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Toftir
[modifica | modifica wikitesto]Template:Città Toftir è una città faroese situata sulla costa meridionale dell'isola di Eysturoy nel fiordo di Skálafjørður. Ha una popolazione di abitanti ed il capoluogo della municipalità di Nes.
La cittadina ospit È importante dal punto di vista sportivo perché vi si trova lo stadio Svangaskard che, con 7.000 posti a sedere è uno degli stadi più grandi delle Fær Øer. All'interno dello Svangaskard la nazionale disputa le proprie partite e vi gioca anche il B68 Toftir, che è la squadra della città.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Faroe Islands in figures 2006, quadro statistico globale delle Fær Øer. Istituto nazionale di statistica delle Fær Øer.
- (EN) Descrizione e immagini di Toftir nel sito faroeislands.dk
Silmariën
[modifica | modifica wikitesto]Silmariën è un personaggio di Arda, l'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore inglese J.R.R. Tolkien. Nata nell'anno 521 S.E. [1], fu la prima figlia del quarto re di Númenor Tar-Elendil.
La discendenza di Silmariën
[modifica | modifica wikitesto]Per quanto personaggio minore, Silmariën ricopre un ruolo significativo nelle genealogie dei personaggi tolkieniani. La donna andò in sposa a Valacar[2] di Anduniè e il loro figlio, Valandil, fu il primo Signore di Andúnië dalla cui stirpe sarebbero discesi, Elendil (che guidò nella Terra di Mezzo i numenoreani fedeli ai Valar sottraendoli alla distruzione dell'isola di Numenor) di e Isildur (che avrebbe sconfitto Sauron sottraendogli l'Unico Anello per esserne poi irretito e trovare la morte), e conseguentemente i re di Arnor e di Gondor. Fu lei ad ereditare dal padre sia la spada Narsil che l'anello di Barahir[3], due oggetti di enorme prestigio e autorità che vennero tramandati lungo la linea di Andúnië e poi di Gondor e Arnor. Fu sempre lei, probabilmente, a commissionare la creazione di un altro prezioso oggetto, che resistette nei secoli fino alla Quarta Era: lo Scettro di Andúnië.
Lei e i suoi discendenti rappresentano, infatti, la diretta linea di discendenza a partire da Beren e Luthien, stirpe che era stato profetizzato non si sarabbe mai estinta, mentre la stirpe dei re di Numenenor si sarebbe spezzata con la salita al potere di Ar-Pharazon.
Una regina mancata
[modifica | modifica wikitesto]Secondo le leggi di successione di Númenor, la corona veniva ereditata dal primo figlio maschio, per cui al trono ascese suo fratello minore: Tar-Meneldur. Successivamente, però, sotto il regno di Tar-Aldarion, figlio di Tar-Meneldur, la legge di successione fu cambiata e venne stabilito che il figlio maggiore ereditava il trono indipendentemente dal sesso, permettendo ad Ancalimë, unica figlia di Aldarion, di diventare la prima regina regnante dell'isola.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Gli annali pubblicati ne Il Signore degli Anelli (op. cit., Appendice B, p. 1293) indicano come data di nascita di Silmariën l'anno 546 della Seconda Era, ma altri riferimenti tolkeniani (p.e. Racconti incompiuti, op. cit., p. 300) riportano l'anno 521 concordemente col fatto che era la primogenita di Tar-Elendil e con le date di nascita della sorella Isilmë (532 S.E.) e del fratello Tar-Meneldur (543 S.E.). Come spiegato da Christopher Tolkien, a commento della cronologia dei regnanti numenoreani che appare nei Racconti incompiuti (op. cit. p. 308), si tratta molto probabilmente di un refuso di suo padre non corretto durante la revisione dell'appendice B de Il Signore degli Anelli.
- ^ Elatan nelle dizioni più antiche.
- ^ L'anello che l'elfo Finrod Felagund aveva donato a Barahir, padre di Beren, per avergli salvato la vita durante la Dagor Bragollach nell'anno 455 della Prima Era. Nella nota 2 al testo intitolato Descrizione dell'isola di Numenor (in Racconti incompiuti, op. citata, p.238) viene specificata la sorte degli oggetti del lignaggio di Silmarien.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Rusconi Libri, ventesima edizione, Milano 1989 ISBN 8818123696
- J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, Rusconi Libri, Milano 1989 ISBN 8818120492
- J.R.R. Tolkien, Racconti incompiuti, Edizione CDE su licenza Rusconi Libri, Milano 1994
\\Portale|Tolkien\\ \\Categoria:Uomini di Arda\\
\\pl:Silmariën\\
Joseph Pilates, integrare da de:Joseph Hubert Pilates
[modifica | modifica wikitesto]Joseph Hubertus Pilates (Mönchengladbach, Germania, 1880 – New York, USA, 1967) è stato un insegnante di ginnastica tedesco naturalizzato statunitense noto per aver inventato e sviluppato una popolare serie di esercizi ginnici e metodiche di allenamento conosciuti come Pilates o metodo Pilates.
Joseph Pilates nacque a Mönchengladbach in Germania nel 1880; suo padre era un ginnasta professionista originario della Grecia, sua madre una naturopata tedesca. Di salute precaria (era affetto da asma, rachitismo e febbri reumatiche) iniziò fin da bambino a praticare ginnastica, culturismo e sci con risultati tali da essere utilizzato come modello per tabelle anatomiche all'età di 14 anni.
Schon als Kind litt Josef Hubert Pilates an Rachitis, Asthma und rheumatischem Fieber. Deshalb begann er früh ein Leben, das dem körperlichen Training gewidmet war. Neben Gymnastik, Bodybuilding und Skifahren studierte er auch östliche Trainingsmethoden wie Yoga und Zen-Meditation.
Pilates war Turner, Taucher und Bodybuilder. Er ging 1912 nach England und verdiente sein Geld als professioneller Boxer, Zirkusartist und als Lehrer für Selbstverteidigung an Polizeischulen. Er trainierte dort die Beamten des Scotland Yard in Selbstverteidigung. Als Deutscher wurde er zu Beginn des Ersten Weltkrieges interniert. In dieser erzwungenen Ruhepause begann er intensiv, sein Konzept eines ganzheitlichen Körpertrainings zu entwickeln, das er selbst „Contrology“ nannte.
Er beschäftigte sich mit Yoga, studierte Tierbewegungen und unterrichtete seine Mitgefangenen in der von ihm entwickelten Methode. Es ist überliefert, dass diese Mitgefangenen die große Grippepandemie von 1918 auf Grund ihrer guten körperlichen Konstitution überlebten.
Er kehrte nach dem Krieg nach Deutschland zurück und arbeitete dort mit den wichtigsten Vertretern der Bewegungslehre zusammen. Eine sehr enge Zusammenarbeit fand mit Rudolf von Laban statt, einem Visionär der Bewegung, des Körpers und des modernen Tanzes.
In Hamburg trainierte er unter anderem die dortige Polizei.
Unzufrieden mit den politischen und gesellschaftlichen Verhältnissen in seiner Heimat kehrte er 1923 Deutschland den Rücken und wanderte nach New York aus. Auf der Überfahrt lernte er seine spätere Frau Clara, eine Krankenschwester, kennen und eröffnete mit ihr sein erstes Pilates-Studio.
Von Anfang an hatte Pilates mit seiner Methode einen großen Erfolg in Amerika, berühmte Tänzer und Choreographen wie Hanya Holm gehörten zu seinen Anhängern. Auf Anregen Rudolph von Labans eröffnete er sein Studio und teilte sich zu Beginn die Räumlichkeiten mit dem New York City Ballet, von dem auch viele Tänzer in der Folgezeit zu seinen Klienten zählten. Martha Graham, George Balanchine und eben Rudolph von Laban sind nur einige der Namen. Aus dieser Anfangszeit und aus den gemeinsamen Inhalten, nämlich der Zentrierung und Stabilisierung des Körpers erklärt sich die enge Verbindung zum Tanz.
Joseph Pilates arbeitete höchst individuell und kreativ. Für jeden einzelnen Klienten erstellte er ein eigenes Übungsprogramm und entwickelte sogar neue Übungen für die entsprechende Person.
Pilates praktizierte bis ins hohe Alter hinein, verfasste Bücher über seine Technik, bildete jedoch nie Lehrer aus, weil er seine Arbeit für so individuell hielt, dass sie ihm nicht unterrichtbar schien. Er starb im Alter von 87 Jahren in New York.
Proposte in costruzione
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Logo con grafica non coperto dalla licenza marchi
Logo con grafica coperto dalla licenza marchi
NELLO SPECIFICO SUI LOGHI TYPED DRAWING Riporto quello che mi ha scritto Jollyroger in talk che dettaglia la questione per questo tipo di loghi. Nel caso specifico l'oggetto erano i loghi di Final Fantasy (con quelle belle immagini di sfondo) già tutti posti in cancellazione.
«I loghi sono registrati come TYPED DRAWING, una tipologia di registrazione che copre solo la combinazione di lettere e numeri, ma non il font usato o le peculiarità grafiche, che sono soggette alle normali regole sul diritto d'autore. Cito dalla guida alla registrazione dei marchi del Patent Office americano: (a) Standard character (typed) drawing. Applicants who seek to register words, letters, numbers, or any combination thereof without claim to any particular font style, size, or color must submit a standard character drawing that shows the mark in black on a white background. An applicant may submit a standard character drawing if: Come vedi da qui sopra, la registrazione presso il patent office (la (R) che compare nel logo) può riferirsi solo alla registrazione del nome, e non all'aspetto grafico.» |
PROPOSTE E CONSIDERAZIONI
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Fonti per una voce sulla Mitologia Nanai
[modifica | modifica wikitesto]- The Nanai National Mentality and World Model nel sito dell'Eesti Rahva Muuseum (Museo etnico dell'Estonia)
- Tracing the bear myth in northeast Asia in Acta Slavica Iaponica edita dall'Università di Hokkaido
- Un estrato dal libro A.S. Zhuleva, We Study the Folklore of the People of the Northh (Moscow: Moscow Institute for the Develoment of Educational Systems, 1997.
- Molti database linguistici. Vi trovate il database etimologico delle lingue altaiche-tungu fra cui quella nanai e dei motivi mitologici della regione
- Voce sulla lingua Nanai nella wikipedia in russo, attualmente la più completa
Il controllo dell'Adriatico e l'ascesa commerciale di Venezia tra il X e il XII secolo
[modifica | modifica wikitesto]Nel Basso medioevo, Venezia si arricchisce notevolmente, grazie al controllo dei commerci con il Levante, e inizia ad espandersi stabilmente del Mar Adriatico, acquisendo il controllo delle città fortificate bizantine sulla costa dalmata.
Questa fase d'espansione ha inizio, nel 996, con la spedizione navale guidata dal doge Pietro II Orseolo contro i Narentani che, dediti alla pirateria, erano giunti a disputare a Venezia il controllo dell'Adriatico.
Venezia, dall'887 tributaria dei Narentani, a seguito della sconfitta della flotta del doge Pietro I Candiano, ottiene contro questi, nel 996, una brillante vittoria nella battaglia navale di Lissa. Nel 1000, una seconda spedizione dell'Orseolo in risposta a una richiesta d'aiuto delle città dalmate presso il Narenta, espugna le principali fortezze narentane, esentando definitivamente Venezia dal pagamento del tributo e rendendo molto più sicure le sue rotte commerciali nell'Adriatico.
Secondo una diffusa tradizione della Serenissima, durante la seconda spedizione dell'Orseolo viene utilizzato, per la prima volta, come stendardo delle navi militari veneziane, il gonfalone da guerra di San Marco, sancendo simbolicamente l'indipendenza della repubblica veneta dall'Impero Romano d'Oriente.
L'uso del vessillo nella spedizione non è esplicitamente confermato dalle fonti dell'epoca, ma, in ogni caso, nel 1004, San Marco viene scelto come patrono di Venezia e il simbolo dell'Evangelista (nelle sue varianti pacifiche e guerresche) viene correntemente adottato nella bandiera della repubblica veneta.
La flotta dell'Orseolo, ottiene, in seguito alla vittoria, l'atto di omaggio di molte città costiere istriane e dalmate, che, solo formalmente ancora sottomesse all'impero romano d'oriente come la stessa Venezia, godevano, in larga parte, già dal IX secolo di uno status autonomo. L'atto di omaggio istituisce uno status di dipendenza fra le città istrio-dalmate e Venezia.
Al doge Orseolo viene riconosciuto, dall'imperatore bizantino Basilio II e da papa Silvestro II, il titolo di Dux Veneticorum et Dalmaticorum.
Viene istituita, il 15 agosto, la Festa della Sensa per festeggiare la vittoria dell'Orseolo contro i Narentani. La cerimonia si struttura nel tempo come una liturgia parareligiosa funzionale a dare una investitura sacra alla supremazia della repubblica marinara, soprattutto dal 1177, quando Papa Alessandro III istituisce, nello stesso giorno, la cerimonia dello Sposalizio del Mare, in cui il doge dal Bucintoro lascia cadere in mare un anello nuziale consacrando l'unione fra Venezia e l'Adriatico.
Ciclope
[modifica | modifica wikitesto]Con il termine ciclope (dal greco greco: Κύκλωψ con significato incerto) viene indicata una creatura mitologica di stazza gigantesca e con un unico occhio al centro della fronte . Il mito, originariamente diffuso in Grecia e Anatolia, manterrà la sua popolarità, anche in epoca romana e nell'Europa medioevale (seppur in questo caso privato della tradizione religiosa), grazie alla vasta e importante presenza nella produzione letteraria greca e latina.
Etimologia del vocabolo greco
[modifica | modifica wikitesto]Sebbene Esiodo nella ‘’Teogonia’’ faccia derivare esplicitamente ‘’Κύκλωψ’’ dalla parola κυκλοτερὴς (dalla forma rotonda) riferendolo, alla forma dell'unico occhio in mezzo alla fronte, l’etimologia del termine greco rimane non soddisfacente, già per gli autori contemporanei e latini. Per esempio, ‘’Κύκλωψ’’ viene associato, anche, a κυκλος (‘’cerchio, circolo’’), inteso come “mura di cinta” in riferimento ai miti di fondazione di alcune città elleniche, come Micene, Argo, Tirino , che indicano come giganti, i costruttori delle mura. Alcuni autori classici, come Pausania definiranno, di conseguenza, ‘’ciclopiche’’, le mura megalitiche, a grandi blocchi squadrati, delle stesse città. Attualmente, l’etimologia precisa è ancora oggetto di discussione e vede ‘’Κύκλωψ’’ considerato come un possibile nome pre-greco, forse indo-iranico.
per la questioni: fabbri e demiurghi e ciclopi monocoli o orbi? Walter Burkert in ‘’Greek Religion’’ Greek Religion,III.3.2 Indo-European Etimologichal Dictionary ---
Complessità del mito
[modifica | modifica wikitesto]Del mito dei Ciclopi esistono almeno due distinte tradizioni classiche e una variante di tipo etnografico favoloso tardo romano e medioevale.
- La prima tradizione li vede come esseri semidivini, figli di Urano, e, di conseguenza, parte del pantheon religioso greco. Come tali essi godettero di un certo culto, per quanto diffuso, secondo Pausania nella sua Periegesi della Grecia, solo a Corinto, dove esisteva un tempio a loro dedicato.
I Ciclopi uranici sono valenti fabbri, capaci di forgiare armi e oggetti prodigiosi per divinità e eroi.
- La seconda tradizione, mantiene eguali gli attributi corporei (giganteschi, con un solo occhio) e l’origine divina, ma vede assenti le qualità di fabbri magici. A questo filone appartengono i Ciclopi omerici e i Ciclopi costruttori della mura di Argo , Tirinto, Micene e, per estensione, di tutte le strutture megalitiche della Grecia pre-classica.
- Il terzo filone del mito, che ha profondi legami con il precedente, li vede completamente privi di origini e attributi sovrannaturali ed è pienamente riconducibile al corpus mitico dei Popoli mostruosi
I Ciclopi, semidei di stirpe uranica
[modifica | modifica wikitesto]La fonte più autorevole del mito del Ciclope uranico, è la Teogonia di Esiodo. Qui i Ciclopi, sono tre, Bronte, Sterope e Arge e fanno parte della variegata progenie di Urano e Gea, assieme ai Titani (tra cui Crono) e gli Ecatonchiri.
Esiodo li descrive come giganteschi e con un solo occhio in mezzo alla fronte (caratteristica che gli ha invalso il nome), abili artigiani nella lavorazione dei metalli, capaci di donare il tuono e forgiare il fulmine per Zeus.
Queste creature semidivine verranno coinvolte nella lotta fra Crono e Urano (si veda la voce Crono per una descrizione del conflitto). Dapprima imprigionati nel Tartaro (Mitologia), assieme agli Ecatonchiri perchè fedeli al padre Urano, furono liberati da Zeus. Un oracolo, infatti, aveva predetto a Zeus che, per la sua vittoria, l'abilità dei giganteschi fabbri monoculi si sarebbe rivelata determinante. E così fu: i Ciclopi crearono le armi con le quali Zeus e i suoi alleati sconfisse Crono e i Titani. Per Zeus, infatti, crearono le folgori, per Poseidone, crearono il tridente, e infine fecero per Ade, un elmo che lo rendeva invisibile.
La qualità più evidenziata dagli autori greci è la loro capacità di valenti fabbri; aspetto questo che verrà mantenuto per una variante più tarda che vede i Ciclopi, aiutanti di Efesto nelle sue fucine.
Con l’imporsi dell’influenza della religione greca su quella romana, questo filone del mito verrà traslato, nelle sue varianti, nella mitologia romana, senza modifiche sostanziali. Questa tradizione sarà anche la meno vitale, rimanendo confinata nei testi degli autori classici.
I Ciclopi omerici e costruttori di mura
[modifica | modifica wikitesto]Questo filone del mito è contemporaneo a quello dei Ciclopi uranici e completamente distinto da questo. I Ciclopi sono creature gigantesche e primitive, prive di facoltà sovrannaturali, ma ancora facenti parte dell’epica greca. Omero nell’Odissea li descrive come pastori di pecore, giganteschi e antropofagi. I Ciclopi vivono nelle caverne di alcune isole. Ulisse e i suoi compagni incontreranno uno di questi giganti, Polifemo, da cui verranno catturati, ma riusciranno, infine, a fuggire accecandolo. Il gigante, figlio di Posidone, li maledirà.
Omero ne parla nell'Odissea (libro IX) quando Ulisse incontra in Sicilia i loro figli: i barbari Ciclopi, che vivevano dediti alla pastorizia e isolati l'uno dall'altro in caverne. Omero da solo il nome di uno di loro, Polifemo, che fece prigioniero Ulisse e i suoi compagni.
- "Qui un uomo aveva tana, un mostro, che greggi
- pasceva, solo, in disparte, e con gli altri
- non si mischiava, ma solo viveva, aveva animo ingiusto.
- Era un mostro gigante; e non somigliava
- a un uomo mangiatore di pane, ma a picco selvoso ..."
- Omero
Origine, quella ‘’poseidonica’’, che avrà credito, tra le altre, nei secoli successivi. Autori latini come Lucio Anneo Cornuto definiscono i Ciclopi, assieme ai Lestrigoni e gli Aloidi, figli di Nettuno (equivalente latino del dio greco Poseidone) . A questa origine, per esempio, fa esplicito riferimento l’erudito rinascimentale Giglio Gregorio Giraldi nella sua opera ‘’Historiae Deorum Gentilium’’, un trattato di sistematica della mitologia classica.
Tucidide nel libro VI delle sue Storie, allorquando si accinge a parlare delle popolazoni barbare esistenti in Sicilia prima della colonizzazione greca, li definisce i più antichi abitanti della Magna Grecia, assieme ai Lestrigoni. Tucidide, afferma di non conoscere ne l’origine ne i costumi di questi popoli. Così scrive:
- Si dice che i più antichi ad abitare una parte del paese fossero i Lestrigoni e i Ciclopi, dei quali io non saprei dire né la stirpe né donde vennero né dove si ritirarono: basti quello che è stato detto dai poeti e quello che ciascuno in un modo o nell'altro conosce al riguardo.[controllare copyright sulla traduzione]
Autori come Euripide nella Ifigenia in Aulide, Pindaro nella tragedia, parlano di mura ‘’ciclopiche’’ per le mura delle acropoli di Argo, Micene, Tirino. Per Euripide in Ifigenia in Aulide, le mura sono state costruite dai Ciclopi su richiesta di Perseo. Controlla Pausania e Strabone
Vedi Lucio Anneo Cornuto in Stern, Jacob 1940- "Heraclitus the Paradoxographer: Peri Apiston, On Unbelieveable Tales" Transactions of the American Philological Association - Volume 133, Number 1, Spring 2003, pp. 51–97
I ciclopi dell'Oriente favoloso
[modifica | modifica wikitesto]La terza tipologia di esseri ciclopici, fa capo a Erodoto, che li definisce col termine Arimaspi e li colloca nella Scizia e a Tucidide, precendemente citato.
Questo filone del mito assume caratteri e diffusione, in epoca tardo romana e medioevale europea, riconducibili ai miti e tradizioni etnografiche dei Popoli mostruosi.
Nel Medioevo europeo, il nome di Ciclopi verrà largamente utilizzato, e, ripetitivamente, riproposto, nei Bestiari, nelle cronache di viaggio, nelle opere enciclopediche e attribuito, indistintamente o con distinzioni puramente formali con popoli affini quali gli Arimaspi, a tutti i popoli mostruosi con un solo occhio sulla fronte, abitanti le favolose terre orientali, quelle contigue al Paradiso Terrestre, nella descrizione che ne da Isidoro di Siviglia negli Ethimologiarum libri, sive Origines.
Autori come Isidoro di Siviglia, l'anonimo autore del Liber mostrorum de diversis generibus, Honorius Augustodunensis ne la Imago Mundi, Rabano Mauro, nella monumentale De rerum naturis, citano, pressocchè concordi, i Ciclopi, assieme agli altri popoli mostruosi, e li collocano nell'India.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]Walter Burkert, ‘’La religione greca di epoca arcaica e classica’’, Jaca Book, 2003 R. Mondi, 1983. "The Homeric Cyclopes: Folktale, Tradition, and Theme," Transactions of the American Philological Association 113 (1983), pp. 17–18
Fonti
[modifica | modifica wikitesto]- ESIODO, Θεογονία (Teogonia) (..139-146)
- PAUSANIA, Ελλάδος περιήγησις (Periegesi della Grecia) (II.2.1)
- RABANO MAURO, De rerum naturis (VII.7.279a-279b)
- HONORIUS AUGUSTODUNENSIS, Imago Mundi (I.11.)
- GIGLIO GREGORIO GIRALDI (Lilius Gregorius Gyraldus), ‘’ Historiae Deorum Gentilium (Sintagma V)’’ ‘’’1548’’
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EL) Pausania, Periegesi della Grecia (di Corinto) (.2.1) (testo integrale in greco)
- (EL) Esiodo, Teogonia (..139-146) (testo integrale in greco)
- (LA) Rabano Mauro, De rerum naturis (VII.7.279a-279b) (testo integrale in latino)
- (LA) Honorius Augustodunensis, Imago Mundi (I.11.) (testo integrale in latino)
- I ciclopi nella descrizione di un anonimo medievale (testo in lingua volgare)
Contributi (non aggiornato)
[modifica | modifica wikitesto]In rigoroso ordine pseudocasuale...
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