Ernesto De Marzio

Da Teknopedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Niente fonti!
Questa voce o sezione sull'argomento politici italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti.

Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.
Ernesto De Marzio

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato25 giugno 1953 –
19 giugno 1979
LegislaturaII, III, IV, V, VI, VII
Gruppo
parlamentare
II-V: MSI
VI-VII:
- MSI-DN (fino al 21/12/1976)
- CD-DN (dal 21/12/1976)
CircoscrizioneBari
Incarichi parlamentari
V legislatura:

VI-VII legislatura:

Sito istituzionale

Consigliere nazionale del Regno d'Italia
Durata mandato23 marzo 1939 –
5 agosto 1943
LegislaturaXXX

Dati generali
Partito politicoPNF, MSI, DN
Titolo di studioLaurea in scienze politiche
ProfessioneAvvocato

Ernesto De Marzio (Serracapriola, 19 agosto 1910Roma, 26 agosto 1995) è stato un politico italiano, una delle personalità di spicco della storia del Movimento Sociale Italiano sino alla scissione di Democrazia Nazionale.

Aderì giovanissimo al fascismo, con un'attiva partecipazione culturale, nei Littoriali. Dopo la laurea in scienze politiche all'Università di Perugia, ebbe nel 1933 il primo incarico politico nel Partito Nazionale Fascista. Nel 1941 divenne consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni[1].

Dopo la guerra fu tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano, partito del quale fu vicesegretario e presidente del gruppo alla Camera dei deputati (dal 1969 al 1979). In Puglia, fu eletto deputato per sei legislature nella circoscrizione di Bari e Foggia. Svolse funzioni di notevole interesse nel campo della cultura all'inizio degli anni sessanta con il Centro di Vita Italiana[2], promosso con i finanziamenti ottenuti dalla Confindustria.[3]

Nel dicembre 1976 uscì dall'MSI-DN, insieme con Alfredo Covelli, Raffaele Delfino, Mario Tedeschi, Enzo Giacchero, Giulio Cesare Graziani e Pietro Cerullo, capeggiando la scissione di Democrazia Nazionale, dopo essere stato per anni sostenitore di una destra democratica. Dopo le elezioni politiche del 1979, chiuso l'esperimento di Democrazia Nazionale, con la confluenza di parte del gruppo dirigente nella Democrazia Cristiana, abbandonò la politica attiva, carriera che aveva incominciato giovanissimo. Non aveva voluto accettare eventuali ruoli pubblici che pure gli erano stati offerti, ma è rimasto presente e attivo fino all'ultimo nella vita politica italiana.

In un suo intervento alla Camera dei deputati, nel maggio del 1975, durante il dibattito per la Legge Reale per l'ordine pubblico, gettò le basi di quello che sarebbe diventato il manifesto della nuova destra democratica, ben prima della nascita di Alleanza Nazionale: «Siamo giunti attraverso un processo lungo e sofferto alle scelte ormai irreversibili del valore prioritario del principio di libertà, del pluralismo politico e sociale; della competizione politica come libero e civile contrasto di tesi. Denunziando l'intolleranza altrui ci rendevamo altresì conto del dovere di essere tolleranti nei confronti delle opinioni da noi non condivise. Il suffragio popolare ci portò in Parlamento. Invocammo tale titolo contro coloro che ci negavano parità di diritti rispetto agli altri membri delle assemblee rappresentative. E ci rendemmo contemporaneamente conto che quel titolo era il solo che legittimasse l'esercizio del potere e che il potere doveva essere esercitato in modo da permettere ad altri di cercare di procurarsi la maggioranza dei consensi e in modo così da garantire il rispetto delle condizioni che permettono l'alternanza dei partiti al governo della Cosa Pubblica».

Nel 1961, insieme con Nicola Francesco Cimmino, fondò l'associazione culturale romana "Centro di vita italiana".

  1. ^ Ernesto De Marzio: XXX Legislatura del Regno d'Italia. Camera dei fasci e delle corporazioni / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico
  2. ^ Il Centro di Vita Italiana, con sede a Roma, in via Acciaioli
  3. ^ I finanziamenti da Confindustria furono garantiti da Giovanni Balella, un personaggio storico che aveva rappresentato gli industriali nell'ultimo Gran Consiglio del Fascismo.

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàSBN DDSV141234