Castello Ginami
Castello Ginami | |
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Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Lombardia |
Località | Gromo |
Indirizzo | piazza Dante |
Coordinate | 45°58′06.26″N 9°55′46.5″E |
Informazioni generali | |
Condizioni | Italia |
Costruzione | XIII secolo |
Uso | ristorante |
Piani | tre |
Realizzazione | |
Proprietario | famiglia Gabbiadini |
Committente | famiglia Bucelleni |
Il castello Ginami o castello Buccelleni si trova nell'antica piazza del mercato poi piazza Dante a Gromo in alta val Seriana, venne edificato nel XIII secolo dalla famiglia Buccelleni[nota 1] a uso militare come testimonia la torre armigera simbolo del paese. Costruito sopra uno sperone, altura o grumo di roccia, sarà probabilmente questa posizione a dare il nome al borgo, che non risulta infatti nominato nei documenti ufficiali fino agli albori del XIII secolo[1][nota 2].
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Non esiste documentazione che possa dare la data esatta della costruzione del castello, anche se viene indicato il 1226 per la parte turrita,[nota 3] la conformazione muraria della torre e della parte più a nord del fabbricato, che è sicuramente la parte più antica, lo collocano nel XIII secolo. Verrà ampliato e rivisitato fino al XVII secolo.
Sicuramente venne costruito prima del 1238, anno in cui il paese che era una comunia vicinorum e universitates vicinorum stilò il primo statuto nella chiesa dei Santi Giacomo e Vincenzo[2], ottenendo poi nel 1267 l'autonomia e diventando borgo con il documento Istrumento del privilegio[3] redatto poi il 12 febbraio[4].
Il castello venne costruito come fortezza e come protezione della miniera d'argento, la sua posizione dominante era riparata a est dalla scarpata sul fiume Serio, a ovest dall'avvallamento che si collegava al territorio attraverso un ponte levatoio, e che fu demolito come imponeva la dominazione veneta,[5] mentre intorno era circondato da mura. La famiglia Buccelleni, originaria di Bergamo, fu tra le prime famiglie non solo a estrarre e lavorare il metallo per farne lame di spada, ma a commercializzare, tanto che nel XIV secolo la famiglia sarà padrona non solo del castello che avrà ampliato, ma dei fabbricati che vi sorsero intorno, la chiesa di San Gregorio, e il Palazzo Milesi.[6]
Nel 1324, Giorgio fu Bartolomeo de Zoppo di Bergamo, di fazione guelfa, dovette fuggire dalla sua abitazione in Torre del Gombito chiedendo ospitalità a Bono Bucelleni nel castello di Gromo. Qui conobbe la figlia Anexina, che sposò in seconde nozze, lasciandola erede con testamento del 28 luglio 1342, conservato nell’Archivio di Stato di Milano, delle sue proprietà, dandole la possibilità di farsi monaca. Anexina nel 1343 fondò nella sua casa, il monastero di Santa Maria de Turre a Torre Boldone diventandone badessa[7]
Nel castello risultano presenti durante i secoli, differenti attività, nel 1498 Giovanni Marco di Marco Bucelleni vi esercitava la professione di aromatario con relativa farmacia o apotecha, attività che venne venduta nel 1529 ad Agostino e nicolò Della Torre di Bergamo che avevano un opificio per la lavorazione del vetriolo che veniva prodotto in località Torre di Gandellino.[8]
Dal 1501 al 1549 il nobile Daniele Bucelleni vi esercitava la professione di notaio, professione molto importante sul territorio in quanto la vendita delle spade veniva correlata da atti notarili che ne attestavano la qualità della ferrarezza, la scadenza delle consegne e dei pagamenti. Proprio la figlia di questo notaio venderà nel 1569 il castello e tutte le proprietà alla famiglia Ginami.[9]
I Ginami nei secoli si divideranno in più rami, successivamente subentrerà la famiglia dei Gelmini, che venderà alla curia di Bergamo l'immobile, al piano terra viene realizzato un ristorante con bar, e furono eseguiti una serie di restauri di mantenimento. Dal 2013 la proprietà viene ritirata dalla famiglia Gabbiadini, che ha provveduto a eseguire lavori di consolidamento a tutta la struttura muraria e alla torre.
Architettura
[modifica | modifica wikitesto]Costruito in conci di pietra grigia locale distribuiti in stile bugnato, è posizionato sopra uno sperone di roccia e la sua imponente torre è visibile da tutta la valle. La parte ad ovest è rivolta sulla piazza Dante, che era l'antica “piazza del Mercato”. Sulla facciata è presente una grande pittura raffigurante san Cristoforo, eseguita nel 1952 dal pittore Giovanni Sirtoli per nascondere un danno della facciata.
Nella parte rivolta a est, il fabbricato si divide in due corpi separati e paralleli, questa parte subì una grande ricostruzione nel Novecento, quando, causa la realizzazione della nuova strada provinciale sul fondovalle, cedette una parte dello sperone roccioso con un lato del castello.
La torre a base quadrata, che è tra le parti più antiche del complesso, non ha mai subito variazioni, nel 1553 risulta una delibera del consiglio dei capifamiglia di Gromo per la realizzazione di una campana pro faciendo unam campanam quae ponatur superius turis castri dominorum de Becellenis, campana che era stata autorizzata anche dalla famiglia del castello, ma che non venne mai realizzata, la sola variazione è il tetto che la ricopre realizzato nei primi anni del XX secolo.[10] Nei restauri del 1952 riprese luce l'antica facciata in muratura in grossi conci di pietra squadrati e posti in corsi regolari sulla lato rivolto verso la piazza.[11]
Le famiglie
[modifica | modifica wikitesto]Bucelleni o Buccelleni
[modifica | modifica wikitesto]I Bucelleni erano una famiglia presumibilmente originaria di Bergamo, di fazione guelfa, presente sul territorio già dal XIII secolo, il primo documento che cita un Bono Buccelleni quale garante del giuramento di fedeltà di Alessandro Ferrarense signore dell'alta valle ottenendo il possesso della Pretura, è del 1252.[12].
Proprio la sua dichiarata esposizione d'essere guelfa la rende tra le famiglia più nominate e maggiormente conosciuta dagli storici nel XIV e XV secolo.
La famiglia, facendo riferimento ai cognomi e ai soprannomi, potrebbe essere d'origine moresca; vi è indicato in un atto del 14 settembre 1455: Simone dicto ser Moro f.q. dom. Jacobi de Bucelenis de Gromo habitator de Butuno com de Gandelino, del 27 luglio 1456 Gabriele f.q. Federici olim ser Mori de Bucelenis e Gromo civis Pergami, e il 28 settembre 1472 mag. Morello f. q. dom. Alouisi de Buzelenis de Gromo.[13] Fu rinominato un rappresentante della famiglia il 2 agosto 1253 come persona che gestisce un edificio con la mola. Sono menzionati in un atto del 1267 i fratelli Ottobono e Corrado di Salvodo de Buzzelenis con il titolo di Civis Pergami, che avendo terreni e miniere in alta Val Seriana vi si stanziarono sviluppando la lavorazione delle armi bianche e il loro commercio. Saranno i primi proprietari del castello che veniva chiamato Castrum de Bucellenis. In un atto del 1425 risulteranno proprietari di molte case sulla piazza e nei comuni limitrofi, saranno loro a costruire la chiesa di San Gregorio e il palazzo Milesi posti sulla piazza.
Alcuni Bucelleni di fazione guelfa sono citati nell'assedio di castello di San Lorenzo del 1378 con l'incarico di comandanti, mentre del 1398 la presenza di un Franceschino Bucelleni sempre di fazione guelfa che si adoperava insieme ai suoi due fratelli[14]
Tra i personaggi illustri ci furono il vescovo Giovanni Buccelleni (marzo 1382-1472) e Francesco Bucelleni (1582) forse arciprete sepolto nella cappella di San Benedetto.[15]
Nel 1314 venne ospite di Bono de Bucelleni figlio di Adriano e nipote di Ottobono capostipite della famiglia, Giorgio Del Zoppo, che, di fazione guelfa, era in fuga da Bergamo. In questa occasione conobbe la giovane Anexina, che sposò nel 1324 in seconde nozze. Del Zoppo morì nell'agosto del 1342 lasciando in eredità i suoi beni a Bono Bucelleni in qualità di esecutore testamentario, ai cognati Giovanni e Giacomo le sue armi e corazze, e alla moglie le proprietà in Torre Boldone, dandole la possibilità di prendere i voti monacali, come sembra fosse sua richiesta, e di trasformare la casa in convento.
Già l'anno successivo la giovane Anessina risulta fosse badessa del monastero agostiniano di Santa Maria de Turre, dove nella navata della chiesa tra gli affreschi trecenteschi sono raffigurati Giorgio Del Zoppo e Anexina in abiti monacali[16].
La presenza della famiglia Buccelleni a Gromo nel Trecento è documentata da una pergamena del 21 agosto 1384 a Gromo, atto notarile rogato dal notaio Andriolo fu Pecino Bossi di Gromo dove risulta che Giacoma fu Pagano Adelasi di Bergamo, era vedova di Bonomo Buceleni di Gromo, e che aveva quattro figli maschi: Alberto, Gabriele, Marco e Giovanni.[17]
Tra i Buccelleni si ricorda Caterina Buccelleni sposa del conte Trussardo da Calepio e madre di Ambrogio Calepio, monaco della chiesa di sant'Agostino di Bergamo scrittore del Calepino[18], che il 20 ottobre 1452 dettò un lascito testamentario di cinquanta lire della sua dote per detta chiesa, lascito che nel 1496 vennero trasformato nel permesso di transito sulla proprietà dei conti del materiale proveniente dalla cava dei Rivola per la costruzione del secondo chiostro del monastero: soddisfarono a questo legato col far condur in convento pietre per le nostre fabriche, cavate dalla vena di Caterl Belfante di ragion del convento avuto da Salvino Rivola[19]. I Buccelleni lasceranno il paese nel XVI secolo vendendo tutte le proprietà.
Nel 1529 il notaio Giovanni Bucelleni vende parte del palazzo ai Torriani, Nicolò e Agostino, spezieri di cui Lorenzo Lotto, aveva realizzato nel 1515 il ritratto.[20]
Ginami
[modifica | modifica wikitesto]Tra le famiglie che maggiormente lavoravano le spade nelle fucine poste sul Goglio vi era quella degli Zuchinali o Zucchini, che aveva come blasone tre zucchine. Un discendente della famiglia, certo Ginami, viene nominato in un atto notarile nel 1425, successivamente, in un atto notarile del 1446, vengono nominati i fratelli Gabriele e Giacomino fu Genesino de Zuchinalis. Si desume che questo ramo nacque dal soprannome attribuito a Gabriele fu Genesino Zucchinali che riuscendo a ottenere una grande ricchezza con la lavorazione e la commercializzazione di lame da spada, acquisì numerosi terreni, fucine, e diritti minerari firmando gli atti notarili con il nome di Ginami degli Zucchinali.[21] Questo ramo della famiglia si distaccò, diventando quella dei Ginami che prendendo ad emblema una parte del blasone della famiglia d'origine, affrescò i palazzi e adornò i portali del paese con il simbolo di un'unica zucchina.
I Ginami si divisero ulteriormente nei Ginami del Castello e Ginami dei Licini, famiglia che però si estinse agli inizi del Ottocento. Fu (1839-1909) a sposare un Gelmini iniziando così il ramo dei Gelmini.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- Annotazioni
- ^ non esiste documentazione in riferimento alla famiglia che edificò il castello, nel istrumento del privilegio del 1267, vengono elencate le 165 famiglie con i nomi dei capifamiglie, e non vi è nominato nessun Buccelleni o simile, sicuramente venne costruito grazie alla concessioni del vescovo Guala del 1179, sul territorio erano però presenti 26 famiglie oriunde di altre località come indicato nel Gabriele Nobili, Statuerent Quod Comune ed Gromo et Omnes Hatantes Sint Burgum Et Burgienses, ISBN 88-89393-03-3.
- ^ Secondo alcuni Gromo deriva da una tribù celtica detta Grumi anche se questo non ha nessuna testimonianza Comune di Gromo, su borghipiubelliditalia.it, Borghi Details. URL consultato il 25 novembre 2016 (archiviato dall'url originale il 26 novembre 2016).
- ^ La data viene riportata dal libro Fabio Conti, I castelli della Lombardia, Regione Lombardia, 1993, p. 86. ma non ne viene citata la fonte, il testo inoltre riporta dati inesatti in riferimento alle famiglie del castello
- Fonti
- ^ Gabriele Nobili, Statuerent Quod Comune ed Gromo et Omnes Hatantes Sint Burgum Et Burgienses, ISBN 88-89393-03-3.
- ^ Paolo Gabriele Nobili, COMUNI MONTANI E ISTITUZIONI URBANE A BERGAMO NEL DUECENTO (PDF), BERGOMUM Bollettino annuale della Civica Biblioteca Angelo Mai di Bergamo, 2009-2010, p. 6. URL consultato il 27 novembre 2016.«“ibi ubi solita fieri contio in publica contione”»
- ^ Privilegi, su lombardiabeniculturali.it, Lombardia beni culturali. URL consultato il 1º dicembre 2016.
- ^ Comune di Gromo (XIII), su lombardiabeniculturali.it, Lombardia Beni culturali. URL consultato il 27 novembre 2016.
- ^ GROMO (castello Avogadri, castello Ginami), su mondimedievali.net, mondi medioevali. URL consultato il 1º dicembre 2016.
- ^ Bortolo Pasinelli, Gromo del XV secolo, Bergamo, Corponove, 2011, p. 73.
- ^ Roselle Ferrari, Torre Boldone e le sue chiese (PDF), Torre Boldone, Parrocchia di san Martino vescovo.
- ^ Il vetriolo veniva estratto dalla sorgente dell'acqua ricca di ferro e conosciuta come «acqua ferruginosa».
- ^ Comune di Gromo, Gromo, Comune di Gromo, 1972, p. 32.
- ^ Bortolo Pasinelli, Gromo XV secolo, Corponove, 2011, p. 78.
- ^ Flavio Conti, I castelli della Lombardia, Regione Lombardia, 2011, p. 86.
- ^ Pietro Antonio Brasi, Memoria storica intorno alla val Seriana, 1823, p. 18.
- ^ Lorenzo Conforti, I Moreschi, Brescia, 1992.
- ^ Giuseppe Ronchetti, Memorie istoriche, III, p. 141-148..
- ^ Renato Aldo Ferri, I igoielli dell'alta Valle, su orobie.it.
- ^ Luigi Cortesi, Tor Boldone, QUADRIFOLIO TORRE BOLDONE (BG), 1985.
- ^ BANCA DATI DELLA COLLEZIONE DI PERGAMENE, su legacy.bibliotecamai.org. URL consultato il 16 settembre 2024..
- ^ Ambrogio da Calepio e il suo Caelepinus, su larivistadibergamo.it, Rivista69. URL consultato il 18 novembre 2018.
- ^ Gianmario Petrò, Società, cultura, luoghi al tempo di Ambrogio di Calepio-Le ttrasformaizoni della chiesa e del convento di sant'Agostino, Bergamo, Edizioni dell'Atereo, 2005.
- ^ Ketto Cattaneo, Renato Morgandi, Il sentiero da “tutte belle” a Ripa Alta, Maggioni Lino srl - Ranica, 2006.
- ^ Bortolo Pasinelli, Gromo nel XV secolo, Corponove, 2011, p. 97.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Bortolo Pasinelli, Gromo nel XV secolo, Bergamo, Corponove, 2011, SBN IT\ICCU\LO1\1359032.
- Don Virgilio Fenaroli, Gromo sfogliando l'album del novecento, Ferrari edizioni, SBN IT\ICCU\LO1\1483168.
- Bortolo Pasinelli, L'arte della spaderia a Gromo nei contratti del XV secolo, Bergamo, cura edizionale Renato Morganti, 2016.
- AA.VV., Gromo, Comune di Gromo, 1972, SBN IT\ICCU\LO1\1036986.
- Lorenzo Conforti, I Moreschi, Brescia, 1992, SBN IT\ICCU\TO0\0106857.
- Flavio COnti, I castelli della Lombardia, De Agostini, 1993, ISBN 978-8841501610.
Romanzi storici
[modifica | modifica wikitesto]- La torre duecentesca del castello è protagonista del romanzo storico di: Nazareth Simoncelli, Aeternum. Confitemini Domino In Aeternum Misericordia Eius, 2019, ISBN 88-6912-153-4.
Voci correlate
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