Chi lavora è perduto (In capo al mondo) | |
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Titolo originale | In capo al mondo |
Lingua originale | italiano |
Paese di produzione | Italia, Francia |
Anno | 1963 |
Durata | 85 min |
Dati tecnici | B/N |
Genere | drammatico |
Regia | Tinto Brass |
Soggetto | Tinto Brass |
Sceneggiatura | Tinto Brass, Gian Carlo Fusco |
Produttore | Moris Ergas |
Fotografia | Bruno Barcarol |
Montaggio | Tinto Brass |
Musiche | Piero Piccioni |
Scenografia | Raul Schultz |
Costumi | Danilo Donati |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Chi lavora è perduto (In capo al mondo) è un film del 1963, il primo diretto da Tinto Brass. Il protagonista del film è Bonifacio (Sady Rebbot), un ventisettenne che si trova a girovagare per Venezia.
Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare[1].
Trama
[modifica | modifica wikitesto]Bonifacio è un rampante disegnatore fresco di diploma e sta per entrare a far parte di una grande industria, ma il lavoro lo annoia incredibilmente. Le sue idee e fantasie si indirizzano verso posizioni totalmente anarchiche, anche se due amici sono stati ricoverati in manicomio proprio a causa del loro idealismo. Il giovane senza speranza si ribella contro il sistema che dovrebbe inglobarlo, vagando senza meta per Venezia.
Cameo
[modifica | modifica wikitesto]Brass fa da controfigura all'attore principale nelle riprese della voga: sono inquadrate le mani di Tinto e parte del corpo, visto da dietro. Appare inoltre al Festival del Lido come "paparazzo".
Censura
[modifica | modifica wikitesto]Il film venne inizialmente bocciato dalla censura, che chiese dei tagli alla pellicola. Tinto Brass si rifiutò, e nonostante tutto riuscì comunque a far uscire al cinema il film nella sua versione integrale, cambiando solamente il titolo del film da In capo al mondo a Chi lavora è perduto[2]. Secondo quanto dichiarato dal regista, ciò fu possibile anche grazie al nuovo Ministro dello Spettacolo socialista del governo di centro-sinistra che si era insediato nel frattempo e della nuova composizione della Commissione per la revisione cinematografica[3].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ I 100 film italiani da salvare, su Cinema Italiano Database, 2 giugno 2023. URL consultato il 21 gennaio 2024.
- ^ Le mutande della censura: "Chi si ferma è perduto", su fotogrammidicarta.it. URL consultato il 21 gennaio 2021.
- ^ Leonardo Bizzarri, 'Grazie Nanni, sei stato spiritoso ma ora perché non mi sdogani?, in la Repubblica, 29 novembre 2007. URL consultato il 21 gennaio 2024.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Fernaldo Di Giammatteo, Dizionario del cinema italiano. Dall'inizio del secolo a oggi i film che hanno segnato la storia del nostro cinema, Roma, Editori Riuniti, 1995, ISBN 88-359-4008-7.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Chi lavora è perduto
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Chi lavora è perduto, su MYmovies.it, Mo-Net Srl.
- (EN) Chi lavora è perduto, su IMDb, IMDb.com.
- (EN) Chi lavora è perduto, su AllMovie, All Media Network.
- (EN, ES) Chi lavora è perduto, su FilmAffinity.
- (EN) Chi lavora è perduto, su Box Office Mojo, IMDb.com.
- Recensione del recente dvd, su schermiblog.blogspot.com. URL consultato il 2 maggio 2021 (archiviato dall'url originale il 29 novembre 2012).