Utente:Anna Zambrano/Sandboxesame

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Tina Anselmi
Tina Anselmi nel 1983

Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Durata mandato29 luglio 1976 –
11 marzo 1978
Capo del governoGiulio Andreotti
PredecessoreMario Toros
SuccessoreVincenzo Scotti

Ministro della sanità
Durata mandato11 marzo 1978 –
4 agosto 1979
Capo del governoGiulio Andreotti
PredecessoreLuciano Dal Falco
SuccessoreRenato Altissimo

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato5 giugno 1968 –
22 aprile 1992
LegislaturaV, VI, VII, VIII, IX, X
Gruppo
parlamentare
Democrazia Cristiana
CircoscrizioneVenezia-Treviso
Incarichi parlamentari
  • Presidente della Commissione d'inchiesta sulla Loggia P2;
  • Membro della Commissione Lavoro e previdenza sociale;
  • Membro della Commissione Igiene e sanità;
  • Membro della Commissione Affari sociali.
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoDemocrazia Cristiana (1944-1992)
Titolo di studioLaurea in lettere
ProfessioneInsegnante; Sindacalista
FirmaFirma di Tina Anselmi

Tina Anselmi (Castelfranco Veneto, 25 marzo 1927Castelfranco Veneto, 1º novembre 2016[1]) è stata una politica e partigiana italiana. È stata la prima donna ad aver ricoperto la carica di ministro della Repubblica Italiana.[2]

Origini e formazione

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Era la prima dei quattro figli di Ferruccio Anselmi e di Norma Ongarato[3].

Il padre era originario di Padova e proveniva da una famiglia benestante. Nel periodo universitario aveva aderito con convinzione al socialismo, motivo per cui subì persecuzioni durante il Ventennio, nonostante ciò portava sempre con sé la tessera del partito, firmata da Matteotti stesso[4]. Si trasferì a Castelfranco dopo la prima guerra mondiale, dove trovò lavoro presso la farmacia Paietta e in seguito conobbe la moglie[3][5].

La madre era nata da Pietro Ongarato, imprenditore agricolo, e da Maria Bendo, figlia di un oste. Il matrimonio tra i nonni era stato osteggiato dalla famiglia di lui a causa della diversa estrazione sociale; in ogni caso, Maria rimase ben presto vedova con tre figli e, costretta a lasciare la casa dei suoceri, per poter vivere aprì un'osteria.

Caparbia e indipendente, ma anche espansiva e ottimista, la nonna ebbe grande influenza sulla giovane Anselmi, divenendone la figura di riferimento[3]. La sua morte, nel 1937, fu un duro colpo per la giovane[6].

Tina trascorse l'infanzia insieme al fratello minore Piero, con il quale aveva un anno di differenza: trascorrevano i pomeriggi all'aria aperta e si godevano la giovinezza, fino al 1941 quando il fratello venne a mancare a causa di una peritonite[7].

Crebbe quindi in una famiglia semplice, con l'esempio di una madre e una nonna molto cattoliche e un padre convinto antifascista, ma nel contesto di una cittadina, quella di Castelfranco Veneto, forgiata dall'ideologia fascista. La vita dei cittadini veniva organizzata secondo i dettami del regime: si predisponeva l'indottrinamento della popolazione divisa per fasce d'età e per sesso, si incentivavano l'attività fisica e lo sport in quanto promotori della disciplina e del rispetto delle regole, si punivano i soggetti e le organizzazioni considerati sovversivi o che si dimostravano in opposizione al regime[8]. Tina faticò a fare suoi gli insegnamenti fascisti, soprattutto quando assistette al prelevamento del padre da casa e lo vide obbligato a bere olio di ricino e suonare le campane nei giorni di festeggiamenti previsti dal regime, a cui non voleva partecipare[6].

La giovane studiò prima al ginnasio locale, quindi all'Istituto magistrale di Bassano del Grappa, presso il Collegio del Sacro Cuore, diretto dalle suore dorotee.[9]

Tina oltre agli incontri obbligatori per l’indottrinamento dei giovani, andava a messa con la mamma e la nonna, frequentava la parrocchia e iniziava a comprendere che i valori di pace, fratellanza e rispetto del prossimo in cui lei, da buona cattolica, credeva fortemente, non erano allineati con quelli esaltati dal Regime. Fu solo nel 1943, quando conobbe Domenico Sartor - avvocato cattolico compaesano che la introdusse alle prime riflessioni di carattere politico - che decise, nel 1944, di iscriversi all'Azione Cattolica[7]. Fu all'interno di questa associazione che per la prima volta si confrontò con la politica. Tale esperienza la portò infatti, nel dicembre del 1944, ad iscriversi alla Democrazia Cristiana partecipando attivamente alla vita del partito.

Partecipazione alla Resistenza

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Il 26 settembre 1944 i nazifascisti costrinsero la popolazione di Bassano, tra cui gli studenti e la Anselmi, venne condotta in Viale Venezia (oggi rinominato Viale Martiri) e venne costretta alla visione dei partigiani impiccati agli alberi. Si trattava degli uomini catturati in seguito al rastrellamento del Grappa avvenuto nei giorni precedenti[10]. Tra i giovani era presente anche il fratello di una sua compagna di classe. La morte di quei giovani serviva da monito e aveva lo scopo di terrorizzare e dissuadere dalla partecipazione alla lotta di Liberazione. La giovane Tina rimase turbata da tale visione e, tornata in classe, discusse animatamente con le compagne che ritenevano giusta la pena inflitta ai partigiani dato che lei la aborriva.

La domenica successiva raccontò di quell'episodio alla riunione dell'Azione Cattolica e decise di accettare la proposta dell'amica Marcella Dallan, fidanzata di Carlo Magoga tra i fondatori del primo nucleo di Cln castellano, di prendere parte attivamente alla Resistenza. In seguito passò al Comando regionale veneto del Corpo volontari della libertà. Venne messa in contatto con il comandante Gino Sartor, fratello di Domenico, il quale aveva il compito di indagare sulle motivazioni che spingevano la giovane a volersi "arruolare" nella lotta di Liberazione. Tina venne sottoposta a una serie di domande e venne messa di fronte a tutti i rischi e i pericoli a cui sarebbe potuta andare incontro, soprattutto in quanto giovane donna che collaborava con i partigiani, ma non si fece intimidire e con la sua tenacia convinse il comandante Sartor. A soli 17 anni entrò quindi a far parte del Battaglione unitario Castelfranco, che nel febbraio 1945 prese il nome di Brigata "Cesare Battisti" nel ruolo di staffetta partigiana[4] . Aderendo alla lotta di Liberazione, Anselmi, accettò di mantenere la sua attività segreta a tutti, anche alla sua famiglia: per tutti i mesi in cui prese parte alla Resistenza operò con il nome di battaglia Gabriella (ispirandosi all'arcangelo Gabriele)[6] in modo da protegger la propria identità.

Per tutto il periodo di attività partigiana non rinunciò a continuare i suoi studi, considerava l'istruzione fondamentale e desiderava crearsi da sé il proprio futuro, nonostante questa scelta la portasse a dover percorrere numerosi chilometri ogni giorno.

L’operato di Tina venne apprezzato dal comandante di brigata per la discrezione e l’impegno messo a disposizione per la lotta di Liberazione. La stima di Gino Sartor nei suoi confronti si consolidò quando, per due volte nell’inverno del 1944, Tina avvisò Domenico, fratello di Gino, del fatto che i tedeschi avessero scoperto il suo nascondiglio in una casa di campagna a Resana, presso l’abitazione di Gino Trentin, e che fossero intenzionati a catturarlo. Inoltre fu proprio Tina, che nel febbraio del 1945, venne mandata a tenere i rapporti con il Comando delle SS di Treviso per trattare la liberazione di Domenico. Furono lei e l’amica e partigiana Liliana Saporetti, che faceva da interprete, a convincere i nazisti che Sartor fosse sì antifascista, ma innocuo, ottenendo il suo rilascio dopo qualche giorno.

Per la fiducia che la brigata riponeva in lei le vennero affidati compiti di rilievo, come quando dovette consegnare una radio ricetrasmittente della missione M.R.S.: missioni clandestine che, a partire dall’ottobre 1943, tramite l’uso di radiomessaggi permisero le comunicazioni tra il Comando Alleato, i Comandi regionali e provinciali e il Cln. Tina ricevette l’ordine di ritirare una radio a Treviso, presso un negozio di alimentari gestito da una donna che militava nella Resistenza, per poi trasportarla a Galliera Veneta, in cui si nascondeva il colonnello Galli, Comandante regionale delle formazioni partigiane.[4]

Trattandosi di una missione importante, le venne raccomandato di non fare la strada principale, fitta di posti di blocco nazisti, ma piuttosto di proseguire per le strade di campagna, più sicure ma che le avrebbero allungato la strada rischiando di farla tardare a scuola. Quindi, di sua iniziativa, decise di procedere per Porta SS. Quaranta e chiedere un passaggio niente meno che a un camion di tedeschi: affermò innocentemente di avere la borsa colma di libri molto pesanti e si fece caricare, insieme alla sua fidata bicicletta. Un gesto incosciente e imprudente, ma che funzionò: i nazisti non sospettarono di lei e non si preoccuparono di perquisirla e Tina riuscì ad arrivare a Cittadella. Ma, vedendola scortata dalla camionetta nazista, il partigiano a cui doveva consegnare la radio scappò, temendo che l’avessero arrestata. Non sapendo a chi lasciarla in custodia, prima, tentò di entrare in una villa per consegnarla a uno dei figli dei proprietari, anche lui partigiano, ma poi, realizzando che ci fossero dei controlli in atto, salì in sella alla bicicletta. Decise infine di gettarla nel canale di scolo vicino, un luogo in cui nessuno sarebbe andato a cercarla[4].

Oltre alla sua attività da staffetta Tina partecipò, insieme ai compagni di Brigata, al recupero dei materiali lanciati dagli alleati tramite le operazioni organizzate dalla Missione M.R.S.: vestiario, denaro, armi, munizioni, esplosivi per i sabotaggi e talvolta anche uomini. I lanci avvenivano nei campi, le brigate segnalavano la propria posizione tramite delle luci disposte in modo da formare lettere dell’alfabeto e gli alleati inviavano i generi di prima necessità tramite l’utilizzo di paracaduti. I lanci venivano organizzati durante la notte: la raccolta dei materiali doveva essere svelta ed era necessario assicurarsi di non lasciare tracce che avrebbero potuto insospettire il nemico[4].

Con l’avvento della primavera, la guerra sembrò volgere verso la fine: i nazisti erano indeboliti e gli Alleati stavano risalendo la penisola liberando una per una le città italiane, con la collaborazione dei partigiani. Anche nella zona di Castelfranco gli occupanti iniziarono ad essere inquieti. Il comandante Sartor era a conoscenza delle direttive per quanto riguardava la resa dei nazisti nelle città, per lo più orientate a una resa senza condizioni[11].

Il giorno 28 aprile, quindi, Sartor decise di “intimare la resa al Comando tedesco della piazza di Castelfranco, installato in villa Bolasco”. Si recò verso la sede del Comando accompagnato da don Carlo Davanzo, parroco di Campigo che aveva sempre collaborato con i patrioti, Liliana Saporetti come interprete e Tina, in quanto era tra le sue staffette più fidate. Dopo lunghe trattative per la resa, svoltesi anche durante la notte, venne stabilito che i tedeschi si sarebbero impegnati a non razziare paesi, a non catturare ostaggi, a lasciare palazzo Bolasco e a togliere le mine dagli edifici in cui le avevano installate. In cambio sarebbero stati scortati fuori dalla città per evitare ulteriori scontri e salvaguardare la sicurezza della popolazione e degli edifici. Quando il corteo di nazisti si fosse allontanato, i partigiani avrebbero provveduto a creare delle piccole roccaforti difensive nei punti strategici di entrata alla città per impedire, al nemico in fuga, interferenze con l’arrivo degli Alleati. Tina fu presente in quelle ore piene di tensione e fu consapevole di star partecipando a un momento fondamentale per la storia della propria città. Probabilmente c'era anche lei tra le staffette inviate, nella notte tra il 28 e il 29, ad avvisare i vari gruppi di partigiani affinché fossero pronti a ciò che sarebbe avvenuto la mattina successiva. Una volta terminate le trattative fu entusiasta di avervi partecipato e iniziò a comprendere che la fine della guerra era vicina, presa dall’impeto prese la bicicletta e si diresse verso casa. Sotto le finestre della camera dei genitori urlò a tutta voce: “Abbiamo liberato Castelfranco, siamo liberi!”[4] La famiglia della giovanissima Anselmi venne a sapere del suo impegno nella Resistenza solo in seguito alla liberazione[12].

Una cruenta vicenda sconvolse, però, le ultime ore della Liberazione di Castelfranco. Il 29 aprile, tra Castello di Godego e San Martino di Lupari, dei soldati tedeschi in fuga prelevarono con un rastrellamento più di cento patrioti provocando la ribellione della popolazione. Il comandante Sartor quindi ordinò a Tina di raggiungere gli Alleati, ancora distanti, per impedire ulteriori massacri, si trattò nuovamente di un compito molto delicato, affidatole per la fiducia che il comandante riponeva in lei[7].

Una delle ultime azioni da partigiana, la svolse il 4 maggio 1945. Questo momento venne documentato in una foto in cui la si vede schierata con i compagni di lotta in piazza a Castelfranco per la consegna delle armi agli Alleati.

Terminata la guerra proseguì gli studi e nel 1948 si laureò in lettere all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, divenendo poi insegnante elementare nei paesini dell'Alta Castellana[12].

Impegno politico

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Nel secondo dopoguerra si impegnò nell'attività sindacale in seno alla CGIL e poi, dalla sua fondazione nel 1950, alla CISL. Fu dirigente del sindacato dei tessili dal 1945 al 1948 e del sindacato degli insegnanti elementari dal 1948 al 1955.[5]

Dal 1958 al 1964 fu incaricata nazionale dei giovani nella Democrazia Cristiana. Nel 1963 venne eletta componente del comitato direttivo dell'Unione europea femminile, della quale divenne vicepresidente nello stesso anno.

Nel 1959 entrò nel consiglio nazionale dello Scudo Crociato. Fu deputata dal 1968 al 1992, eletta sempre nella circoscrizione Venezia-Treviso: nel corso del suo lungo mandato parlamentare fece parte delle commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali. Si occupò molto dei problemi della famiglia e della donna: si deve a lei la legge sulle pari opportunità[13]

Per tre volte sottosegretaria al ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal 29 luglio 1976 fu ministro del lavoro e della previdenza sociale nel governo Andreotti III: un fatto storico, perché l'Anselmi divenne la prima donna ministro in Italia.

Nel 1975 presiedette la delegazione italiana alla World Conference on Women promossa dall’ONU a Città del Messico, presenziando ai successivi eventi di Nairobi nel 1985 e di Pechino nel 1995.

Nel 1977 fu tra i primi firmatari della legge italiana che apriva alla parità salariale e di trattamento nei luoghi di lavoro, nell'ottica di abolire le discriminazioni di genere fra uomo e donna.[14]

Dopo l'esperienza al Ministero del Lavoro, fu anche ministro della sanità nei governi Andreotti IV e V. Proprio in questo periodo, nel 1979, quando Tina Anselmi fu ministro della Sanità, con la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (L. 23 dicembre 1978, n. 833)[15] si decise il ritiro dal mercato di migliaia di farmaci che una commissione tecnica aveva appena giudicato inutili o addirittura pericolosi.

Il 13 ottobre 1984, durante un incontro pubblico a Brescia, affermò di aver subito in quel periodo tentativi di corruzione per un valore di 32 miliardi di lire. Questa affermazione destò scandalo e le costò accuse da parte di esponenti di diversi partiti, cui rispose chiarendo che si trattò di tentativi di corruzione fatti non direttamente ma attraverso segnali ripetutisi nel tempo e che poté ricostruire e collegare solo più tardi. [12] [16][17][18][19]

Profondamente credente, Tina Anselmi improntò tuttavia la sua attività politica sul principio della laicità. Nel 1978 firmò, in qualità di Ministro della Salute, la Legge 194 per l'interruzione volontaria della gravidanza[12].

Nello stesso anno, nelle settimane successive al rapimento di Aldo Moro, la Anselmi fu incaricata dei contatti tra la Democrazia Cristiana e la famiglia di Moro[12].

Firmataria della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale[20], fu considerata come una "madre della Repubblica" e la sua candidatura fu proposta più volte durante le elezioni per il Capo dello Stato, prima nel '92 e poi nel 2006.[14]

Ruolo nella commissione sulla P2

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Lo stesso argomento in dettaglio: Commissione P2 e Legge Anselmi.

Nel 1981, nel corso della VIII legislatura, venne nominata presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2 di Licio Gelli[21], che terminò i lavori nel 1985[22].

L'incarico le fu assegnato da Nilde Iotti, allora Presidente della Camera; Anselmi chiese appena quindici minuti per pensarci, telefonò a Leopoldo Elia e poi accettò l'incarico[23].

Unica donna della Commissione (composta da altri venti senatori e venti deputati), Anselmi fu la prima ad utilizzare la metafora della doppia piramide per illustrare le gerarchie di quello che definiva il "sistema P2". Questo incarico le costò insulti e delegittimazione, nonché un crescente isolamento politico negli anni successivi, anche da parte del suo stesso partito[12].

Nel maggio del 2010 ricevette nella sua villa di Castelfranco Veneto la visita del direttore del giornale Il Piave che su mandato di Licio Gelli le proponeva un incontro chiarificatore a quasi trent'anni dai fatti della P2, in quanto era stata presidente della commissione d'inchiesta. L'incontro non avvenne perché Anselmi rifiutò[24]; Gelli invece disse, mentendo come era solito, che aveva rifiutato perché malata.[25][26]

Impegno sociale

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Fu più volte presa in considerazione da politici e società civile per la carica di Presidente della repubblica: nel 1992 fu il settimanale Cuore a sostenerne la candidatura e il gruppo parlamentare La Rete a votarla, mentre nel 2006 un gruppo di blogger la sostenne attraverso una campagna mediatica che prendeva le mosse dal blog "Tina Anselmi al Quirinale". In quell'occasione vennero enunciate le Dieci ragioni per candidare Tina Anselmi al Quirinale:

1) Perché riconosce il valore della Costituzione della Repubblica italiana;

2) Perché ha combattuto per la democrazia nell'unico caso di guerra civile della storia d'Italia;

3) Per il suo impegno nella liberazione dal fascismo e successivamente nell'opera di ricostruzione politica e sociale dell'Italia;

4) Per i risultati che ha raggiunto nel corso della sua carriera politica attraverso incarichi di governo e istituzionali;

5) Per le doti di equilibrio e dirittura morale, d'intransigenza istituzionale che le hanno fatto guadagnare il consenso più ampio e disinteressato di tutte le parti politiche;

6) Per l'impegno che ha profuso fuori dagli incarichi politici per promuovere una cultura di pace e di giustizia sociale;

7) Per aver esaltato il ruolo della donna nella politica e nella società, attraverso il suo esempio di vita e la sua attività politica (si deve a lei la legge sulle pari opportunità);

8) Perché rappresenta la memoria dell'antifascismo, un valore fondamentale su cui si è costruita la storia dell'Italia contemporanea e che oggi rischia di essere sottovalutato;

9) Per renderle giustizia dopo l'affronto ricevuto nella voce a lei dedicata dal dizionario Italiane edito dalla Presidenza del Consiglio e dal ministra per le Pari opportunità;

10) Perché scegliere una donna al Quirinale è un forte segnale di apertura e cambiamento[12].

Nel 2004 promosse la pubblicazione di un libro intitolato Tra città di Dio e città dell'uomo. Donne cattoliche nella Resistenza veneta, di cui scrisse l'introduzione e un saggio.[27]

Gli ultimi anni e la morte

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Tomba di famiglia di Tina Anselmi nel cimitero comunale di Castelfranco Veneto.

Tina Anselmi si è spenta nella sua abitazione di Castelfranco Veneto poco dopo la mezzanotte del 1º novembre del 2016, all'età di 89 anni: nel 2001 le era stata diagnosticata la malattia di Parkinson e negli ultimi anni un ictus aveva contribuito ad aggravare le sue condizioni di salute.[28]

Le esequie si sono tenute tre giorni dopo, il 4 novembre, nel duomo di Castelfranco Veneto e furono presiedute dall'arcivescovo di Treviso Gianfranco Agostino Gardin alla presenza dei presidenti delle due Camere[29] Pietro Grasso e Laura Boldrini e dei ministri Roberta Pinotti e Giuliano Poletti. Al termine del rito il feretro è stato tumulato all'interno della tomba di famiglia nel cimitero cittadino.

Riconoscimenti

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  • Nel 2000 la Fondazione Adone Zoli le ha consegnato la Targa COERENZA.
  • Nel 2009 ricevette il "Premio Articolo 3" per il 2008 come "riconoscimento all'attività svolta durante tutta una vita spesa – anche a rischio della medesima - al servizio della libertà e dei valori di uguaglianza sanciti proprio dall'articolo 3 della nostra Carta Costituzionale. Questo ricordando in particolare l'attività dell'onorevole Anselmi come giovanissima staffetta partigiana, di sindacalista, di madre della legge sulle pari opportunità, di ministro, di principale autrice della riforma che introdusse il Servizio sanitario nazionale e di guida esemplare della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla Loggia P2”.
  • Nel mese di giugno del 2016, quando dunque era ancora viva, le fu dedicato un francobollo; è a tutt'oggi l'unica persona ad essere stata onorata in questo modo in Italia.[30]
  • In numerose città le sono state intitolate vie, piazze o giardini pubblici[31][32][33][34][35][36]. La presidente del Consiglio comunale di Torino Maria Grazia Grippo ha annunciato, nell'ambito dell'adesione della Città alla campagna nazionale "8 marzo, 3 donne, 3 strade"[37], che dedicherà a Tina Anselmi il giardino pubblico situato in via Buenos Aires.[38]
  • Il 1975 anno internazionale della donna : discorso pronunciato a Roma il 27 febbraio 1975 nella sede del Banco di Roma, sotto gli auspici del Centro italiano di studi per la conciliazione internazionale, Roma, Banco di Roma, 1975.
  • La donna italiana dalla Resistenza ad oggi, presentazione di Renato Giancola, introduzione di Tina Anselmi, Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Servizio delle informazioni e della proprieta letteraria, 1975.
  • Impegno della società per gli anziani, Vicenza, Edizioni del Rezzara, 1982.
  • Interventi giuridici e politici degli stati, Vicenza, Edizioni del Rezzara, 1983.
  • Un documento storico: il complotto di Licio Gelli, supplemento dell'"Espresso", 1984.
  • Tina Anselmi, Relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla Loggia massonica P2 (PDF), su senato.it, Camera dei deputati e Senato della Repubblica, 12 luglio 1984. URL consultato il 20 maggio 2023.
  • La rocca del paradiso, illustrazioni di Gianni Peg, Torino, SEI, 1985.
  • AA.VV., Intorno a Macondo. Itinerario per i giovani alla ricerca di un nuovo impegno civile, a cura di Gioventù Aclista, Cernusco sul Naviglio, CENS, 1993.
  • Rita Sussmuth, Tnterventi di Tina Anselmi e Giuliano Amato: La partecipazione delle donne alla vita politica e sociale in Germania. Conferenza per la Giornata internazionale della donna. Roma, Camera dei deputati, 1993.
  • 50 anniversario dell'eccidio dei Partigiani della Banda Tom, a cura di Tina Anselmi, s.l., s.n., 1995.
  • Forum di Vilnius sui beni culturali trafugati durante il periodo dell'olocausto (Vilnius 3-5 ottobre 2000), Dario Tedeschi, Tina Anselmi, Michele Sarfatti, Roma, s.n.!, 2000.
  • AA.VV., Nonostante donna. Storie civili al femminile, Torino, Gruppo Abele, 1996. ISBN 88-7670-263-6
  • Zia, cos'è la Resistenza?, San Cesario di Lecce, Manni, 2003. ISBN 88-8176-442-3
  • Bella ciao: la resistenza raccontata ai ragazzi, Pordenone, Biblioteca dell'immagine, 2004. ISBN 88-89199-00-8
  • (con Anna Vinci) Storia di una passione politica. La gioia condivisa dell'impegno, Milano, Sperling & Kupfer, 2006. ISBN 88-200-4051-4
  • Lectio magistralis sulla democrazia, s.l. : s.n. (Pistoia, Bianchi), 2011.
  • La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi, a cura di Anna Vinci, Milano, Chiarelettere, 2011.
  • Tina Anselmi: attività parlamentare, Roma, Camera dei deputati, Servizio Biblioteca, 2020.
  • La Gabriella in bicicletta. La mia Resistenza raccontata ai ragazzi, introduzione di Laura Boldrini, San Cesario di Lecce, Manni, 2019.
  • Nessuna persona è inutile, Roma, Edizioni di Comunità, 2021.
  1. ^ È morta Tina Anselmi, prima donna ministro italiana, su mattinopadova.gelocal.it. URL consultato il 2 novembre 2016 (archiviato il 2 novembre 2016).
  2. ^ www.repubblica.it, su repubblica.it. URL consultato il 1º novembre 2016 (archiviato il 1º novembre 2016).
  3. ^ a b c Tiziana Noce, ANSELMI, Tina, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2020. URL consultato il 23 novembre 2020.
  4. ^ a b c d e f Rita Caberlin, La primavera delle ragazze. Storie di Resistenze al femminile a Castelfranco Veneto, Novara, Andersen s.p.a., 2017.
  5. ^ a b Tina Anselmi morta: è stata la prima donna ministro in Italia. Aveva 89 anni, su ilfattoquotidiano.it, il Fatto Quotidiano, 1º novembre 2016. URL consultato il 1º novembre 2016.
  6. ^ a b c Tina Anselmi con Anna Vinci, Storia di una passione politica, 2016, Milano, Sperling & Kupfer.
  7. ^ a b c Mauro Pitteri, La giovane Tina Anselmi. Dalla Resistenza all'impegno sindacale e politico (1944-1959). Cento quadri d'insieme, Belluno, Tipi Edizione, 2018.
  8. ^ Giacinto Cecchetto, Castelfranco Veneto tra Ottocento e Novecento, Treviso, Canova, 2001.
  9. ^ Note biografiche, su biografieresistenti.isacem.it.
  10. ^ L. Bellina, M. T. Sega, Tra la città di Dio e la città dell'uomo: donne cattoliche nella Resistenza veneta, Venezia-Treviso, Iveser-Istresco, 2004.
  11. ^ E. Ceccato, Guerra, Resistenza e Rinascita di Castelfranco Veneto - La vicenda di Guido Battocchio (1919-2001), Caselle di Sommacampagna, Istresco Cierre edizioni, 2007.
  12. ^ a b c d e f g Marcella Filippa, Tina Anselmi : la donna della democrazia, 2019, ISBN 978-88-6550-678-3, OCLC 1107572297.
  13. ^ LEGGE 9 dicembre 1977, n. 903, in Gazzetta Ufficiale 17 dicembre 1977 n. 243. URL consultato il 20 maggio 2023.
  14. ^ a b Alessandro Barbieri, Luca Bufarale e Mirella D’Ascenzo, Ricordando Tina Anselmi: la legge sulla parità di trattamento nel Lavoro del 1977 tra il contesto internazionale e la sua soggettività (PDF), in Alessandro Barbieri (a cura di), Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, vol. 10, n. 2, 29 giugno 2018, p. 5, DOI:10.4000/diacronie.8542, ISSN 2038-0925 (WC · ACNP), OCLC 8081160841. URL consultato il 12 febbraio 2020 (archiviato l'8 novembre 2018). Ospitato su archive.is.
  15. ^ Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale - Ministero della Salute (TXT), su salute.gov.it. URL consultato il 13 settembre 2017 (archiviato dall'url originale il 14 settembre 2017).
  16. ^ La storia dei 32 miliardi - Anselmi racconta è andata così, in La Stampa, 15 ottobre 1984.
  17. ^ La «gaffe» di Tina Anselmi è approdata in Parlamento, in La Stampa, 16 ottobre 1984.
  18. ^ Tina Anselmi, la libertà in piazza Loggia, su bresciaoggi.it, 2 novembre 2016. URL consultato il 12 maggio 2021.
  19. ^ Accuse a Tina Anselmi, su ricerca.repubblica.it, 16 ottobre 1984. URL consultato il 12 maggio 2021.
  20. ^ Legge del 23 dicembre 1978, n. 833, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 1978, n. 360.
  21. ^ La Commissione, formata da 36 componenti tra deputati e senatori compreso il presidente, venne istituita con la LEGGE 23 settembre 1981, n. 527, su normattiva.it, Cazzetta Ufficiale, 25-09-1981, n. 264. URL consultato il 20 maggio 2023.
  22. ^ La relazione finale viene approvata dalla stessa Commissione il 3 luglio 1984, mentre la Camera la approvò il 6 marzo 1986.
  23. ^ Tina Anselmi un vita di ministro al femminile, su 9colonne.it. URL consultato il 20 maggio 2023.
  24. ^ Alessandro Da Rold Twitter, Quando Gelli incontrò da latitante Tina Anselmi, su Lettera43, 2 novembre 2016. URL consultato il 30 maggio 2020.
  25. ^ Gelli voleva incontrare Tina Anselmi ma l'ex parlamentare dc rifiutò - Corriere del Veneto, su corrieredelveneto.corriere.it. URL consultato il 30 maggio 2020.
  26. ^ Tina Anselmi rifiuta d'incontrare Licio Gelli, su Tribuna di Treviso, 7 novembre 2010. URL consultato il 30 maggio 2020.
  27. ^ Luisa Bellina, Maria Teresa Sega (a cura di), Tra la città di Dio e la città dell'uomo: donne cattoliche nella Resistenza veneta, Treviso, Istresco, 2004. ISBN 88-88880-07-0.
  28. ^ Tina Anselmi, La Repubblica, 2 novembre 2016. URL consultato il 27 marzo 2020 (archiviato il 26 marzo 2020).
  29. ^ È morta Tina Anselmi, prima donna ministro italiana: venerdì il funerale, su tribunatreviso.gelocal.it, La Tribuna di Treviso, 1º novembre 2016. URL consultato il 2 novembre 2016 (archiviato il 2 novembre 2016).
  30. ^ Un francobollo per Tina Anselmi, la donna che è stata prima in tutto, in La Repubblica, 21 marzo 2016. URL consultato il 27 marzo 2020 (archiviato il 15 dicembre 2019).
  31. ^ Intitolazione a Rivoli, su comune.rivoli.to.it.
  32. ^ Intitolazione a Mantova, su comune.mantova.gov.it.
  33. ^ Intitolazione a Venezia, su live.comune.venezia.it.
  34. ^ Intitolazione a Montegridolfo, su emiliaromagnanews24.it.
  35. ^ Intitolazione a Treviso, su trevisotoday.it.
  36. ^ Intitolazione a Firenze, su ansa.it.
  37. ^ 8 marzo 3 donne 3 strade, su Toponomastica femminile.
  38. ^ Cinzia Gatti, Partigiane, musicista e l'ideatrice della mimosa per l'8 Marzo: Torino intitola strade e giardini alle grandi donne del passato, in Torino Oggi, 8 marzo 2022.
  1. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato., su quirinale.it. URL consultato l'8 giugno 2012 (archiviato il 4 novembre 2016).

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Ministro del lavoro e della previdenza sociale Successore
Mario Toros 29 luglio 1976 - 11 marzo 1978 Vincenzo Scotti

Predecessore Ministro della sanità Successore
Luciano Dal Falco 11 marzo 1978 - 20 marzo 1979 Tina Anselmi I
Tina Anselmi 20 marzo 1979 - 4 agosto 1979 Renato Altissimo II