Indice
Amenofi III
Amenofi III | |
---|---|
Testa colossale di Amenofi III in granito rosso. British Museum | |
Signore dell'Alto e Basso Egitto | |
In carica | giugno 1388/1386 a.C. – dicembre 1350/1349 a.C.[1] |
Predecessore | Thutmose IV |
Erede | principe Thutmose (10º-30º anno di regno)[2] principe Amenofi (dal 30º anno di regno) |
Successore | Amenofi IV |
Nome completo | Nebmaatra Amenofi-Hekauaset[3] |
Nascita | Tebe, 1390/1400 a.C. circa |
Morte | Malkata, 1350 a.C. circa[1] |
Sepoltura | KV22, poi KV35 |
Luogo di sepoltura | Valle dei Re |
Dinastia | XVIII dinastia egizia |
Padre | Thutmose IV |
Madre | Mutemuia |
Consorte | Tiy, Sitamon, Iside, Gilukhipa[4], Tadukhipa[5], Nebetnehat[6] |
Figli | Thutmose, Amenofi IV/Akhenaton, Baketaton, Sitamon, Iside, Nebetah, Henuttaneb[7], The Younger Lady[8], |
Religione | Religione egizia |
Amenofi III (ellenizzazione dell'originale Amenhotep III; nell'antica pronuncia egizia: Amāna-Ḥātpa; integralmente: Nebmaatra Amenofi) (Tebe, 1400/1390 a.C. circa – Malkata, 1350 a.C. circa[10]) è stato un faraone egizio della XVIII dinastia.
Conosciuto anche come Amenofi "il Magnifico"[11][12], regnò dal giugno 1386 a.C. al 1349 a.C. o, secondo altri studiosi, dal giugno 1388 a.C. al dicembre 1351/1350 a.C.[13], dopo la morte di suo padre Thutmose IV. Il suo regno fu un periodo di prosperità e splendore artistico senza precedenti[14]: con Amenofi III, l'Egitto raggiunse l'apogeo del potere, della ricchezza, della raffinatezza artistica e del prestigio internazionale, sebbene la fama di questo sovrano non si basi su alcuna impresa militare importante[15]. Fatta eccezione per una rivolta rapidamente sedata in Nubia poco dopo l'ascesa al trono, il suo regno è unanimemente considerato un periodo di pace, sicuramente fra i più sereni e fecondi della storia egizia[16]. Alla sua morte, suo figlio cominciò a regnare come Amenofi IV, per poi mutare il proprio nome in Akhenaton dopo 6 anni di regno[17].
Famiglia
[modifica | modifica wikitesto]Il futuro Amenofi III nacque intorno al 1390 a.C. dal faraone Thutmose IV e dalla regina Mutemuia[19], la quale doveva essere una concubina o una sposa secondaria che ottenne i suoi titoli di prestigio ("Grande sposa reale", "Madre del re" e "Sposa del re") solo quando il figlio salì al potere, venendo inoltre così descritta:
«Bellissimo è il solo pensiero di lei. Essa colma di gioia le Due Terre, Sposa del Dio, Grande sposa reale.[20]»
Su una parete del Tempio di Luxor, nella stanza detta "Camera della nascita", è rappresentato il mito della nascita divina di Amenofi III: questi, per rafforzare non tanto la propria legittimità al trono, quanto la propria natura divina, fece raffigurare (esattamente come aveva già fatto il faraone-donna Hatshepsut[21]) la ierogamia, cioè rapporto sessuale tra una divinità e un mortale, della propria madre con il dio supremo Amon[22] (dio creatore, trascendente e creatosi da sé, protettore dei poveri e degli oppressi e oggetto di una devozione estremamente diffusa), presentatosi alla regina Mutemuia dopo aver assunto l'aspetto del marito Thutmose IV[19][23]. La stirpe Tutmoside, di cui Amenofi III fu uno dei più grandi sovrani, governò l'Egitto per 150 anni, nel momento di massimo splendore della civiltà del Nilo[14][24].
Dalla Grande sposa reale Tiy, Amenofi ebbe almeno sei figli tra i quali due maschi:
- il principe Thutmose, inizialmente principe ereditario ma premorto al padre in giovane età;
- il principe Amenhotep (futuro Amenofi IV/Akhenaton);
- la principessa Baketaton;
- la principessa Sitamon;
- la principessa Henuttaneb[7];
- la principessa Iside;
- la principessa Nebetah[25].
Questi prìncipi appaiono con frequenza sui monumenti del regno del padre così come su piccoli oggetti, eccezione fatta per Nebetah[26]. Amenofi III potrebbe aver avuto un terzo figlio maschio, forse non da Tiy: il futuro enigmatico ed effimero faraone Smenkhara, che successe ad Akhenaton; altre interpretazioni vedono Smenkhara come figlio dello stesso Akhenaton[9]. È inoltre attribuita con certezza ad Amenofi la paternità della mummia identificata come The Younger Lady, rinvenuta nella tomba KV35 della Valle dei Re (accanto alla mummia della stessa Tiy): importanti test genetici condotti nel 2010 hanno accertato che fu figlia di Amenofi III e Tiy[27], sorella di Akhenaton e madre di Tutankhamon[28]. Amenofi elevò due delle quattro figlie avute da Tiy - Sitamon e Iside - al rango di Grandi spose reali, nell'ultimo decennio del suo regno[25].
Amenofi III ebbe numerose mogli straniere, fra cui:
- Gilukhipa (o Gilukhepa), figlia di re Shuttarna II di Mitanni, sposata nel 10º anno di regno[29];
- Tadukhipa (o Tadukhepa), figlia di re Tushratta di Mitanni, sposata nel 36º anno di regno[30];
- una figlia di Kurigalzu I, re di Babilonia[31];
- una figlia di Kadashman-Enlil I, re di Babilonia[31];
- una figlia di Tarhundaradu, un governante di Arzawa[31];
- una figlia di un governante di Ammia (odierna Siria)[31].
Regno
[modifica | modifica wikitesto]Una delle principali fonti di informazioni sugli avvenimenti del regno di Amenofi III sono le Lettere di Amarna, una raccolta di tavolette, scritte nella lingua diplomatica del tempo, l'accadico, che contengono la corrispondenza tra l'Egitto e numerosi stati, piccoli e grandi, dell'area mediorientale[33]. Inoltre, Amenofi si distingue per essere il faraone con il maggior numero di sculture che lo rappresentino: sono state scoperte e identificate ben 250 statue che, siccome coprono l'intero arco della sua vita, ne forniscono una vasta serie di ritratti per ogni momento del regno. Altra peculiarità della sua epoca fu la produzione di almeno 200 grandi scarabei commemorativi in pietra, rinvenuti nella fascia di territorio che si estende dalla Siria a Soleb in Nubia[34]. I testi incisi su di essi commemorano i traguardi del faraone, non necessariamente realizzazioni politiche: per esempio, 123 scarabei ricordano il grande numero di leoni (102 o 110, a seconda delle interpretazioni) che Amenofi uccise nel suo primo decennio sul trono, durante battute di caccia[35], mentre una seconda serie, datata al 2º anno di regno, commemora l'uccisione, da parte del faraone, di 94 tori nella regione del Fayyum (il giovanissimo re vi compare già accanto alla Grande sposa reale Tiy)[36]. Altri 5 celebrano l'arrivo in Egitto di una principessa mitannica che sarebbe diventata una sua sposa, Gilukhipa, con un seguito di 317 donne (fu la prima delle molte principesse straniere inviate ad Amenofi)[35]. Il testo di uno di questi ultimi esemplari recita:
«Anno 10 sotto la Maestà dell'Horus Forte Toro Che appare nella Verità [nome d'Horus di Amenofi III: Kanakht-Khaemmaat], delle Due Signore Colui Che stabilisce le leggi e pacifica le Due Terre [nome delle Due Signore di Amenofi III: Semenhepusegerehtawy], dell'Horus d'oro Potente e Forte Braccio che Abbatte gli Asiatici [nome Horus d'oro di Amenofi III: Aakhepesh-Husetiu], duplice re, signore dell'azione, Nebmaatra eletto da Ra, il figlio di Ra, Amenofi, signore di Tebe - a lui vita!; e [sotto la Maestà della] Grande sposa reale Tiy, la vivente, il cui padre ha nome Yuya e la madre ha nome Tuia[37]. La meraviglia che fu portata a Sua Maestà - vita, prosperità, salute! - [è] Gilukhipa, figlia di Shuttarna, capo di Mitanni, e il personale del suo harem, che conta 317 donne.[38]»
Primi anni: l'età di Amenofi III quando divenne faraone
[modifica | modifica wikitesto]Riguardo a un'iscrizione conservata al British Museum che descrive la madre di Amenofi, Mutemuia:
«Colei che adempie al suo ruolo con l'aroma del suo profumo, la Grande sposa del re, la sua diletta, colei che ciò che chiede è subito eseguito, Signora dell'Alto e del Basso Egitto, Madre del Dio.[39]»
l'egittologa inglese Christine el-Mahdy ha osservato che, siccome vi compare come "Madre del Dio" - ossia come colei che ha dato alla luce il principe già incoronato faraone (il "Dio"), sembrerebbe legittimo pensare che il titolo supremo di "Grande sposa reale" le sarebbe stato attribuito verso la fine del regno di Thutmose IV, se non dallo stesso figlio Amenofi III. Non è chiamata Madre del Dio in iscrizioni precedenti (vd. il paragrafo Famiglia). Il titolo di "Grande sposa reale" era il più alto a cui una donna egizia potesse ambire: si può quindi presumere che Mutemuia ne sia stata insignita prima di generare il futuro Amenofi III. Eppure, sorprendentemente, immagini successive di lei con il figlio ne registrato il solo titolo di "Madre del re"[40]. Thutmose IV regnò per 8 anni, e perché a Mutemuia spettasse il titolo di "Sposa del re" è necessario, ovviamente, che il concepimento di Amenofi sia avvenuto al tempo dell'incoronazione di Thutmose IV o poco dopo. Collocando, per ipotesi, il concepimento del futuro Amenofi III poco dopo l'incoronazione del padre, e tenendo conto dei 9 mesi di gravidanza, Amenofi III non dovette avere più di 7 anni quando fu incoronato[40]. Non si hanno notizie della madre Mutemuia dopo l'ascesa al trono del piccolo Amenofi, e la data della sua morte è ignota: concludendo questo ragionamento, la Dr.ssa el-Mahdy ha ipotizzato che forse morì durante il parto o poco dopo (ma prima dell'incoronazione del figlio)[41]. Molti altri studiosi ritengono invece che sia vissuta a lungo durante il regno del figlio, basandosi sulle raffigurazioni della regina nel Tempio funerario di Amenofi III, edificato molti anni dopo l'incoronazione, e sulla menzione di un suo possedimento terriero in una etichetta rinvenuta nel palazzo di Malkata, pure costruito quando Amenofi III regnava già da diverso tempo[42]; in questo caso, avrebbe verosimilmente svolto le funzioni di reggente durante la minore età del figlio[23].
La Grande sposa reale Tiy e la sua famiglia
[modifica | modifica wikitesto]Nel secondo anno di regno venne combinato il matrimonio di Amenofi con Tiy la quale, contro le consuetudini, non era di sangue reale ma figlia di Yuya, un nobile funzionario con alte cariche militari nell'esercito[43], con titoli quali Principe ereditario[44], Cortigiano, Compagno unico, eletto del buon Dio (il faraone), confidente del Re, amato del signore delle Due Terre, Sovrintendente del bestiame di Min, Maestro dei reali cavalli, Luogotenente dei carri del Re, Alto Sacerdote di Min in Akhmim, Padre del Dio.[36] Il titolo di Padre del Dio, cioè del faraone, era puramente simbolico e indicava il suocero del sovrano. Un ushabti del Metropolitan Museum of Art di New York indica un certo Yey con gli stessi titoli di Yuya. È probabile che Yey fosse padre o nonno di Yuya. In aggiunta, pure Yey risulta insignito del titolo di Padre del Dio: secondo Cyril Aldred, la sconosciuta figlia di Yey che sposò un faraone non poté essere che Mutemuia, madre di Amenofi III[45]. Se così fosse, Amenofi III e la regina Tiy sarebbero stati cugini di primo grado. In aggiunta, Aldred ipotizzò che Yey, padre di Yuya, avrebbe potuto essere fratello di Merira-Hatshepsut, moglie di Thutmose III e madre di Amenofi II[45].
La madre di Tiy, Tuia, era un'aristocratica dagli elevati incarichi religiosi[46], con titoli quali Concubina del Re, madre reale della Moglie del Re, grande Dama dall'Harem di Amon, Grande Dama dell'Harem di Min in Akhmim, Dama della Casa, musicista di Amon, colei che loda Hathor[36]. Sul sarcofago di Tuia si legge che ebbe un altro figlio, Anen, che fu insignito del titolo di Secondo profeta di Amon. Probabilmente furono anche i genitori di Ay, che in tarda età successe a Tutankhamon come faraone (ca. 1323 a.C.): su uno scrigno conservato a Berlino, verosimilmente scoperto ad Amarna, Ay è presentato con i medesimi titoli di Yuya, insieme con "sua sorella, la Signora della Casa, Tiy"[45].
Spedizione punitiva in Nubia
[modifica | modifica wikitesto]Il regno di Amenofi III fu un periodo di pace[16]. L'unico fatto militare di cui si ha notizia è una rapida spedizione nel 5º anno di regno commemorata in tre stele di pietra rinvenute ad Assuan e sull'isola di Sai, in Nubia. Il resoconto ufficiale dell'impresa enfatizza la prodezza del faraone, con le iperboli tipiche della propaganda reale:
«Quinto anno di regno [di Amenofi III], terzo mese dell'inondazione, giorno 2 [ca. novembre 1383/1 a.C.]. Apparizione sotto la Maestà di Horus: Forte Toro Che appare nella Verità; le Due Signore [cioè Nekhbet e Uadjet]: Colui Che stabilisce le leggi e pacifica le Due Terre; [...] Signore dell'Alto e Basso Egitto: Nebmaatra, erede di Ra, figlio di Ra: [Amenofi, signore di Tebe], amato da Amon-Ra Re degli dei, e Khnum, Signore della Cateratta. [...] Uno venne a dire a Sua Maestà "Il caduto del vile Kush ha tramato una ribellione nel suo cuore." Sua Maestà [li] condusse alla vittoria, egli portò a compimento la sua prima campagna vittoriosa. Sua Maestà li raggiunse come il battito d'ala di un falco, come Montu nella sua trasformazione. [...] Ikheny, lo sbruffone in mezzo all'esercito, non conosceva il leone che aveva di fronte. Nebmaatra era il leone dagli occhi feroci, i cui artigli ghermirono il vile Kush [e] che calpestò tutti i suoi capi nelle loro valli, schiantati nel loro stesso sangue, uno sopra l'altro.[47]»
L'apparente pace nella regione della Siria mascherò, in realtà, la progressiva riduzione dell'influenza egiziana a vantaggio dell'impero Ittita.
Diplomazia
[modifica | modifica wikitesto]L'epoca che vide Amenofi III sul trono fu un periodo di prosperità e magnificenza artistica senza precedenti, durante il quale l'Egitto raggiunse l'apice dell'espressione artistica e del prestigio diplomatico[14]. Infatti intrattenne relazioni pacifiche con varie potenze straniere attraverso diversi matrimoni interdinastici, si hanno notizie di unioni con Gilukhipa figlia di Shuttarna II re di Mitanni (decimo anno di regno)[29], con Tadukhipa figlia di Tushratta anch'egli re di Mitanni[30] e con una sorella e una figlia di Kadashman-Enlil I, sovrano cassita di Babilonia[31] e altre. L'intensa attività diplomatica del faraone si riflette, inoltre, nella sua corrispondenza con i sovrani di Assiria, di Mitanni, di Babilonia e degli ittiti (l'archivio delle Lettere di Amarna). A riprova del prestigio della corte di Amenofi, è possibile notare come questi ultimi sovrani gli domandassero sovente oro e altri doni. Le Lettere di Amarna coprono il trentennio di governo di Amenofi III e si spingono almeno fino alla fine della vita di Akhenaton (ca. 1335 a.C.). In una celebre missiva - lettera di Amarna EA 4 - Amenofi III viene citato dal re di Babilonia, quando il primo rifiutò di mandargli una sua figlia in sposa:
«Da tempo immemore, nessuna figlia del re d'Egit[to] viene data in sposa ad alcuno [straniero].»
Il rifiuto di Amenofi III a concedere al re babilonese una delle principesse reali potrebbe essere motivato dalla pratica egizia tradizionale secondo cui chi avesse sposato una figlia del faraone sarebbe stato legittimato nella successione al trono d'Egitto; ma potrebbe anche essersi trattato di una strategia per affermare la superiorità dell'Egitto sui regni e principati asiatici.
Amenofi III fu un grande costruttore[16] e sotto il suo regno l'Egitto si arricchì di meravigliosi monumenti, progettati in gran parte dall'architetto Amenhotep figlio di Hapu.
Influenza della regina Tiy
[modifica | modifica wikitesto]La Grande sposa reale Tiy ebbe una grande influenza a corte e gestì una parte del potere, sia durante il regno del marito che durante quello del figlio. Si segnalò quale importante consigliera e confidente di Amenofi III[49]. Lasciando di sé il ricordo di una regina saggia, intelligente e forte. Ottenne sempre il rispetto dei dignitari stranieri, e i re stranieri erano disposti a comunicare direttamente con e attraverso di lei, che esercitò un ruolo attivo e costante negli affari esteri. È la prima regina d'Egitto il cui nome sia stato registrato su atti ufficiali.[50] Prima di Tiy, scrivono O'Connor e Cline, nessuna regina precedente apparve mai in posizione tanto prominente nella vita del marito[51]. Inoltre compare regolarmente accanto al marito nella statuaria, nelle tombe, nei rilievi e sulle stele: i loro nomi sono affiancati su un gran numero di oggetti quali recipienti e gioielli[52]. Tiye continuò a consigliare suo figlio Akhenaton, la cui corrispondenza con re Tushratta è illuminante circa il ruolo e la statura della regina madre a corte. Nella Lettera di Amarna EA26, il re di Mitanni corrisponde direttamente con Tiy per rimembrare le buone relazioni di cui aveva goduto con il defunto Amenofi III, ed esprime il suo desiderio di continuare, nei rapporti amichevoli, con il nuovo faraone Akhenaton[53].
Ipotesi di una coreggenza di Amenofi IV/Akhenaton
[modifica | modifica wikitesto]Non esistono prove definitive di una coreggenza fra Amenofi III e suo figlio Amenofi IV, impostosi poi il nome di Akhenaton. Una lettera proveniente dagli archivi del palazzo di Amarna, datata all'anno 2 (anziché all'anno 12) del regno di Akhenaton, da parte del re mitannico Tushratta, contiene espressioni di rammarico per il fatto che Akhenaton non avrebbe mantenuto le promesse di Amenofi III di inoltrare a Tushratta certe statue d'oro pattuite come dote al momento del matrimonio fra il vecchio faraone e la principessa mitannica Tadukhipa (Lettere di Amarna, EA 27)[55]. Tale corrispondenza implica che, qualora vi sia stata una coreggenza fra il padre e il figlio, questa non sarebbe durata più di un anno (siccome la succitata lettera implica l'avvenuta morte di Amenofi III entro l'anno 2 di Akhenaton)[56]. Sul terzo pilone di Amenofi III al Complesso templare di Karnak, un rilievo (danneggiato per la damnatio memoriae che colpì Akhenaton e gli altri fautori del culto di Aton) mostra Amenofi III e suo figlio, il futuro Akhenaton, su una barca sacra. Il grande faraone starebbe presentando suo figlio ad Amon. L'iscrizione sottostante dice:
«Comandò a suo figlio di apparire, ricco di magnificenza, questo Re che gli diede vita, essendo quello suo figlio. Si unì con la sua bellezza, trasmettendogli i suoi piani per fare le cose che sono benefiche. Ha elevato le meraviglie di colui che lo ha portato al mondo ... [sotto l'immagine danneggiata] Io sono il suo figlio maggiore, che venne al mondo tramite lui [nome cancellato]. Io regno con il suo assenso, mi unisco alla sua forza, prendo possesso del suo potere ... Io sono il figlio che farà il bene per colui che lo ha generato.»
Nel febbraio 2014, il Ministero Egiziano delle Antichità ha annunciato quella che è stata definita la "prova definitiva" che Akhenaton avrebbe condiviso il potere con Amenofi III per almeno otto anni, basandosi su ritrovamenti nella tomba del visir Amenhotep-Huy[58][59]. La tomba in questione è oggetto di studi da parte di un gruppo internazionale guidato dall'Instituto de Estudios del Antiguo Egipto de Madrid e dal Dr. Martin Valentin. La prova consiste nei cartigli, sia di Amenofi III sia di Akhenaton, incisi uno accanto all'altro; ciò potrebbe comunque limitarsi a significare che Amenofi III avesse già designato, prima di morire, il principe Amenofi come suo successore. Non esistono altri oggetti o iscrizioni che nominino contemporaneamente padre e figlio assegnando a ciascuno i medesimi titoli regali. L'egittologo Peter Dorman ha respinto ogni ipotesi di coreggenza fra i due faraoni, basandosi sui rinvenimenti della tomba di Kheruef[60]
Ultimi anni
[modifica | modifica wikitesto]Rilievi dalle pareti del tempio di Soleb, in Nubia, e scene dalla tomba tebana di Kheruef, Maggiordomo della Grande sposa reale Tiy, rappresentano Amenofi III "indebolito e visibilmente sofferente"[61]. Le immagini dell'ultimo periodo della sua vita lo mostrano con abiti voluminosi e un ventre prominente[62]: è il caso di una sua statuetta in serpentinite conservata al Metropolitan Museum of Art di New York[63]. La sua mummia rivela che negli ultimi anni Amenofi si ammalò d'artrite e divenne obeso[64]. È comunemente accettato dagli studiosi che Amenofi III abbia richiesto e ricevuto da Tushratta re di Mitanni, uno dei suoi suoceri, una statua della dea babilonese Ištar - divinità guaritrice - perché lo risanasse dai suoi numerosi malanni, fra cui dolorosi ascessi ai denti[65]: sempre l'esame della mummia porta a credere che il faraone soffrì costantemente per la sua dentatura profondamente consumata e cariata. Comunque, un moderno studio condotto dal Dr. William Moran sulla Lettera di Amarna EA 23, che racconta l'invio della statua della dea a Tebe, non ha supportato questa popolare teoria. La statua arrivò in concomitanza con il matrimonio di Amenofi III con Tadukhipa, figlia di Tushratta, nel 36º anno di regno (ca. 1352 a.C.). La lettera EA 23 è datata "36º anno di regno, quarto mese d'inverno, giorno 1"[66]. Tushratta non fa riferimento alle malattie di Amenofi in alcun punto della missiva. Apparentemente, la spiegazione più semplice è che la scultura fu mandata in Egitto, scrivono O'Connor e Cline, "per effondere le sue benedizioni sul matrimonio di Amenofi III e Tadukhipa, com'era stata inviata in precedenza per Amenofi III e Gilukhipa"[67].
Morte e sepoltura
[modifica | modifica wikitesto]L'ultima data documentata per Amenofi III è il suo 38º anno di regno, che compare sull'etichetta di una giara di vino rinvenuta fra i resti del palazzo reale di Malkata[68]; potrebbe essere vissuto, per poco, all'interno del 39º anno di regno (non attestato), morendo prima della vendemmia di tale anno[69]. I sovrani stranieri espressero il loro rammarico per la morte di Amenofi. Tushratta scrisse:
«Quando venni a sapere che mio fratello [termine simbolico] Nimmureya [corruzione mitannica di Nebmaatra] aveva adempiuto al suo destino, quel giorno mi sedetti e piansi. Quel giorno non toccai cibo né acqua.»
Amenofi III lasciò un Egitto al culmine del potere e dell'influenza, molto rispettato all'estero, eppure dipendente, nelle certezze politiche e religiose, dal clero tebano di Amon[71]. Gli sconvolgimenti derivanti dallo zelo riformatore del figlio Akhenaton avrebbero scosso dalle fondamenta le vecchie certezze, opponendo il potere e la volontà del faraone all'ordine interno e alle tradizioni incarnate dai sacerdoti di Amon così come dalle loro sterminate proprietà; una volta soppresso il culto del dio nazionale Amon, Akhenaton trasferì la capitale dalla antica Tebe ad Akhetaton, di nuova fondazione, voltando decisamente le spalle al pantheon tradizionale[72].
Amenofi III fu sepolto nella tomba che si era preparato da tempo: la KV22 della Valle dei Re, sulle cui pareti è inscritto il Libro dell'Amduat[61]. La sua mummia fu però ritrovata nella tomba di Amenofi II (KV35), ivi trasportata dai sacerdoti della XX dinastia, sotto il faraone Siamon (986 a.C. - 967 a.C.), per preservarla dai saccheggi e dagli atti di vandalismo ormai endemici nella Valle dei Re. La scoperta di questa sepoltura, con le molte mummie reali che conteneva (Thutmose IV, Amenofi III, Merenptah, Seti II, Siptah, Sethnakht, Ramesse IV, Ramesse V, Ramses VI e la stessa regina Tiy[73]), risale al marzo del 1898, effettuata dall'archeologo francese Victor Loret.
Mummia
[modifica | modifica wikitesto]L'esame della mummia, condotto dall'anatomista Grafton Elliot Smith, ha portato alla conclusione che la causa della morte del sovrano, avvenuta probabilmente intorno ai 50 anni[64], fu una setticemia cagionata da gravi problemi dentari (con disturbi dolorosi quali mal di denti, gengivite, ascessi, periostite e infiammazione dell'osso[74]). Inoltre dovette soffrire di problemi legati all'obesità[64][65].
La mummia di Amenofi fu gravemente danneggiata in epoca antica. Il cranio presenta varie fratture, soprattutto alla nuca; inoltre è staccato dal corpo, così come la gamba destra, e la coscia da quest'ultima. Il piede destro è parimenti danneggiato. La mummia venne restaurata dai sacerdoti della XXI dinastia egizia ma, a quanto pare, con una certa negligenza: fra le bende riparate è stato rinvenuto l'ossame di due differenti uccelli (forse offerte al defunto), oltre all'alluce, al radio e all'ulna di una persona sconosciuta[75].
Il 3 aprile 2021 la sua mummia è stata traslata con la Parata d'oro dei faraoni dal vecchio Museo Egizio al nuovo Museo nazionale della Civiltà egiziana[76].
Personalità alla corte di Amenofi III
[modifica | modifica wikitesto]Molte importanti personalità fecero parte della corte di Amenofi III. I suoi visir furono Ramose, Amenhotep, Aperel e Ptahmose (sommo sacerdote di Amon), tutti bene attestati su svariati monumenti, fra cui la famosa e raffinata tomba (TT55) di Ramose a Tebe[77]. I suoi tesorieri furono Merira e un altro Ptahmose; i suoi maggiordomi Amenemhat Surer e Amenhotep detto Huy. Il viceré di Kush per conto di Amenofi III fu Merimose, che ebbe una grande importanza durante la spedizione in Nubia. Il più famoso e talentuoso funzionario di Amenofi III fu però Amenhotep figlio di Hapu, sacerdote e architetto delle più grandi opere del faraone: pur non avendo mai goduto di titoli eccelsi, era ritenuto uno dei grandi sapienti della sua epoca e fu divinizzato dopo la sua morte[78].
Monumenti
[modifica | modifica wikitesto]A Karnak e a Luxor
[modifica | modifica wikitesto]Amenofi III intraprese imponenti campagne di costruzione nel Complesso templare di Karnak; il Tempio di Luxor, composto di due piloni, un colonnato dietro alla nuova entrata si deve in gran parte a lui, così come un nuovo tempio alla dea Maat. Fece smantellare il quarto pilone del Tempio di Amon a Karnak per poi costruire un nuovo pilone - il terzo - e creare una nuova entrata per questa struttura, dove provvide a erigere, al centro di questo nuovo cortile, due file di colonne con i capitelli a forma di pianta di papiro aperta[79]. Il cortile fra il terzo e il quarto pilone, talvolta chiamato Cortile dell'obelisco o Cortile di Amenofi III[80], era decorato da rappresentazioni della barche sacre degli dei Amon, Mut e Khonsu (considerati padre, madre e figlio)[80]. Inoltre il re intraprese dei lavori al decimo pilone, al Tempio di Amon-Ra.
Il primo atto conosciuto del regno di Amenofi III - nel suo 1º e 2º anno di regno - fu l'inaugurazione di nuove cave di calcare a Tura, a sud dell'attuale Cairo, e a Deir el-Bersha, nel Medio Egitto, per sostenere i suoi imponenti progetti architettonici[81]. Ordinò la costruzione di tempio dedicato alla dea Maat, incarnazione della verità, dell'equilibrio, dell'ordine e dell'armonia, e di altri numerosi templi in tutto il territorio nubiano.
Le 600 statue di Amenofi III alla dea Sekhmet
[modifica | modifica wikitesto]Si stima che più di 600 statue di Sekhmet si trovassero nel Tempio di Mut, a Karnak, in gran parte attribuibile ad Amenofi III[82], il quale, afflito verso la fine della sua vita da numerose e dolorose patologie[74], avrebbe cercato di attirare la speciale benevolenza della dea delle guarigioni e dei medici[83]. I sacerdoti di Sekhmet erano medici, e viceversa[84], venendo chiamati sunu, termine che indica i medici[85]. La scoperta di nuove sculture facenti parte, un tempo, di quel set immenso continua ancora oggi nel sito del tempio funerario[86][87]. Alcuni hanno ipotizzato che la devozione estremamente accesa dimostrata da Amenofi III derivasse dal suo legame con la madre, Mutemuia, che fu anche reggente durante la minore età del figlio divenuto faraone da bambino: il nome Mutemuia è teoforo, cioè reca il nome della dea Mut, che allora era strettamente connessa (e talvolta identificata) con Sekhmet, e che forse il faraone individuò come speciale patrona del proprio regno[88]. Inoltre, le statue erano collocate proprio nel tempio dedicato a Mut.
Si sono conservate varie altre statue di divinità realizzate durante il regno di Amenofi III, anche molto raffinate, come una statua di Amenofi III e Sobek a Luxor e una statua di Nefti in diorite al Louvre.
Il Tempio funerario e i Colossi di Memnone
[modifica | modifica wikitesto]L'enorme tempio funerario di Amenofi III, sulla riva occidentale del Nilo, fu, ai suoi tempi, il più grande complesso religioso di Tebe (in linea con la magnificenza del suo regno) ma, sfortunatamente, per la sua edificazione fu scelta una zona prossima a una golena: circa due secoli dopo, del complesso non restavano che rovine. Sono sopravvissute, in situ, solamente due statue, i colossi di Memnone, alti 18 metri, originariamente all'ingresso del tempio, e ai quali è legata una curiosa notizia riportata da molti storici greci: ogni giorno, all'alba, una delle due statue cantava quando veniva colpita dal primo sole, emettendo cioè una sorta di ronzio. Questo curioso avvenimento, dovuto ad un fenomeno di espansione della roccia, fu talmente famoso nell'antichità che anche alcuni imperatori romani vollero udirlo. Il canto scomparve dopo i restauri alla statua ordinati dall'imperatore Settimio Severo (193 - 211 d.C.). Per questo motivo i greci in visita nella Valle del Nilo cominciarono a chiamare Amenofi III con il nome di Memnone, il principe africano, figlio dell'Aurora[89], ucciso da Achille nell'Iliade: il misterioso suono emesso dalla statua fu interpretato come il saluto dell'eroe alla madre, ogni mattina[90].
Numerosi blocchi di pietra, provenienti dal tempio funerario, identificabili per via dei cartigli, vennero reimpiegati in altre costruzioni della regione da parte di Merenptah e altri sovrani[91]. Nel 2014, due gigantesche statue di Amenofi III, danneggiate da un terremoto intorno al 1200 a.C., furono ricostruite a partire da 200 frammenti e nuovamente innalzate presso l'ingresso settentrionale del Tempio funerario[92][93].
Galleria d'immagini
[modifica | modifica wikitesto]-
Statuetta realistica di Amenofi III. Brooklyn Museum, New York.
-
Testa frammentaria di Amenofi III. Museo egizio, Lipsia.
-
Testa colossale di Amenofi III. Museo di Luxor.
-
Testa lignea, frammentaria, di Amenofi III. Museo del Louvre, Parigi.
-
Testa di Amenofi III in granodiorite. Ägyptisches Museum und Papyrussammlung, Neues Museum, Berlino.
-
Busto colossale di Amenofi III al British Museum.
-
Testa di Amenofi III. Museum August Kestner, Hannover.
-
Sfinge di Amenofi III a San Pietroburgo.
-
Rilievo di Amenofi III nel Tempio di Luxor.
-
Rilievo di Amenofi III nel Tempio di Luxor.
-
Fotografia d'epoca del cosiddetto Cortile di Amenofi III nel Tempio di Luxor.
-
Il sarcofago, non originale, in cui fu rinvenuta la mummia di Amenofi III.
Liste Reali
[modifica | modifica wikitesto]Nome Horo | Lista di Abido | Lista di Saqqara | Giuseppe Flavio | anni di regno | Sesto Africano | anni di regno | Eusebio di Cesarea | anni di regno | Altri nomi | ||||||||||||||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Ka-nekhet khai maat | (nº73)
nb m3ˁt rˁ - Nebmaatra |
(nº54)
nb m3ˁt rˁ - Nebmaatra |
Amenophis | 30 | Amenophis | 31 | Amenophis | 31 | Amenhotep III |
Titolatura
[modifica | modifica wikitesto]
| ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Amenhotep III in geroglifici |
---|
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Beckerath, Jürgen von, Chronologie des Pharaonischen Ägypten. Philipp von Zabern, Mainz, (1997) p.190
- ^ Dodson & Hilton (2004), p. 157.
- ^ Clayton, Peter. Chronicle of the Pharaohs, Thames & Hudson Ltd., 1994. p.112.
- ^ Dodson, Aidan & Hilton, Dyan The Complete Royal Families of Ancient Egypt, Thames & Hudson (2004), p. 155.
- ^ Fletcher, Joann (2000). Chronicle of a Pharaoh - The Intimate Life of Amenhotep III. Oxford University Press. p.156.
- ^ Dodson & Hilton, p. 141.
- ^ a b O'Connor, David & Cline, Eric. Amenhotep III: Perspectives on His Reign, University of Michigan Press, 1998, p.7.
- ^ Hawass, Z., Y. Z. Gad, et al.; Ancestry and Pathology in King Tutankhamun’s Family; 2010. Journal of the American Medical Association.
- ^ a b Aidan Dodson, Monarchs of the Nile, II edizione, The American University in Cairo Press, 2000. ISBN 978-977-424-600-5. p.105
- ^ Beckerath, Jürgen von, Chronologie des Pharaonischen Ägypten. Philipp von Zabern, Mainz, (1997) p.190.
- ^ Cabrol Agnès, Amenhotep III le magnifique, ed. Le Rocher, Champollion collection, 2000.
- ^ AMENHOTEP III, THE MAGNIFICENT, su slatermuseum.org. URL consultato il 30 novembre 2016 (archiviato dall'url originale il 30 novembre 2016).
- ^ Beckerath (1997) p.190.
- ^ a b c Aidan Dodson, Monarchs of the Nile, II edizione, The American University in Cairo Press, 2000. ISBN 978-977-424-600-5. p.91
- ^ Alan Gardiner, La civiltà egizia, Einaudi, Milano, 1989. p.186.
- ^ a b c Federico A. Arborio Mella, L'Egitto dei Faraoni, Mursia, 1973, p.164.
- ^ The British Museum Book of Ancient Egypt, The British Museum Press, London (2007). ISBN 978-0-7141-1975-5. p.49.
- ^ Kozloff, Arielle; Bryan, Betsy (1992). Royal and Divine Statuary in Egypt's Dazzling Sun: Amenhotep III and his World. Cleveland. fig.II, p.5
- ^ a b David O'Connor and Eric. H, Cline, Amenhotep III: Prespectives of his reign, University of Michigan Press, 2001. p.3.
- ^ Christine El Mahdy, Tutankhamon, Sperling & Kupfer, Milano, 2000. trad. Bruno Amato. ISBN 88-200-3009-8. p.114.
- ^ Joyce Tyldesley, Ramesses. Egypt's Greatest Pharaoh, Penguin Books, 2001, p. 123, ISBN 0-14-028097-9.
- ^ Tyldesley, Joyce. Chronicle of the Queens of Egypt. Thames & Hudson. 2006, p. 114. ISBN 0-500-05145-3.
- ^ a b Cimmino (2003), p. 257.
- ^ Cimmino, Franco, Dizionario delle Dinastie Faraoniche, Bompiani, Milano 2003. ISBN 88-452-5531-X. pp.233-5
- ^ a b O'Connor, David & Cline, Eric. Amenhotep III: Perspectives on His Reign, University of Michigan Press, 1998, p.7
- ^ Kozloff, Arielle. & Bryan, Betsy. Royal and Divine Statuary in Egypt's Dazzling Sun: Amenhotep III and his World, (Cleveland, 1992), nos. 24, 57, 103 & 104
- ^ Hawass, Z., Y. Z. Gad, et al.; Ancestry and Pathology in King Tutankhamun’s Family; 2010. Journal of the American Medical Association: Ancestry and Pathology in King Tutankhamun's Family. fig.2.
- ^ Hawass, Z., Y. Z. Gad, et al.; Ancestry and Pathology in King Tutankhamun’s Family; 2010. Journal of the American Medical Association: Ancestry and Pathology in King Tutankhamun's Family
- ^ a b Dodson & Hilton, p.155
- ^ a b Fletcher (2000), p.156
- ^ a b c d e Grajetzki, Ancient Egyptian Queens: A Hieroglyphic Dictionary, Golden House Publications, London, 2005, ISBN 978-0-9547218-9-3
- ^ cur. Regine Schulz & Matthias Seidel, Egitto: la terra dei faraoni, Gribaudo/Könemann (2004) p.177.
- ^ Moran, William L. (1992). The Amarna Letters. Baltimore: Johns Hopkins University Press.
- ^ O'Connor, David & Cline, Eric., pp.11-2.
- ^ a b O'Connor, David & Cline, Eric., p.13.
- ^ a b c El Mahdy (2000), p.117.
- ^ I suoceri di Amenofi III godettero di una preminenza del tutto inusuale durante il suo regno, fra cui il privilegio di una tomba nella Valle dei Re.
- ^ cur.Toby Wilkinson, Writings from Ancient Egypt, Penguin Books, 2016. ISBN 978-0-141-39595-1. pp.197-9.
- ^ El Mahdy (2000), p.114.
- ^ a b El Mahdy (2000), pp.114-5.
- ^ a b El Mahdy (2000), p.115.
- ^ O'Connor, David and Cline, Eric H. Amenhotep III: Perspectives on His Reign University of Michigan Press. 2001 ISBN 978-0-472-08833-1.
- ^ Rice, Michael, Who's Who in Ancient Egypt, Routledge, 1999, p. 207, 222
- ^ Titolo comune alla fascia più alta dell'aristocrazia egizia, da non intendere in senso dinastico. El Mahdy (2000), p.118.
- ^ a b c El Mahdy (2000), p.119.
- ^ Cyril Aldred, Akhenaten, King of Egypt, Thames & Hudson, 1989, p. 96.
- ^ Urk. IV 1665-66.
- ^ William L. Moran, p.8.
- ^ Rosalie David & Antony E. David, A Biographical Dictionary of Ancient Egypt, Seaby, Londra (1992), p.154.
- ^ Tyldesley, Joyce, Chronicle of the Queens of Egypt, p. 118.
- ^ O'Connor & Cline, p.6.
- ^ Arielle Kozloff and Betsy Bryan, Royal and Divine Statuary in Egypt’s Dazzling Sun: Amenhotep III and his World, (Cleveland, 1992) nos. 1, 2, 12, 22, 27, 29, 56, 60, 100 & 129.
- ^ Rosalie David & Antony E. David, A Biographical Dictionary of Ancient Egypt, Seaby, Londra (1992), p. 154
- ^ cur. Regine Schulz & Matthias Seidel, Egitto: la terra dei faraoni, Gribaudo/Könemann (2004) p.144.
- ^ Moran, William L. (1992). The Amarna Letters. Baltimore: Johns Hopkins University Press. pp.87-9
- ^ Nicholas Reeves, Akhenaten: Egypt's False Prophet, Thames & Hudson, 2000, pp.75-78
- ^ El-Mahdy (2000), p.125.
- ^ Pharaoh power-sharing unearthed in Egypt. Daily News Egypt, 6 febbraio 2014
- ^ Proof found of Amenhotep III-Akhenaten co-regency. Thehistoryblog.com
- ^ Peter Dorman, "The Long Coregency Revisited: Architectural and Iconographic Conundra in the Tomb of Kheruef in "Causing His Name to Live: Studies in Egyptian Epigraphy and History in Memory of William J. Murnane," Brill (2009).
- ^ a b Grimal (1992), p.225.
- ^ El Mahdy (2000), p.128.
- ^ Standing figure of Amenhotep III | New Kingdom | The Met, su The Metropolitan Museum of Art, i.e. The Met Museum. URL consultato il 2 luglio 2017.
- ^ a b c G. Elliot Smith, The Royal Mummies, Duckworth Egyptology, 1912 (ristampa 2000), ISBN 0-7156-2959-X. pp. 46-51
- ^ a b William Hayes, "Internal affairs from Thutmosis I to the death of Amenophis III," in CAH Pt 1, Vol 2, The Middle East and the Aegean Region, c.1800-1380 BC, 1973, p.346
- ^ Cyril Aldred, Akhenaten: King of Egypt, Thames & Hudson, 1991, tav.13.
- ^ David O'Connor & Eric Cline, p.22.
- ^ Kozloff, Arielle; Bryan, Betsy (1992). Royal and Divine Statuary in Egypt's Dazzling Sun: Amenhotep III and his World. Cleveland. p.39. tav.II, 4.
- ^ Clayton, p.119.
- ^ Fletcher (2000), p.161.
- ^ Grimal, Nicolas (1992). A History of Ancient Egypt. Blackwell Books. pp.223, 225.
- ^ Fletcher (2000), p.162.
- ^ Pascal Vernus e Jean Yoyotte, Dizionario dei Faraoni, p. 104.
- ^ a b c Why the Pharaohs didn’t smile, su ancientegypt.eu. URL consultato il 15 ottobre 2016 (archiviato dall'url originale il 19 ottobre 2016).
- ^ XVIII'th Dynasty Gallery III: the Mummy of Amenhotep III, su anubis4_2000.tripod.com.
- ^ (EN) Egypt mummies pass through Cairo in ancient rulers' parade, in BBC News, 3 aprile 2021. URL consultato il 7 aprile 2021.
- ^ Tour Egypt :: Egypt: Private Tomb of Ramose on the West Bank at Luxor, su touregypt.net. URL consultato il 30 novembre 2016.
- ^ Lichtheim, Miriam (1980). Ancient Egyptian Literature: A Book of Readings: The Late Period. University of California Press. p.104.
- ^ Egypt: Amenhotep III, the Ninth King of Egypt's 18th Dynasty, su touregypt.net. URL consultato il 6 gennaio 2017.
- ^ a b The Temple of Amun at Karnak: The Obelisk Court of Amenhotep III, su touregypt.net. URL consultato il 6 gennaio 2017.
- ^ Urk. IV, 1677-1678.
- ^ The British Museum Book of Ancient Egypt, The British Museum Press, London (2007). ISBN 978-0-7141-1975-5. p.77.
- ^ 2 frammenti di scultura della dea Sekhmet, su osiris.beniculturali.it. URL consultato il 6 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 27 ottobre 2016).
- ^ David (2002), p.200.
- ^ Pierre Montet, Eternal Egypt, Phoenix Press, London 2005. ISBN 1-89880-046-4. p.147.
- ^ Two Statues Of Goddess Sekhmet Discovered By German Archaeologists In The Ruined City Of Luxor, su messagetoeagle.com.
- ^ Statues of Sekhmet and Amenhotep III Uncovered in Luxor, su archaeology.org.
- ^ Barbara S. Lesko, The Great Goddesses of Egypt, University of Oklahoma Press (1999). ISBN 978-0806132020. p.140.
- ^ William Godwin (1876). "Lives of the Necromancers". p. 32.
- ^ Lord Curzon: "The Voice of Memnon" in Tales of Travel (1923)
- ^ Grimal (1992), p.224.
- ^ Latin American Herald Tribune - Amenhotep III Statues Once More Stand Before Pharaoh’s Temple, su laht.com. URL consultato il 6 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 25 agosto 2018).
- ^ Colossal statue of Amenhotep III unveiled in Egypt, in Mail Online. URL consultato il 6 gennaio 2017.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Gardiner, Alan, La civiltà egizia, Einaudi, Torino 1997, ISBN 88-06-13913-4
- Hayes, W.C., "Egitto: la politica interna da Thutmosis I alla morte di Amenophis III", Il Medio Oriente e l'Area Egea 1800 - 1380 a.C. circa II,1, Il Saggiatore, Milano 1975
- Wilson, John A., Egitto, I Propilei volume I, Arnoldo Mondadori, Milano, 1967
- Cimmino, Franco, Dizionario delle dinastie faraoniche, Bompiani, Milano 2003, ISBN 88-452-5531-X.
- Kozloff, Ariell, Amenhotep III: Egypt's Radiant Pharaoh, Cambridge University Press, 2012.
- Piankoff, Alexandre, Hornung Erik, Das Grab Amenophis' III im Westtal der Könige, MDAIK 17, 113, p. 111-127, 1961.
- Cabrol Agnès, Amenhotep III le magnifique, ed. Le Rocher, Champollion collection, 2000.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Amenofi III e Sobek (J 155)
- Amenofi III in serpentinite (30.8.74)
- Amenofi III su slitta processionale (J 838)
- Colossi di Memnone
- Leoni Prudhoe
- Nefti in diorite (E 25389)
- Testa colossale di Amenofi III in granito rosso
- Testa colossale di Amenofi III in quarzite
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Amenofi III
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Amenophi, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- Amenòfi III, su sapere.it, De Agostini.
- (EN) Amenhotep III, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) http://www.digitalegypt.ucl.ac.uk//Welcome.html
- (EN) http://www.ancient-egypt.org/index.html
- (DE) http://www.eglyphica.de
Controllo di autorità | VIAF (EN) 316145858076623021867 · CERL cnp00542297 · GND (DE) 118502484 |
---|