Marco Terenzio Varrone | |
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Questore della Repubblica romana | |
Ritratto cinquecentesco di Varrone | |
Nome originale | Marcus Terentius Varro |
Nascita | 116 a.C. Rieti |
Morte | 27 a.C. Roma |
Gens | Terentia |
Questura | 78 a.C. in Illyricum |
Pretura | 50 a.C. |
Legatus legionis | 79 a.C. |
Propretura | 49 a.C. in Spagna |
Marco Terenzio Varrone (in latino Marcus Terentius Varro; Rieti, 116 a.C. – Roma, 27 a.C.) è stato un letterato, grammatico, militare e agronomo romano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Marco Terenzio Varrone nacque a Rieti nel 116 a.C.: per tale motivo è detto Reatino (attributo che lo distingue da Varrone Atacino, vissuto nello stesso periodo).[1] Nato da una famiglia di nobili origini, possedeva rilevanti proprietà terriere nel reatino[2] - dove fu educato con disciplina e severità dai familiari -, integrate dall'acquisto di lussuose ville a Baia e fondi terrieri a Tusculum e Cassino.
A Roma compì studi avanzati presso i migliori maestri del tempo: tra gli altri, studi di grammatica presso Lucio Elio Stilone Preconino, che lo fece appassionare anche agli studi etimologici e retorici[3] e di linguistica e filologia con Lucio Accio, a cui dedicò la sua prima opera grammaticale De antiquitate litterarum. Come molti giovani romani, compì un viaggio in Grecia fra l'84 a.C. e l'82 a.C., dove ascoltò filosofi accademici come Filone di Larissa e Antioco di Ascalona, da cui dedusse una posizione filosofica di tipo eclettico.[4]
A differenza di molti altri eruditi del tempo, Varrone non si ritirò dalla vita politica ma, anzi, vi prese parte attivamente accostandosi agli optimates, forse anche influenzato dalla sua estrazione sociale. Dopo aver, infatti, percorso le prime tappe del cursus honorum (triumviro capitale nel 97 a.C., questore lo stesso anno, legato in Illiria nel 78 a.C.) fu vicino a Pompeo, per il quale ricoprì incarichi di grande importanza: fu legato e proquestore in Spagna fra il 76 a.C. e il 72 a.C. e combatté nella guerra contro i pirati difendendo la zona navale tra la Sicilia e Delo.[5]
Allo scoppio della guerra civile nel 49 a.C. fu propretore in Spagna: in una guerra che vedeva romani contro romani, tentò un'incerta difesa del suo territorio che si concluse in una resa giudicata poco gloriosa da Cesare nei Commentarii de bello civili.[6]
Dopo la disfatta dei pompeiani, si avvicinò, comunque, a Cesare, che apprezzò il reatino soprattutto sul piano culturale, affidandogli la costituzione di due biblioteche, una di testi latini e l'altra di testi greci, che però, dopo le idi di marzo, furono sospese.[7] Dopo la morte del dittatore, Varrone fu anzi inserito nelle liste di proscrizione sia di Antonio sia di Ottaviano (interessati più alle sue ricchezze che a punire i congiurati), da cui si salvò grazie all'intervento di Fufio Caleno per poi avvicinarsi a Ottaviano, cui dedicò il De vita populi Romani volto alla divinizzazione della figura di Cesare.[8]
Morì quasi novantenne nel 27 a.C. dopo aver scritto una produzione di circa settanta opere, suddivise in 620 libri.[9]
Opere
[modifica | modifica wikitesto]«Tu ci hai fatto luce su ogni epoca della patria, sulle fasi della sua cronologia, sulle norme dei suoi rituali, sulle sue cariche sacerdotali, sugli istituti civili e militari, sulla dislocazione dei suoi quartieri e vari punti, su nomi, generi, su doveri e cause dei nostri affari, sia divini che umani.»
Produzione e trasmissione
[modifica | modifica wikitesto]L'immensa mole del lavoro compiuto e il suo attaccamento alla tradizione romana fanno di Varrone uno dei più grandi eruditi della romanità e dell'antichità in generale. Non a caso Petrarca, nei Trionfi (IV, 3, v. 38), l'avrebbe definito il «terzo gran lume romano», ritenendo che Varrone (sommo erudito) fosse preceduto solo da Cicerone (sommo oratore) e Virgilio (sommo poeta)[10]. La vasta produzione di Varrone fu suddivisa da Girolamo in un catalogo (incompleto, poiché sono elencati circa la metà degli scritti del reatino):[11] in totale, le opere varroniane erano verosimilmente 74, suddivise in 620 volumi, sebbene Varrone stesso, a 77 anni, abbia riferito di aver scritto 490 libri.[12]
Le opere varroniane, secondo l'argomento, possono essere suddivise in vari gruppi, dalle opere di erudizione, filologia e storia a quelle giuridiche e burocratiche, dalle opere di filosofia e agricoltura alle opere di poesia, di linguistica e letteratura; di retorica e diritto, con ben 15 libri De iure civili; di filosofia; tuttavia, di questa enorme produzione è pervenuta (quasi integra) solo un'opera, il De re rustica, mentre del De lingua Latina sono pervenuti solo 6 libri su 25, probabilmente per il fatto che, avendo compulsato tanta parte della cultura greco-romana precedente, divenne la fonte indispensabile per gli autori successivi, perdendosi, per così dire, per assimilazione.
Il filologo ed erudito
[modifica | modifica wikitesto]Della sua attività filologica fa testimonianza il cosiddetto "canone varroniano", elaborato a partire da due opere, le Quaestiones Plautinae e il De comoediis Plautinis, in cui Varrone ripartì il corpus plautino, che includeva 130 fabulae: di queste, 21 vengono definite autentiche, 19 di origine incerta, dette "pseudo-varroniane" e le restanti 90 spurie[13].
Si occupò anche di antiquaria, con i 41 libri di Antiquitates, il suo capolavoro, divisi in 25 di res humanae e 16 di res divinae,[14] fonte precipua di Agostino nel De civitate Dei: proprio da Agostino si evidenzia l'attenzione di Varrone sulla religione civile romana, con una compiuta disamina su culti e tradizioni, pur con acute critiche alla teologia mitica dei poeti in nome di una theologia naturalis. A questo gruppo appartiene anche l'opera, non pervenuta, De bibliothecis, presumibilmente legata alle incombenze come bibliotecario affidategli da Cesare e che sembra pervenutaci in forma fortemente riassunta nelle Etimologie di Isidoro di Siviglia.
La produzione a sfondo filosofico
[modifica | modifica wikitesto]Nell'ambito filosofico, notevoli dovevano essere i Logistorici (dal greco “discorsi di storia”)[15] un'opera in 76 libri, composta in forma di dialogo in prosa, di argomento morale e antiquario, in cui ogni libro prendeva il nome di un personaggio storico e un tema di cui il personaggio costituiva un modello, come il Marius, de fortuna o il Catus, de liberis educandis:[16] probabilmente questi dialoghi storico-filosofici furono tra i modelli del Laelius de amicitia e del Cato Maior de senectute di Cicerone.[17]
All'interesse filosofico e divulgativo di Varrone, riconducevano anche le Saturae Menippeae,[18] probabilmente scritte lungo tutto il corso della sua parabola culturale, che prendevano come modello Menippo di Gadara, esponente della filosofia cinica (da cui il nome).Scritte tra l'80 a.C. e il 46 a.C., si componevano di 150 libri, in prosa e in versi, di cui però ci rimangono circa 600 frammenti e novanta titoli, di argomento soprattutto filosofico, ma anche di critica dei costumi, morale, con rimpianti sui tempi antichi in contrasto con la corruzione del presente. Ciascuna satira recava un titolo, desunto da proverbi (Cave canem con allusione alla mordacità dei filosofi cinici) o dalla mitologia (Eumenides contro la tesi stoico-cinica per cui gli uomini sono folli, Trikàranos, il mostro a tre teste, con un mordace riferimento al primo triumvirato) ed era caratterizzata da lessico popolaresco, polimetria e, come in Menippo, uno stile tragicomico.[19]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Valerio Massimo, VII 3.
- ^ Aulo Gellio, III 10, 7.
- ^ Ce ne parla Varrone stesso in De lingua latina, VII 12.
- ^ Cicerone, Academica posteriora, I 7, 12.
- ^ Appiano, Guerre civili, IV 47; Varrone, De re rustica, II 10, 8 e III 12, 7.
- ^ II 17.
- ^ Svetonio, Cesare, 44, 2.
- ^ Appiano, IV 47.
- ^ Ausonio, Commemoratio professorum Burdigalensium, XX, 10.
- ^ Conte, Gian Biagio., Letteratura latina, 3a ed, Le Monnier Università, 2019, ISBN 978-88-00-74941-1, OCLC 1137225234. URL consultato il 24 gennaio 2021.
- ^ Chronicon, ann. 1901 e 1989.
- ^ Aulo Gellio, II 10, 17.
- ^ Gellio, III 3, 9.
- ^ I cui frammenti sono editi nella fondamentale edizione in due volumi di B. Cardauns: Antiquitates rerum divinarum, Wiesbaden, Steiner, 1976.
- ^ Cfr. B. Zucchelli, Varro logistoricus. Studio letterario e prosopografico, Parma, Universita degli studi di Parma, 1981.
- ^ Cfr., ad esempio, il Fr. XIX Riese: "Da ragazzo, avevo solo una tunica modesta e una toga, calzature senza fascette, un cavallo non sellato; bagno giornaliero, niente e, davvero di rado, una tinozza".
- ^ N. Horsfall, Varrone, in Letteratura Latina Cambridge, vol. 1, Milano, Mondadori, 2007, pp. 474-475.
- ^ Cfr. M. Salanitro, Le Menippee di Varrone. Contributi esegetici e linguistici, Roma, Edizioni dell'Ateneo 1990.
- ^ Sulla satira varroniana, cfr. L. Alfonsi, Le Menippee di Varrone, in "ANRW", I (1973), n. 3, pp. 26-59.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto](Per la bibliografia specifica sul De re rustica e sul De lingua Latina si rimanda alle rispettive voci)
- Atti del Congresso internazionale di studi varroniani. Rieti settembre 1974, 2 voll., Rieti, Centro di studi varroniani, 1976.
- B. Cardauns, Marcus Terentius Varro. Einführung in sein Werk, Heidelberg, Winter, 2001.
- A. Cenderelli, Varroniana. Istituti e terminologia giuridica nelle opere di M. Terenzio Varrone, Milano, A. Giuffrè, 1973.
- H. Dahlmann, Varrone e la teoria ellenistica della lingua, Traduzione italiana di Pasqualina Vozza, Napoli, Loffredo, 1997.
- F. Della Corte, Varrone, il terzo gran lume romano, Genova, Istituto universitario di Magistero, 1954 (rist. Firenze, La Nuova Italia, 1970).
- G.A. Nelsestuen, Varro the agronomist. Political philosophy, satire and agriculture in the late Republic, Columbus, Ohio State University press, 2015.
- A. Pittà, M. Terenzio Varrone. De vita populi Romani. Introduzione e commento, Pisa, Pisa University Press, 2015.
- B. Riposati, M. Terenti Varronis De vita populi Romani. Fonti, esegesi, edizione critica dei frammenti, Milano, Vita e pensiero, 1939.
- B. Riposati, M. Terenzio Varrone. L'uomo e lo scrittore, Roma Istituto di studi romani, 1975.
- A. Traglia, Introduzione a: M.T. Varrone, Opere, Torino, UTET, 1974, pp. 9-47.
- B. Zucchelli, Varro logistoricus. Studio letterario e prosopografico, Parma, Universita degli studi di Parma, Istituto di lingua e letteratura latina, 1981.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
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Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Varróne, Marco Terenzio, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Plinio Fraccaro, VARRONE, Marco Terenzio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1937.
- Varrone, Marco Terenzio, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- Varróne, Marco Terènzio, su sapere.it, De Agostini.
- (EN) Marcus Terentius Varro, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Marco Terenzio Varrone, in Cyclopædia of Biblical, Theological, and Ecclesiastical Literature, Harper.
- (ES) Marco Terenzio Varrone, in Diccionario biográfico español, Real Academia de la Historia.
- (LA) Opere di Marco Terenzio Varrone, su Musisque Deoque.
- (LA) Opere di Marco Terenzio Varrone, su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute.
- Opere di Marco Terenzio Varrone, su MLOL, Horizons Unlimited.
- (EN) Opere di Marco Terenzio Varrone, su Open Library, Internet Archive.
- (EN) Opere di Marco Terenzio Varrone, su Progetto Gutenberg.
- (EN) Audiolibri di Marco Terenzio Varrone, su LibriVox.
- (FR) Pubblicazioni di Marco Terenzio Varrone, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.
- (EN) Marco Terenzio Varrone, su Goodreads.
- M. Ter. Varronis De lingua Latina libri qui supersunt: cum fragmentis ejusdem, Biponti, ex typographia societatis, 1788.
- (LA, IT) Biblioteca degli scrittori latini con traduzione e note: Terentii Varronis quae supersunt opera, Venetiis, excudit Joseph Antonelli, 1846.
- (LA, FR) Les agronomes latins, Caton, Varron, Columelle, Palladius, avec la traduction en français, a cura di M. Nisard, Paris, Firmin Didot Fréres, 1856, pp. 53 ss.
- Grammaticae Romanae Fragmenta, a cura di Gino Funaioli, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri, 1907, vol. 1, pp. 179 ss.
- M. Terenti Varronis saturarum menippearum reliquiae, cur. Alexander Riese, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri, 1865.
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