Oggi in Spagna, domani in Italia

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Carlo Rosselli

"Oggi in Spagna, domani in Italia" è il motto degli antifascisti italiani, ripreso dalla frase "Oggi qui, domani in Italia", pronunciata da Carlo Rosselli a Radio Barcellona, il 13 novembre 1936, in un proclama con il quale si invitava gli italiani ad accorrere volontari in soccorso del legittimo governo repubblicano spagnolo, minacciato dal colpo di stato di Francisco Franco che aveva dato inizio alla guerra civile [1].

Eventi che precedettero la formulazione del discorso

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Bandiera della Colonna Italiana
Bandiera del Battaglione Garibaldi, 12ª Brigata Internazionale

Nel 1936 era scoppiata la Guerra civile spagnola tra i militari golpisti comandati dal generale Franco e il legittimo governo repubblicano del Fronte Popolare. Rosselli fu subito attivo nel sostegno alle forze repubblicane, criticando l'immobilismo di Francia e Inghilterra, mentre fascisti e nazisti aiutavano Francisco Franco con uomini e armi agli insorti. Nell'agosto Rosselli ebbe il battesimo del fuoco nei dintorni di Huesca sul fronte di Aragona.

La prima formazione composta da volontari italiani, la Colonna Italiana, fu costituita il 17 agosto 1936 nell'ambito delle Brigate Internazionali. Essa annoverava tra i 50 e i 150 uomini, reclutati fra gli esuli in Francia dal movimento Giustizia e Libertà - di cui Rosselli era il leader - e dal Comitato Anarchico Italiano Pro Spagna. Carlo Rosselli ne era il comandante.

Successivamente il leader di Giustizia e Libertà propose all'ex segretario del PRI, Randolfo Pacciardi, ufficiale decorato nella prima guerra mondiale, la formazione di una legione antifascista italiana sotto il patronato politico dei partiti socialista, comunista e repubblicano e con il concorso delle organizzazioni aderenti al comitato italiano pro Spagna. Il 26 ottobre successivo, Pacciardi firmò a Parigi l'accordo per la formazione del Battaglione Garibaldi e la progressiva confluenza in esso di tutte le formazioni di volontari italiani.

Il celebre discorso radiofonico di Rosselli del 13 novembre 1936 fu quindi un invito agli italiani antifascisti ad accorrere per far parte del Battaglione Garibaldi. Al contempo auspicava che la lotta antifascista in Spagna divenisse una prova generale per sovvertire con le armi il regime fascista in Italia.

Passaggi fondamentali

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In apertura, Rosselli descrive ed esalta il contributo, anche di sangue, già dato dai volontari italiani antifascisti accorsi in Spagna per combattere a fianco della Repubblica.

« Compagni, fratelli, italiani, ascoltate. Un volontario italiano vi parla dalla Radio di Barcellona per portarvi il saluto delle migliaia di antifascisti italiani esuli che si battono nelle file dell'armata rivoluzionaria. Una colonna italiana combatte da tre mesi sul fronte di Aragona. Undici morti, venti feriti, la stima dei compagni spagnuoli : ecco la testimonianza del suo sacrificio. Una seconda colonna italiana. formatasi in questi giorni, difende eroicamente Madrid. In tutti i reparti si trovano volontari italiani, uomini che avendo perduto la libertà nella propria terra, cominciano col riconquistarla in Ispagna, fucile alla mano. Giornalmente arrivano volontari italiani: dalla Francia, dal Belgio. dalla Svizzera, dalle lontane Americhe. Dovunque sono comunità italiane, si formano comitati per la Spagna proletaria. Anche dall'Italia oppressa partono volontari. Nelle nostre file contiamo a decine i compagni che,a prezzo di mille pericoli, hanno varcato clandestinamente la frontiera. Accanto ai veterani dell'antifascismo lottano i Giovanissimi che hanno abbandonato l'università, la fabbrica e perfino la caserma.»

L'oratore prosegue ricordando come, durante il Risorgimento, gli italiani in esilio, non potendo lottare nel proprio paese – oppresso dall'Austria, dalla Chiesa e dalle dinastie autoritarie - avevano lottato per la libertà degli altri popoli. Ciò, secondo Rosselli, era stato uno stimolo per riacquistare fiducia per la causa italiana.

« Un secolo fa, l'Italia schiava taceva e fremeva sotto il tallone dell'Austria, del Borbone, dei Savoia, dei preti. Ogni sforzo di liberazione veniva spietatamente represso. Coloro che non erano in prigione, venivano costretti all'esilio. Ma in esilio non rinunciarono alla lotta. Santarosa in Grecia, Garibaldi in America, Mazzini in Inghilterra, Pisacane in Francia, insieme a tanti altri, non potendo più lottare nel paese, lottarono per la libertà degli altri popoli, dimostrando al mondo che gli italiani erano degni di vivere liberi. Da quei sacrifici, da quegli esempi uscì consacrata la causa italiana. Gli italiani riacquistarono fiducia nelle loro forze. Oggi una nuova tirannia, assai più feroce ed umiliante dell'antica, ci opprime. Non è più lo straniero che domina. Siamo noi che ci siamo lasciati mettere il piede sul collo da una minoranza faziosa, che utilizzando tutte le forze del privilegio tiene in ceppi la classe lavoratrice ed il pensiero italiani.»

Premettendo che, come nel Risorgimento, lo sforzo dei volontari italiani in una terra straniera alimenterà la loro volontà di riscatto, Rosselli pronuncia lo slogan che contrassegna il discorso: "Oggi qui, domani in Italia".

«E' come nel Risorgimento, nell' epoca più buia, quando quasi nessuno osava sperare, dall'estero vennero l'esempio e l'incitamento, cosi oggi noi siamo convinti che da questo sforzo modesto, ma virile dei volontari italiani, troverà alimento domani una possente volontà di riscatto. È con questa speranza segreta che siamo accorsi in Ispagna. Oggi qui, domani in Italia.»

Rosselli prosegue affermando che i nazionalisti non hanno affatto vinto e che, anzi, è in corso una controffensiva repubblicana che ha successo ogni giorno di più.

« Non prestate fede alle notizie bugiarde della stampa fascista, che dipinge i rivoluzionari spagnuoli come orde di pazzi sanguinari alla vigilia della sconfitta. La rivoluzione in Ispagna è trionfante. Penetra ogni giorno di più nel profondo della vita del popolo rinnovando istituiti, raddrizzando secolari ingiustizie. Madrid non è caduta e non cadrà. Quando pareva in procinto di soccombere, una meravigliosa riscossa di popolo arginava l'invasione ed iniziava la controffensiva. Il motto della milizia rivoluzionaria che fino ad ora era "No pasaran" è diventato " Pasaremos", cioè non i fascisti, ma noi, i rivoluzionari, passeremo.»

Nel discorso dell'uomo politico antifascista non manca un omaggio al “nuovo ordine” instaurato in Spagna dal governo repubblicano, conciliando le più ardite riforme con la libertà e senza rinnegare i valori culturali dell'occidente.

« Un ordine nuovo è nato, basato sulla libertà e la giustizia sociale. Nelle officine non comanda più il padrone, ma la collettività, attraverso consigli di fabbrica e sindacati. Sui campi non trovate più il salariato costretto ad un estenuante lavoro nell'interesse altrui. Il contadino è padrone della terra che lavora, sotto il controllo dei municipi. Negli uffici, gli impiegati, i tecnici, non obbediscono più a una gerarchia di figli di papà, ma ad una nuova gerarchia fondata sulla capacità e la libera scelta. Obbediscono, o meglio collaborano, perché‚ nella Spagna rivoluzionaria, e soprattutto nella Catalogna libertaria, le più audaci conquiste sociali si fanno rispettando la personalità dell'uomo e l'autonomia dei gruppi umani. Comunismo, si, ma libertario. Socializzazione delle grandi industrie e del grande commercio, ma non statolatria: la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio è concepita come mezzo per liberare l'uomo da tutte le schiavitù. L'esperienza in corso in Ispagna è di straordinario interesse per tutti. Qui, non dittatura, non economia da caserma, non rinnegamento dei valori culturali dell'Occidente, ma conciliazione delle più ardite riforme sociali con la libertà. Non un solo partito che, pretendendosi infallibile, sequestra la rivoluzione su un programma concreto e realista: anarchici, comunisti, socialisti, repubblicani collaborano alla direzione della cosa pubblica,al fronte, nella vita sociale. Quale insegnamento per noi italiani!.»

Dell'attuale esperienza spagnola, secondo Rosselli, ne trarrà guadagno tutta l'Europa ma soprattutto l'Italia, essendo la più vicina ad essa per lingua e tradizioni.

«Dalla Spagna guadagnerà l'Europa. Arriverà innanzi tutto in Italia, cosi vicina alla Spagna per lingua, tradizioni, clima, costumi e tiranni. Arriverà perché la storia non si ferma, il progresso continua, le dittature sono delle parentesi nella vita dei popoli, quasi una sferza per imporre loro, dopo un periodo d' inerzia e di abbandono, di riprendere in mano il loro destino..»

Infine, Rosselli rinnova il suo appello a rinforzare le colonne dei volontari italiani in Spagna, ribadendo che quanto prima si vincerà nella penisola iberica, tanto prima sorgerà in Italia il tempo della riscossa contro la dittatura fascista.

« Qui si combatte, si muore, ma anche si vince per la libertà e l'emancipazione di tutti i popoli. Aiutate, italiani, la rivoluzione spagnuola. Impedite al fascismo di appoggiare i generali faziosi e fascisti. Raccogliete denari. E se per persecuzioni ripetute o per difficoltà insormontabili, non potete nel vostro centro combattere efficacemente la dittatura, accorrete a rinforzare le colonne dei volontari italiani in Ispagna. Quanto più presto vincerà la Spagna proletaria, e tanto più presto sorgerà per il popolo italiano il tempo della riscossa.»

Riflessi del discorso nella Resistenza italiana

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Nel dicembre 1936 in seguito a contrasti con gli anarchici, Rosselli si dimise da comandante della Colonna Italiana e nel gennaio 1937 fondò il Battaglione Matteotti. Il 30 aprile 1937, tale formazione confluì nel Battaglione Garibaldi che si costituì in brigata e le sue compagnie furono elevate al rango di battaglione.

Nel giugno 1937 Rosselli lasciò la Spagna per recarsi a Bagnoles-de-l'Orne per delle cure termali, dove poi fu raggiunto dal fratello Nello.

Il 9 dello stesso mese i due furono uccisi da una squadra di "cagoulards", miliziani della "Cagoule", formazione eversiva di destra francese, su mandato, forse, dei servizi segreti fascisti. Con un pretesto vennero fatti scendere dall'automobile, poi colpiti da raffiche di pistola. Carlo morì sul colpo, Nello (colpito per primo) venne finito con un'arma da taglio.[2][3]. I corpi vennero trovati due giorni dopo; i colpevoli, dopo numerosi processi, riusciranno quasi tutti a essere prosciolti.

Il 24 settembre 1938, la Brigata Garibaldi fu costretta a sciogliersi, in quanto il primo ministro spagnolo, Juan Negrín, su pressione delle democrazie occidentali impegnate nella politica di non intervento, aveva disposto il ritiro dal fronte di tutti i combattenti non spagnoli. Nel 1939 la guerra civile terminò con la vittoria dei nazionalisti di Franco.

L'idea di Carlo Rosselli che il conflitto spagnolo sarebbe stato un banco di prova per una guerra di liberazione armata contro il fascismo e il nazismo suo alleato si rivelò però esatta.

Le formazioni partigiane comuniste e quelle socialiste, infatti, presero, rispettivamente, il nome di Brigate Garibaldi e di Brigate Matteotti, ricollegandosi idealmente ai battaglioni di volontari italiani in Spagna. Gran parte dei comandanti partigiani (i comunisti Ilio Barontini, Luigi Longo, Alfredo Mordini, Aldo Lampredi, Giovanni Pesce, Mario Ricci, Angelo Rossi e Giuseppe Verginella, i socialisti Pietro Nenni e Aldo Garosci, gli anarchici Giuseppe Bifolchi e Dante Armanetti, il cattolico Ottorino Orlandini, i repubblicani Giorgio Braccialarghe e Ilario Tabarri [4]) inoltre, avevano preso parte alla Guerra civile spagnola.

  1. ^ Il discorso di Rosselli su Romacivica.net Archiviato il 29 settembre 2007 in Internet Archive.
  2. ^ Giuseppe Fiori, Casa Rosselli, Einaudi, 1999, pp. 202 e segg.
  3. ^ Mimmo Franzinelli, Il delitto Rosselli. 9 giugno 1937. Anatomia di un omicidio politico, Mondadori, Milano 2007.
  4. ^ Le quattromila biografie dei combattenti italiani, su aicvas.org. URL consultato il 12 giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 16 agosto 2013).

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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  • Archivio della famiglia Rosselli [collegamento interrotto], su archiviorosselli.it.