Athena Parthènos | |
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Autore | Fidia |
Data | 438 a.C. Disegno ipotetico dell'Atena Parthenos |
Materiale | oro, avorio e pietre preziose |
Altezza | circa 1275 cm |
Ubicazione | scomparsa, Atene |
Coordinate | 37°58′17.43″N 23°43′36.98″E |
La statua crisoelefantina raffigurante Atena Parthènos (Αθηνά Παρθένος, "Atena la vergine") fu scolpita da Fidia nel 438 a.C., anno in cui raggiunse il culmine della sua fama. Alta oltre 12 metri,[1] era collocata nel naòs del Partenone, tempio principale dell'Acropoli di Atene che proprio da essa prese il nome. Della statua, non pervenutaci, rimangono solo delle copie in scala molto ridotta e qualche raffigurazione su gemma. "Vestita" con lamine d'oro che potevano essere rimosse in caso di guerra, in modo da non essere in difficoltà economica e poter vincere, una volta terminata la guerra le lamine d'oro venivano ripristinate.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Realizzata solo pochi anni prima e con gli stessi materiali della Statua di Zeus a Olimpia,[2] si tramanda che la statua fosse di dimensioni tali che per la sua costruzione occorse oltre una tonnellata d'oro (più precisamente 1137 kg)[3]; il costo totale fu di 750 talenti, il corrispondente del salario annuo di 12.750 lavoratori.[4]
La statua è descritta dallo scrittore greco Pausania nel primo libro della sua Periegesi della Grecia (I. 24, 5-7).[5]
La statua - secondo William Bell Dinsmoor - venne danneggiata da un incendio verificatosi all'interno del Partenone poco prima del 165 a.C.,[6][7][8] ma fu restaurata, troneggiando nel tempio fino al V secolo, quando un altro incendio la distrusse.[4]
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Era alta circa 12,75 metri.[1] Differentemente dalla Statua di Zeus a Olimpia, realizzata pochi anni dopo da Fidia, in cui il dio era ritratto in posizione seduta e in atteggiamento pacifico, la statua di Atena era ritta in piedi e vestita come una guerriera, indossava un elmo, una corazza pettorale ed era dotata di lancia e scudo.[2]
Dalle piccole copie sopravvissute è possibile ricostruire l'aspetto della statua: sul braccio destro della dea, sostenuto da una colonnetta, si trovava la dea Nike, che simboleggiava le molte vittorie conseguite, mentre il sinistro reggeva una lancia e poggiava su uno scudo, ornato sul lato esterno dalle scene di amazzonomachia e su quello interno da una gigantomachia. Tale scudo aveva un diametro di quattro metri, e nascondeva il serpente Erittonio, sacro ad Atena. I sandali rappresentavano scene di centauromachia. Le decorazioni della statua riprendevano insomma quelle del fregio del tempio che l'ospitava.[9]
La dea indossava il peplo, contraddistinto da pieghe profonde, chiuso con una decorazione che rappresentava Medusa, e l'egida, lo scudo che spesso è presente nelle sue raffigurazioni, ornato al centro dalla testa di una Gorgone. Sulla testa la dea vestiva un elmo crestato con un cavallo raffigurato sopra di esso. Sui tre cimieri si trovano anche una sfinge, che rappresenta la grande sapienza degli Egizi, e dei grifi alati.
Su una copia dell'Atena Parthenos conservata al Museo nazionale romano è stata ritrovata la firma frammentaria di uno scultore di nome Antioco.[10]
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Una illustrazione che ricostruisce l'Athena Parthenos (Harper's Weekly, 6 agosto 1892)
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Una illustrazione (1900 circa) di come poteva apparire la statua all'interno del tempio
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Calco dello "Scudo di Strangford" al British Museum, una copia romana in scala ridotta in marmo del III secolo dello scudo di Atena (Museo Puškin).
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Una replica moderna (1990) della statua alta 13 metri presente nella ricostruzione del Partenone a Nashville
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Michael Gagarin (a cura di), The Oxford Encyclopedia of Ancient Greece and Rome, Oxford University Press, p. 104, ISBN 978-0-19-517072-6.
- ^ a b Rosalie F. Baker e Charles F. Baker III, Ancient Greeks: Creating the Classical Tradition, Oxford University Press, 31 luglio 1997, p. 108, ISBN 978-0-19-509940-9.
- ^ Nigel Wilson, Encyclopedia of Ancient Greece, Routledge, 31 ottobre 2013, p. 392, ISBN 978-1-136-78800-0.
- ^ a b Carl J. Richard, Twelve Greeks and Romans Who Changed the World, Rowman & Littlefield Publishers, 2004, p. 69, ISBN 978-0-585-46680-4.
- ^ The Johns Hopkins University Circular, Johns Hopkins University., 1888, p. 79.
- ^ James S. Ackerman, The Garland Library of the History of Art: Ancient art: Pre-Greek and Greek art, Garland Pub., 1976, p. 106.
- ^ Neda Leipen, Athena Parthenos: A Reconstruction, Royal Ontario Museum, 1971.
- ^ H.W.. Janson, Gisela Marie Augusta Richter e Ann Perkins, Ancient art: pre-Greek and Greek art, Garland Pub., 1976, p. 106.
- ^ Giuseppe Cappello, Viaggio in Grecia. Un itinerario fotografico della Grecia classica con a fronte storia, miti, letteratura e filosofia dell'antica civiltà ellenica, Editrice UNI Service, 2008, p. 67, ISBN 978-88-6178-283-9.
- ^ Antioco, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Rosalie F. Baker e Charles F. Baker III, Ancient Greeks: Creating the Classical Tradition, Oxford University Press, 31 luglio 1997, ISBN 978-0-19-509940-9.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
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