Dopo il ballo

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Dopo il ballo
Titolo originaleПосле бала
Copertina di "Dopo il ballo" (Disegno: B.Kustodiev, 1926)
AutoreLev Tolstoj
1ª ed. originale1911
1ª ed. italiana1954
Genereracconto
Lingua originalerusso
AmbientazioneKazan', anni 1840
Personaggi
  • Ivan Vasil’evič
  • Col. Petr Vladislavič B.
  • Varen’ka B.
  • Soldato tataro

Dopo il ballo (in russo После бала?, Posle bala) è un racconto di Lev Tolstoj scritto nel 1903 e pubblicato postumo nel 1911.

Ivan Vasil’evič, «un uomo da tutti stimato»[1], racconta agli amici un episodio della sua giovinezza che ha cambiato completamente la sua vita.

Ivan Vasil’evič, l'io narrante, è innamorato di Varen’ka, bellissima figlia del colonnello Petr Vladislavič, comandante militare della città. L'ultimo giorno di Carnevale Ivan partecipa a una festa da ballo nell'abitazione di un funzionario del luogo[2]. Alla festa partecipa anche Varen’ka, accompagnata dal padre, il quale dapprima si esibisce con la figlia in una mazurca fra l'ammirazione di tutti. L'amore del colonnello verso la figlia suscita in Ivan «un sentimento di entusiastica tenerezza»[3]. Poi Ivan balla solo con Varen’ka e la sua felicità è tale che, una volta ritornato a casa, alle due di notte, non riesce a prender sonno: esce fuori e comincia a girovagare per la città.

Verso le sei del mattino sente una musica militare. Si avvicina e assiste alla raccapricciante punizione di un soldato tataro, reo di aver tentato di abbandonare l'esercito, da parte dei suoi commilitoni:

«I soldati in divisa nera erano disposti in due file l'una di fronte all'altra, col fucile al piede, immobili. [...] in mezzo alle file qualcosa di orrendo [...] un uomo nudo fino alla cintola, legato a un fucile che due soldati reggevano, venendo avanti [...] l'uomo veniva punito, coi colpi che gli piovevano addosso da entrambe le parti. [...] A ogni colpo, l'uomo che veniva punito volgeva con una specie di stupore la faccia corrugata dalla sofferenza, e guardando là da dove il colpo era venuto e digrignando i bianchi denti ripeteva una frase, sempre la stessa [...] "Fratelli, abbiate pietà. Fratelli, abbiate pietà". Ma i fratelli non avevano pietà [...] Quando ebbero superato il posto dove io stavo, vidi balenare tra le due file la schiena dell'uomo che veniva punito. Era qualcosa di talmente variopinto, umido, rosso, innaturale che non riuscii a credere che potesse essere un corpo umano.»

Punizione delle verghe in Russia (Geoffroy, 1845)

Ivan riconosce l'ufficiale che comanda l'esecuzione: «Era il padre di lei, con il suo viso roseo e i baffi e le fedine candide.»[4]. A un certo punto Ivan vede il colonnello percuotere uno dei suoi soldati «perché costui non aveva abbassato con abbastanza forza la sua verga sulla schiena rossa del tataro» e addirittura chiedere nuove verghe[5].
Rievocando agli amici il proprio orrore, Ivan Vasil’evič afferma che dapprima non aveva giudicato quella punizione «una cosa malvagia»: «"Se queste cose le fanno con tanta sicurezza e son ritenute da tutti indispensabili, vuol dire che loro sanno qualcosa che io non so" così pensavo, e mi sforzavo di scoprire cosa fosse quel qualcosa. Ma, per quanti sforzi facessi, non riuscii a saperlo nemmeno in seguito»[6]. Decide comunque di non seguire la carriera militare, come si era ripromesso in precedenza, né lavorare nella pubblica amministrazione. E da quel giorno comincia a svanire anche l'amore («immediatamente mi tornava in mente il colonnello là in quello spiazzo e mi sentivo talmente a disagio e in una maniera talmente sgradevole, che cominciai a incontrarla sempre più di rado. E fu così che l'amore finì per sparire del tutto.»[7].)

Genesi dell'opera

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Alla fine di aprile 1903 Tolstoj ricevette dallo scrittore Sholem Aleichem l'invito a consegnare un racconto inedito per una raccolta di racconti i cui proventi sarebbero andati alle vittime di un pogrom che si era verificato a Kišinëv il 6 e 7 aprile 1903. Tolstoj cominciò a progettare questo racconto nel giugno 1903[8] e il 9 agosto terminò la prima stesura intitolata "La figlia e il padre" (in russo Дочь и отец?, Doč’ i otec). Continuò poi a correggere per un paio di settimane il racconto, intitolato per qualche tempo anche «Ma che dici?» (in russo А вы говорите?, A vy govorite). Non giunse però a un testo definitivo'[9]. Il racconto fu pubblicato infine postumo nel 1911 nel primo volume delle opere postume di Tolstoj curate da Vladimir Čertkov col titolo definitivo[10].

Il tema principale del racconto trae lo spunto da un ufficiale conosciuto da Tolstoj in gioventù a Kazàn', Andrei Petrovič Korejš, la cui figlia Varvara Andreevna Korejša (già menzionata nel Diario del 18 giugno 1903[8]) era stata fidanzata di Sergej Nikolàevič Tolstoj, fratello primogenito dello scrittore[11].

Formalmente Dopo il ballo è basato sul contrasto fra due differenti ambienti: la luminosa e allegra sala da ballo nella prima parte, la vigilia di Carnevale («Il ballo era splendido: il salone era bellissimo, con tanto di cori e musicisti — servi della gleba d'un possidente amante della musica, assai celebri a quel tempo, — il buffet era magnifico e scorreva un mare di champagne»[12]) e la fredda, plumbea piazza dove, il mattino del giorno successivo al ballo, la Domenica dedicata dalla Chiesa ortodossa al perdono[2], si esegue la punizione delle verghe.

Il Gattopardo, Ballo

Adriano Sofri, il quale aveva già esaminato Dopo il ballo nella recensione di un romanzo di Clara Usón[13], ritiene che il racconto di Tolstoj abbia influenzato Tomasi di Lampedusa e soprattutto Luchino Visconti il quale «fa corrispondere per intero lo schema del racconto di Tolstoj con quello del Gattopardo. Là il colonnello affettuoso è l'altra faccia del bruto che sferza il disgraziato disertore. Qui la lussuosa futilità del ballo finisce nella scarica di fucileria contro i disertori»[14].

Viktor Šklovskij esamina la tecnica dello straniamento in Tolstoj:

«Il procedimento dello straniamento in Tolstoj consiste nel fatto che non chiama l’oggetto col suo nome, ma lo descrive come se lo vedesse per la prima volta, e l’avvenimento come se accadesse per la prima volta; per cui adopera nella descrizione dell’oggetto non le denominazioni abituali delle sue parti, bensì quelle delle parti corrispondenti in altri oggetti. [...] Porto un esempio [...] L. N. Tolstoj "strania" il concetto di fustigazione in questo modo: "... denudare, gettare al suolo e battere con le verghe sulla schiena chi ha infranto le leggi". Mi scuso per l’esempio pesante, ma è tipico della maniera di Tolstoj per toccare la coscienza. Una comune fustigazione viene "straniata" sia con la descrizione, che con la proposta di cambiarne la forma, pur senza mutarne l’essenza.»

  • Lev Nikolaevič Tolstoj, «Posle bala». In: Posmertnye hudožestvennye proizvedeniâ L. N. Tolstogo, Moskva: A.L. Tolstaja, 1911
  • Lev Nikolaevič Tolstoj, «Posle bala». In: L.N. Tolstoj Sobranie sočinenij v 22 t., Moskva: Hudožestvennaâ literatura, 1983, Vol. 14, pp. 7–14 (on-line)
  • Leone Tolstoi, Dopo il ballo: e altri racconti; a cura di Lanfranco Stolfi, Milano: Universale economica, 1954. Pubblicato con "Perché" e "La morte di Ivan Il'ič"
  • Lev Tolstoj, «Dopo il ballo». In: Racconti; a cura di Agostino Villa, Vol. III, Torino: Einaudi, 1955
  • Lev N. Tolstòj, «Dopo il ballo»; traduzione di Erme Cadei. In: Eridano Bazzarelli (a cura di), Tutte le opere narrative e di teatro di Lev N. Tolstòj; Vol. IV (Resurrezione. Ultimi racconti), Milano: Mursia, 1960
  • Lev Tolstòj, «Dopo il ballo»; traduzione di Cristina Bongiorno. In: Igor Sibaldi (a cura di), Coll. I Meridiani, Milano: A. Mondadori, 1991, Vol. II, pp. 771–783, 88-04-35177-2
  1. ^ L. Tolstoj, «Dopo il ballo»; traduzione di Cristina Bongiorno. In: Tutti i racconti, op. cit., ISBN 88-04-35177-2, p. 771. Tutte le citazioni della voce provengono dalla suddetta edizione.
  2. ^ a b La festa da ballo si svolge nel sabato di Maslenica, un periodo corrispondente grosso modo al Carnevale. Il giorno successivo per la Chiesa Ortodossa è la Domenica che precede la Quaresima, giorno dedicato al perdono dei peccati: i cristiani ortodossi chiedono perdono per i propri peccati e perdonano i peccati altrui.
  3. ^ L. Tolstoj, «Dopo il ballo». In: Tutti i racconti, op. cit., p. 777.
  4. ^ L. Tolstoj, «Dopo il ballo». In: Tutti i racconti, op. cit., p. 780.
  5. ^ L. Tolstoj, «Dopo il ballo». In: Tutti i racconti, op. cit., p. 781.
  6. ^ L. Tolstoj, «Dopo il ballo». In: Tutti i racconti, op. cit., p. 782.
  7. ^ L. Tolstoj, «Dopo il ballo». In: Tutti i racconti, op. cit., p. 783.
  8. ^ a b Nella raccolta per gli ebrei: un allegro ballo a Kazan, sono innamorato di Korejša, bellissima, figlia di un generale polacco, ballo con lei; suo padre, un bellissimo vecchio, la prende teneramente per mano e inizia la mazurca. E all'alba, dopo la notte insonne da innamorato, rullo dei tamburi: un soldatino tartaro passa fra le verghe e il generale incita a picchiarlo più forte. Sarebbe molto bello.(Diari del 18 giugno 1903 (vedi)
  9. ^ Igor Sibaldi, Commento e note di «Dopo il ballo». In: Lev Tolstòj, Tutti i racconti, a cura di Igor Sibaldi, Milano: A. Mondadori, 2005, Vol. II, pp. 1440-41, ISBN 88-04-35177-2
  10. ^ Opere letterarie postume di Lev Nikolàevič Tolstoj (in russo Посмертные художественные произведения Л. Н. Толстого?, Posmertnye hudožestvennye proizvedeniâ L. N. Tolstogo), a cura di V.G. Čertkov, Mosca: ed. A.L. Tolstaja, tomo I, 1911
  11. ^ (RU) in russo Толстой Л. Н. Ответ на определение Синода от 20—22 февраля и на полученные мною по этому случаю письма?, Tolstoj L. N. Otvet na opredelenie Sinoda ot 20—22 fevralâ i na polučennye mnoû po ètomu slučaû pis’ma // levtolstoy.org.ru
  12. ^ L. Tolstoj, «Dopo il ballo». In: Tutti i racconti, op. cit., p. 773.
  13. ^ Adriano Sofri, «La figlia del boia», la Repubblica del 5 aprile 2013.
  14. ^ Adriano Sofri, «Tolstoj e il Gattopardo: il conte e il principe vanno al ballo», la Repubblica del 15 aprile 2013.
  15. ^ (EN) Posle bala (1962), su IMDb, IMDb.com. URL consultato il 24 febbraio 2017.

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