Piano Morrison-Grady

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Piano di autonomia provinciale proposto dal comitato Morrison-Grady

Il Piano Morrison-Grady,[1] noto anche come Piano di autonomia provinciale, fu un piano congiunto anglo-americano annunciato il 31 luglio 1946 per la creazione di un'amministrazione fiduciaria unitaria e federale nella Palestina mandataria.[2]

In seguito alla pubblicazione del rapporto della Commissione d'inchiesta anglo-americana del 20 aprile 1946, fu creato un nuovo comitato guidato dal vice primo ministro britannico Herbert Morrison e dal diplomatico statunitense Henry F. Grady, al fine di stabilire l'attuazione delle proposte anglo-americane.[3] Morrison presentò il piano al Parlamento britannico il 31 luglio 1946.[4] Negli Stati Uniti, il sostegno iniziale al piano del presidente Truman subì un cambio di rotta dopo che i sionisti americani esercitarono pressioni contro di esso poco prima delle elezioni di metà mandato di novembre.[5] La pressione dei sionisti americani portò il presidente Truman a respingere il piano, nonostante fosse stato proposto dallo stesso incaricato da Truman. Gli Stati Uniti all'epoca non avevano una politica sulla Palestina.[6]

Il piano divenne il punto di partenza per la Conferenza di Londra del 1946-1947, convocata dagli inglesi il 1º ottobre 1946.[7]

Proposte per il futuro della Palestina – luglio 1946 – febbraio 1947, Cmd 7044

Il piano prevedeva la divisione della Palestina in quattro zone: una provincia araba, una provincia ebraica, il distretto di Gerusalemme e il distretto del Negev.[8]

Secondo i termini del piano, la provincia ebraica e la provincia araba avrebbero esercitato l’autogoverno sotto la supervisione britannica, mentre Gerusalemme e il Negev sarebbero rimasti sotto il diretto controllo britannico.[9]

Gli stati arabi discussero il piano con gli inglesi alla Conferenza di Londra del 1946-1947. Tuttavia lo rifiutarono sulla base del fatto che avrebbe portato alla spartizione e proposero in alternativa uno stato unitario indipendente.[10]

Gli ebrei si rifiutarono di partecipare alla conferenza poiché avevano respinto il piano di autonomia provvisoria in una conferenza sionista separata.[10] Condizionarono la loro partecipazione al rilascio dei leader detenuti allo scopo di rappresentarli al tavolo, ma gli inglesi non lo permisero.[11]

In una successiva riunione della Conferenza nel febbraio successivo, la Gran Bretagna propose un piano, noto come Piano Bevin, per un'amministrazione fiduciaria britannica quinquennale. L'amministrazione fiduciaria doveva portare a una soluzione permanente concordata da tutte le parti. Quando sia gli arabi che gli ebrei rifiutarono il piano, la Gran Bretagna decise di sottoporre la questione alle Nazioni Unite, i quali istituirono la Commissione speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina (UNSCOP).[12]

Insediamento del Negev

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In risposta al piano, l'Agenzia ebraica decise di stabilire un insediamento nel Negev secondo uno schema noto come gli 11 punti nel Negev.[13][14]

  1. ^ Franca Tagliacozzo e Bice Migliau, Gli ebrei nella storia e nella società contemporanea, La Nuova Italia, 1993, p. 413, ISBN 978-88-221-1223-1. URL consultato il 6 agosto 2024.
  2. ^ Alcune fonti descrivono il piano come Piano di "Autonomia Provvisoria", anziché Provinciale.
  3. ^ (EN) Michael J. Cohen, Palestine and the Great Powers, 1945-1948, Princeton University Press, 14 luglio 2014, p. 131, ISBN 978-1-4008-5357-1. URL consultato il 6 agosto 2024.
    «L'11 giugno, lo stesso Truman annunciò la formazione di un comitato di gabinetto sulla Palestina e altri problemi correlati. Il comitato sarebbe stato composto dal Segretario di Stato Byrnes (presidente), dal Segretario di Guerra Robert Patterson e dal Segretario al Tesoro John Snyder. Henry F. Grady, un diplomatico di carriera, fu nominato sostituto di Byrnes per guidare il gruppo americano inviato a Londra per discutere i dettagli con gli inglesi.»
  4. ^ PALESTINE (Hansard, 31 July 1946), su api.parliament.uk. URL consultato il 6 agosto 2024.
  5. ^ (EN) Arieh J. Kochavi, Post-Holocaust Politics: Britain, the United States, and Jewish Refugees, 1945-1948, Univ of North Carolina Press, 14 gennaio 2003, p. 130, ISBN 978-0-8078-7509-4. URL consultato il 6 agosto 2024.
    «Truman e il suo gabinetto erano inizialmente propensi a sostenere il piano di autonomia provvisoria, ma in seguito a forti pressioni da parte dei sionisti americani e consapevole delle imminenti elezioni di medio termine del novembre 1946, il presidente cambiò idea. Il 7 agosto, informò gli inglesi di aver deciso di respingere il piano.»
  6. ^ (EN) Michael J. Cohen, Palestine to Israel: From Mandate to Independence, Routledge, 12 novembre 2012, p. 221, ISBN 978-1-136-28660-5. URL consultato il 6 agosto 2024.
    «Ancora una volta, le pressioni sioniste a Washington portarono Truman a rifiutare il rapporto dei suoi stessi esperti. I sionisti temevano che il piano avrebbe cristallizzato il loro sviluppo all'interno di un ghetto ristretto. Peraltro il loro rifiuto condannò anche i profughi a trascorrere un altro inverno in Europa. Per quanto i sionisti giocassero sulla questione dei 100.000, basarono la salvezza dei rifugiati su una soluzione politica soddisfacente in Palestina. Inoltre, ormai il numero di profughi nei campi era più che raddoppiato e i sionisti ponderarono la saggezza di limitare le loro richieste a 100.000. Il rifiuto di Truman del piano Morrison-Grady lasciò gli Stati Uniti senza alcuna politica sulla Palestina.»
  7. ^ (EN) Susan Lee Hattis, The Bi-national Idea in Palestine During Mandatory Times, Shikmona, 1970. URL consultato il 6 agosto 2024.
  8. ^ Democrazia e Sicurezza - Democracy and Security Review: 2017, n. 2, Roma TrE-Press, 15 settembre 2017, p. 130. URL consultato il 6 agosto 2024.
  9. ^ (EN) Fred J., The Arab-Israeli dilemma, Syracuse, N.Y. : Syracuse University Press, 1985, p. 36, ISBN 978-0-8156-2339-7. URL consultato il 6 agosto 2024.
  10. ^ a b (EN) Steven L. Spiegel, The Other Arab-Israeli Conflict: Making America's Middle East Policy, from Truman to Reagan, University of Chicago Press, 10 dicembre 2014, p. 24, ISBN 978-0-226-22614-9. URL consultato il 6 agosto 2024.
  11. ^ (EN) David A. Charters, The British Army and Jewish Insurgency in Palestine, 1945-47, Springer, 12 giugno 1989, p. 39, ISBN 978-1-349-19975-4. URL consultato il 6 agosto 2024.
  12. ^ (EN) Ellen Jenny Ravndal, Exit Britain: British Withdrawal From the Palestine Mandate in the Early Cold War, 1947–1948, in Diplomacy & Statecraft, vol. 21, n. 3, 14 settembre 2010, pp. 416–433, DOI:10.1080/09592296.2010.508409. URL consultato il 6 agosto 2024.
  13. ^ (EN) Efraim Karsh e Rory Miller, Israel at Sixty: Rethinking the birth of the Jewish state, Routledge, 23 ottobre 2013, p. 55, ISBN 978-1-317-96776-7. URL consultato il 6 agosto 2024.
  14. ^ (EN) Ilan Pappé, The Making of the Arab-Israeli Conflict, 1947-1951, Bloomsbury Academic, 31 dicembre 1994, p. 52, ISBN 978-1-85043-819-9. URL consultato il 6 agosto 2024.

Collegamenti esterni

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