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Salon Kitty
Salon Kitty è un film del 1976[1][2] diretto da Tinto Brass, liberamente adattato dal romanzo omonimo di Peter Norden[3] e incentrato sul Salone Kitty, una casa di tolleranza di Berlino.
Trama
[modifica | modifica wikitesto]A Berlino Kitty Kellermann è proprietaria della più prestigiosa casa d'appuntamenti, sebbene il regime nazista l'abbia costretta prima a traslocare e poi a trasformare il proprio locale, il "Salon Kitty" appunto, in un postribolo d'alto rango destinato solamente a ufficiali dell'esercito. In realtà, il locale è, a sua insaputa, un centro di spionaggio, dove le prostitute, ragazze tedesche tutte rigorosamente preselezionate, raccolgono segreti, timori, confidenze e commenti, soprattutto di tipo politico, dei loro più assidui clienti: se questi dovessero esprimere dissensi, o idee critiche delregime nazista, verrebbero giustiziati, dal momento che nei sotterranei del palazzo, vengono registrate tutte le loro parole. Il tenente delle SS Wallenberg, a capo dell'intera macchinazione, fa trucidare Hans, un ufficiale stancatosi di combattere per il regime, e del quale Margherita, ragazza del locale, si è segretamente innamorata; quest'ultima, accordatasi con Kitty, si vendica, denunciandolo per alto tradimento, e facendolo così giustiziare.
Produzione
[modifica | modifica wikitesto]Nel film compare, non accreditato, l'artista messicano Tito LeDuc, componente del gruppo Le Sorelle Bandiera, autore anche delle coreografie. Le scenografie sono firmate dal pluripremiato Ken Adam.
Distribuzione
[modifica | modifica wikitesto]Il film uscì nelle sale il 2 marzo 1976. Il protagonista fu doppiato da Gigi Proietti.
Curiosità
[modifica | modifica wikitesto]- Nel corso di un'intervista rilasciata a Fabio Fazio durante il programma televisivo Che tempo che fa, il regista statunitense Quentin Tarantino ha definito le scene iniziali di Salon Kitty come la cosa più strana mai vista al cinema, affermando che le immagini in cui viene ucciso un maiale rendono lo schermo ributtante agli occhi dello spettatore[4].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Oriana Fallaci, Intervista con il mito, Rizzoli, 18 agosto 2011, ISBN 978-88-586-1380-1. URL consultato il 26 novembre 2023.
- ^ (EN) Ernest Mathijs e Xavier Mendik, Alternative Europe: Eurotrash and Exploitation Cinema Since 1945, Wallflower Press, 2004, ISBN 978-1-903364-93-2. URL consultato il 26 novembre 2023.
- ^ Peter Norden, Salon Kitty: un reportage inedito sull'attività di una raffinata casa di appuntamenti ..., Bietti, 1971. URL consultato il 26 novembre 2023.
- ^ Quentin Tarantino e quel film di Tinto Brass: “Il più ributtante che abbia visto al cinema”, su tv.fanpage.it. URL consultato il 19 ottobre 2021.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Salon Kitty
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Salon Kitty, su CineDataBase, Rivista del cinematografo.
- Salon Kitty, su MYmovies.it, Mo-Net Srl.
- Salon Kitty, su ANICA, Archiviodelcinemaitaliano.it.
- (EN) Salon Kitty, su IMDb, IMDb.com.
- (EN) Salon Kitty, su AllMovie, All Media Network.
- (EN) Salon Kitty, su Rotten Tomatoes, Fandango Media, LLC.
- (EN, ES) Salon Kitty, su FilmAffinity.
- (EN) Salon Kitty, su Box Office Mojo, IMDb.com.
- (DE, EN) Salon Kitty, su filmportal.de.