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Fatalismo
«Così nel mondo / sua ventura à ciascun dal dì che nasce.»
Il fatalismo è una dottrina filosofica o una concezione teologica che, contrapponendo il predeterminismo al libero arbitrio, rimarca la sottomissione di tutti gli eventi o azioni al fato o al destino, ed è comunemente associato al conseguente atteggiamento di rassegnazione verso gli avvenimenti che si pensa siano ineluttabili, predestinati, già stabiliti.[1][2]
Il fato può essere vissuto come provvidenziale, tramite la fede che un ordine cosmico detto logos presieda all'esistenza quotidiana. In questo caso si è disposti ad accettare passivamente il corso degli eventi senza tentare di modificare lo status quo. Ma esiste pure un fatalismo ritenuto illogico, disordinato e perciò indegno di fede/fiducia. Anzi: il fato nasce con un valore negativo nell'epica e nella tragedia greche, da Omero a Sofocle (si veda l'Edipo re), e anche nella primissima filosofia, dal frammento di Anassimandro a Eraclito, da Empedocle all'antiteodicea di Epicuro, e in Virgilio.
Il fatalismo nella religione
[modifica | modifica wikitesto]Cultura antica
[modifica | modifica wikitesto]«Cessa di sperare di cambiare i fati degli dèi con la preghiera.»
Miti come quello delle Moire o Parche e delle Norne indicano che persino gli dèi subiscono un determinismo esterno concernente il decorso della Storia, o che i fati decisi dalle divinità non possono essere mutati. Esistevano diverse divinità del destino, alcune avverse, altre neutre o benevole.
«Notte poi partorì l'odioso Moros e Ker nera
e Thanatos [...] e le Moire e le Kere generò spietate nel dar le pene:
Cloto e Lachesi e Atropo, che ai mortali
quando son nati danno da avere il bene e il male,
che di uomini e dei i delitti perseguono[3];
né mai le dee cessano dalla terribile ira
prima d'aver inflitto terribile pena, a chiunque abbia peccato.»
Ananke è la divinità che personifica il destino e la necessità.
«Altre tre donne sedevano in cerchio a uguale distanza, ciascuna sul proprio trono: erano le Moire figlie di Ananke, Lachesi, Cloto e Atropo, vestite di bianco e col capo cinto di bende; sull'armonia delle Sirene Lachesi cantava il passato, Cloto il presente, Atropo il futuro.»
Tradizionalmente Cloto fila lo stame della vita, Lachesi lo distribuisce e Atropo lo recide. La divinità suprema (come Zeus/Giove, in un'altra versione padre delle Moire) in questo caso non è né sommamente buona, né malvagia ma imperscrutabile e mutevole (disteismo) e accetta anche lui il Fato.
«Stat sua cuique dies, breve et inreparabile tempus / Omnibus est vitae.»
«A ciascuno è dato il suo giorno, è breve e irreparabile / la vita per tutti.»
Il fatalismo positivo d'un logos provvidenziale è invece proposto dallo stoicismo greco e romano, da Zenone di Cizio a Seneca e Marco Aurelio. Per quest'ultimo le difficoltà fanno parte della natura delle cose o del piano divino, né è da temere la morte, qualunque cosa sia. Il saggio agisce secondo ragione, modifica la realtà dove può altrimenti interviene sulla rappresentazione interiore (come insiste Epitteto), ma accetta volontariamente il Fato:
«Conségnati spontaneamente a Cloto, lasciando che ti intrecci con qualsiasi fatto voglia.»
La cultura latina presenta un esempio di fatalismo con Marco Manilio (I secolo a.C. - I secolo d.C.), il quale, nel suo scritto Astronomica, fa trasparire lievemente ed in forma velata la sua concezione fatalistica stoica basata su un logos inteso anche come demiurgo della realtà.
«Sors est sua cuique ferenda.»
«Ciascuno ha [da sopportare pazientemente] la sua sorte.»
Cristianesimo
[modifica | modifica wikitesto]« Quod scripsi, scripsi » ( Giovanni 19, 22, su laparola.net.) |
Una forma piuttosto diversa di fatalismo è proposta anche dalla letteratura apocalittica ebraica e dalla dottrina cristiana della Divina Provvidenza. La stessa tradizione biblica presenta una componente storiosofica ad elevato tasso di predeterminismo: il millenarismo con la settimana cosmica e il settemillenarismo, su cui poggia la corrente teologica dispensazionalista.
Nel Medioevo la Scolastica ha riformulato il problema nei termini d'una impossibilità per qualsiasi entità cosmica, diversa da Dio o lontana dalla condizione divina, d'essere al contempo causa ed effetto di se stessa, in latino: causa sui oppure ens a se (aseità), di contro all'ens ab alio (abalietà).[4]
Altro
[modifica | modifica wikitesto]Partendo invece dall'altra radice della cultura europea/occidentale, la filosofia (Platone) e scienza (Ipparco di Nicea) greche, nel movimento New Age si è diffusa l'idea di una sequenza eonica delle ere zodiacali. L'astrologia è una disciplina solitamente fatalista.
Il Talmud babilonese cita invece una nota parabola della "morte inevitabile".[5]
Il fatalismo nella filosofia della religione
[modifica | modifica wikitesto]«Il fato conduce colui che vuole lasciarsi guidare, trascina colui che non vuole.»
Leibniz contrappone quello che chiama il fato "maomettano" cioè il fatalismo predeterministico come esposto ad esempio da al-Farabi ma specialmente da Origene (e riprendendo l'argomentazione di Cicerone che attacca il cosiddetto «ragionamento pigro» (ἀργὸς λόγος) o "argomento pigro" secondo il quale se mi ammalo non vale chiamare il medico per curarmi poiché il corso della malattia è già scritto dal fato; questo fu già criticato da Aristotele e Crisippo)[6] al fato come lo intendevano gli stoici, che vedevano il corso degli eventi umani come una concatenazione di cause nella quale l'uomo poteva inserirsi liberamente realizzando la sua volontà secondo ragione, seguendo il libero arbitrio.[7] L'argomento pigro non è che una formulazione estremistica del fatalismo: non solo ci si adatta al fato, ma non si fa proprio nulla per evitare un male o procurarsi un bene, poiché ogni minima cosa sarebbe predeterminata:
«Se è destino che tu guarisca da questa malattia, allora, indipendentemente dal fatto che tu consulti un medico o che tu non consulti [un medico], guarirai. Ma anche: se è destino che tu non guarisca da questa malattia, allora, indipendentemente dal fatto che tu consulti un medico o che tu non consulti [un medico], non guarirai. Ma o è destino che tu guarisca da questa malattia o è destino che tu non guarisca. Pertanto è inutile consultare un medico.»
«Gli uomini sono stati sconcertati in quasi ogni epoca da un sofisma che gli antichi chiamavano la "Ragione Pigra", perché tendeva a non fare nulla, o almeno a non badare a nulla e a seguire solo l'inclinazione per il piacere del momento. Perché, dicevano, se il futuro è necessario, ciò che deve accadere accadrà, qualunque cosa io possa fare ... Ma è un ingiusto approfittare di questa presunta necessità del destino impiegarla come scusa per i nostri vizi e il nostro libertinismo ... Non è vero che l'evento accade qualunque cosa si possa fare: accadrà perché si fa ciò che vi conduce; e se l'evento è scritto in anticipo, è scritta anche la causa che lo farà accadere. Così la connessione di effetti e cause, lungi dallo stabilire la dottrina di una necessità dannosa per la condotta, serve a rovesciarla.»
Il mondo infatti nella visione di Leibniz è degli stoici è un insieme ordinato nelle sue parti stabilito da Dio da sempre, ed è questa "armonia prestabilita" che rende possibile l'accordo tra la predeterminazione divina e la libertà. L'uomo cioè agisce liberamente integrandosi in un mondo dove ciascuno fa la sua parte, armonizzandosi con il tutto ordinato prestabilito da Dio; l'uomo non è quindi una marionetta del Fato, pur essendovi soggetto.
Il tema del fatalismo torna al centro della riflessione con lo Zeitgeist del Romanticismo ottocentesco, a cominciare da Kant. In Nietzsche fatalismo e fiducia sono le caratteristiche del nichilismo attivo, il "pessimismo coraggioso" ed eroicamente titanico dell'oltreuomo (Übermensch), che in sostanza è una sintesi del "pessimismo cosmico" dello Schopenhauer neobuddhista (per Schopenhauer "si può fare ciò che si vuole, ma in ogni momento della vita si può volere solo una cosa precisa e assolutamente nient'altro che quella") e di Leopardi, e dell'ottimismo anti-fatalistico emersoniano del saggio "Fato". Il fato, secondo Nietzsche, ripropone ciclicamente le stesse situazioni, in conformità con il modello zoroastriano dell'eterno ritorno; non è dunque possibile interpretare la vita, illudendosi di potere agire su di essa, ma bisogna accettarla con la semplicità d'un fanciullo. All'uomo superiore Nietzsche attribuisce un'adesione incondizionata al proprio destino, l'amor fati, variante neospinoziana dell'amor crucis cristiano.
Secondo Habermas anche in Heidegger, soprattutto dopo la Kehre,[8] prevale l'idea di un abbandono all'Essere come "evento" (Ereignis), dunque un'analoga accondiscendenza e arrendevolezza: il termine da lui usato per designare tale abbandono proviene dalla mistica renano-fiamminga ed è Gelassenheit, titolo d'una sua conferenza del 1955 pubblicata nel 1959.
Invece, e forse inaspettatamente, nel pensiero dell'ultimo Hegel spunta una drastica dissociazione fra il pantragismo e il giustificazionismo panlogistico come patodicea e/o teodicea. Nella famosa sezione dedicata all'"astuzia della Ragione" (List der Vernunft), nella Introduzione alle Lezioni sulla filosofia della storia, egli approda a un netto distinguo fra:
- l'alienazione (Entäusserung) dello Spirito assoluto, che sarà pure riconciliabile (versöhnlich) con se stesso, e
- l'estraniazione (Entfremdung) dello spirito soggettivo e personale, il quale invece non ne può ricavare alcuna consolazione e conforto (la "coscienza infelice").
Rimane solo l'essere parassitati strumentalmente dal male: "spirito", sì, però comunque fatalismo anti-provvidenziale, esiziale, negativo, maligno. Con ciò viene rigettata ogni identificazione intenzionale delle coscienze individuali nei confronti d'una simile mostruosa progettazione e architettura del decorso storico.[9]
Il fatalismo materialistico e immanente
[modifica | modifica wikitesto]«La materia si muove per la sua propria energia, per una conseguenza necessaria della propria eterogeneità.»
Oltre al fatalismo dei filosofi della religione citati, esiste anche un fatalismo materialistico, immanente, risultante dall'evolversi dei vincoli e delle possibilità nel susseguirsi degli eventi cosmici. Il riferimento è all'epistemologia dell'emergentismo,[10] ma pure a ciò che Ernst Bloch ha definito "sinistra aristotelica",[11][12] vale a dire al rapporto nell'ontologia di Aristotele fra atto e potenza, ossia a quanto sussisterebbe come "tendenza-latenza" nella materia.[13][14] Tuttavia questi pensatori si concentrano più sulle ipotetiche modalità di un simile cambiamento e non sulle sue tempistiche, le quali possono o meno trascenderci.
Neuroscienziati e pensatori moderni neodeterministi si sono interrogati sull'esistenza effettiva del libero arbitrio come illusione percettiva-cognitiva, del divenire e della predestinazione immanente, addirittura l'indeterminismo quantistico fornisce una base per un fatalismo casuale, dove le fluttuazioni incontrollabili e prive di senso o l'entanglement influiscono sul destino di ognuno.[15][16] Se infatti il determinismo aveva finito per negare la libertà umana, i sostenitori dell'indeterminismo adesso attribuivano al caso la genesi delle nostre azioni, giungendo così ugualmente a negare che la volontà umana fosse libera, in quanto essendo soggetta a parametri irrazionali, risulterebbe incontrollabile.[17] L'argomento standard contro l'esistenza del libero arbitrio ebbe modo così di basarsi su due differenti opzioni, cioè sulle seguenti concezioni:
- l'interpretazione deterministica della natura, secondo la quale sono solo le leggi fisiche a dettare i comportamenti umani;
- l'interpretazione indeterministica, per cui ogni evento è prodotto dal caso, e le scelte individuali sarebbero il risultato di questi processi casuali.[17]
Per via di una tale impostazione filosofica veniva a porsi il problema, di natura non solo morale ma anche giuridica, se l'uomo fosse ancora da considerarsi eticamente responsabile delle sue azioni e non solo soggetto giudicabile in base al mero utilitarismo, alla necessità e al "fato" come in Cesare Beccaria, d'Holbach o La Mettrie.
«La nostra vita è una linea che la natura ci ordina di tracciare sulla superficie della Terra, senza mai poter allontanarcene un istante. Nasciamo senza il nostro volere, la nostra organizzazione non dipende affatto da noi, le nostre idee ci vengono involontariamente, le nostre abitudini sono in potere di quelli che ce le fanno contrarre, siamo continuamente modificati dalle cause, sia visibili che nascoste, che regolano necessariamente il nostro modo di essere, di pensare e di agire. Stiamo bene o male, siamo felici o infelici, saggi o insensati, ragionevoli o irragionevoli, senza che la volontà entri in alcun modo in questi differenti stati.»
«Questo materialismo merita dei riguardi: deve essere la sorgente delle indulgenze, delle scuse, dei perdoni, delle grazie, degli elogi, della moderazione nei supplizi, che si devono ordinare con rimpianto... [...] Senza dubbio se il colpevole di fronte alla società non è libero nelle sue azioni, ne segue chiaramente che non è stato libero di non essere colpevole; [...] e merita solo compassione. Anche quando punisce, un principe filosofo è addolorato di dover giungere a questo triste atto estremo; egli sa che le punizioni legali sono ingiuste in senso assoluto, come sono necessarie in senso relativo. [...] Benché il crimine non sia nulla in sé (dato che ogni atto, ogni moto dell'uomo è indifferente da un punto di vista assoluto), l'interesse pubblico merita tuttavia di essere consultato e preferito in tutto...»
O ancora ci si domanda se l'argomento pigro avesse almeno in teoria senso. Secondo alcuni (come Arnaldo Benini, Dan Wegner, Thalia Wheatley, Paul Bloom) l'illusione necessaria che esista un libero arbitrio è comunque una protezione biologica sufficiente, assieme all'istinto di sopravvivenza, verso l'inazione o il compiere atti antisociali, mentre i critici del riduzionismo si sono espressi contro tale concezione fatalista scientista.[20][21]
Il filosofo Peter Wessel Zapffe è uno degli esempi recente di una visione pessimistica basata sul fatalismo dell'esistenza umana, di impostazione esistenzialista e materialista, che lo porta all'antinatalismo e nichilismo filosofico.[22]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Umberto Fracassini, Fatalismo, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1932.
- ^ fatalismo: significato e definizione, su la Repubblica.
- ^ Ruolo che in seguito passerà alle Erinni
- ^ Aseità, in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
- ^ Lucius Etruscus e Danilo Arona, La parabola della morte inevitabile (1), su ariannaeditrice.it, 23 settembre 2013. URL consultato il 17 dicembre 2024.
- ^ Cicerone, De fato, 12-13.
- ^ Leibniz, Teodicea, I, 55 sgg.
- ^ Jürgen Habermas, Der Philosophische Diskurs der Moderne. Zwölf Vorlesungen, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1985. Tr. it.: Il discorso filosofico della modernità. Dodici lezioni, Roma-Bari, Editori Laterza, 2ª ed. 2003, p. 159. ISBN 88-420-5239-6; ISBN 978-88-420-5239-5. "Egli distacca le sue azioni ed affermazioni da sé come persona empirica e le attribuisce ad un destino di cui non si deve rispondere."
- ^ Per una breve sintesi: Paul Ricœur, Il male. Una sfida alla filosofia e alla teologia, ed. or. 1986, trad. it. Brescia, Morcellana, 1993, pp. 35-49. ISBN 88-372-1520-7; ISBN 978-88-372-1520-0.
- ^ Cf. Mauro Ceruti, Il vincolo e la possibilità, Prefazione di Heinz von Foerster, Milano, Feltrinelli, 1986. ISBN 88-07-09011-2; ISBN 978-88-07-09011-0. Anteprima limitata su Google Libri.
- ^ Ernst Bloch, Ateismo nel cristianesimo. Per la religione dell'Esodo e del Regno. "Chi vede me vede il Padre", Milano, Feltrinelli, 2005, p. 288. ISBN 88-07-81850-7; ISBN 978-88-07-81850-9.
- ^ Ernst Bloch, Avicenna e la sinistra aristotelica, Sesto San Giovanni, Mimesis, 2018. ISBN 88-57-55047-8; ISBN 978-88-57-55047-3.
- ^ Ernst Bloch, Il principio speranza, Milano, Garzanti, 2005, pp. 242-244. ISBN 88-11-74054-1; ISBN 978-88-11-74054-4.
- ^ Ernst Bloch, Experimentum Mundi. La domanda centrale. Le categorie del portar-fuori. La prassi, Brescia, Queriniana, 1980, pp. 174-5, 284. ISBN 88-39-91831-0; ISBN 978-88-39-91831-4.
- ^ Alessandro Pluchino, Tempo, cosmologia e libero arbitrio (PDF), su pluchino.it, 2011. URL consultato il 17 dicembre 2024. Determinismo o Libero Arbitrio? (PDF), su pluchino.it. URL consultato il 17 dicembre 2024.
- ^ Oliver Burkeman, La libertà è un'illusione, in Internazionale, 19 maggio 2023. URL consultato il 17 dicembre 2024.
- ^ a b Mario De Caro, Libertà e determinismo, in Enciclopedia Italiana, VII Appendice, Treccani, 2007.
- ^ "Così, l'uomo è un essere fisico: comunque lo si consideri, è legato alla natura universale e sottomesso alle leggi necessarie e immutabili che impone a tutti gli esseri che contiene, secondo l’essenza particolare o le proprietà che dà loro senza consultarli. La nostra vita è una linea che la natura ci ordina di tracciare sulla superficie della Terra, senza mai poter allontanarcene un istante. Nasciamo senza il nostro volere, la nostra organizzazione non dipende affatto da noi, le nostre idee ci vengono involontariamente, le nostre abitudini sono in potere di quelli che ce le fanno contrarre, siamo continuamente modificati dalle cause, sia visibili che nascoste, che regolano necessariamente il nostro modo di essere, di pensare e di agire. Stiamo bene o male, siamo felici o infelici, saggi o insensati, ragionevoli o irragionevoli, senza che la volontà entri in alcun modo in questi differenti stati. Tuttavia, nonostante i continui ostacoli di fronte ai quali ci troviamo, si pretende che siamo liberi o che determiniamo le nostre azioni e il nostro destino indipendentemente dalle cause che agiscono su di noi." (Sistema della natura)
- ^
«Questo materialismo merita dei riguardi: deve essere la sorgente delle indulgenze, delle scuse, dei perdoni, delle grazie, degli elogi, della moderazione nei supplizi, che si devono ordinare con rimpianto; delle ricompense dovute alla virtù, che non si accordano mai abbastanza di cuore; dal momento che la virtù è una specie di costruzione posticcia, un ornamento estraneo, sempre pronto a fuggire, o a cadere, in mancanza di un sostegno. Si può dire dei prìncipi quel che ho detto altrove dei medici; che i migliori sono quelli che possiedono al meglio la conoscenza assoluta del meccanismo al quale perfino la nostra volontà è assoggettata. Senza dubbio se il colpevole di fronte alla società non è libero nelle sue azioni, ne segue chiaramente che non è stato libero di non essere colpevole; [...] e merita solo compassione. Anche quando punisce, un principe filosofo è addolorato di dover giungere a questo triste atto estremo; egli sa che le punizioni legali sono ingiuste in senso assoluto, come sono necessarie in senso relativo; e che di conseguenza, le ragioni politiche, che servono da fondamento alla legge del taglione, non provano che colui che viene impiccato, sia impiccato con giustizia o equità; infatti, quale equità, buon dio, vi è nel togliere la vita a un infelice, schiavo del sangue che galoppa nelle sue vene, come la lancetta di un orologio lo è dei movimenti che la fanno girare? E come ha pensato nel modo giusto quel famoso distruttore della libertà umana, quando ha osato dire che vi è più ragione che giustizia nel far morire i criminali!...Benché il crimine non sia nulla in sé (dato che ogni atto, ogni moto dell'uomo è indifferente da un punto di vista assoluto), l'interesse pubblico merita tuttavia di essere consultato e preferito in tutto, perché bisogna pur incatenare i pazzi, uccidere i cani arrabbiati, e schiacciare i serpenti.»
- ^ Giancarlo Dimaggio, Arnaldo Benini: Il libero arbitrio è un'illusione, ma ha salvato la nostra specie, in Sette (archiviato dall'url originale il 5 agosto 2022).
- ^ (EN) Daniel M. Wegner e Thalia Wheatley, Apparent mental causation. Sources of the experience of will (PDF), in American Psychologist, vol. 54, n. 7, American Psychological Association, luglio 1999, pp. 480–492, DOI:10.1037//0003-066x.54.7.480, PMID 10424155.
- ^ (EN) Gisle R. Tangenes, The View from Mount Zapffe, in Philosophy Now, vol. 45, n. 7, marzo-aprile 2004, pp. 33-34.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Le intuizioni di Gioacchino da Fiore (la sua storiosofia)
- Jacques il fatalista e il suo padrone (di Denis Diderot)
- Linea di universo
- Meccanicismo
- Peter Wessel Zapffe
- Stat sua cuique dies
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikiquote contiene citazioni sul fatalismo
- Wikizionario contiene il lemma di dizionario «fatalismo»
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Hugh Rice, Fatalism, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford.
- (EN) Mark Bernstein, Chapter 3 - Fatalism (pp. 65-81), in Robert Kane (a cura di), The Oxford Handbook of Free Will, Oxford, Oxford University Press, 2005 [2002]. ISBN 01-951-7854-8; ISBN 978-01-951-7854-8
- (FR) Bibliographie sur le fatalisme, su perso.wanadoo.fr. URL consultato il 19 giugno 2022 (archiviato dall'url originale il 24 febbraio 2011).
- Fatalismo, su sapere.it.
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