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Utente:Slash88/Sandbox
Di seguito viene trattata la storia dell'Atalanta Bergamasca Calcio dal 1907 ai nostri giorni.
I primi anni e la fusione con la Bergamasca
[modifica | modifica wikitesto]Il football moderno giunse a Bergamo all'inizio del Novecento grazie all'industriale tessile svizzero Matteo Legler che fondò nell'ottobre del 1904, insieme ad altri suoi connazionali, il primo club calcistico della città: il Foot-Ball Club Bergamo.[1]
Sull'onda della curiosità verso questa nuova disciplina sportiva (che si stava pian piano già diffondendosi in tutta Italia), molte società iniziarono a promuovere il football tra le proprie attività.
Il 17 ottobre 1907 cinque giovani, Gino e Ferruccio Amati, Eugenio Urio, Giovanni Roberti e Alessandro Forlini decisero di separarsi dalla Giovane Orobia per dare vita a una nuova società sportiva che abbia la sua palestra nel Borgo (Città Bassa), luogo più facilmente raggiungibile rispetto a Città Alta che fino ad allora era il centro motore dello sport cittadino.[2]
La società, denominata come Società Bergamasca di Ginnastica e Sports Atletici "Atalanta" (ispirandosi all'omonima figura della mitologia greca), raccolse diverse discipline sportive (come l'atletica, la pesistica e il nuoto) tra cui il foot-ball, che ebbe inizialmente un ruolo minore.
La Gazzetta provinciale di Bergamo il giorno stesso annunciò tra le sue righe la nascita della società:[3]
«Scopo dello Sport Club Atalanta è di addestrare la gioventù in tutti i rami degli sport atletici atti a maggiormente sviluppare il fisico. Essa infatti si prefigge di coltivare in modo speciale il podismo, il salto, la lotta, il sollevamento peso, la palla vibrata, il calcio, il lancio del disco e del giavellotto nonché il nuoto e le marce in montagna»
La sede fu in viale Vittorio Emanuele, il primo presidente fu il nobile Vittorio Adelasio mentre come segretario venne scelto Gino Amati.[4] Pochi mesi più tardi, l'Atalanta viene iscritta a tutte le Federazioni sportive di allora, compresa la Federazione Italiana Football (F.I.F.), che pochi anni più tardi commutò il nome in F.I.G.C.
Per il calcio, come luogo dove svolgere le attività principali, viene utilizzata inizialmente la Piazza d'Armi, nei pressi della stazione ferroviaria per poi passare, quasi subito, al Campo di Marte, tra le vie Suardi e Fratelli Cairoli.[5]
Già dai primi mesi dalla sua nascita, la sezione calcio dell'Atalanta disputò diversi tornei provinciali facendo accrescere l'entusiasmo collettivo per questa attività sportiva. Per imprimere il decisivo salto di qualità a questi fermenti calciofili, l'Atalanta ebbe bisogno di un elemento indispensabile: un vero campo da gioco. Quest'ultimo era essenziale per potersi iscrivere ai campionati della neonata F.I.G.C., che richiedeva alle società il possesso di un campo sportivo dalle misure minime 90x45, recintato ed in grado di ospitare del pubblico pagante. Il Campo di Marte ovviamente non soddisfava tali requisiti.
Nel 1914, il neo presidente della sezione calcio Piero Carminati, affittò un campo situato in via Maglio del Lotto, provvisto di tribuna a ridosso della ferrovia, tanto che alla partita di inaugurazione contro l'Inter nel maggio 1914, un treno in fase di ingresso in stazione rallentò ulteriormente per permettere ai viaggiatori di assistere ad alcune fasi della partita.[6]
Il possesso del nuovo campo di gioco permise alla società di iscriversi al campionato di Promozione, il secondo livello del calcio italiano di un tempo. Nella stagione 1914-1915, l'Atalanta partecipò al suo primo campionato ufficiale, classificandosi seconda nel Girone B Lombardo e riportando un lusinghiero quarto posto nel girone finale. I colori della maglia inizialmente furono il bianco e il nero raccolti in strisce verticali sottilissime.
Nel frattempo, il Foot-Ball Club Bergamo venne assorbito dalla Società Bergamasca di Ginnastica e Scherma, meglio nota come Bergamasca, diventando di fatto la loro sezione calcio. Grazie alle risorse economiche e umane giunte, in breve tempo il calcio diventò la disciplina principale su cui fondava la società, arrivando a disporre persino di cinque squadre nel proprio settore agonistico.
Con lo scoppio della Grande Guerra le attività sportive ufficiali furono sospese. Il campo in via Maglio del Lotto fu venduto per far fronte a ragioni di cassa causate dal conflitto. La società ripartì acquistando un vecchio ippodromo in disuso alla Clementina, vicino al confine con Seriate, per potersi cosi iscrivere ai campionati.[7]
Prima dell'inizio dei campionati, la Federazione decise che nel campionato di Prima Categoria doveva esserci una sola squadra bergamasca. Per decidere chi tra l'Atalanta e la Bergamasca dovesse prendere quel posto venne organizzato uno spareggio secco in campo neutro.[8]
Il 5 ottobre 1919 a Brescia si assistette ad una partita tesissima, nella quale i biancoazzurri della Bergamasca, più organizzata degli avversari, sembravano avere la meglio. L'Atalanta tuttavia resistette e colpì due volte, aggiudicandosi la sfida per 2-0 con reti di Moretti e Tirabassi.[9] L'Atalanta si guadagnò così l'accesso alla Prima Categoria della stagione 1919-20, dove si classifica terza nel Girone B Lombardo.
Nel febbraio del 1920, dopo una assemblea memorabile, la Società per gli Sports Atletici Atalanta e la Società Bergamasca di Ginnastica e Scherma si fondono assumendo la denominazione di Atalanta e Bergamasca di Ginnastica e Scherma, poi semplificata nell'attuale Atalanta Bergamasca Calcio. Come presidente venne eletto Enrico Luchsinger, uno degli imprenditori di origine svizzera del vecchio Football Club Bergamo.
Per la divisa ufficiale vengono adottati i colori nero (portato in dote dalla precedente maglia dell'Atalanta, che era bianco-nera) ed azzurro (dalla Bergamasca, che aveva una colorazione bianco-blu).[10]
Gli anni Venti: la prima promozione e lo stadio nuovo
[modifica | modifica wikitesto]La prima stagione dell'Atalanta BC fu un'annata nera: tre punti in sei partite e ultimo posto nel Girone lombardo di Prima Categoria. La squadra fu comunque ripescata ad integrazione dei quadri per la stagione successiva.
Dopo la grande delusione del campionato precedente, la società, per rinforzare la rosa, decide per la prima volta di acquistare giocatori non provenienti della provincia e ne approfittò del discioglimento dell'Enotria Goliardo per fare numerosi acquisti (la cosa comportò non poche polemiche).[11] I nuovi acquisti non si rivelarono però all'altezza, il che fece ritornare la società sui propri passi.
Nella stagione 1922-1923 (dove fu aumentato il numero di squadre per girone) ci fu un ritorno alla bergamaschità, dove vennero acquistati giocatori provenienti da squadre di paesi limitrofi. I nerazzurri arrivarono primi nel loro girone ma vennero sconfitti alle semifinali nazionali dal Carpi (0-0 in casa, 0-2 fuori).[12]
La stagione successiva la squadra vive di alti e bassi e chiude a centroclassifica. Durante questo campionato è da segnalare l'aggressione di un gruppo di tifosi atalantini ai danni dell'arbitro dopo la sconfitta interna (per 2-0) con il Saronno. L'A.I.A. invitò i suoi soci ad astenersi dall'arbitrare sul campo bergamasco sino a quando la società non denunci gli aggressori.[13]
Le cose andarono addirittura peggio nel campionato 1924-1925: a causa dei numerosi pareggi (10 sulle 18 gare disputate) e della sconfitta a tavolino nell'ultima gara interna contro il Como (i tifosi nerazzurri picchiano quelli avversari), la squadra orobica dovette disputare gli spareggi-salvezza con la Trevigliese e la Canottieri Lecco. A seguito di un doppio spareggio (il primo era finito con tutte le squadre in parità), l'Atalanta riuscì a mantenere la categoria.[14] Nel 1925 venne assunto Cesare Lovati (ex giocatore del Milan e della Nazionale) alla guida della squadra. Fu il primo allenatore della squadra orobica, fin allora guidata da commissioni tecniche. Nello stesso anno arrivano a Bergamo i primi stranieri: Eugen Lukács e Jenö Hauser, entrambi provenienti dalla Scuola danubiana, allora considerata una delle migliori al mondo.[15] Nonostante tutte queste significative novità, l'avvio del campionato fu difficile e soltanto grazie ai gol di Lukács (13 in 20 gare) la squadra riuscì a riprendersi e a conquistare un quarto posto nel Girone A.
La stagione successiva l'Atalanta fu iscritta alla Prima Divisione che, complice l'ennesima riforma di quegli ultimi anni, era diventata il secondo livello del calcio italiano. ILa squadra orobica disputa un ottimo campionato (Lukács segna 20 gol in 18 presenze) e manca la promozione per un soffio. Fra le riserve di quell'anno, incominciano a mettersi in luce Francesco Simonetti (futura bandiera nerazzurra) e Luigi Tentorio, poi diventato uno dei più abili dirigenti della storia atalantina. Da segnalare l'illustre amichevole disputata dai Nerazzurri contro l'Italia di Augusto Rangone (vittoria per 6-1 per gli Azzurri).[16]
La delusione di una promozione mancata all'ultimo costò la panchina a Lovati, al posto del quale venne ingaggiato Imre Payer, primo tecnico straniero a guidare la Dea (era ungherese) e che aveva già allenato con buoni risultati in Italia. In società Pietro Capoferri successe alla presidenza del club ad Antonio Gambirasi (che l'anno prima aveva preso a sua volta il posto di Luchsinger).[17]
Per questa stagione, l'Atalanta dovette fare a meno del bomber Lukács in quanto la Federazione decise il blocco degli stranieri (siamo in pieno Regime fascista).[17] Nonostante tutto, la squadra disputa un ottimo campionato arrivando primi nel proprio girone ed accedendo alle fasi finali.
Il girone si concluse con tutte le squadre (Atalanta, Bari, Biellese e Pistoiese) a sei punti. La Federazione impose quindi una nuova serie di spareggi dove però Bari e Biellese si ritirano.
Il 17 giugno 1928 l'Atalanta batté 3-0 in finale la Pistoiese e si laureò campione d'Italia della Prima Divisione. La formazione campione d'Italia fu: Perani I, Boninsegna, Cornolti III, Varasi, Bonzani, Poggia, Perani II, Cornolti II, Buschi, Bonardi, Simonetti.[18]
Nella stagione 1928-1929 l'Atalanta partecipa di diritto al campionato di Divisione Nazionale, il livello più alto del calcio italiano di allora (fu l'antenato dell'odierna Serie A che sarà istituita l'anno successivo). Nonostante le belle speranze, la stagione si concluse con un quattordicesimo posto (frutto di 6 vittorie, 8 pareggi e 16 sconfitte) che comportò l'assegnazione all'istituenda Serie B (in Serie A andarono le prime otto). I risultati deludenti avevano indotto la società ad esonerare Payer già ai primi di marzo e ad affidare la squadra al suo vice Enrico Tirabassi (vecchia gloria degli albori nerazzurri). Quella stagione fu comunque memorabile per due motivi: l'esordio in squadra di Carlo Ceresoli che qualche anno più tardi diventerà pilastro della Nazionale e un leone di Highbury, e l'inaugurazione del nuovo stadio.
Lo stadio, intitolato al martire fascista Mario Brumana, fu considerato in quei tempi uno dei più belli in assoluto, con tribune contrapposte di cui una addirittura coperta.[19] La prima gara disputata fu il 1º novembre 1928 (successo per 4-2 sulla Triestina), mentre l'inaugurazione ufficiale avvenne il 23 dicembre dello stesso anno, con la vittoria per 2-0 sulla Dominante Genova davanti a 14.000 persone. Quello stadio, dopo ampliamenti e adattamenti, ospita tuttora le partite casalinghe dell'Atalanta.
Per la stagione successiva, la prima in Serie B, venne scelto Aldo Cevenini alla guida della squadra nerazzurra con l'obiettivo di riportarla nel calcio che conta. L'impresa non si realizzò e la stagione si chiuse con un anonimo ottavo posto frutto di 11 vittorie, 15 pareggi e 8 sconfitte.
Gli anni Trenta
[modifica | modifica wikitesto]1930-1935: Gli anni in Serie B
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La stagione 1930-1931 parte ancora una volta all'insegna delle rivoluzioni, sia sul piano societario, sia sul piano tecnico-tattico. Alla vigilia del campionato assume la presidenza il senatore Antonio Pesenti. Il nuovo presidente iniziò quello che nel corso degli anni a venire sarebbe diventato un habituè: il feeling con la Juventus. Il rapporto diretto tra le due squadre prevedeva l'invio dei migliori giovani nerazzurri a Torino in cambio o di altri giovani da far maturare o di giocatori più esperti che possano contribuire alla causa nerazzurra. Nell'estate del 1930 approdarono a Bergamo gli ex bianconeri: Viola (nelle vesti di allenatore-giocatore), il centravanti Sanero, l'ala sinistra Barisone e il terzino Mortarotti. A Torino si sarebbe trasferito invece Camillo Fenili.[20]
L'obiettivo prefissato dal nuovo presidente fu la promozione nella massima serie (la neonata Serie A) e che sarà una costante anche negli anni a venire.
Viola propose una formazione basandosi sui dettami del doppio W danubiano, e sull'introduzione del turnover. I risultati arrivarono tant'è che la squadra si ritrovò per tutto il campionato nelle prime posizioni. La promozione però sfumò di un soffio alla penultima giornata quando il Bari, diretta concorrente dei nerazzurri, si impone per 1-0 a Bergamo dopo che gli atalantini avevano sbagliato un rigore con Simonetti. In grande spolvero in quella stagione fu Sanero, autore di 14 gol in 24 partite, e Bedetti (13 gol).
La stagione 1931-1932, nonostante le premesse dell'anno precedente, si rivelò sottotono dove la squadra, nonostante i 39 punti in 34 partite (meglio dell'anno precedente), non riuscì mai ad entrare nella lotta per la promozione. A fine stagione il presidente Pesenti si dimette. A prendere il suo posto fu Emilio Santi.
Nell'estate 1932 la società risentì della grave crisi economica che si stava espandendo in tutta Europa e alimentata anche dai sempre maggiori costi di gestione, arrivando addirittura a rischiare di non iscriversi al campionato.[21] L'Atalanta si ritrovò con un passivo di 350.000 lire, poi ridotto a 47.000 grazie alla cessione di Ceresoli all'Ambrosiana-Inter e a una sottoscrizione dei tifosi. In campionato l'Atalanta, nonostante i 15 gol di Panzeri e i 10 di Bedetti, stentò in casa e continuò a perdere in trasferta (11 sconfitte in 16 gare). Per sollevare le sorti della squadra venne richiamato il tecnico Imre Payer senza però ottenere alcun risultato. La Dea finì il campionato al 17° posto, che voleva dire retrocessione in Prima Divisione. Nonostante tutto, a seguito dell'ennesima riforma federale, che prevedeva l'istituzione della Serie B su due gironi e conseguente allargamento del palco squadre, l'Atalanta fu riammessa a tavolino nella categoria cadetta.
Per la stagione 1933-1934, a guidare la squadra nerazzurra fu scelto Angelo Mattea (ex allenatore del Casale). Dal Milan arrivarono Kossovel, Cesana e Santagostino a sostituire i partenti Barisone, Gianora e Bedetti. L'Atalanta chiuse il proprio girone al quinto posto (erano ammessi al Girone finale le prime tre squadre), frutto di 26 punti in 24 partite, terminando una stagione caratterizzata da poche reti realizzate.
La stagione 1934-1935 fu per l'Atalanta una stagione di transizione. Arrivarono in nerazzurro diversi volti nuovi (primi fra tutti Severo Cominelli, Ugo Locatelli e Sereno Gianesello) oltre che graditi ritorni (Fenili). La squadra, nonostante un girone impegnativo in cui erano previste ben sette retrocessioni e una sola promozione (a seguito di una nuova riforma che avrebbe riportato il campionato cadetto a girone unico) riuscì a mantenersi costantemente in una zona tranquilla, chiudendo al settimo posto con 30 punti in 28 gare.
1935-1940: L'esordio in Coppa Italia e la prima promozione in Serie A
[modifica | modifica wikitesto]La stagione 1935-1936 parte con il ritorno in panchina (per la terza volta) di Imre Payer mentre il bomber Sanero lasciò la squadra dopo 129 presenze e 42 reti per accasarsi al Padova. Alla guida della società, Santi lasciò il timone a Lamberto Sala. Il campionato si rilevò difficile per i colori nerazzurri in cui la squadra non andò oltre una posizione di centroclassifica (32 punti in 34 partite). L'unica piccola soddisfazione provenì dal riconoscimento ottenuto per la correttezza dei giocatori in campo (venne assegnata la Coppa Anonima Infortuni), in contrapposizione tuttavia con i tifosi che causarono una sconfitta a tavolino dei nerazzurri dopo aver tentato di aggredire l'arbitro in un Atalanta-Novara.[22] Nello stesso anno, più precisamente il 7 novembre 1935 avvenne l'esordio in Coppa Italia, un esordio però sfortunato visto che fu subito eliminata al Secondo Turno dal Viareggio (sconfitta per 2-0).
La stagione successiva, entrò nella storia del club bergamasco per aver conquistato per la prima volta da quando è stata istaurata la Serie A, il massimo livello del calcio italiano. Protagonisti dell'impresa furono il nuovo allenatore Ottavio Barbieri ed una rosa caratterizzata dalla forte presenza di giocatori bergamaschi (in alcune partite furono addirittura sette su undici). La squadra partì sparata e riuscì a mantenere le prime posizioni per tutto il campionato, chiudendo (con 39 punti in 30 giornate) alle spalle del solo Livorno, togliendosi però la soddisfazione di portar via tre punti su quattro negli scontri diretti con i toscani. Protagonisti della cavalcata furono Severo Cominelli, che stava diventando sempre più leader della squadra, Arnaldo Salvi e Dario Savio (capocannoniere della squadra con 11 reti).
La formazione tipo dell'impresa era: Borgioli, Signorini (Morzenti), Simonetti, Andrei, Bonomi (Barcella), Procura (Schiavi), Bolognese, Cominelli, Savio, Salvi, Remigi (Guidi).[23]
Il debutto nella massima serie è datato 12 settembre 1937 a casa del blasonato Genoa (0-0).[24] L'impatto con la realtà del grande calcio è traumatizzante, con la squadra fin troppo rinnovata (arrivano Ciancamerla, Bonilauri, Fornasaris e Girometta) non regge alle difficoltà e viene rispedita in B concludendo al penultimo posto con 16 punti in 30 gare. Da segnalare i buoni risultati di 1-1 a Milano contro l'Ambrosiana-Inter, il 2-1 in casa contro il Torino (che da li a qualche anno sarebbe diventato il Grande Torino) e lo 0-0 in casa con il Milan.
Nell'estate seguente, il neopresidente Nardo Bertoncini mise subito mano al portafoglio attuando una massiccia campagna di rafforzamento per allestire una squadra che potesse puntare da subito al ritorno in Serie A. A Bergamo arrivò il giovane Amedeo Amadei (che più avanti avrebbe fatto le fortune della Roma e della Nazionale) mentre sul Tevere approda Bonomi per una cifra record di 120.000 lire.[25] A guidare la squadra fu scelto Géza Kertész. Il campionato dei nerazzurri è buono, la squadra vinse addirittura 3-0 a Firenze contro la dominatrice del torneo, e si presentò all'ultima giornata con due punti di vantaggio sulla terza, il Venezia, ospite a Bergamo. L'unico risultato che penalizzava i nerazzurri era la sconfitta senza alcuna rete all'attivo (in quel campionato contava il quoziente reti) cosa che prontamente successe: lagunari in A e nerazzurri in B.
La batosta dell'anno precedente servì da lezione alla compagine nerazzurra che fu affidata ad Ivo Fiorentini. La squadra, grazie alle prestazioni del neo-acquisto Giovanni Gaddoni (25 gol in 31 partite) e al leader Cominelli (15 reti), si aggiudicò per la prima volta il campionato cadetto da quando è stato instaurato (aveva vinto la Prima Divisione in precedenza) con la conseguente promozione in Serie A. Significativo il dato del numero di sconfitte casalinghe: zero e con solo 9 gol subiti in 17 incontri. La promozione matematica fu ottenuta la domenica del 9 giugno 1940; il giorno seguente l'Italia entra nella Seconda guerra mondiale.
Gli anni Quaranta
[modifica | modifica wikitesto]1940-1945: In piena guerra
[modifica | modifica wikitesto]I primi anni di guerra in Italia non cambiarono più di tanto la vita degli italiani, tant'è che il campionato di calcio procedette normalmente. La squadra, guidata sempre da Fiorentini, disputò una grande stagione ottenendo un ottimo sesto posto, risultato al di là delle più rosee aspettative. I nerazzurri, che dovettero fare i conti con le assenze dei militari, si rinforzarono con l'ex nazionale Corbelli e soprattutto con una giovanissima ala che fece impazzire gli avversari:Edmondo Fabbri.[26]
Quell'anno inoltre si confermarono grandi Cominelli (11 reti per lui) e i mediani Bovoli e Pozzo tant'è che spinsero l'Ambrosiana-Inter ad acquistarli l'anno successivo insieme all'allenatore Fiorentini (Cominelli fu ceduto per mezzo milione[27]). Memorabili le vittorie contro il Milano sia in casa (2-1) che a San Siro (3-0), contro la Juventus al Brumana (3-0) e il 2-0 rifilato ai futuri campioni d'Italia del Bologna.
Per la stagione successiva la guida dell'Atalanta venne affidata all'ungherese János Nehadoma. L'assenza di una mezzala come Cominelli si fece sentire già dalla prima giornata, ma la squadra, nonostante qualche affanno, riuscì ad ottenere la salvezza (tredicesimo posto con 24 punti). Anche quest'anno non mancarono le soddisfazioni, come la vittoria contro il Milano (3-1 a San Siro, tripletta di Fabbri) e Fiorentina. In negativo ci fu la batosta per 9-1 subita contro il Grande Torino.
La stagione successiva, seppur priva di elementi importanti come Fabbri e Gaddoni (passati all'Ambrosiana-Inter, riuscì ad guadagnare un ottimo nono posto con 28 punti. In questo campionato spiccano le vittorie sul Torino (1-0), contro il Milan in trasferta (1-0) e contro la Roma campione in carica (2-1). Mattatore della stagione nerazzurra fu Adriano Gè con i suoi 12 gol.
Nell'estate 1943 con la caduta del Fascismo e la conseguente divisione della Penisola in due parti, fu impossibile organizzare un regolare campionato. Al Nord fu comunque organizzato un torneo diviso per regioni, definito Campionato Alta Italia. L'Atalanta si classificò all'ottavo e ultimo posto nel suo girone e non poté proseguire alla fase successiva.
1945-1950: Il dopoguerra, comincia l'età dell'oro
[modifica | modifica wikitesto]Negli ultimi mesi di guerra si dimise il presidente Bertoncini che venne sostituito dal commissario straordinario Guerrino Oprandi.
Terminato il conflitto, venne convocata un'assemblea pubblica volta a nominare i nuovi dirigenti che possano dare quelle risorse economiche necessarie per potenziare la squadra e consertirle di battersi onerevolmente in serie A. Come presidente venne eletto Daniele Turani, un imprenditore nel settore pellami che vantava buoni rapporti con le banche.[28] Per affrontare il campionato, l'Atalanta si affida agli ex milanisti Aldo Boffi e Walter Del Medico, oltre che al giovane portiere Giuseppe Casari (detto Bepi). Arrivò inoltre a Bergamo una leggenda del calcio di allora: Giuseppe Meazza.
Il campionato 1945-1946 venne diviso in due gironi, Alta Italia e Centro-Sud dove le prime quattro di ogni raggruppamento disputeranno la fase finale (non furono previste retrocessioni). La stagione dei nerazzurri non fu delle migliori, soprattutto nella fase iniziale dove a fine andata occupò l'ultimo posto in classifica con due sole vittorie all'attivo. In questo periodo nero si avvicendarono addirittura tre tecnici: Nehadoma (che si dimise dopo sei giornate), Meazza (in veste di allenatore-giocatore) ed infine Monti (ex campione del mondo con l'Italia nel 1930). La svolta si sentì tanté che i nerazzurri chiusero il campionato al nono posto. Da segnalare la vittoria contro il Grande Torino futuro campione d'Italia al Comunale (venne cancellata l'intitolazione al martire fascista Mario Brumana).
Risolti i problemi dovuti alla guerra, il campionato di Serie A torna a girone unico a cui prendono parte ben 20 squadre. L'organico della squadra bergamasca venne praticamente rivoluzionato: torna a Bergamo per la terza volta Salvi (che sarà il capocannoniere della squadra con 10 gol) e arrivano Cergoli, Meucci e Mari. Alla guida della squadra rimane Luisito Monti che, dopo un avvio poco convincente della squadra venne sollevato dal suo incarico. Al suo postò torno Ivo Fiorentini che tanto bene aveva fatto in nerazzurro nei campionati precedenti la guerra. Con il nuovo tecnico, grazie anche alla riapertura agli stranieri, vennero acquistati i due attaccanti ungheresi Kincses e Olajkár nel tentativo di migliorare le sorti della squadra. Con questa piccola rivoluzione, l'Atalanta riuscì a riprendersi e a chiudere al nono posto in classifica.
Il campionato 1947-1948 ha una rilevanza storica: con il quinto posto l'Atalanta ottenne il suo miglior piazzamento in Serie A (tuttora non superato). L'allenatore fu ancora il confermatissimo Fiorentini mentre in squadra si rivedettero la bandiera nerazzurra Cominelli e Fabbri. Durante l'estate proseguirono i rapporti con la Juventus: a Torino andarono Kincses e Cergoli, mentre Astorri e Korostelev fecero il percorso inverso. La stagione fu ricca di soddisfazioni come le vittorie contro il Grande Torino, il Milan, il Bologna e l'Inter (0-3 a San Siro). Trascinatori della squadra furono Cominelli, Schiavi, Fabbri, Astorri (capocannoniere di squadra) con Casari e Mari convocati nella Nazionale Olimpica a Londra 1948.[29]
La stagione successiva, l'allenatore Fiorentini propose il "sistema" come modo di giocare sostituendo l'ormai superato "metodo". La società optò per un risanamento del bilancio (che a fine campionato 1947-48 ammontava a 40 milioni di debiti) con conseguente campagna acquisti al risparmio.[29] L'inizio della stagione fu buono: già alla seconda giornata venne battuto il Grande Torino al Comunale. Tuttavia, a lungo andare si fece sentire il cambio di gioco imposto dall'allenatore, che non fu bene assimilato dalla squadra. Ad inizio del 1949 la squadra si ritrovò ultima in classifica, portando non poche polemiche nell'ambiente nerazzurro. A gennaio venne acquistato Bertil Nordahl, fratello di Gunnar (giocatore del Milan), per dar man forte ad una squadra in totale difficoltà. Il 6 marzo, l'allenatore Fiorentini diede le dimissioni a seguito di una mancanza di fiducia da parte del gruppo.[30] Al suo posto venne promosso provvisoriamente il terzino Alberto Citterio che guidò la squadra nella partita contro il Bologna (1-1). La settimana successiva venne ufficializzato Carlo Carcano come nuovo direttore tecnico. Il nuovo allenatore si affidò sui giovani del vivaio, facendo esordire Antonio Caprioli e Giancarlo Cadè, e i risultati incominciarono a venire. La salvezza venne raggiunta all'ultima giornata di campionato, vincendo lo scontro diretto a Livorno e condannando di seguito la squadra amaranto alla retrocessione.
Il 17 giugno 1949, la squadra Ragazzi guidata da Giuseppe Ciatto regalò all'Atalanta il primo scudetto a livello giovanile, battendo in finale la Lazio.[31] In quella squadra vi furono giocatori come Battista Rota e Livio Roncoli che qualche anno più tardi divennero protagonisti in prima squadra.
Dopo la deludente stagione precedente, si avvertì all'interno della società la necessità di cambiare: la guida tecnica fu affidata a Giovanni Varglien (che sancisce il definitivo passaggio allo "schema"). L'apertura al tesseramento di al massimo tre stranieri per squadra portò l'Atalanta all'acquisto dei danesi Karl Hansen e Leschly Sørensen (il terzo era il difensore Nordahl).[32] A sostituire il partente Mari (che passò alla Juventus) arrivò Stefano Angeleri (sempre dai bianconeri). Dopo 261 partite e 62 reti con la maglia dell'Atalanta, Cominelli (ormai trentaquattrenne) lasciò definitivamente la squadra per trasferirsi alla SPAL in veste di allenatore-giocatore. La squadra in campionato convinse e divertì, vincendo 6-2 sul campo del Bologna all'esordio (tripletta di Hansen, strapazzò il Milan (5-2) e sconfisse l'Inter 2-1 a Bergamo. Un leggero calo nel finale non compromise una classifica fino a quel momento ottima, chiudendo all'ottavo posto con 40 punti. A fine stagioni furono 66 le reti realizzate dalla compagine nerazzurra (attuale record storico di squadra), tre giocatori andarono in doppia cifra: Hansen (18 gol), Sørensen (17) e Caprile (14).
Gli anni Cinquanta
[modifica | modifica wikitesto]1950-1955: L'Atalanta degli Scandinavi
[modifica | modifica wikitesto]Nell'estate del 1950 molte squadre si interessarono ai gioielli nerazzurri che tanto bene avevano fatto nella stagione precedente, in particolare l'attenzione fu rivolta verso i due danesi Hansen e Sørensen. La Juventus fu la squadra che più di tutte si interesso a Karl Hansen e che acquistò dopo una trattativa lunga e stenuante (la trattativa fu seguita in prima persona dall'Avvocato Gianni Agnelli)[33], mentre il suo compagno di nazionale rimase a Bergamo. Un'altra cessione illustre fu quella del portiere Casari al Napoli mentre Fabbri passò al Brescia. Per sostituire la mezzala danese si puntò ancora sui calciatori provenienti dalla Scandinavia poiché in tali paesi il "sistema" era già stato assimilato da parecchi anni. A Bergamo arrivò Svend Hansen che però non si rilevò dello stesso livello dell'omonimo che l'ha preceduto. Gli altri acquisti non furono all'altezza dei giocatori che li hanno preceduti con la conseguenza che la squadra uscì dal mercato piuttosto indebolita. La squadra di fatti ebbe un avvio difficoltoso con risultati altalenanti. Dopo la 17° giornata, la società decise di esonerare l'allenatore Varglien sostituendolo con l'inglese Denis Neville. Quest'ultimo ebbe la felice intuizione di schierare il giovane terzino Battista Rota nell'insolito ruolo di centroavanti in quanto gli servisse un giocatore di potenza nell'attacco orobico ritenuto da lui troppo gracilino.[34] Il giovane proveniente dalla formazione Ragazzi lo ripagò con cinque gol nelle ultime cinque partite (di cui due contro il Milan), contribuendo in modo determinante alla salvezza dei nerazzurri. Mattatore del campionato fu Sørensen con 20 reti in 30 gare.
Nell'estate successiva, il mercato nerazzurro è concentrato sull'acquisto dell' attaccante di peso tanto richiesto dal tecnico Neville. Ancora una volta i dirigenti atalantini si rivolsero al mercato estero e più in particolare nei campionati nordici. Il nome nuovo fu quello di Hasse Jeppson, attaccante della nazionale svedese che militava nel Djurgårdens. La dirigenza fece carte false per il suo acquisto, cedendo anche all'esose richieste del giocatore.[35] Alla fine l'accordo arrivò, anche se la squadra bergamasca poté usufruire del suo contributo solo dopo la settima giornata di campionato visto che il giocatore era impegnato con il servizio militare.
La squadra ancora una volta ebbe un avvio difficoltoso, tanto da costringere la società ad esonerare Neville dopo la 6° giornata e affidare la guida tecnica a Carlo Ceresoli (vecchia gloria nerazzurra degli Anni Venti). A salvare l'annata ci pensò Jeppson che, una volta disponibile, realizzò 22 reti in 27 gare contribuendo in modo determinante alla permanenza nella massima serie. Le prestazioni dell'attaccante svedese fecero scattare un'asta tra le squadre interessate ad acquistarlo. A spuntarla fu il Napoli che all'ultima giornata di campionato ne ufficializzò l'acquisto per una cifra record: 105 milioni.[36]
I soldi incassati dalla cessione di Jeppson permisero alla società di allestire una squadra competitiva per il campionato 1952-1953. Per sostituire l'attaccante svedese, si cercò ancora una volta nella tanto cara Scandinavia trovando in Poul Rasmussen un degno sostituto. Per la panchina, Luigi Ferrero sostituisce Ceresoli. La squadra fu inoltre ampiamente ringiovanita dai giocatori provenienti dalla formazione Ragazzi, come Livio Roncoli, Giulio Corsini, Giuseppe Cadè, Luigi Brugola ed Ennio Testa.
La squadra ottenne una tranquilla salvezza posizionandosi a centroclassifica grazie ai gol di Rasmussen (18) e ai gol del cosidetto Trio Primavera[37] (23) composto dai giovani Testa, Cadè e Brugola.
Nell'estate del 1953, Sørensen dopo 134 partite e 52 reti con la maglia nerazzurra passa al Milan che inserì nella trattativa la mezzala Carlo Annovazzi. Alla Sampdoria venne ceduto il giovane centroavanti Testa in cambio dell'esperta mezzala Adriano Bassetto più un conguaglio in denaro. Tuttavia all'inizio del campionato alla squadra mancò un vero e proprio riferimento in attacco e la cosa si fece sentire sin da subito, facendo sprofondare la squadra nei bassifondi della classifica. Dopo qualche contestazione l'allenatore Ferrero si dimise, il suo posto fu preso da Francesco Simonetti (storica bandiera nerazzurra), mentre il dirigente ed ex giocatore nerazzurro Luigi Tentorio (che in quegli anni era l'uomo di fiducia del presidente Turani) divenne direttore tecnico. Il cambiamento portò bene alla squadra che riuscì a risollevarsi e a concludere il campionato con traquillità (decimo posto). Capocannoniere della squadra fu il neo-acquisto Bassetto (con 17 reti di cui molte su punizioni, la sua specialità) seguito da Rasmussen (15) e dall'altro acquisto Annovazzi (7).
La stagione 1954-1955 si apre con la cessione di Rota al Bologna e con l'arrivo in panchina di Luigi Bonizzoni. La squadra ottiene una salvezza sofferta per via della sterilità offensiva (salvata solodalla prolificità di Rasmussen che sigla 16 reti sulle 35 totali), compensata però dalla grande tenuta difensiva (38 gol al passivo), seconda sola al Milan campione d'Italia.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Ravanelli, p.20
- ^ Corbani, p. 21
- ^ Ravanelli, p.12
- ^ Corbani, p. 23
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 24, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 28-30, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 35, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 36, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 37, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 38, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 40, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 46, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 2, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 39, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 2, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 39-41, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 47-48, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 52-53, 978-88-903088-1-9.
- ^ a b Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 53, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 55-56, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 57, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 60-62, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 65, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 70, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 71, 978-88-903088-1-9.
- ^ Storia dell'Atalanta, in Atalanta.it.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 73, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 77, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 91, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 80-81, 978-88-903088-1-9.
- ^ a b Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 97, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 100, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 103, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 107, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 111-112, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 115, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 117, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 121, 978-88-903088-1-9.
- ^ Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, SESAAB spa, settembre 2007, pp. 125, 978-88-903088-1-9.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]Libri
[modifica | modifica wikitesto]- Renato Ravanelli, Ornella Franchioni, Atalanta 80, Bergamo, Società Editrice Sant'Alessandro, 1988.
- Elio Corbani, Pietro Serina, Cent'anni di Atalanta, vol. 1, Bergamo, Società Editrice Santi Alessandro, Ambrogio, Bassiano, 2007, 978-88-903088-1-9.