The Nice

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The Nice
The Nice ad Amburgo il 28 marzo 1970
Paese d'origineRegno Unito (bandiera) Regno Unito
GenereRock psichedelico
Rock progressivo
Periodo di attività musicale1967 – 1970
2002 – 2003
EtichettaImmediate
Charisma
Sanctuary
Album pubblicati10
Studio4
Live2
Raccolte4

The Nice (IPA: [ðə ˈnaɪs]) sono stati un gruppo musicale britannico di rock psichedelico e progressivo.[1]

Il tastierista Keith Emerson li formò a Londra nel maggio 1967 come backing band della cantante statunitense P. P. Arnold ma anche in tale veste, fin dal debutto, si presentarono con il proprio nome e parte dello spettacolo dal vivo riservata solo a loro.[2] Oltre a Emerson, la prima formazione comprendeva Keith "Lee" Jackson (basso e voce), David "Davy" O'List (chitarra e voce) e Ian Hague (batteria); dopo tre mesi a Hague subentrò Brian Davison e quasi contestualmente la band si sganciò da P. P. Arnold, dando così inizio alla carriera autonoma.[2] O'List fu invece allontanato nell'ottobre del 1968 ed il gruppo rimase un trio fino al 1970, quando Emerson lo sciolse per poi fondare di lì a poco Emerson, Lake & Palmer.[2] Nel biennio 1968-69, The Nice pubblicarono tre album e produssero materiale per altri due – per gran parte registrati dal vivo in concerto – usciti entrambi dopo lo scioglimento (1970-71) ma universalmente considerati parte della loro discografia ufficiale.[3]

Negli anni settanta, mentre Emerson approdava al successo mondiale con ELP, Davison e Jackson proseguirono le rispettive carriere con minor fortuna fino a interromperle di fatto entrambi a metà decennio.[4][5][6] I tre si ritrovarono molti anni dopo (2002-2003) per due tournée celebrative, da una delle quali fu tratto un nuovo album live, dopodiché non ebbero più modo di riunirsi prima della malattia che avrebbe portato Davison alla morte nel 2008.[7] Nel 2016 il suicidio di Emerson sancì poi la conclusione, se possibile ancor più definitiva, della loro storia.[8]

Tratto distintivo del loro stile fin dagli esordi fu la fusione di generi musicali diversi come beat, rock psichedelico e jazz, applicata sia al materiale originale che a cover, standard e riletture dalla musica classica;[1] più avanti proposero anche brani direttamente concepiti per gruppo e orchestra con l'intento dichiarato di abbattere le barriere formali tra pop e musica colta; per queste ragioni sono spesso citati fra i precursori del progressive rock, complice anche il fatto che Emerson – principale artefice di tale contaminazione in quanto autore di gran parte della musica – è divenuto poi caposcuola riconosciuto e figura preminente proprio di quel filone musicale.[1]

Malgrado la carriera relativamente breve e vendite inferiori alla media dell'epoca, ebbero il tempo di guadagnarsi una discreta reputazione sulla scena inglese di fine anni sessanta,[9] influenzando i primi lavori di band emerse subito dopo di loro come Yes[9] e Genesis,[10] oltre ovviamente a preparare la strada all'affermazione definitiva di Emerson con ELP. Di contro, proprio la popolarità conquistata nel tempo dal tastierista ha trainato la scoperta postuma di The Nice da parte di un pubblico assai più vasto e internazionale di quando erano in attività.[9]

Storia del gruppo

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P. P. Arnold and the Nice (maggio-agosto 1967)

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Keith Emerson

Nel 1967 la cantante soul californiana P. P. Arnold divenne di colpo più popolare nel Regno Unito che in patria, grazie a un singolo scritto da Cat Stevens e prodotto da Mick Jagger, The First Cut Is the Deepest, che debuttò in classifica il 4 maggio.[2][11] La ex Ikette aveva quindi urgenza di trovare musicisti per tenere concerti nell'isola e a tal fine il suo autista a Londra le raccomandò una sua conoscenza di quando faceva il roadie: il tastierista Keith Emerson.[2] Casualmente senza ingaggi fissi in quel momento, Emerson s'impegnò con lei a formare in tempo una band a patto che questa avesse metà del concerto esclusivamente per sé, condizione che la soul singer accettò volentieri poiché fra l'altro la sollevava dall'ulteriore onere di cercarsi un gruppo spalla.[2]

Emerson coinvolse perciò immediatamente Lee Jackson, bassista con cui condivideva un appartamento a Londra e col quale aveva già lavorato, quindi tramite Andrew Loog Oldhammanager di P. P. Arnold nonché capo della Immediate Records per cui la cantante incideva – reclutò Ian Hague, già batterista con Chris Farlowe, all'epoca artista di punta della casa discografica;[2] a suggerirgli Davy O'List fu infine il giornalista Chris Welch del settimanale musicale Melody Maker.[12] Approntato in fretta il repertorio, i quattro lo provarono con la vocalist una sola volta, prima di debuttare con lei già a fine maggio.[13]

Il nome del gruppo nacque per sbaglio, lungo il tragitto per il primo concerto: P. P. Arnold citò un monologo del comico statunitense Lord Buckley dal titolo: The Nazz («il Nazareno») e propose di presentarsi come: P. P. Arnold and the Nazz ma, vuoi per il suo accento o perché Buckley in Europa era meno noto, i presenti – tutti inglesi – capirono nice anziché Nazz e scoprirono l'equivoco solo dopo qualche giorno, quando la parola travisata aveva ormai preso piede nell'entourage e figurava persino in cartellone per date future.[14] Emerson in seguito ha raccontato che quel nome non l'aveva mai convinto e che all'epoca, se interpellato in merito, spesso rispondeva inventandone storpiature demenziali e beffarde, tipo: B.B. Armpit and the Mice («B.B. Ascella e i Topolini»).[14]

Nella loro parte di concerto, dati anche i tempi stretti per prepararla, The Nice all'inizio inserirono soltanto cover: strumentali, come Billy's Bag di Billy Preston e il tema di Ennio Morricone dal film Per un pugno di dollari, o di canzoni dell'epoca come She Belongs to Me di Bob Dylan e, dopo il 1º giugno, A Day in the Life dei Beatles, appena uscita.[15] Per queste ultime Jackson e O'List si spartirono il ruolo di voce solista, all'occorrenza coadiuvati da Emerson ai cori.[15] Nella seconda parte, il gruppo cambiava totalmente registro limitandosi ad accompagnare P. P. Arnold nel suo tipico repertorio di rhythm and blues e soul, con brani tipo Sweet Soul Music di Arthur Conley o Respect di Otis Redding, oltre naturalmente al suo hit single del momento,[16] che nel frattempo (15 giugno) conquistò anche il proprio piazzamento migliore nella Official Singles Chart, salendo al 18º posto.[11][17]

P. P. Arnold nel 1967
P. P. Arnold negli studi della NPO a Hilversum nei Paesi Bassi, 1967.

Benché a corto di materiale originale, nel loro segmento i quattro portarono fin da subito uno stile eclettico, frutto delle rispettive esperienze in più generi musicali, e uno spettacolo già maturo anche sul piano dell'intrattenimento, grazie in particolare alla consumata presenza scenica di Emerson e Jackson; incominciarono così ben presto ad attirare l'attenzione di pubblico e critica come gruppo a sé.[18] Emblematico in tal senso il concerto del 12 agosto 1967 a Windsor, nell'ambito del 7th National Jazz and Blues Festival.[19] Qui Oldham, avendo già fiutato il potenziale della band, riuscì a inserirla al posto dei Pink Floyd – che avevano dato forfait all'ultimo minuto – benché P. P. Arnold fosse già in cartellone per il giorno dopo.[19] L'esibizione, che i quattro tennero sotto una tenda allestita a parte, fu inoltre annunciata da fuochi d'artificio e attirò così di colpo un folto pubblico, rubando persino la scena al palcoscenico principale.[20] Presente all'evento – in quanto amico di Suzie O'List, sorella di Davy – anche Chris Welch che, pur non particolarmente impressionato dal repertorio ancora provvisorio del gruppo, dalle colonne del Melody Maker ne elogiò l'abilità a conquistarsi istantaneamente un seguito in tale occasione e col tempo sarebbe divenuto un loro convinto sostenitore.[20]

L'indomani, come da programma,[19] la band suonò con P. P. Arnold sul palco centrale e, stando al racconto del roadie Barrington "Bazz" Ward, Ian Hague era visibilmente alterato da qualche droga e dopo il concerto litigò anche con un agente, benché egli abbia sempre smentito quest'ultimo episodio.[21] Sta di fatto che i suoi modi, uniti al dichiarato disinteresse per la direzione musicale di The Nice nella loro quota di spettacolo, non erano ben visti da Emerson il quale, in capo a pochi giorni e senza neppure consultare gli altri,[21] lo sostituì con Brian "Blinky" Davison dei disciolti Mark Leeman Five, che egli aveva notato da tempo e persino già interpellato una volta per coprire un'assenza di Hague, richiesta che però Davison aveva declinato per altre incombenze.[21] Il nuovo batterista inoltre aveva già incrociato anche Davy O'List, tra le file una band di freakbeat chiamata The Attack.[21]

Primo impegno della nuova formazione fu una seduta-fiume – senza sosta dal sabato fino al lunedì seguente – presso gli Olympic Studios a Barnes, per registrare il primo album di P. P. Arnold, di nuovo con la produzione di Mick Jagger.[22] Il frontman degli Stones tuttavia, evidentemente poco convinto dalla prova di Davison, preferì affidare le parti di batteria a Jon Hiseman (all'epoca turnista stabile degli Olympic Studios), decisione che il nuovo arrivato in The Nice visse sul momento come un'umiliazione, pur ammettendo in seguito di non esser mai riuscito a entrare in sintonia col repertorio della cantante.[22]

Peraltro quando il lavoro uscì l'anno seguente (titolo: The First Lady of Immediate) nessuno dei quattro vi riconobbe nulla di ciò che aveva suonato;[22] l'album infatti aveva subito altri rifacimenti in corso d'opera al punto che le note di copertina, a seconda dei brani, menzionavano altri quattro produttori oltre Jagger, per giunta senza mai indicare i musicisti.[23] A distanza di tempo ciò ha reso impossibile persino ricostruire se nelle sedute anzidette Emerson e gli altri avessero effettivamente lavorato a tutte le canzoni poi incluse nel disco (dodici in totale) o solo ad alcune, dettaglio che nel frattempo era totalmente svanito anche dalla memoria dei diretti interessati.[22]

Il debutto dal vivo di Davison con The Nice avvenne invece al Flamingo Club di Soho il 28 agosto 1967 e coincise con l'ultimo loro concerto di supporto a P. P. Arnold:[24] la vocalist infatti subito dopo dovette rimpatriare per alcune settimane in attesa di rinnovare il visto d'ingresso e Oldham approfittò della sua assenza per offrire al gruppo un contratto discografico con la Immediate.[24] Anni dopo la cantante sottolineò con un pizzico di malizia come in quel frangente il manager le avesse «soffiato la band» ma aggiunse che i rapporti con gli altri rimasero ottimi anche dopo la separazione professionale e che ai suoi occhi gli ex compagni di palco erano sempre stati, fin dal primo momento, un'entità indipendente.[25]

Verso il primo album (settembre-dicembre 1967)

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The Nice esordirono da headliner il 1º settembre 1967 al Big C Club di Farnborough[26] e, oltre ad assicurarsi subito dopo una residency settimanale presso il Marquee Club a Londra, ad ottobre erano già in tournée per l'Europa assieme ad altri artisti della Immediate tra cui la stessa P. P. Arnold, nel frattempo stabilitasi definitivamente a Londra e ovviamente accompagnata da una nuova band.[27] Un concerto in particolare che i quattro tennero a Stoccolma fu registrato dalla radio pubblica svedese e molti anni più tardi vide la luce su un CD dal titolo: The Swedish Radio Sessions (2001) il quale costituisce perciò verosimilmente il più vecchio documento sonoro di The Nice come gruppo autonomo, se non proprio il primo in assoluto, dato che dai tre mesi precedenti non è mai emerso nulla (a parte la sorte poco chiara dei brani di P. P. Arnold prodotti da Jagger, dai quali però – come già detto – almeno il contributo di Davison fu certamente escluso).[27]

Dal 14 novembre al 5 dicembre la band prese parte a un'altra tournée collettiva – stavolta del solo Regno Unito – guidata da The Jimi Hendrix Experience e comprendente anche Pink Floyd, The Move, Amen Corner, Eire Apparent e The Outer Limits.[28] Per uno dei concerti, i Pink Floyd reclutarono al volo Davy O'List al posto del loro chitarrista cantante Syd Barrett il quale, a causa della sua instabilità mentale ormai conclamata, benché ancora non divulgata, quel giorno si era reso irreperibile.[29] Jackson raccontò che praticamente nessuno fra il pubblico si avvide dello scambio in quanto fra i due vi era una vaga somiglianza fisica e il chitarrista di The Nice fu persino vestito come il suo omologo;[30] i Pink Floyd inoltre si esibivano in penombra e nel tempo loro concesso suonavano solo il brano Interstellar Overdrive, che O'List aveva già orecchiato nei giorni precedenti e non ebbe quindi grosse difficoltà ad eseguire, per giunta imitando in modo convincente lo stile di Barrett alla chitarra e senza doversi preoccupare della voce, essendo il pezzo interamente strumentale.[30]

Uno dei roadie di Jimi Hendrix in quel tour era Ian "Lemmy" Kilmister, divenuto poi celebre come leader dei Motörhead: questi inevitabilmente notò una delle tante trovate di Emerson: conficcare coltelli fra i tasti dell'organo Hammond in modo da tenerli abbassati e produrre note continue, per poi alterarle in altezza tramite l'interruttore dell'alimentazione e imitare così il tipico fischio di una locomotiva a vapore, assieme ad altri suoni prodotti sballottando o trascinando per il palco l'organo stesso.[31] Avido collezionista di anticaglie del nazismo, Lemmy regalò a Emerson un pugnale autentico della Gioventù hitleriana, dicendogli: «Tieni: se devi usare un coltello, che almeno sia uno vero!» e il tastierista effettivamente impiegò il macabro cimelio per diversi anni – sino ai primi concerti di ELP – in quel numero di scena che, da lui concepito prima ancora di fondare The Nice, l'avrebbe accompagnato per tutta la carriera, praticamente senza variazioni.[31]

Tra una data e l'altra del tour con Hendrix – talvolta anche il giorno stesso di un concerto, attaccando a tarda sera e lavorando fino all'alba[32] – i quattro trovarono il tempo di incidere il loro primo long playing, da loro stessi prodotto con l'ausilio tecnico di Glyn Johns e di nuovo agli Olympic Studios.[32] L'album The Thoughts of Emerlist Davjack, preceduto a fine anno dal singolo omonimo, sarebbe uscito il 1º marzo 1968 e fondeva rock, jazz, beat e psichedelia con richiami anche alla musica classica, ad esempio in Rondo – rilettura di oltre 8 minuti del brano di jazz Blue Rondo à la Turk (1959) del Dave Brubeck Quartet – nella cui sezione centrale improvvisata Emerson citava la Toccata e fuga in Re minore (BWV 565) di Johann Sebastian Bach.[32]

1968 – America, la formazione a tre e Ars Longa Vita Brevis

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Leonard Bernstein nel 1968.

A febbraio 1968 The Nice si recarono per la prima volta in tournée negli Stati Uniti, grazie ad un accordo tra Oldham e la CBS che in cambio inviò Blood, Sweat & Tears nel Regno Unito;[33] giunti a Hollywood dopo il debutto a New York, i quattro visitarono il locale Whisky a Go Go, dove avrebbero suonato più volte nei giorni a venire; qui Davy O'List fu visto in compagnia di David Crosby, noto nell'ambiente per il malvezzo dello spiking, cioè del correggere di soppiatto bevande altrui con LSD, cosa che con ogni probabilità fece anche quella sera col chitarrista di The Nice: stando infatti a varie testimonianze dei colleghi e della loro cerchia stretta di collaboratori, l'episodio segnò per O'List l'inizio di un evidente – e purtroppo anche permanente – squilibrio psichico, destinato nell'arco di pochi mesi a compromettere la sua militanza nella band e, per buona parte, la sua stessa carriera di musicista.[33]

In aprile, i quattro decisero di separare casa discografica e management e per quest'ultimo sostituirono pertanto Oldham con l'ex giornalista sportivo Tony Stratton-Smith, noto in seguito come fondatore e capo della Charisma Records;[34] nello stesso periodo, registrarono una rilettura del brano America dal musical West Side Story di Leonard Bernstein, totalmente strumentale e piuttosto aggressiva nell'arrangiamento, che pubblicarono solo come 45 giri, peraltro l'unico nella loro carriera a guadagnare la classifica in patria nonché uno dei pezzi più noti del loro repertorio insieme a Rondo (non a caso, furono proprio questi gli unici due brani occasionalmente rivisitati in concerto anche da Emerson, Lake & Palmer).[35]

Il 26 giugno il gruppo eseguì il nuovo singolo alla Royal Albert Hall di Londra, in uno show benefico allestito dal Defence and Aid Fund for Southern Africa cui intervennero anche artisti statunitensi vicini al movimento anti-apartheid, come Marlon Brando.[36] Senza preavvisare nessuno all'infuori della band, al culmine dell'esibizione Emerson tracciò con vernice spray una bandiera statunitense stilizzata su di un telo appeso a centro palco e tentò di incendiarla in segno di protesta contro la presenza americana nel Vietnam.[37] La bravata, che il pubblico formale dell'occasione accolse con gelido imbarazzo, costò al gruppo un bando a vita dal prestigioso teatro londinese e, per quasi nove mesi, anche il mancato rilascio di visti d'ingresso da parte degli Stati Uniti, per il sospetto di propaganda antiamericana.[37]

Lo stesso Bernstein, pur negando pubblicamente di aver mai sentito nominare The Nice, per diverso tempo si oppose di fatto alla distribuzione di quel loro singolo nel suo Paese, cogliendovi uno stravolgimento del suo brano in senso apertamente ostile agli U.S.A.[37] Non senza ragione, peraltro: anni dopo, Emerson avrebbe definito la propria versione di America: «La prima canzone di protesta strumentale di sempre», confermando implicitamente come la sua posizione dell'epoca verso la politica estera statunitense fosse quanto meno critica.[2]

David "Davy" O'List.

Intanto i rapporti tra O'List e il resto del gruppo andavano deteriorandosi di pari passo con la sua salute mentale, che lo rendeva ormai inaffidabile al punto di dimenticare di presentarsi ai concerti, suonare a volumi assordanti senza motivo, rompere corde della chitarra per troppa veemenza, sbagliare spesso le parti e, fuori dal palco, manifestare segni di paranoia.[38]

La crisi degenerò irreparabilmente il 29 settembre alle Farfield Halls di Croydon: in pieno concerto il chitarrista sferrò un pugno in volto a "Bazz", accorso sul palco a risolvere un problema alla batteria, e giustificò poi l'aggressione sostenendo che il roadie e Brian Davison stavano tramando contro di lui.[38] L'indomani gli altri ragionarono sull'accaduto e convennero che la situazione non era più gestibile.[39] O'List suonò l'ultima volta con loro due giorni dopo, a Bournemouth e subito dopo il concerto Stratton-Smith lo licenziò di fronte ai tre colleghi, i quali avevano espressamente insistito con il manager per essere tutti presenti, a rimarcare così l'unanimità della decisione.[39]

Anni dopo il chitarrista, invero non nuovo a ricostruzioni fantasiose della sua carriera, in rare interviste riferì sempre i fatti in modo difforme dagli altri diretti interessati, negando l'uso di droghe all'epoca e riportando l'uscita dal gruppo come una propria scelta, dovuta – sempre stando alla sua versione – a una lotta interna per la leadership in cui avrebbe finito per esser messo in minoranza da "Strat", schieratosi con Emerson (il che sul piano puramente aritmetico implicherebbe che uno degli altri due compagni fosse dalla sua parte, circostanza invece smentita – come già detto – da tutti gli interessati).[40]

Seguirono audizioni per un sostituto (vi passò anche Steve Howe, futuro chitarrista degli Yes, che però scelse di restare fedele al suo gruppo di allora, Bodast) e nel frattempo Emerson tentò egli stesso di suonare parti di chitarra dal vivo, salvo desistere dopo un solo concerto;[41] i tre decisero infine di riorganizzarsi stabilmente come trio tastiere/basso/batteria e in tale assetto, a ottobre, incisero nuovo materiale presso gli studi Pye e Wessex a Londra, includendovi sporadici interventi per orchestra e chiamando il chitarrista Malcolm Langstaff ad eseguire, su un solo brano, l'unica parte rimasta a loro giudizio ancora indispensabile fra quelle ideate in precedenza da O'List.[41] Il risultato, pubblicato a novembre del 1968, fu l'album Ars Longa Vita Brevis, costituito per metà dall'omonima suite, già collaudata quasi per intero dal vivo (e perciò accreditata anche a O'List) e ampliata in studio con un tema tratto dal Concerto brandeburghese n. 3 di Bach.[42] Da allora in poi la rilettura dichiarata – non già il semplice accenno o citazione – dei classici (rappresentati qui anche dal brano Intermezzo, tratto dalla Karelia Suite di Jean Sibelius) avrebbe caratterizzato il repertorio della band in modo più significativo, specie in concerto.[43]

1969-70 – l'album Nice, lo scioglimento e i due dischi postumi

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Biglietto di un concerto tenuto nel gennaio 1969 a Sheffield, autografato dai membri di The Family e The Nice.

Con l'incidente della Royal Albert Hall ormai alle spalle, nel marzo 1969 il gruppo fu finalmente riammesso negli Stati Uniti dove rimase in tour per circa tre mesi, registrando anche alcuni concerti in vista di una possibile pubblicazione.[44] L'incessante attività dal vivo proseguì in Europa in estate: al 9th National Jazz and Blues Festival svoltosi a Plumpton nel Sussex il 10 agosto, il trio suonò assieme a un'orchestra di quarantatré elementi condotta da Joseph Eger – allora direttore stabile della New York Symphony Orchestra – e alle cornamuse dei London Scottish Pipes.[45] L'esibizione non passò inosservata e sul numero successivo del Melody Maker Richard Green titolò: «[The] Who e [The] Nice si prendono il festival di Plumpton».[46]

Nel frattempo, sempre sfruttando i rari buchi nella fitta agenda di concerti, i tre incisero presso i Trident Studios di Londra quattro brani – uno soltanto dei quali, For Example, totalmente inedito e al contempo anche originale – che divennero la prima parte del loro terzo album, mentre per il lato B ne scelsero altri due registrati dal vivo in aprile al Fillmore East di New York e ripescati entrambi dal repertorio di cover e standard degli inizi: She Belongs to Me di Bob Dylan – da loro mai pubblicata fino ad allora – e una nuova versione di Rondo, che per l'occasione reintitolarono: Rondo '69.[47]

Il lavoro, intitolato semplicemente: Nice ma per ragioni di distribuzione uscito negli Stati Uniti anche col titolo Everything as Nice as Mother Makes It, vide la luce a settembre 1969 e fu il primo del gruppo ad entrare nella Official Albums Chart, spingendosi fino al terzo posto, nonché l'ultimo pubblicato con la band ancora in attività.[47]

Nell'ottobre 1969 il direttore del Newcastle Arts Festival commissionò a Emerson un brano sinfonico ispirato a Newcastle upon Tyne; la scadenza era assai ravvicinata e il tastierista scrisse la musica in gran fretta[48] ricorrendo nuovamente all'aiuto di Joseph Eger per l'orchestrazione mentre Lee Jackson, nativo della città, curò i testi che dedicò ai cinque ponti sul fiume Tyne e allo stadio di calcio di St. James's Park; il brano, dal titolo The Five Bridges Suite, fu eseguito in prima assoluta dal solo trio il 10 ottobre alla City Hall di Newcastle e, una settimana dopo, in forma completa alle Fairfield Halls di Croydon con l'orchestra "Sinfonia of London" diretta dallo stesso Eger, più un sestetto di fiatisti jazz;[49] quest'ultimo concerto, comprendente altri brani arrangiati per lo stesso organico, venne integralmente registrato e buona parte avrebbe visto la luce, otto mesi dopo, sull'album postumo Five Bridges.[48] Emerson anni dopo si disse insoddisfatto della suite così come immortalata sul disco, lamentando il tempo insufficiente sia a rifinirla che a provarla a dovere con gli altri musicisti, oltre alla scarsa qualità della registrazione dal vivo.[48]

Greg Lake, nel 1969 candidato a sostituire Lee Jackson nei Nice.

Nello stesso periodo Emerson confidò a Stratton-Smith che per lui The Nice avevano già «vissuto oltre la loro utilità» e che egli aspirava a un ambiente musicale più versatile in cui sviluppare meglio le idee e realizzare le proprie ambizioni artistiche.[50] Cresceva in particolare la sua insoddisfazione per il rendimento di Lee Jackson, specie alla voce, per cui si era già messo segretamente in cerca di un altro bassista cantante (consultando, fra gli altri, Chris Squire e Jack Bruce) quando il manager gli suggerì Greg Lake, all'epoca membro dei King Crimson.[50] Quest'ultimi fra l'altro aprirono proprio il concerto di Five Bridges a Croydon del 17 ottobre, ma non è chiaro se le trattative tra Emerson e Lake siano incominciate già in quell'occasione.[50]

Ad ogni modo le strade dei due si incrociarono di nuovo il 12 dicembre 1969, durante la terza e ultima tournée americana di The Nice, quando i rispettivi gruppi condivisero il palco del Fillmore West a San Francisco: "Strat" combinò un incontro riservato in albergo la sera stessa ed Emerson offrì il posto al bassista cantante.[51] I King Crimson concludevano il loro tour proprio quella sera e per combinazione rischiavano anche di sciogliersi – dopo neanche un anno di attività e a soli due mesi dal loro acclamato debutto discografico – a causa della defezione simultanea di Michael Giles e Ian McDonald: pertanto Lake volle lasciarsi aperta la possibilità ma chiese tempo prima di dare una risposta definitiva.[51]

È molto probabile che i piani iniziali prevedessero la permanenza di Brian Davison: il batterista infatti avrebbe appreso della fine ormai pianificata del gruppo solo a febbraio del 1970, un mese dopo Lee Jackson, e anni dopo rivelò di avere anch'egli incontrato Greg Lake all'epoca e di aver capito che non ne avrebbe tollerato l'atteggiamento «da superstar».[52] Lake per parte sua ha riportato che pose la condizione di non essere soltanto il rimpiazzo di Lee Jackson in The Nice ma che si desse vita a un progetto totalmente nuovo, tanto nel repertorio quanto soprattutto nella parità decisionale (che in ELP poi effettivamente ottenne);[53] sul piano artistico il suo coinvolgimento implicava pertanto una ripartenza quasi da zero che evidentemente Davison, dato il livello raggiunto dalla band, non era disposto ad accettare supinamente.[52]

Alla luce di quanto sopra, The Nice avevano i giorni contati; a ciò si aggiunse, con l'arrivo del 1970, la liquidazione per fallimento della Immediate Records: i tre, intervistati separatamente in anni seguenti, dichiararono tutti di non aver mai percepito royalty per nessuno dei dischi pubblicati con l'etichetta di Oldham (circostanza confermata anche da O'List riguardo i proventi del periodo 1967-68) e che, anche nel periodo di effettiva attività, l'unico loro introito fu rappresentato dai concerti, tenuti a un ritmo frenetico e praticamente senza sosta per tre anni, salvo il tempo speso in sala d'incisione o negli studi radiofonici.[54]

Dopo un'ultima serie di date a Roma, Parigi, Bruxelles e nuovamente in patria, il trio esaurì gli impegni in Germania, intervenendo a due festival svoltisi ad Amburgo e Berlino rispettivamente il 28 e il 30 marzo 1970, dopodiché si sciolse di fatto, ma la notizia fu taciuta alla stampa.[55] Nel frattempo, la neonata Charisma Records di Stratton-Smith acquisì le registrazioni ancora inedite e ne trasse il già citato Five Bridges – l'album di The Nice più venduto in assoluto all'epoca della pubblicazione, con il 2º posto in classifica raggiunto a luglio del 1970[56] – e l'anno dopo anche Elegy, disco composto da quattro lunghe tracce (due in studio e due dal vivo, tutte risalenti al 1969) tra cui una nuova versione di America estesa ad oltre 10 minuti di durata.[57] Entrambi i titoli furono fra l'altro cruciali per l'affermazione in patria della Charisma, in quanto primi dell'intero catalogo a guadagnare la zona alta della Official Albums Chart, con due anni di anticipo rispetto ai lavori dei Genesis, sul lungo periodo capifila per distacco dell'etichetta.[56][58]

Il dopo-The Nice e la reunion del 2002-2003

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Lee Jackson in concerto con The Nice a Wolverhampton, 2 ottobre 2002.

Intanto a giugno del 1970 nascevano Emerson, Lake & Palmer che, fin dal loro secondo concerto in assoluto (festival dell'isola di Wight, 29 agosto), si assicurarono un successo internazionale che mantennero per gran parte degli anni settanta, oltre a riunirsi più volte anche nei decenni seguenti.[59] Davison e Jackson intanto fondarono rispettivamente i gruppi Every Which Way e Jackson Heights, entrambi con esiti modesti sul piano commerciale,[4] per poi ritrovarsi di nuovo insieme nel trio Refugee (1973-74) con il tastierista Patrick Moraz. Quest'ultimo tuttavia, dopo otto mesi e un solo album, ricevette l'offerta di rimpiazzare Rick Wakeman negli Yes, allora già ampiamente affermati su scala internazionale, e piantò così in asso gli ex-Nice.[4]

Di lì a poco i due, entrambi ormai disillusi per i ripetuti fallimenti, abbandonarono lo show business: Davison, dopo una tournée con i Gong nel 1975[60] e un lungo periodo segnato dall'alcolismo, si dedicò a insegnare musica in un college a Bideford[5] mentre Jackson visse a Los Angeles per circa vent'anni, dopodiché rientrò in patria e si stabilì a Northampton, dove fra l'altro iniziò la collaborazione fissa con un'orchestra semiprofessionale locale di New Orleans jazz.[6]

Per oltre trent'anni di The Nice si parlò solo al passato.[61] Nel 2002, trentacinquennale della fondazione del gruppo, i tre svolsero a sorpresa un mini-tour del Regno Unito, dal 2 al 6 ottobre: metà dello spettacolo era riservata a loro; nella seconda parte Emerson eseguiva brani dal proprio repertorio solista e di ELP con la Keith Emerson Band e il bis infine vedeva sul palco entrambe le formazioni.[62] Dal concerto tenuto il 4 ottobre presso la Royal Concert Hall di Glasgow fu tratto l'album Vivacitas, pubblicato l'anno seguente a nome: «Keith Emerson and The Nice» e subito promosso con altre dieci date, sempre solo in patria, che mantennero la formula ormai collaudata del doppio spettacolo documentata anche nel disco dal vivo.[63]

La chiusura del secondo tour, il 23 ottobre 2003 al Colosseum di Watford, divenne per The Nice l'ultima apparizione dal vivo in assoluto:[63] prima infatti che la fitta agenda di Emerson lasciasse spazio a eventuali nuove reunion, Davison si ammalò di un tumore che l'avrebbe portato alla morte ad aprile del 2008, all'età di 65 anni.[7] Emerson stesso si sarebbe poi suicidato nel marzo del 2016, ponendo così indirettamente fine – stavolta per sempre – anche alla storia del suo primo gruppo di rilievo.[8]

Stile musicale

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The Nice si collocano nella scena musicale inglese di fine anni sessanta del XX secolo. La formazione musicale e il virtuosismo del tastierista Keith Emerson conferirono al gruppo – specie dopo l'uscita del chitarrista Davy O'List – un sound in cui l'organo Hammond sostituiva la chitarra come strumento preminente, senza per questo perdere l'aggressività tipica del rock.[64] Tutti i membri del gruppo inoltre, grazie all'esperienza pregressa in formazioni di vari generi musicali, contribuirono a creare uno stile che fondeva con originalità rock, musica classica, psichedelia, jazz e blues e che ha contribuito a farli annoverare fra gli antesignani del progressive rock britannico, assieme ai coevi Procol Harum e The Moody Blues.[65][66] Emerson avrebbe rilanciato la formula del trio basato sulle tastiere in Emerson, Lake & Palmer e analoga strada avrebbero tentato, sebbene con minor successo, anche Davison e Jackson nei Refugee.[4]

Nelle due suite originali Ars Longa Vita Brevis (1968) e The Five Bridges Suite (1969), entrambe della durata di un'intera facciata di LP, Emerson per la prima volta sperimentò un'integrazione più completa fra musica sinfonica e rock non limitandosi a impiegare arrangiamenti orchestrali – prassi allora già consolidata nella musica leggera – o a citare occasionalmente classici, ma scrivendo ex novo vere e proprie partiture per gruppo e orchestra,[9] approccio al quale sarebbe poi tornato soltanto nel 1976-77 con ELP ma con tempi e budget sensibilmente più ampi.[67]

Altro elemento tipico del repertorio del gruppo fu la rivisitazione di autori classici come Bach, Sibelius e Dvořák o contemporanei come Leonard Bernstein, con variazioni o improvvisazioni in stile jazz e blues psichedelico.[68] Analoga contaminazione avvenne anche per cover di cantautori come Tim Hardin e Bob Dylan,[66] ad esempio nel brano Hang On to a Dream di Hardin, che in una versione dal vivo inclusa nell'album Elegy contiene una citazione in chiave jazz dell'aria Summertime dall'opera Porgy and Bess di George Gershwin, oppure in Country Pie di Dylan che la band, sull'album Five Bridges, fonde in un mash-up al tema iniziale del Concerto brandeburghese n.6 di Bach.[48]

Il ricorso cospicuo a materiale altrui, in misura tale che nessun album ufficiale di The Nice contiene soltanto brani originali, derivò anche dall'oggettiva mancanza di tempo per scrivere, compito per quanto riguarda la musica affidato quasi esclusivamente a Emerson: il gruppo infatti svolse in quasi tre anni un'attività dal vivo quasi incessante alla quale, per scelta o per necessità, diede netta precedenza rispetto alla composizione e alla registrazione, quest'ultima spesso relegata ai ritagli di tempo tra una data e l'altra, quando non effettuata direttamente dal vivo in concerto, come su metà degli album Nice e Elegy e nella quasi totalità di Five Bridges.[9]

Ultima
Membri precedenti

Album in studio

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* Per metà registrati dal vivo.

Album dal vivo

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Raccolte e live postumi

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Solo gli album contenenti brani inediti o versioni alternative di brani editi:

Singoli (Regno Unito)

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  • 1968 – The Thoughts of Emerlist Davjack/ Azrial (Angel of Death)
  • 1968 – America (2nd Amendment)/ The Diamond–Hard Blue Apples of the Moon
  • 1968 – Brandenburger/ Happy Freuds
  • 1969 – Hang on to a Dream/ Diary of an Empty Day

Bibliografiche

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    «Who and Nice steal Plumpton Festival (says Richard Green)»
    Scorrere la pagina web per trovare la riproduzione fotografica dell'articolo citato.
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  • Philip Dodd (a cura di) e Genesis, Genesis - Revelations, De Agostini, 2007, ISBN 978-88-418-4164-8.

Voci correlate

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