Indice
Luigi Capello
Luigi Capello | |
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Nascita | Intra, 14 aprile 1859 |
Morte | Roma, 25 giugno 1941 |
Luogo di sepoltura | Cimitero del Verano (Roma) |
Dati militari | |
Paese servito | Italia |
Forza armata | Regio Esercito |
Anni di servizio | 1875 – 1920 |
Grado | Generale d'armata |
Guerre | Guerra italo-turca Prima guerra mondiale |
Campagne | Fronte Italiano |
Battaglie | Battaglie dell'Isonzo Battaglia di Caporetto |
Comandante di | VI Corpo d'armata II Armata |
Decorazioni | vedi qui |
Pubblicazioni | vedi qui |
Altre cariche | Politico |
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Luigi Attilio Capello (Intra, 14 aprile 1859 – Roma, 25 giugno 1941) è stato un generale italiano.
Durante la prima guerra mondiale fu protagonista delle vittorie di Gorizia e, come comandante della 2ª Armata, della Bainsizza. La sconfitta riportata nella battaglia di Caporetto, la cui preparazione non lineare venne appesantita dalle severe condizioni di salute del generale (nonché da una serie di disguidi di comunicazione[1]), decretò la fine delle sue fortune: considerato dalla commissione d'inchiesta su Caporetto fra i principali responsabili della sconfitta, non venne più richiamato in servizio.
La commissione senatoriale che in seguito riesaminò le responsabilità del comandante giunse a conclusioni diverse da quelle a cui era pervenuta la commissione d'inchiesta, ma il documento[2] che avrebbe sancito la riabilitazione formale del generale subì un arresto nel proprio iter per la ferma opposizione di Capello nei riguardi del Governo fascista, maturata dopo un'iniziale vicinanza politica. Il 4 novembre 1925 venne artatamente coinvolto nel fallito attentato contro Benito Mussolini organizzato dal deputato social-unitario Tito Zaniboni: nonostante l'assenza di prove, Capello venne condannato a trent'anni di carcere.
Dai contemporanei era ritenuto uno dei migliori tattici del Regio Esercito italiano[3]; ancora a distanza di cinquant'anni dagli eventi lo scrittore Mario Silvestri sostenne che «di tutti i nostri comandanti d'armata Capello fu di gran lunga il migliore, quello più animato di spirito di iniziativa e dotato di notevole perspicacia ed intuizione, come dimostrò anche a Caporetto»[4]. In possesso di notevole facilità di parola, il generale sapeva infondere fiducia nei propri uomini alla vigilia dell'assalto[5].
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]La fortissima personalità di cui era in possesso gli permise di superare i numerosi pregiudizi sociali, provenendo da una famiglia della piccola borghesia lontana dall' ambiente della nobiltà di spada.
Per decisione paterna, frequentò la Scuola Militare di Modena da dove uscì con il grado di sottotenente nel 1878, per poi completare la propria formazione presso la Scuola di guerra. Divenuto colonnello nel 1904 comandò il 50º Reggimento fanteria. Con il grado di maggior generale nel 1910 comandò la Brigata "Abruzzi" per essere in seguito destinato in Libia durante la Guerra italo-turca dove ebbe il comando di una brigata inquadrata nella 4ª Divisione speciale del generale Ferruccio Trombi, prendendo parte a combattimenti nel settore di Derna. Promosso tenente generale nel 1914 comandò la divisione militare territoriale di Cagliari e poi con l'entrata in guerra dell'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, il II Corpo d'armata.[6]
Grazie alla preparazione massiccia e alla fiducia nella vittoria maturata fra i soldati[7], comandante il VI Corpo d'Armata, egli riuscì nella conquista di Gorizia (VI battaglia dell'Isonzo) ottenendo grande visibilità ed attirando anche lo sguardo di chi lo avrebbe gradito nel ruolo di Capo di Stato Maggiore in vece del generale Cadorna[8]. Dopo un periodo sugli altipiani contrassegnato da scarsa attività, venne richiamato nella Zona di Gorizia e fu insignito della Croce di Grande Ufficiale dell' Ordine Militare di Savoia. In data 1° giugno 1917[9] gli venne assegnato il comando della 2^ Armata (di stanza nell'Isonzo) che portò alla conquista della Bainsizza nell'undicesima offensiva in quel settore. Fu una vittoria di grande impatto, sia per le ingenti risorse materiali disponibili, sia per il nutrito concorso dei nove corpi di armata (dislocati tra il Monte Rombon e Vipacco) compresi nel suo comando: fu la schiacciante vittoria italiana (vittoria a 'doppio taglio' per le insidie potenziali che il terreno conquistato presentava in caso di eventuale offensiva nemica) a stimolare il ricorso all' alleato tedesco da parte degli Austroungarici. Tali dinamiche costituirono i presupposti della sconfitta italiana nell' ottobre del 1917.
Favorevole all' offensiva (intesa principalmente come manifestazione costante dello spirito offensivo[10]), fu promotore[11] e formatore[12] della Brigata 'Sassari'. Estese al contesto della 2^ Armata le innovazioni già sperimentate precedentemente sul piano sia della preparazione psicologica del soldato[13], sia del perseguimento costante della sinergia fra Fanteria ed Artiglieria al fine di proteggere le truppe durante l' assalto alle trincee nemiche[14]. In particolare, già dalla conquista di Gorizia, appoggiò l' opera[15] del generale Francesco Saverio Grazioli che avrebbe poi favorito l' istituzione dei Riparti d'Assalto (gli Arditi), suscitando malumori che alimentarono lo strascico di rivalità (incisivo sulle valutazioni inerenti alle sue responsabilità relative alla sconfitta: la Relazione prodotta dalla Commissione d'Inchiesta[16] diede risalto principalmente ai suoi detrattori).
La preparazione della XII Battaglia dell' Isonzo
[modifica | modifica wikitesto]Diversi fattori fecero sì che l'idea di un' azione offensiva programmata precedentemente venisse abbandonata dal Comando Supremo in favore del mantenimento di un assetto difensivo. Tale mutamento dopo anni di azioni offensive venne considerato da Capello potenzialmente pericoloso per il morale delle truppe[17]: restare in attesa di quello che veniva comunemente considerato un improbabile attacco nemico avrebbe spento completamente lo spirito offensivo dei soldati, già stanchi dopo la battaglia d'agosto[18] e sfibrati dalla subdola propaganda pacifista che da tempo circolava in zona di guerra[19]. La malattia invalidante del Comandante della 2^ Armata (compagine su cui si abbatté poi l' urto nemico), la conseguente presenza di un comandante interinale[20] (generale Luca Montuori) e la lontananza del Capo di Stato Maggiore (intento a verificare la concretezza dell' ipotesi circa un attacco simultaneo alle fronti trentina ed isontina[21]) resero impossibile il dialogo diretto fra Cadorna e Capello con gravi ripercussioni[22]. Il Comandante della 2^ Armata era fortemente propenso ad orientarsi verso una controffensiva di vasto respiro mentre al Capo di Stato Maggiore premeva soprattutto la saldezza dell' assetto difensivo dello schieramento[23]. Le figure secondarie incaricate di mantenere i contatti fra i generali Cadorna e Capello rallentarono ulteriormente il dialogo a distanza, spesso fraintendendone i contenuti ed accrescendo così i margini già ampi di incertezza che angustiavano il generale Capello[24]. In data 19 ottobre il confronto con Cadorna vi fu, ma pressoché a ridosso dell' attacco nemico: il Capo di Stato Maggiore ribadì la necessità di attenersi alla più stretta difensiva, riducendo la controffensiva d'armata ad azioni controffensive di carattere locale[25]. Il generale Capello venne ricoverato per la severità dei sintomi che lo affliggevano ma, alla vigilia dell' attacco, pur febbricitante e malfermo in salute, ritornò alla sede del Comando senza autorizzazione medica[26].
Il 24 ottobre 1917 l'ala sinistra della 2^ Armata venne duramente colpita dall' attacco austrotedesco. Anche la distruzione delle linee di comunicazioni (data da tempo per certa dal generale Capello[27], ma non recepita nella gravità della sua portata dal generale Pietro Badoglio) concorse alla destabilizzazione collettiva. Il 25 ottobre Capello, prima di essere nuovamente ricoverato, ebbe modo di parlare al generale Cadorna e, da lui invitato, di esporgli il suo pensiero circa l'azione più opportuna da compiersi[28]. Ma la sua proposta del ripiegamento tempestivo, inizialmente approvata, suscitò perplessità all' interno del Comando Supremo tali da abbandonare l'idea, salvo riprenderla in seguito, quando il contesto si presentava di molto inasprito.
Sussistono numerose interpretazioni sulle cause della sconfitta, di cui alcune favorevoli agli intenti di Capello[29].
Il Dopoguerra
[modifica | modifica wikitesto]Fu in seguito tra i primi ad aderire ai Fasci italiani di combattimento e venne chiamato a presiederne il Congresso di Roma nel novembre 1921[30]. Ma in seguito al voto del Gran consiglio del fascismo del 13 febbraio 1923 che dichiarava incompatibile l'adesione al Fascismo e alla Massoneria, Capello dichiarò apertamente la propria appartenenza massonica[30] e abbandonò il PNF[31]; e nel 1924 difese fisicamente dagli attacchi fascisti la sede centrale del Grande Oriente d'Italia, Palazzo Giustiniani[32]. La sua aperta attività di opposizione al regime gli precluse la possibilità di veder riconosciute pubblicamente le vere responsabilità circa la sconfitta del 24 ottobre 1917 alle quali era giunta la Commissione Senatoriale[2] nominata con Decreto del 12 aprile 1922: "Papà rispose in mia presenza al senatore: "Mi spiace conte, ma io desidero che la verità mi venga per la via maestra, ossia per quella diritta e del diritto e non per quella tortuosa del mercimonio". E a noi dopo disse: "Hanno sperato di togliermi di mezzo con l' allettamento di qualche biglietto da mille. Non rinuncio alla mia libertà di pensiero e non vengo a patti perché mi si faccia giustizia. Non ho premura; a questo, caso mai, penserà la storia"[33].
Secondo alcuni storici militari, come Rochat e Schindler, mentre i comandanti italiani della Grande guerra come Diaz e Badoglio furono fatti oggetto di onori da parte del regime, Capello fu emarginato, soprattutto a causa della propria appartenenza alla Massoneria (essendo stato iniziato il 15 aprile 1910 nella loggia "Fides" di Torino[34], avendo poi conseguito il 33° e massimo grado del Rito scozzese antico ed accettato[35]). Anche la sete di verità, incurante degli equilibri che avrebbe infranto, congiurò a suo sfavore: "Ma Capello parla e scrive troppo. [...] lasci passare il tempo in silenzio"[36] ebbe a suggerire Benito Mussolini. Ma il Generale ritenne impensabile seguire tale consiglio 'prudente'.
L'attentato a Mussolini
[modifica | modifica wikitesto]Il 5 novembre 1925 Capello fu arrestato a Torino con l'accusa di aver preso parte all'organizzazione del fallito attentato contro Mussolini organizzato dal deputato social-unitario Tito Zaniboni ed attuato il giorno precedente, IV novembre. Capello respinse tutte le accuse e dichiarò di aver avuto solo un incontro, il 2 novembre, con Carlo Quaglia (collaboratore di Zaniboni rivelatosi poi essere un informatore al servizio della Polizia politica[37]), inviato da Zaniboni per potergli consegnare un prestito di 300 lire che serviva per finanziare una manifestazione di reduci antifascisti[38], ma di essere all'oscuro delle reali intenzioni di Zaniboni[38][39].
Secondo le informative di polizia la somma di cui fu trovato in possesso Zaniboni, giunta da Praga e consegnatagli da Quaglia, era stata elargita da un importante massone, il che fece prendere corpo all'idea che nella vicenda vi fosse uno 'sfondo massonico'[40], mentre secondo il funzionario di polizia Guido Leto la responsabilità della massoneria italiana, pur data per scontata fin da subito in ambito politico, era stata poi ridimensionata in ambito giudiziario. Malgrado ciò, essa giustificò per il regime fascista il varo delle leggi miranti alla soppressione della massoneria in Italia[41].
Zaniboni cercò inutilmente di scagionare il Generale dal fallito attentato[42]: "Sarei altamente onorato di poter avere al mio fianco, per la stessa imputazione, quello che fu il più grande generale, dall' Armata in su, della nostra guerra. La mia posizione assurgerebbe a più chiaro significato. Malauguratamente devo avere solo l'amarezza di aver condotto, contro la mia volontà, questo uomo, vecchio e malfermo in salute, alla quale tutta l' Italia dovrebbe essere grata, alla mortificazione del carcere. [...] - e aggiunse - Io non avevo però informato il Capello dei miei intendimenti"[43]. Dal canto suo, Capello sostenne che se avesse realmente partecipato all'organizzazione dell' attentato non avrebbe avuto alcuna remora ad ammetterlo, ma il piano di Zaniboni (definito 'bestiale' da Capello) denotava un' imperizia tale da non poter essergli attribuito[44]. Le uniche 'prove' del coinvolgimento del Generale consistettero nelle parole del collaboratore della Polizia Quaglia: "lo guardai negli occhi. Egli capì che ne sapevo quanto lui"[45].
Nel 1927 fu condannato a trent'anni di carcere, di cui i primi anni scontati in isolamento, ma venne rimesso in libertà il 22 gennaio 1936[39]. Secondo Guido Leto la condanna abbreviata fu dovuta alla convinzione di Mussolini che, nonostante le prove, in realtà il generale fosse estraneo all'attentato, nonché per il riconoscimento degli importanti meriti di Capello acquisiti nella Grande Guerra[46]; inoltre Mussolini dispose la requisizione di alcuni locali della clinica del dottor Cusumano a Formia, all'interno dei quali (e dell'annesso giardino) Capello ebbe libera circolazione durante la detenzione, seppur sotto vigilanza da parte dei carabinieri[46].
Scarcerato, trascorse gli ultimi anni di vita in un appartamento in via Stazione San Pietro a Roma e le estati a Grottaferrata[47].
Riposa nel Cimitero del Verano.
Con decreto del 26 dicembre 1947[48] gli furono restituite tutte le decorazioni militari di cui era insignito, a partire dal 5 agosto dello stesso anno.
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]— Regio Decreto del 28 dicembre 1916 in Bollettino Ufficiale, Disp. 112a del 30 dicembre 1916, p. 6402.[49]
— Regio Decreto 6 ottobre 1917[50]
— Decreto luogotenenziale 21 aprile 1916[51]
Pubblicazioni
[modifica | modifica wikitesto]- Per la verità, Fratelli Treves, Milano, 1920.
- Note di guerra, dall’inizio alla presa di Gorizia Vol.1, Fratelli Treves, Milano, 1920.
- Note di guerra, Vodice, Bainsizza, Caporetto, la vittoria finale Vol.2, Fratelli Treves, Milano, 1921.
- Caporetto, perchè?, Prefazione di Renzo De Felice, Collana Saggi n.414, Torino, Einaudi, ottobre 1967.
Monumenti
[modifica | modifica wikitesto]La ventitreesima galleria della strada delle 52 gallerie del Monte Pasubio, scavate in occasione dei combattimenti della prima guerra mondiale, porta il suo nome[53].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ A. Gatti, Fra le cause strategiche di Caporetto, in Uomini e folle di guerra, Milano, Mondadori, p. 231.
- ^ a b M.L. Suprani Querzoli, Malgrado. La verità sul generale Luigi Capello, Venezia, Mazzanti Libri, pp. 541 - 561.
- ^ L. Falsini, Processo a Caporetto. I documenti inediti della disfatta, Roma, Donzelli Editore, 2017, p. 57.
- ^ M.Silvestri, Isonzo 1917, p. 111.
- ^ A. Soffici, Kobilek - Giornale di battaglia, Firenze, Libreria della Voce, 1918, p.6.
- ^ Enciclopedia Militare - Il Popolo d'Italia - Milano. Vol. II
- ^ L. Capello, Note di guerra, vol. I, Milano, Fratelli Treves Editori, p. 285.
- ^ A. Vanzo, In guerra con la Terza Armata (a cura di A. Saccoman), Bassano del Grappa, Itinera Progetti, 2017, p. 260.
- ^ M. Coltrinari, Riflessioni sulla Grande Guerra. La Vittoria e i suoi artefici. I Generali italiani della Grande Guerra, vol. III, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2019, p.77.
- ^ L. Capello, Note di guerra, vol. I, Milano, Fratelli Treves Editori, 1921, p. 107.
- ^ AA.VV., Luigi Capello. Un Militare nella storia d'Italia (a cura di Aldo. A. Mola), Cuneo, Edizioni L' Arciere, 1987, p. 247.
- ^ G. Tommasi, Brigata Sassari. Note di guerra, Roma, Tipografia Sociale, 1925, p.17.
- ^ L. Capello, Note di guerra, vol. I, Milano, Fratelli Treves Editori, 1921, p. 277.
- ^ L. Capello, Note di guerra, vol. I, Milano, Fratelli Treves Editori, 2021, p. 287.
- ^ F.S. Grazioli, In guerra coi Fanti d'Italia, Roma Libreria del Littorio, 1930, pp. 65 - 66.
- ^ Relazione della Commissione d'Inchiesta (R. Decreto 12 gennaio 1918 n. 35). Dall' Isonzo al Piave, 24 ottobre - 9 novembre 1917 (a cura di Col. PhD Antonino Zarcone e Prof. Aldo A. Mola), vol. II (Le cause e le responsabilità degli avvenimenti), Roma, Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico, 2014.
- ^ L. Capello, Note di guerra, vol. I, Milano, Fratelli Treves Editori, 1921, pp. 105 - 106.
- ^ A. Gatti, Caporetto. Dal diario di guerra inedito (maggio - dicembre 1917), Bologna, Il Mulino, 1964, pp. 190 - 191.
- ^ L. Capello, Caporetto, perché? (a cura di R. De Felice), Torino: Einaudi, 1967, p. 41.
- ^ A. Alberti, L' importanza dell' azione militare italiana. Le cause militari di Caporetto (introduzione e a cura di A. Ungari), Roma, Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Storico, 2004, p. 185.
- ^ R. Cadorna, Sulle "Memorie" di Vittorio Emanuele Orlando, <<Nuova Antologia>> 1916 (1960), pp. 457 - 458.
- ^ A. Gatti, Fra le cause strategiche di Caporetto, in Uomini e folle di guerra, Milano, Mondadori, 1929, p. 231.
- ^ Comando Supremo, Direttiva n. 4741 del 10 ottobre 1917.
- ^ A. Cavaciocchi, Un anno al comando del IV Corpo d'Armata, Udine, Gaspari, 2006, p. 71.
- ^ Raffronto fra gli ordini dati dal Comando della 2^ Armata e gli ordini del Comando Supremo, in L. Capello, Per la Verità, Milano, Fratelli Treves Editori, pp. 235 - 237 - Allegati: annotazioni all' allegato n. 9.
- ^ Commissione per l' esame della petizione presentata al Senato del Regno dal Generale Capello - Malattia e rapporti col Comando interinale, in M.L. Suprani Querzoli, Malgrado. La verità sul generale Luigi Capello (nuova edizione ampliata), Venezia, Mazzanti Libri, 2024, pp. 557 - 559.
- ^ Comando della II Armata, n. 5097 di protocollo, Stralcio della conferenza tenuta da S.E. il Comandante della II Armata, 17 settembre 1917, in L. Capello, Per la Verità, Milano, Fratelli Treves Editori, 1920, p. 257 - Allegati: allegato n. 18.
- ^ L. Capello, Caporetto, perché? (a cura di R. De Felice), Torino: Einaudi, 1967, p. 197.
- ^ Da un articolo di Alessandro Gualtieri del 25 aprile 2009 Archiviato l'8 marzo 2013 in Internet Archive. URL consultato il 13 gennaio 2013
- ^ a b "Il Generale Capello appartenne alla massoneria", Storia illustrata nº 188, luglio 1973, pag. 5
- ^ Anna Maria Isastia, "Massoneria e fascismo: la grande repressione", in: La Massoneria. La storia, gli uomini, le idee, a cura di Zeffiro Ciuffoletti e Sergio Moravia, Mondadori, Milano, 2019, p. 176.
- ^ Nicoletta Casano, Libres et persécutés. Francs-maçons et laïques italiens en exil pendant le fascisme, Paris, Garnier, 2015, p. 55, n. 2.
- ^ Laura Capello, N. 3264 (Generale Capello), Milano, Garzanti, 1946, pp. 210 - 211.
- ^ Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori. Brevi biografie di Massoni famosi, Roma-Milano, Erasmo Edizioni-Mimesis, 2005, p. 56.
- ^ Aldo A. Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai giorni nostri, Milano, 1972, pag. 506.
- ^ Intervista di Enzo Saini ad Ardengo Soffici, in <<Settimo Giorno>>, 26 marzo 1959.
- ^ D. Barattin, Tito Zaniboni e il complotto friulano per uccidere Mussolini, San Daniele del Friuli, Libraria, 2011, pp. 70 - 71.
- ^ a b "Il Generale Capello appartenne alla massoneria", Storia illustrata nº 188, luglio 1973, pag. 6
- ^ a b Enzo Biagi, "Storia del Fascismo", Saeda Della Volpe Editore, pag. 405
- ^ Guido Leto, p. 19.
- ^ Guido Leto, p. 20.
- ^ Da una cronaca dell'epoca: "In seguito, molto cavallerescamente scagiona il coinputato Capello da ogni responsabilità nel suo progettato gesto"
- ^ D. Ascolano, Luigi Capello. Biografia militare e politica, Ravenna, Longo Editore, 1999, p. 251.
- ^ Laura Capello, N. 3264 (Generale Capello), Milano, Garzanti, 1946, pp. 118 - 119.
- ^ D. Ascolano, Luigi Capello. Biografia militare e politica, Ravenna, Longo Editore, 1999, p. 256.
- ^ a b Guido Leto, p. 21.
- ^ Angelo Mangone, "Luigi Capello", Mursia Editore, Milano, 1994, pag. 159.
- ^ Registrato alla Corte dei conti il 29 gennaio 1948 – Esercito, registro n.2, foglio n.44.
- ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
- ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
- ^ Bollettino Ufficiale 1916, disp.35a del 26 aprile 1916, pag.1670.
- ^ Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. esercito italiano e nel personale dell'amministrazione militare, 1922, p. 2695. URL consultato il 14 settembre 2019.
- ^ Gattera 2007, pagg. 104.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 1, Milano, Fratelli Treves Editori, 1921.
- Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 2, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
- Luigi Cadorna, Carlo Cadorna, Caporetto? Risponde Luigi Cadorna, Roma, Bastogi Libri, 2020, ISBN 978-8855010894
- Guido Leto, OVRA fascismo-antifascismo, Bologna, Cappelli Editore, 1951.
- Enzo Biagi, Storia del Fascismo, Firenze, Sadea Della Volpe Editore, 1964.
- Mario Silvestri, Isonzo 1917, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2001 [Einaudi, 1965], ISBN 978-88-17-07131-4.
- Aldo Alessandro Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai giorni nostri, Milano, Bompiani, 1972, ISBN 978-88-17-07131-4.
- Aldo Alessandro Mola e Giancarlo Bergami, Luigi Capello : un militare nella storia d'Italia : atti del convegno di Cuneo, 3-4 apr. 1987, Cuneo, L'Arciere, 1987, pp. 259, OCLC 159893538. Ospitato su archive.is.
- Dario Ascolano, Luigi Capello. Biografia militare e politica, Ravenna, Longo Editore, 1999, ISBN 88-8063-228-X
- Angelo Mangone, Luigi Capello. Da Gorizia alla Bainsizza da Caporetto al carcere, Milano, Ugo Mursia Editore, 1994, ISBN 978-88-425-0960-8.
- Maria Luisa Suprani Querzoli, Luigi Capello. Profilo di un Generale italiano, Lucca, Tralerighe Libri, 2022, ISBN 978-88-3287-240-8
- John R. Schindler, Isonzo. Il massacro dimenticato della Grande Guerra, traduzione di Alessandra di Poi, Gorizia, LEG, 2002, ISBN 978-88-869-2854-0.
- Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori. Brevi biografie di Massoni famosi, Milano, Erasmo Edizioni-Mimesis, 2005.
- Claudio Gattera, Il Pasubio e la strada delle 52 gallerie, Valdagno, Gino Rossato Editore, 2007, ISBN 978-88-8130-017-4.
- Alberto Cavaciocchi e Andrea Ungari, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore, 2014.
- Maria Luisa Suprani Querzoli, Malgrado. La verità sul generale Luigi Capello (prefazione di Antonino Zarcone), Venezia, Mazzanti Libri, 2024 (nuova edizione ampliata), ISBN 978-88-3621-307-8.
- Periodici
- Marco Cesarini Sforza, Gli attentati a Mussolini, Per pochi centimetri fu sempre salvo, in La Storia illustrata, n. 8, Milano, A. Mondadori Editore, agosto 1965, p. 240.
- Il Generale Capello appartenne alla massoneria, in La storia illustrata, n. 188, Milano, A. Mondadori Editore, luglio 1973, p. 6.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikiquote contiene citazioni di o su Luigi Capello
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Luigi Capello
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Capello, Luigi, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- (EN) Luigi Capello, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Giorgio Rochat, CAPELLO, Luigi Attilio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 18, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1975.
- Opere di Luigi Capello, su Liber Liber.
- (EN) Opere di Luigi Capello, su Open Library, Internet Archive.
- Biografia del generale Capello, su lagrandeguerra.net.
- Articolo dello storico Alessandro Gualtieri, su alessandrogualtieri.com. URL consultato il 13 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale l'8 marzo 2013).
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