternò presenta una situazione deficitaria per quanto riguarda la presenza di impianti sportivi.
Negli anni anni settanta, si progettò la realizzazione di una importante Cittadella Sportiva, che sarebbe dovuta sorgere in contrada Salinelle, su un'area di 1575 m2, con un finanziamento regionale di 118 milioni di lire, e che doveva comprendere due campi da tennis, uno di pallacanestro, uno spiazzo per il getto del peso, piste per gli esercizi atletici, e una palestra coperta[117]. Anche nel decennio successivo si parlò di far realizzare la struttura nei pressi di Scala Vecchia o in contrada Porrazzo[118], ma in entrambi i casi il progetto rimase lettera morta.
Lo storico campo di calcio Salinelle, costruito nel dopoguerra, convertito in un velodromo dopo essere passato di proprietà della Provincia Regionale di Catania, ed ultimato nel 2003 dopo dieci anni di lavori, fino ad oggi mai aperto al pubblico a causa di un contenzioso tra l'Ente e la ditta che ha realizzato i lavori di ristrutturazione dell'impianto. Il Salinelle è in totale stato di abbandono ed è oggetto di ripetuti e continui atti di vandalismo[119], e rientra tra le 320 opere incompiute in Italia[120].
Poco vicino al velodromo, lo Stadio Falcone-Borsellino, da 4.000 posti, inaugurato nel 2001[121], intitolato alla memoria dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ed utilizzato per gli incontri interni del Paternò Calcio.
Non è presente un Palazzetto dello Sport, ma una modesta palestra comunale, sorta negli anni ottanta sempre nei pressi dell'Acquagrassa, destinata alle gare di pallacanestro, pallavolo, beach volley e beach soccer. Nella zona medesima sono presenti inoltre cinque campi comunali per il tennis, i cui lavori per la loro costruzione erano iniziati nel corso degli anni novanta, ma sono stati inaugurati solo nel 2008[122].
Vi è pure un campo di softball dove si svolgono le gare di questa disciplina sportiva, e la piscina comunale sita in via Nazario Sauro. La struttura, gestita dalla Federazione Italiana Nuoto[123], intitolata a papa Giovanni Paolo II, è dotata di una vasca di 25 metri e 8 corsie e vi si possono svolgere tutti gli stili di nuoto[124]. È stata inaugurata nel 2009, dopo quattro anni di lavori e quaranta rispetto all'epoca in cui il progetto fu ideato, e alla cerimonia sono stati presenti l'allora ministro, il paternese Ignazio La Russa, e l'arcivescovo Salvatore Gristina[125].
Società sportive
La principale squadra di calcio di Paternò è lo Sport Club Paternò (per motivi federali attualmente denominato Comprensorio Normanno), nato nel 2012 dalle ceneri delle precedenti società come le storiche Ibla Paternò e Polisportiva Paternò e la gloriosa Associazione Sportiva Paternò Calcio, che è stata protagonista tra la stagioni calcistiche 1999-2000 e 2001-2002, di tre promozioni consecutive dall'Eccellenza alla Serie C1, sotto la guida tecnica di Pasquale Marino.
Attualmente la squadra è in Serie D.
Le altre compagini calcistiche della città, come il Real Paternò e l'Atletico Paternò, sono in categorie inferiori e si muovono soprattutto nel settore giovanile.
Per quanto riguarda gli altri sport sono presenti altre realtà, come la squadra di baseball del Catania Warriors Paternò, che ha militato nella Italian Baseball League, massima divisione nazionale.
Per la pallacanestro vi è la squadra maschile del Basket Club Paternò, fondata nel 2010 eredita le diverse società di tale sport che negli ultimi decenni si sono susseguite. Nel 2011 arriva la storica promozione nella Divisione Nazionale C, quinto livello del campionato italiano di pallacanestro maschile.
Per la pallavolo la Paternò Volley (maschile) e la Normanna Volley (femminile), che militano nei campionati dilettantistici.
Manifestazioni sportive
Paternò è stata per due volte tappa del Giro d'Italia: la prima volta l'evento si svolse nel 1949[126], mentre la seconda volta nel 1967, che fu la settima tappa della celebre manifestazione ciclistica[127].
Galleria fotografica
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Il Palazzo del Municipio nel quartiere Ardizzone
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Paternò vista dalla Collina Storica
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Porta del Borgo
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Ingresso del Giardino Moncada, villa comunale della città
Note
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- S. Borzì - Sicilia schiava: panoramica azione critico-storica sugli antichi avvenimenti di Sicilia - Catania, Marchese, 1962.
- C. Ciccia - Il mito d'Ibla nella letteratura e nell'arte - Cosenza, Luigi Pellegrini Editore, 1998, ISBN 88-8101-043-7.
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- V. Fallica - Storia di Paternò - Catania, Opera Universitaria, 1991.
- E. Ponchieri - Tra i Normanni nell'Italia meridionale - Roma, Edizioni Scientifiche Italiane, 1964.
- B. Rapisarda - Paternò fra due torri - Paternò, Marchese, 1992.
- G. Savasta - Memorie storiche della città di Paternò - Catania, Galati, 1905.
Voci correlate
- Area metropolitana di Catania
- Paesi etnei
- Calanchi del Cannizzola
- Circondario di Catania
- Distretto di Catania
- Piana di Catania
- Chiesa di Cristo Re
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