Cesare Merzagora | |
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Presidente del Senato della Repubblica | |
Durata mandato | 25 giugno 1953 – 7 novembre 1967 |
Predecessore | Meuccio Ruini |
Successore | Ennio Zelioli-Lanzini |
Ministro del commercio con l'estero | |
Durata mandato | 1º giugno 1947 – 1º aprile 1949 |
Capo del governo | Alcide De Gasperi |
Predecessore | Ezio Vanoni |
Successore | Giovanni Battista Bertone |
Senatore a vita della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 2 marzo 1963 – 1º maggio 1991 |
Legislatura | III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X |
Gruppo parlamentare | Gruppo misto (1963-1972/1976-1991), PLI (1972-1976) |
Tipo nomina | Nomina presidenziale di Antonio Segni |
Sito istituzionale | |
Senatore della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 8 maggio 1948 – 2 marzo 1963 (nominato senatore a vita) |
Legislatura | I, II, III |
Gruppo parlamentare | Gruppo misto |
Collegio | Milano I |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | Indipendente (fino al 1972; 1976-1991) PLI (1972-1976) |
Titolo di studio | Diploma di ragioneria |
Professione | Banchiere |
Cesare Merzagora (/ˈʧeːzare merˈʣaːɡora/[1]; Milano, 9 novembre 1898 – Roma, 1º maggio 1991) è stato un politico e dirigente d'azienda italiano.
Fu presidente del Senato della Repubblica dal 1953 al 1967[2], e come tale supplì il presidente della Repubblica Segni da agosto a dicembre 1964.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Figlio di Luigi, ingegnere meccanico, e di sua moglie Elisa Fenini, Cesare Merzagora nacque a Milano. Suo padre morì appena cinquantenne nel 1915 e questo fatto segnò profondamente il giovane Cesare il quale sognava già per sé una brillante carriera da musicista e commediografo.
Scoppiava intanto la prima guerra mondiale e, per quanto riformato a causa di una insufficienza toracica, Merzagora fece di tutto per essere arruolato come volontario nell'esercito, sul finire della primavera del 1917, venne inviato dapprima a Parma come allievo ufficiale e poi, raggiunto il grado di sottotenente, venne assegnato al 225º reggimento di fanteria sul Carso. Ebbe modo di distinguersi sul Piave dopo la ritirata di Caporetto guadagnandosi una medaglia d'argento al valor militare durante gli scontri e la promozione a tenente nel giugno del 1918. Inviato di stanza in Istria, rimase in servizio sino al 1920 quando un'infezione biliare gli impose un congedo anticipato.
Divenuto bancario, fu assunto nel 1920 dalla Banca Commerciale Italiana, per la quale diresse la filiale in Bulgaria. Antifascista, partecipò alla Resistenza e fu presidente della Commissione centrale economica del CLNAI.
Merzagora non si iscrisse mai ad alcun partito, ma venne sempre eletto come indipendente: si considerava un uomo d'affari prestato alla politica e denunciò spesso i mali della partitocrazia.
Fu ministro del commercio con l'estero dal 1947 al 1949 nei governi di Alcide De Gasperi.
Dal 1948 al 1963 fu senatore, eletto nelle liste della Democrazia Cristiana, pur essendo ateo dichiarato.
Fra il 1950 ed il 1952 fu presidente della Banca Popolare di Milano.[3]
Fu presidente del Senato dal 25 giugno 1953 al 7 novembre 1967, durante tutta la II, III e per quasi tutta la IV Legislatura. Eletto all'età di 54 anni 7 mesi e 16 giorni, rimane il secondo più giovane presidente della storia repubblicana[4].
All'elezione del presidente della Repubblica del 1955, Merzagora fu candidato dal segretario nazionale della DC, Amintore Fanfani. La candidatura di Merzagora fu affossata già alla prima votazione sia dalla sinistra sia da membri interni alla DC con lo scopo di danneggiare politicamente Fanfani[5]. Già dal secondo scrutinio i voti conversero su Giovanni Gronchi, fautore dell'apertura politica a sinistra, che raggiunse 127 voti. Gronchi, sostenuto dal sempre più potente presidente dell'Eni, Enrico Mattei,[6] e sponsorizzato sottobanco da Pietro Nenni,[7] divenne anche il candidato di riferimento della corrente di destra del partito, da Guido Gonella a Giulio Andreotti, che intendeva negoziare il suo lasciapassare a Gronchi in cambio della nomina di Giuseppe Pella alla presidenza del Consiglio dei ministri. La candidatura Merzagora fu allora ritirata. Su Gronchi, che fu eletto al quarto scrutinio,[8] confluirono i voti di gran parte della DC, delle opposizioni di sinistra e dei missini.[9] Merzagora ottenne tra i 12 e i 18 voti nella successiva elezione del presidente della Repubblica del 1962, nella quale risultò eletto Antonio Segni.
In occasione della crisi del governo Pella nell'inverno 1954 e di quella del primo governo Moro nell'estate 1964, Merzagora si propose come eventuale capo di un governo di emergenza, il quale affrancandosi dalla morsa sempre più stringente dei partiti avrebbe dovuto condurre in porto una serie di importanti riforme, fra cui una revisione della Costituzione[10].
Nell'ambito del paventato Piano Solo, il generale Giovanni De Lorenzo avrebbe previsto l'instaurazione di un nuovo governo presieduto da Merzagora, in virtù di una presunta comune appartenenza alla Loggia massonica "coperta" «Giustizia e Libertà» affiliata alla Gran Loggia d'Italia[11].
Dal 10 agosto al 29 dicembre 1964, a seguito della grave malattia e delle successive dimissioni del presidente della Repubblica Antonio Segni, in qualità di presidente del Senato adempì le funzioni del Capo dello Stato come presidente supplente della Repubblica;[12][13][14] fu il primo e finora unico caso, nella storia della Repubblica Italiana, di supplenza per impedimento fisico del Capo dello Stato in carica. Il 6 dicembre 1964, dopo le dimissioni di Antonio Segni, assunse la piena responsabilità del capo dello Stato durante la vacanza[14] fino all'insediamento di Giuseppe Saragat alla presidenza della Repubblica.
Presidente delle Assicurazioni Generali dal 1968 al 1979, in seguito ne fu presidente onorario. Nel 1970, pur rimanendo al vertice della compagnia assicuratrice, fu per otto mesi presidente della Montedison portando pubblicamente alla luce l'esistenza di fondi neri.[15] Fu anche tra i primi a mettere in guardia la Banca d'Italia sulle attività di Michele Sindona.[16]
Dal 1963 senatore a vita, è rimasto in carica in tale ruolo per oltre 28 anni (come finora nessun altro nella storia repubblicana), fino alla sua morte, avvenuta nel 1991 all'età di 92 anni per arresto cardiaco[17].
Aspetti artistici
[modifica | modifica wikitesto]Violoncellista, nel 1917 Merzagora compose le musiche per due valzer lenti, intitolate "Nostalgia", e pubblicò e fece rappresentare al Teatro Manzoni di Milano una commedia dal titolo "L'Amore e l'ideale".
Nel 1947 iniziò, quasi per gioco, la sua attività di scultore; modellò diversi ritratti. Fu medaglista autodidatta, produsse diversi ritratti di familiari e personaggi illustri di sua conoscenza, tali ritratti rispecchiano la personalità dei soggetti: sua è la medaglia dei XVII Giochi Olimpici di Roma del 1960, coniata in oro, argento e bronzo dalla Zecca di Stato. Modellò nel 1961 una medaglia dedicata alla principessa Grace di Monaco, coniata in oro, argento e bronzo. Realizzò bottiglie ed etichette per la sua fabbrica di liquori a Capri. Progettò alcuni gioielli per i suoi familiari, e anche un collier di diamanti a brillante disposti a pavé a formare una piuma, che fu esposta alla Fiera di Vicenza nel settembre 1956.[18]
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "Merzagora", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2010, ISBN 978-88-397-1478-7.
- ^ È il record di maggior presenza come presidente della camera alta del Parlamento.
- ^ Sergio Bocconi, La grande battaglia dei soci per l'ultima banca tutta milanese, in Corriere della Sera, 17 aprile 2009, p. 30 (archiviato dall'url originale il 2 novembre 2014).
- ^ Solo Carlo Scognamiglio è stato eletto a un'età minore, 49 anni e 140 giorni.
- ^ Quanto valgono i “toto-nomi” per il presidente della Repubblica, su Il Post, 19 dicembre 2021. URL consultato il 5 febbraio 2022.
- ^ Alberto Mazzuca, Penne al vetriolo, Bologna, Minerva, 2017, p. 170
- ^ Lo riconoscerà lo stesso leader socialista: "L'elezione è in larga parte opera mia". Pietro Nenni, Tempo di guerra fredda. Diari 1943-1956, Milano, Sugarco Edizioni, 1981, p. 659.
- ^ Indro Montanelli, Mario Cervi, L'Italia dei due Giovanni, Milano, Rizzoli, 1989, pagg. 235-238
- ^ "I missini (ma non tutti) lo hanno votato perché è stata loro promessa la restituzione della salma di Mussolini". Gianna Preda, Mario Tedeschi, Il ventennio della pacchia, Roma, Edizioni del Borghese, 1971, p. 120
- ^ Nicola De Ianni, Paolo Varvaro (a cura di), Cesare Merzagora, il presidente scomodo, Prismi, 2004
- ^ Così almeno ritiene Ferruccio Pinotti, in: Fratelli d'Italia. Un'inchiesta nel mondo segreto della fratellanza massonica che decide le sorti del Belpaese, Rizzoli, Milano, 2007, secondo cui «ne fecero parte anche Eugenio Cefis, Giuseppe Arcaini, il genero di Amintore Fanfani Stelio Valentini, il comunista Gianni Cervetti, nonché i banchieri Guido Carli, Enrico Cuccia, Raffaele Ursini, Michele Sindona, il cardinale di Vienna Franz König, e il direttore generale della RAI Ettore Bernabei». Diversamente, Aldo Alessandro Mola in: Storia della Massoneria italiana dalle origini ai giorni nostri, Bompiani, Milano, 1982, pag. 744, dubita dell'appartenenza di Merzagora alla massoneria e anche Rosario F. Esposito e Vittorio Gnocchini non lo citano.
- ^ La biografia del Presidente Segni, su quirinale.it.
- ^ Comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri sull'esercizio temporaneo di funzioni del Capo dello Stato da parte del Presidente del Senato, G.U. n. 195 del 10-08-1964
- ^ a b Dimissioni del Presidente della Repubblica Antonio Segni, G.U. Edizione straordinaria n. 302 del 06-12-1964
- ^ Alberto Mazzuca, Penne al vetriolo, op.cit., p. 371.
- ^ Alberto Mazzuca, Penne al vetriolo, op. cit. p. 408
- ^ Alfredo Recanetesi, Merzagora, nel Palazzo senza la tessera, su archiviolastampa.it, 3 maggio 1991.
- ^ Cronaca Numismatica, vol. 115, 2000, pp. 69-71.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Silvio Berardi, Cesare Merzagora. Un liberale europeista tra difesa dello Stato e anti-partitocrazia, Milano, Luni, 2021, ISBN 978-8879847353.
- Claudio Lidner e Giancarlo Mazzuca, Il leone di Trieste, Milano, Sperling & Kupfer, 1990, ISBN 978-88-200-1056-0.
- Angelo Fedegari, Storia insolita della Banca Popolare di Milano, Milano, Eupalino, 1996.
- Marzio Achille Romani (a cura di), La banca dei milanesi, Roma, Laterza, 2005, ISBN 88-420-7821-2.
- Ferruccio Pinotti, Fratelli d'Italia, Milano, BUR, 2007, ISBN 978-88-17-01809-8.
- Nicola De Ianni, MERZAGORA, Cesare, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 73, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. URL consultato il 12 ottobre 2022.
- Alberto Mazzuca, Penne al vetriolo. I grandi giornalisti raccontano la Prima Repubblica, Bologna, Minerva, 2017. ISBN 978-8873818496
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikiquote contiene citazioni di o su Cesare Merzagora
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cesare Merzagora
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Merzàgora, Cesare, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- MERZAGORA, Cesare, in Enciclopedia Italiana, III Appendice, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1961.
- Nicola De Ianni, MERZAGORA, Cesare, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 73, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
- Cesare Merzagora, su storia.camera.it, Camera dei deputati.
- Cesare Merzagora, su Senato.it - I legislatura, Parlamento italiano.
- Gronchi Merzagora, le prime picconate. Nelle loro lettere la delusione per la degenerazione morale del sistema di Stefano Folli, Corriere della Sera, 22 settembre 1998, p. 35, Archivio storico. URL visitato il 21 aprile 2013.
- «Non vogliamo costruttori». E Merzagora bocciò Berlusconi Corriere della Sera, 19 marzo 2005, p. 25, Archivio storico. URL visitato il 21 aprile 2013.
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