Kenkichi Tomimoto
Kenkichi Tomimoto (富本憲吉?, Tomimoto Kenkichi; Ando, 5 giugno 1886 – Kyoto, 8 giugno 1963) è stato un ceramista giapponese, considerato ancora oggi come il "padre della ceramica moderna" e un Tesoro nazionale vivente.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]La famiglia Tomimoto era benestante e proveniva da Ando, un villaggio della prefettura di Nara. Entrato nel dipartimento di progettazione della scuola d'arte di Tokyo, attuale università di belle arti e musica di Tokyo, nel 1908, mentre era ancora uno studente, andò a studiare a Londra, dove incontrò le opere di William Morris e Whistler, tra gli altri. Dopo il ritorno in Giappone nel 1910, divenne strettamente associato a Bernard Leach e iniziò la sua attività come ceramista moderno, imperialista e di talento nel 1915, con un gusto raffinato e facendo rivivere lo spirito della tradizione.
Ricevette l'incarico di progettare un grande ripiano zelkova laccato giapponese chiamato kingin-sai kazari tsubo per la sala delle udienze Ume-no-Ma del Palazzo imperiale di Tokyo.[1] Nel 1931, durante un soggiorno a Ichikawa, lavorò con Kitade Tōjirō nel suo forno. Nel 1944 divenne professore presso la scuola delle belle arti di Tokyo, e nel 1950 primo professore alla sezione ceramica del dipartimento di artigianato all'università delle arti di Kyoto, dove morì di cancro ai polmoni.
Vita privata
[modifica | modifica wikitesto]Nel novembre 1914 sposò la scrittrice femminista Kazue Otake (1893-1966) e si trasferirono a Nara. Ebbero due femmine, Akira (1915) e Sue (1917), e un maschio, Sōkichi (1927-1989), ma in seguito si separarono per molti anni a causa della crescente pressione che le veniva imposta per diventare una moglie e madre tradizionale. Kazue allevò le loro figlie, insegnando dei valori considerati radicali all'epoca. Nel 1928, la moglie e la primogenita furono arrestate per aver partecipato a una protesta sindacale, che gli causò pubblica vergogna. Nel 1945, subito dopo la sconfitta, divorziarono a causa delle loro estreme differenze politiche: Kazue indossava kimono da uomo, rovinava la reputazione imperiale del marito cominciando a incolparlo per non essersi opposto alla guerra e aveva tendenze lesbiche.[2][3]
Riconoscimenti
[modifica | modifica wikitesto]- Fu destinatario dell'Ordine della Cultura nel 1961, e anche nominato Tesoro nazionale vivente nel 1955.
- Il Tomimoto Kenkichi Memorial Museum in suo onore venne aperto nel 1974 ad Ando. Il suo lavoro è conservato anche in molti altri musei in tutto il mondo.
Opere scritte
[modifica | modifica wikitesto]- Tehen zakki (窯辺雑記? lett. "Note miste sull'artigianato della porcellana"), nel 1925;
- Rakuyaki kōtei (楽焼工程? lett. "Il processo di cottura Raku"), nel 1930;
- Seitō yoroku (製陶余録? lett. "Notizie non ufficiali sulla produzione di porcellana"), nel 1940.
Letteratura
[modifica | modifica wikitesto]- Toshihiko Suzuki, Nihon daihyakka zensho (Denshibukku-han), Shogakukan, 1996;
- Yutaka Tazawa, Biographical Dictionary of Japanese Art, Kodansha International, Tokyo, 1981, ISBN 0-87011-488-3;
- Laurance P. Roberts, A Dictionary of Japanese Artists, Weatherhill, Tokyo, 1976, ISBN 0-8348-0113-2.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ (EN) The Imperial Palace: Photo - The Imperial Household Agency, su kunaicho.go.jp. URL consultato il 13 febbraio 2016.
- ^ Raichō Hiratsuka, In the Beginning, Woman Was the Sun - The Autobiography of a Japanese Feminist, pp. 186, 205, 217, 324.
- ^ A. M. Loop, Literary Lesbian Liberation: Two Case Studies Interrogating How Queerness Has Manifested In Japanese Value Construction Through History, Doctoral dissertation, McMaster University, 2020, pp. 48-83.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Kenkichi Tomimoto
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Homepage of the Tomimoto Art Museum, su meitetsu.co.jp.
- (EN) Tomimoto Kenkichi, su artplatform.go.jp.
- (EN) Kenkichi Tomimoto, su artnet.com.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 33103213 · ISNI (EN) 0000 0000 8218 1175 · ULAN (EN) 500327047 · LCCN (EN) n81032414 · GND (DE) 130370134 · BNF (FR) cb125234476 (data) · J9U (EN, HE) 987007461836805171 · NDL (EN, JA) 00084924 · CONOR.SI (SL) 81661539 |
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