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Moxonidina
Moxonidina | |
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Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | C9H12ClN5O |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 629-833-3 |
PubChem | 4810 |
DrugBank | DBDB09242 |
SMILES | CC1=NC(=C(C(=N1)Cl)NC2=NCCN2)OC |
Dati farmacocinetici | |
Biodisponibilità | 88% |
Emivita | ~2.2–2.8 ore |
Indicazioni di sicurezza | |
La moxonidina è è un agonista dei recettori imidazolina/α-2 utilizzato per trattare l'ipertensione, in particolare nei casi in cui gli inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina, i β-bloccanti, i bloccanti dei canali del calcio e i tiazidici non siano appropriati o non garantiscono un controllo adeguato della pressione sanguigna.[1][2]
Farmacologia
[modifica | modifica wikitesto]Indicazione d'uso
[modifica | modifica wikitesto]Farmaco impiegato per il trattamento dell'ipertensione essenziale o primaria lieve-moderata ed è efficace come la maggior parte degli antipertensivi di prima linea quando usata come monoterapia.[1][2]
Farmacodinamica
[modifica | modifica wikitesto]L'agente antipertensivo moxonidina agisce a livello del sistema nervoso centrale, specificamente interagendo con i recettori I1-imidazolina e alfa-2-adrenergici nella medulla rostrale ventrolaterale.[3]
Farmacocinetica
[modifica | modifica wikitesto]Negli esseri umani, circa il 90% di una dose orale di moxonidina viene assorbito; non è soggetto a metabolismo di primo passaggio e la sua biodisponibilità è dell'88%. L'assunzione di cibo non interferisce con la farmacocinetica della moxonidina. La moxonidina viene metabolizzata dal 10% al 20%, principalmente in 4,5-diidromoxonidina e in un derivato guanidinico attraverso l'apertura dell'anello imidazolina. L'effetto ipotensivo della 4,5-diidromoxonidina è solo 1/10, e quello del derivato guanidinico è inferiore a 1/100 rispetto a quello della moxonidina. I livelli plasmatici massimi di moxonidina vengono raggiunti tra 30 e 180 minuti dopo l'assunzione di una compressa rivestita.[3]
Solo circa il 10% della moxonidina si lega alle proteine plasmatiche (Vd ss = 1,8 ± 0,4 L/kg). La moxonidina e i suoi metaboliti vengono eliminati quasi interamente attraverso i reni. Più del 90% della dose viene eliminato attraverso i reni nelle prime 24 ore dopo la somministrazione, mentre solo circa l'1% viene eliminato attraverso le feci. L'escrezione renale cumulativa di moxonidina invariata è di circa il 50-75%.[3]
La emivita plasmatica media di eliminazione della moxonidina è di 2,2-2,3 ore, mentre l'emivita di eliminazione renale è di 2,6-2,8 ore.[3]
Nei pazienti anziani, l'esposizione (AUC) alla moxonidina aumenta di circa il 50% dopo una singola dose e allo steady state, pertanto dovrebbero essere utilizzate dosi inferiori di moxonidina per il trattamento dell'ipertensione.[3] In caso di funzione renale moderatamente compromessa (GFR 30-60 mL/min), l'AUC aumenta dell'85% e la clearance diminuisce al 52%. In tali pazienti, l'effetto ipotensivo della moxonidina dovrebbe essere attentamente monitorato, soprattutto all'inizio del trattamento.[3]
Meccanismo d'azione
[modifica | modifica wikitesto]La moxonidina stimola i recettori alfa-2-adrenergici centrali, causando la soppressione simpaticoadrenale e una conseguente riduzione della pressione sanguigna. Inoltre, è stato scoperto che la moxonidina può anche sopprimere l'attività simpaticoadrenale attraverso una seconda via che coinvolge un bersaglio farmacologico specifico per le imidazoline.[4] In particolare, la moxonidina si lega al recettore di imidazolina di tipo 1 (I1) e, in misura minore, ai recettori alfa-2-adrenergici nella RSV, riducendo l'attività simpatica, la resistenza vascolare sistemica e quindi la pressione arteriosa.[3]
Inoltre, la moxonidina si differenzia dagli altri antipertensivi ad azione centrale poiché ha una bassa affinità per i recettori alfa-2-adrenergici centrali, che sono considerati il bersaglio molecolare principale per gli effetti collaterali comuni come sedazione e secchezza delle fauci.[3]
Assorbimento
[modifica | modifica wikitesto]Il 90% di una dose orale viene assorbito con una scarsa interferenza dall'assunzione di cibo o dal metabolismo di primo passaggio, risultando in un'alta biodisponibilità dell'88%.[3]
Volume di distribuzione
[modifica | modifica wikitesto]Il volume di distribuzione del farmaco è di 1,8±0,4 L/kg.[3]
Legame proteico
[modifica | modifica wikitesto]Circa il 10% della moxonidina si lega alle proteine plasmatiche.[3]
Metabolismo
[modifica | modifica wikitesto]La biotrasformazione è insignificante.[5] Il 10-20% della moxonidina subisce reazioni di ossidazione per formare i metaboliti primari 4,5-diidromoxonidina e una derivato guanidinico attraverso l'apertura del anello imidazolina.[3]
Gli effetti antipertensivi di questi metaboliti 4,5-diidromoxonidina e guanidinici sono solo 1/10 e 1/100 rispetto all'effetto della moxonidina.[3]
L'ossidazione sul gruppo metilico (anello pirimidinico) o sull'anello imidazolo della moxonidina porta alla formazione del metabolita idrossilmetil moxonidina o del metabolita idrossi moxonidina.[6] Il metabolita idrossi moxonidina può subire ulteriori ossidazioni per formare il metabolita diidrossi o può perdere acqua per formare il metabolita diidrogenato della moxonidina, che a sua volta può subire ulteriori ossidazioni per formare un N-ossido.[6] Oltre a questi metaboliti di fase I, è evidente anche il metabolismo di fase II della moxonidina con la presenza di un metabolita di coniugazione con cisteina privo di cloro.[6] Tuttavia, l'identificazione del metabolita idrossi moxonidina con un alto livello di metabolita diidrogenato della moxonidina nei campioni di urina umana suggerisce che la deidrogenazione dal metabolita idrossi al metabolita diidrogenato rappresenti la via metabolica principale negli esseri umani.[6]
Non sono ancora stati determinati i citocromi P450 responsabili del metabolismo della moxonidina negli esseri umani.[6]
In definitiva, il composto madre moxonidina è stato osservato come il componente più abbondante in diverse matrici biologiche di campioni di escrezione urinaria, confermando che il metabolismo svolge solo un ruolo modesto nella clearance della moxonidina negli esseri umani.[6]
Via di eliminazione
[modifica | modifica wikitesto]L'eliminazione avviene quasi interamente attraverso i reni, con la maggior parte (50-75%) della moxonidina eliminata invariata tramite escrezione renale. In definitiva, più del 90% di una dose viene eliminata attraverso i reni nelle prime 24 ore dopo l'assunzione, mentre solo circa l'1% viene eliminato tramite le feci.[3]
Emivita
[modifica | modifica wikitesto]L'emivita di eliminazione plasmatica è di 2,2-2,3 ore, mentre l'emivita di eliminazione renale è di 2,6-2,8 ore.[3]
Clearance
[modifica | modifica wikitesto]Viene somministrato due volte al giorno a causa della breve emivita.[3]
Tuttavia, è necessario apportare adeguamenti di dosaggio inferiori e monitoraggio attento nei pazienti anziani e con compromissione renale a causa di una ridotta clearance. In particolare, l'esposizione AUC può aumentare di circa il 50% dopo una singola dose e allo steady state nei pazienti anziani e con una funzione renale moderatamente compromessa con un GFR tra 30-60 mL/min, possono causare aumenti dell'AUC dell'85% e riduzioni della clearance al 52%.[3]
Tossicità
[modifica | modifica wikitesto]La moxonidina è controindicata in caso di ipersensibilità nota a uno degli ingredienti, insufficienza cardiaca, grave compromissione renale, età inferiore ai 16 anni, età superiore ai 75 anni, bradicardia, grave bradiaritmia, sindrome del seno malato, blocco atrioventricolare di II o III grado, aritmie maligne. Deve essere utilizzata con cautela nei pazienti con precedente storia di malattia coronarica grave, angina instabile, edema angioneurotico.[3]
Categoria di gravidanza B3: Evitare l'uso durante la gravidanza (dati insufficienti nelle donne in gravidanza) e durante l'allattamento (trasferimento nel latte materno dimostrato) a meno che il beneficio non giustifichi chiaramente il rischio.[3]
La mancanza di esperienza terapeutica specifica nei casi di claudicatio intermittens, malattia di Raynaud, morbo di Parkinson, disturbi epilettici, glaucoma e depressione suggerisce che la moxonidina non dovrebbe essere utilizzata in tali situazioni.[3]
Non sembra esserci una significativa cancerogenicità e genotossicità.[3]
L'assunzione contemporanea di altri ipotensivi o di sedativi e ipnotici può potenziare l'effetto ipotensivo e intensificare la sedazione, rispettivamente.[3]
Evitare l'uso contemporaneo di antidepressivi triciclici per evitare una riduzione dell'efficacia della moxonidina.[3]
In generale, la moxonidina è ben tollerata, con secchezza delle fauci e mal di testa come effetti avversi più comuni.[3] I sintomi da sovradosaggio sono correlati alle proprietà farmacodinamiche: ipotensione, sedazione, disregolazione ortostatica, bradicardia, secchezza delle fauci, senza un trattamento specifico noto.[3]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Caroline Fenton, Gillian M. Keating e Katherine A. Lyseng-Williamson, Moxonidine: a review of its use in essential hypertension, in Drugs, vol. 66, n. 4, 2006, pp. 477–496, DOI:10.2165/00003495-200666040-00006. URL consultato il 14 luglio 2023.
- ^ a b Electronic Medicines Compedium Physiotens (Moxonidine) Monograph, su medicines.org.uk.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y FDA Label - PRODUCT INFORMATION PHYSIOTENS® TABLETS, su s3-us-west-2.amazonaws.com.
- ^ P. Ernsberger, M. A. Haxhiu e L. M. Graff, A novel mechanism of action for hypertension control: moxonidine as a selective I1-imidazoline agonist, in Cardiovascular Drugs and Therapy, 8 Suppl 1, 1994-03, pp. 27–41, DOI:10.1007/BF00877082. URL consultato il 14 luglio 2023.
- ^ B. N. Prichard, C. W. Owens e B. R. Graham, Pharmacology and clinical use of moxonidine, a new centrally acting sympatholytic antihypertensive agent, in Journal of Human Hypertension, 11 Suppl 1, 1997-08, pp. S29–45. URL consultato il 14 luglio 2023.
- ^ a b c d e f Minxia M. He, Trent L. Abraham e Thomas J. Lindsay, Metabolism and disposition of the antihypertensive agent moxonidine in humans, in Drug Metabolism and Disposition: The Biological Fate of Chemicals, vol. 31, n. 3, 2003-03, pp. 334–342, DOI:10.1124/dmd.31.3.334. URL consultato il 14 luglio 2023.
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