Ribellione di Koçgiri parte delle rivolte curde nella guerra d'indipendenza turca | |||
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Data | 6 marzo - 17 giugno 1921[1] | ||
Luogo | Sivas, Tunceli, Erzincan | ||
Causa | Indipendentismo curdo | ||
Esito | Vittoria turca Soppressione della rivolta | ||
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La ribellione di Koçgiri[10][11] (in curdo Serhildana Qoçgiriyê, in turco Koçgiri İsyanı) fu una rivolta curda, scoppiata nella regione prevalentemente militante di Koçgiri nell'attuale provincia orientale di Sivas nel febbraio 1921. La ribellione fu inizialmente alevita, ma riuscì a raccogliere il sostegno delle vicine tribù sunnite.[2][12] I capi tribù avevano stretti rapporti con l'Associazione per lo sviluppo del Kurdistan (SAK).[13][14] La ribellione fu sconfitta nel giugno 1921.
Contesto
[modifica | modifica wikitesto]Dopo la firma del Trattato di Sèvres, i curdi iniziarono a sentirsi più fiduciosi di poter almeno raggiungere una sorta di governo autonomo per se stessi. Abdulkadir Ubeydullah, figlio dello sceicco Ubeydullah e presidente della SAK,[15] sostenne l'idea di un'autonomia curda all'interno della Turchia. Tuttavia Nuri Dersimi e Mustafa Pasha volevano più dell'autonomia e volevano stabilire un Kurdistan indipendente secondo l'articolo 64 del trattato.[16] Mustafa Kemal diede seguito agli eventi nell'area di Dersim e poiché venne a conoscenza che alcuni dei curdi stavano perseguendo l'autonomia in linea con i quattordici punti annunciati dal presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson, rispose che il piano di Wilson era inutile per il popoli delle province orientali e avrebbero dovuto piuttosto seguire il suo movimento nazionalista turco.[16]
Negoziati
[modifica | modifica wikitesto]I curdi intorno a Dersim iniziarono a prepararsi per un'eventuale resa dei conti con i nazionalisti turchi e fecero irruzione in diversi depositi di armi turchi. Nell'ottobre 1920 catturarono abbastanza aree per sentirsi in una posizione di forza e Alisan Bey, il capo di Refahiye, preparò le tribù per l'indipendenza. Infine, il 15 novembre 1920, consegnarono ai kemalisti una dichiarazione che affermava quanto segue.[17]
- Il governo di Ankara dovrebbe rispettare l'accordo che i curdi avevano con il sultano di Istanbul e accettare l'autonomia curda
- Il governo di Ankara dovrebbe anche informare le persone che hanno scritto la dichiarazione riguardo al loro approccio verso un Kurdistan autonomo.
- Tutti i prigionieri curdi nelle carceri di Erzincan, Malatya, Elaziz (oggi Elazıĝ) e Sivas saranno rilasciati.
- L'amministrazione turca nelle aree a maggioranza curda deve andarsene
- E i militari turchi che sono stati inviati nelle aree curde dovrebbero ritirarsi
Chiesero una risposta entro il 24 novembre 1920.[18] Il 25 dicembre, i curdi chiesero nuovamente i loro maggiori diritti politici nelle province di Diyarbakir, Bitlis, Van ed Elaziz, come concordato nel Trattato di Sèvres. I kemalisti in un primo momento ascoltarono le loro richieste di maggiore libertà politica, ma allo stesso tempo trasferirono in modo significativo truppe nella regione per sedare la ribellione.[18] Tuttavia, il governo turco cercò di ingannare i curdi inviando il governatore di Elaziz a Pertek per assicurarli che Mustafa Kemal accettava le richieste. Mustafa Kemal nominò persino altri membri del parlamento della regione.[19] Anche il governo turco si offrì di assegnare un Mütessarif curdo alla regione, ma i rivoluzionari rappresentati da Seyit Riza e Alişan Bey (funzionario del Refahiye) rifiutarono l'offerta, e reiterarono la loro richiesta di volere un governo curdo indipendente e non imposto da Ankara.[19]
La rivolta
[modifica | modifica wikitesto]A seguito di questa risposta, Mustafa Kemal ordinò l'arresto di Nuri Dersimi e il 20 dicembre venne arrestato e portato in prigione.[19]
Il comandante dell'esercito centrale Nureddin Pasha inviò una forza di circa 3.000 cavalieri e di irregolari, inclusi i battaglioni di Topal Osman.[20] Nel febbraio iniziarono i combattimenti tra le parti e i turchi chiesero la resa incondizionata dei rivoluzionari curdi. Un primo importante scontro tra le fazioni si concluse vittorioso per i curdi, ma i combattimenti continuarono[21] e i ribelli furono schiacciati il 17 giugno 1921.[2][22]
Prima di reprimere i ribelli, Nureddin Pasha disse (secondo alcune fonti, questa affermazione appartiene a Topal Osman):
La brutalità della repressione fece decidere alla Grande Assemblea Nazionale di processare Nureddin Pasha. Sebbene Nureddin Pasha sia stato licenziato il 3 novembre 1921 e richiamato ad Ankara, Mustafa Kemal Pasha intervenne e impedì un processo.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Hülya Küçük, The role of the Bektās̲h̲īs in Turkey's national struggle, Brill, 2002, p. 217, ISBN 90-04-12443-8, OCLC 48383468. URL consultato il 25 luglio 2021.
- ^ a b c d e f (TR) Ergin Güneş, Koçgiri İsyanı Ekseninde Dersim Direnişi, Università di Tunceli, 2014, pp. 244.
- ^ a b Aşiretler raporu., 1. basım, Kaynak Yayınları, 1998, p. 279, ISBN 975-343-220-8, OCLC 40497580. URL consultato il 25 luglio 2021.
- ^ (TR) Mustfa Balcıoğlu, Belgelerle Millî Mücadele sırasında Anadoluda ayaklanmalar ve Merkez ordusu, 1991, p. 128.
- ^ (TR) Turkey Büyük Millet Meclisi, T.B.M.M. zabıtalarından Doğu ve Güney Doğu meselesi, Hamle Yayın-Dağıtım, 1992, p. 197. URL consultato il 25 luglio 2021.
- ^ Accueil | Sciences Po Violence de masse et Résistance - Réseau de recherche, su www.sciencespo.fr. URL consultato il 25 luglio 2021.
- ^ a b Türk İstiklal Harbi, Edition VI, İstiklal Harbinde Ayaklanmalar, T. C. Genelkurmay Harp Tarihi Başkanlığı Resmî Yayınları, 1974, p. 281.
- ^ Andrew Mango, Atatürk, John Murray, (2004 printing), p. 330, ISBN 0-7195-6592-8, OCLC 53389342. URL consultato il 25 luglio 2021.
- ^ a b c d Hüseyin Rahmi Apak, Türk İstiklâl Harbi – İç ayaklanmalar: 1919-1921, 1964, C.VI, Genelkurmay Basımevi, pp. 163-165.
- ^ Oriente moderno, Istituto per l'oriente, 1996, p. 78. URL consultato il 24 luglio 2021.
- ^ Hamit Bozarslan, La Turchia contemporanea, Il mulino, 2006, p. 31, ISBN 978-88-15-10966-8. URL consultato il 24 luglio 2021.
- ^ Robert W. Olson, The emergence of Kurdish nationalism and the Sheikh Said Rebellion, 1880-1925, University of Texas Press, 1989, pp. 35, ISBN 978-0-292-77619-7.
- ^ Erik J. Zürcher, Porta d'Oriente: Storia della Turchia dal Settecento a oggi, Donzelli Editore, 5 dicembre 2016, ISBN 978-88-6843-597-4. URL consultato il 31 luglio 2021.
- ^ Robert W. Olson, The emergence of Kurdish nationalism and the Sheikh Said Rebellion, 1880-1925, University of Texas Press, 1989, pp. 28, ISBN 978-0-292-77619-7.
- ^ (EN) Hakan Özoĝlu, Kurdish Notables and the Ottoman State: Evolving Identities, Competing Loyalties, and Shifting Boundaries, SUNY Press, 12 febbraio 2004, pp. 88–91, ISBN 978-0-7914-5993-5.
- ^ a b Robert W. Olson, The emergence of Kurdish nationalism and the Sheikh Said Rebellion, 1880-1925, University of Texas Press, 1989, pp. 28–29, ISBN 978-0-292-77619-7.
- ^ (EN) Susan Meiselas, Kurdistan: In the Shadow of History, New York, Random House, 1997, pp. 120, ISBN 978-0-226-51928-9.
- ^ a b Robert Olson, (1989) p. 30
- ^ a b c Robert Olson, (1989) p. 31
- ^ Andrew Mango, Atatürk, John Murray, 1999, ISBN 978-0-7195-6592-2, p. 330.
- ^ Robert Olson, (1989) p. 32
- ^ (TR) Ergün Aybars, İstiklâl Mahkemeleri, Bilgi Yayınevi, 1975, p. 34.
- ^ (TR) Hans-Lukas Kieser, Iskalanmış barış: Doğu Vilayetleri'nde misyonerlik, etnik kimlik ve devlet 1839-1938, İletişim, 2005, p. 570, ISBN 978-975-05-0300-9. URL consultato il 24 luglio 2021.
- ^ (DE) Hans-Lukas Kieser, Der verpasste Friede : Mission, Ethnie und Staat in den Ostprovinzen der Türkei 1839-1938, Chronos, 2000, p. 183, ISBN 3-905313-49-9, OCLC 46800406. URL consultato il 24 luglio 2021.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
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Collegamenti esterni
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