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Libro dei morti di Iuefankh
Il Libro dei morti di Iuefankh manoscritto | |
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Il papiro detto "Il Libro dei morti di Iuefankh", acquisito da Bernardino Drovetti e conservato al Museo Egizio di Torino | |
Opera | Papiro |
Epoca | Periodo Greco-Romano |
Lingua | geroglifico corsivo |
Provenienza | Thebes (?) |
Dimensioni | 30 cm × 1847 cm |
Ubicazione | Museo Egizio, Piano -1 / Sala 01 / Cornice 01 |
Il Libro dei morti di Iuefankh (o Kitab el-Mayytun di Iuefankh) è un papiro lungo quasi diciannove metri, completamente preservato, che contiene, da destra a sinistra, 165 capitoli del cosiddetto “Libro dei morti”, una raccolta di formule per la guida, la protezione e la resurrezione del defunto (Iuefankh, figlio di Tasheretemenu) nell'Aldilà. È conservato presso il Museo Egizio di Torino (cat. 1791), dove è giunto nel 1824 come parte della Collezione Drovetti.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Come su ogni Libro dei Morti, anche in questo papiro vi è la famosa scena della Psicostasia o “pesatura dell’anima” (in realtà del cuore), di fronte alla dea della giustizia Maat, di fondamentale valenza per la religione antica egizia. Tutte le formule magiche contenute nel libro sono finalizzate a questo momento, quando il defunto si trova al cospetto di Osiride: al centro della scena c’è una bilancia, su un lato c’è il cuore del defunto, sull’altro la dea Maat sormontata da una piuma, perché lei è leggera come una piuma. Se il cuore sarà più leggero il defunto potrà continuare il suo viaggio verso i Campi di iaru; se sarà più pesante lo attende una creatura mostruosa, la Grande Divoratrice, muso di coccodrillo, parte anteriore di leone, e posteriore di ippopotamo (cioè tre tra gli animali più pericolosi per gli egizi), che è pronta a mangiare il cuore, impedendo al defunto di proseguire verso l’aldilà. Il giudizio avviene sotto gli occhi scrupolosi di Toth, dio della scrittura, che annota tutto sulla sua tavola scrittoria.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Il papiro, lungo ben 1847cm, parte del corredo funerario di Iuefankh, giunge a Torino con la collezione Drovetti. Il nome Libro dei Morti fu coniato da Karl Richard Lepsius, studioso tedesco, per indicare l’insieme di formule funerarie che, a partire dal Nuovo Regno, venivano scritte su papiro e incluse nel corredo funerario per guidare il defunto nell’aldilà. In realtà gli antichi egizi lo chiamavano Libro per uscire alla luce del giorno [1]. Grazie alla buona conservazione del papiro, Lepsius poté studiarlo iniziando a classificare il testo in 165 capitoli e creando un canone di riferimento utilizzato ancora oggi[2].
Lepsius a riguardo pubblicò un'opera che divenne lo standard di riferimento per indicare le singole formule presenti in altri libri dei morti simili e fu così possibile riferirsi ad una specifica formula indicandola con il numero che Lepsius utilizzò proprio su questo splendido reperto. Questo è il motivo per cui questo papiro ebbe una fama internazionale.
Jean François Champollion, che nel 1822 per primo aveva decifrato i geroglifici, chiese a Giulio Cordero di San Quintino, primo direttore dell’Egizio di Torino, di tagliarlo in riquadri da conservare sotto vetro, ma il direttore non gli diede ascolto e oggi possiamo ammirarlo in tutta la sua lunghezza[3].
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]Karl Richard Lepsius, Das Todtenbuch der Aegypter nach dem Hieroglyphischen Papyrus in Turin (Il Libro dei Morti degli egizi secondo il papiro di Torino), Leipzig, 1842
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Libro dei Morti di Iuefankh, su collezioni.museoegizio.it.
- Le Passeggiate del Direttore: Il libro dei morti di Iuefankh (S.1, E.4), Museo Egizio
- Le meraviglie 2 – Papiro Iuefankh. Accademia d'Egitto a Roma, https://www.facebook.com/watch/?v=1209567216226546