Indice
Sebastiano Venier
Sebastiano Venier | |
---|---|
Jacopo Tintoretto, Il doge Sebastiano Venier, ammiraglio vincitore a Lepanto, 1578, Kunsthistorisches Museum, Vienna | |
Doge di Venezia, Duca di Candia | |
In carica | 11 giugno 1577 – 3 marzo 1578 |
Predecessore | Alvise I Mocenigo |
Successore | Nicolò Da Ponte |
Nascita | Venezia, 1496 ca. |
Morte | Venezia, 3 marzo 1578 |
Sepoltura | Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, Venezia |
Dinastia | Venier |
Padre | Mosè Venier |
Madre | Elena Donà |
Consorte | Cecilia Contarini |
Figli | 2 |
Religione | Cattolicesimo |
Sebastiano Venier de Candia | |
---|---|
Sabastiano Venier ritratto da Jacopo Tintoretto | |
Nascita | Venezia, 1496 ca. |
Morte | Venezia, 3 marzo 1578 |
Dati militari | |
Paese servito | Repubblica di Venezia |
Forza armata | Marina veneziana |
Arma | Armata Grossa |
Anni di servizio | 1571-1572 |
Grado | Capitano generale da mar |
Guerre | Guerra di Cipro |
Battaglie | Battaglia di Lepanto |
Altre cariche | Doge |
voci di militari presenti su Teknopedia | |
Sebastiano Venier, o Veniero (in veneziano Sebastian Venier) (Venezia, 1496 circa – Venezia, 3 marzo 1578), è stato un politico e militare veneziano, fu l'86º doge della Repubblica di Venezia dall'11 giugno 1577[1] alla morte.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Infanzia ed educazione
[modifica | modifica wikitesto]Figlio di Mosè Venier ed Elena Donà[2][3], era sano e robusto, ed esprimeva un ingegno notevole, sebbene fosse di indole furiosa e violenta[2]; possedeva un eloquio efficace e variegato e, pur non possedendo laurea dottorale, operò come avvocato fin da giovanissimo, dimostrando di essere un giurista piuttosto abile[4].
Matrimonio
[modifica | modifica wikitesto]Il 3 giugno 1544, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Murano, sposò Cecilia Contarini di Natale, che gli diede una figlia, Elena[5], la quale si andò ad aggiungere agli altri due figli, Filippo e Marco Veniero de Candia, avuti da rapporti illegittimi[5].
Carriera militare e ducato
[modifica | modifica wikitesto]Quattro anni dopo divenne un amministratore del governo della Repubblica di Venezia e governatore e duca di Candia, dove rimase fino all'11 gennaio 1551[5].
Fu inoltre capitano a Brescia nel 1561, e podestà a Verona dal 1566 al 1568[3].
Nel settembre 1562 fu eletto Savio Grande della Repubblica[6].
Nel 1570 divenne prima Procuratore di San Marco[3]; poi, a marzo, provveditore di Corfù[7]; il 17 giugno, provveditore generale di Cipro[8]; infine, il 13 dicembre, Capitano General da mar[9] della flotta di Venezia, impegnata nella nuova guerra contro i Turchi ottomani, sostituendo il predecessore Girolamo Zane.
Battaglia di Lepanto
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1571 fu uno dei protagonisti della battaglia di Lepanto, che vide le forze della Lega Santa infliggere una pesante sconfitta ai Turchi. Comandò le forze di Venezia dal ponte della Capitana, la quale stazionava al centro della flotta, subito alla sinistra della Real di don Giovanni d'Austria. Sebbene avesse allora già settantacinque anni[10], Venier prese parte in prima persona al combattimento, uccidendo numerosi Turchi a colpi di balestra che un aiutante gli ricaricava, poiché le sue braccia non avevano più sufficiente forza[11].
Fu anche ferito a un piede da una freccia[11], che si strappò via da solo[senza fonte]. Calzava pantofole invece di stivali, perché a suo parere facevano miglior presa sul ponte bagnato della nave; tuttavia sembra che la vera motivazione fosse il fatto che soffrisse di calli[10] o di gotta[12], e gli stivali gli dolevano maggiormente delle pantofole.
Dopo la battaglia, don Giovanni d'Austria fece pressioni su Venezia perché Venier fosse destituito: i due non avevano mai instaurato un buon rapporto ed il 31 gennaio 1572 il doge scrisse a Venier che sarebbe stato affiancato da un secondo capitano generale, ancora da eleggere; la scelta ricadde in seguito su Jacopo Foscarini[13], al tempo provveditore generale in Dalmazia.
Dogado
[modifica | modifica wikitesto]Dopo la pace, Sebastiano Venier tornò a Venezia con l'aura del vincitore e l'11 giugno 1577 fu eletto Doge all'unanimità. Il 20 dicembre 1577 un violento incendio demolì alcune parti del Palazzo Ducale, distruggendo opere di inestimabile valore ivi contenute.[14]
Morte
[modifica | modifica wikitesto]Morì il 3 marzo 1578 e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Murano; nel 1907 le sue spoglie vennero ricollocate nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo[3], nel sestiere di Castello.
Curiosità
[modifica | modifica wikitesto]- Alcuni discendenti del doge, vissuti nel Settecento, sono i personaggi effigiati dal pittore Pietro Longhi nell'opera Ritratto di famiglia veneziana. In essa appare anche, appeso alla parete, un ritratto del doge.[senza fonte]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Riccardo Calimani, Venezia, passione e potere, p. 306
- ^ a b Da Mosto 2003, p. 287.
- ^ a b c d Sebastiano Venier, Enciclopedia italiana, su treccani.it. URL consultato il 15 marzo 2015.
- ^ Da Mosto 2003, pp. 287-288.
- ^ a b c Molmenti 2012, pp. 9-10.
- ^ Molmenti 2012, p. 24.
- ^ Molmenti 2012, p. 38.
- ^ Molmenti 2012, p. 47.
- ^ È interessante notare come sia possibile incontrare una identica espressione nella titolatura marinaresca turco-ottomana di Qapudan-i Derya (Capitano del Mare).
- ^ a b Petacco 2005, p. 150.
- ^ a b Petacco 2005, p. 174.
- ^ Ugo Fugagnolio, Bisanzio e l'Oriente a Venezia, LINT, 1974, p. 297.
- ^ (EN) Kenneth Meyer Setton, The Papacy and the Levant, 1204-1571, p. 1073
- ^ Il Paradiso di Guariento, l’incendio del 1577 e il concorso per il Paradiso - Palazzo Ducale, in Palazzo Ducale, 19 gennaio 2012. URL consultato il 15 febbraio 2018.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Niccolò Capponi, Lepanto 1571. La Lega santa contro l'impero ottomano, Milano, Il saggiatore, 2010, ISBN 978-88-565-0202-2.
- Pompeo Molmenti, Sebastiano Veniero E La Battaglia Di Lepanto: Studio, Nabu Press, 2012, ISBN 978-1-276-12354-9.
- Arrigo Petacco, La croce e la mezzaluna: Lepanto 7 ottobre 1571: quando la Cristianità respinse l'Islam, Milano, Mondadori, 2005, ISBN 978-88-04-55983-2.
- Andrea Da Mosto, I Dogi di Venezia, Milano, Giunti, 2003, ISBN 88-09-02881-3.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Sebastiano Venier
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Venièr, Sebastiano, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Mario Brunetti, VENIER, Sebastiano, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1937.
- Giuseppe Gullino, VENIER, Sebastiano, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 98, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2020.
- Opere di Sebastiano Venier, su MLOL, Horizons Unlimited.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 61445787 · ISNI (EN) 0000 0001 2135 5087 · SBN BVEV027115 · BAV 495/91215 · CERL cnp01296410 · LCCN (EN) nr96034829 · GND (DE) 101343238X |
---|