Chinuclidina
Chinuclidina | |
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Nome IUPAC | |
1-azabiciclo[2.2.2]ottano | |
Nomi alternativi | |
chinuclidina 1,4-etanopiperidina | |
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | C7H13N |
Massa molecolare (u) | 111,18 g/mol |
Aspetto | solido bianco-giallognolo[1] |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 202-887-1 |
PubChem | 7527 |
SMILES | C1CN2CCC1CC2 |
Proprietà chimico-fisiche | |
Densità (g/cm3, in c.s.) | 0,97 |
Costante di dissociazione acida (pKa) a K | 11,15 (acido coniugato) |
Solubilità in acqua | molto scarsa |
Temperatura di fusione | 157-160 °C |
Tensione di vapore (Pa) a 20 °C K | 1,5 mmHg |
Proprietà termochimiche | |
ΔfH0 (kJ·mol−1) | -55 kJ/mol |
Indicazioni di sicurezza | |
Simboli di rischio chimico | |
Frasi R | R24/25,R38,R41 |
Frasi S | S26,S36/37/39,S45 |
La chinuclidina o 1-azabiciclo[2.2.2]ottano è un'ammina terziaria alifatica a gabbia biciclica, dove l'atomo di azoto è posto a testa di ponte.[2] L'altra testa di ponte è l'atomo di carbonio in posizione 4; entrambe le teste di ponte sono poi unite da tre ponti etilenici (-CH2−CH2-) e la formula molecolare si può quindi riassumere come HC(CH2CH2)3N.
La sua struttura è parte di quella del chinino, che è un alcaloide ed un principio attivo antimalarico che si ricava dalla corteccia della pianta andina Cinchona,[3] da cui si origina il suo nome.[4] È anche parte significativa della struttura molecolare di alcuni farmaci antimicrobici.[5]
Proprietà
[modifica | modifica wikitesto]La chinuclidina è una sostanza termodinamicamente stabile, ΔHƒ° = -55,1±1,2 kJ/mol,[6] ed è una molecola è discretamente polare (μ = 1,20 D).[7]
In forma pura si presenta come cristalli incolori, ma di solito giallognoli in campioni commerciali, poco solubili in acqua, che fondono a 156 °C;[8] tuttavia, la chinuclidina è volatile e sublima facilmente anche a temperatura ambiente;[9] è solubile in alcool, etere e solventi organici in genere.[10]
La struttura a gabbia della chinuclidina conferisce rigidità alla molecola e lascia esposto l'atomo di azoto con il suo doppietto libero, situato in un orbitale ibrido sp3, come nelle altre ammine alifatiche terziarie ma, a differenza di queste ultime, senza possibile ingombro sterico davanti ad esso (front strain).[11][12] Questo conferisce alla molecola notevole carattere basico, che risulta superiore alla maggior parte delle ammine semplici:[13] per l'acido coniugato (ione chinuclidinio) si ha infatti pKa = 11,15, (10,72 per la trietilammina e 9,80 per trimetilammina).[14]
L'affinità protonica, una misura intrinseca di basicità in fase gassosa, per la chinuclidina ammonta a 983,3 kJ/mol: anche in fase gassosa è una base lievemente migliore rispetto a Et3N e Me3N (981,8 e 948,9 kJ/mol, rispettivamente).[15][16][17] La chinuclidina ha un potenziale di ionizzazione di 7,5 eV,[18] un valore in linea con quello della trietilammina (7,53±0,10 eV).[19]
Reattività
[modifica | modifica wikitesto]La chinuclidina reagisce con agenti alchilanti, come lo ioduro di metile, dando i corrispondenti sali di ammonio quaternario:
HC(CH2CH2)3N + CH3-I → [HC(CH2CH2)3N+–CH3] [I−][20]
Come le corrispondenti ammine terziarie acicliche, la chinuclidina reagisce facilmente con gli acidi di Lewis dando addotti, ad esempio con il trifluoruro di boro:
HC(CH2CH2)3N + BF3 → HC(CH2CH2)3N+–−BF3 [ΔHr° (in CH2Cl2) = -150 kJ/mol][21]
Per reazioni esattamente analoghe, ma con Et3N e Me3N come basi, i valori di ΔHr° sono -136 kJ/mol e -140 kJ/mol, rispettivamente;[21] questo implica che la chinuclidina sia una base di Lewis un po' più forte di entrambe e che però l'ordine di basicità di Et3N e Me3N in acqua si inverte nei confronti di BF3. Tuttavia, con trimetilborano (BMe3) come acido di Lewis, parecchio più debole di BF3 e più ingombrato, la chinuclidina risulta di gran lunga più basica della trietilammina:[22]
HC(CH2CH2)3N + BMe3 → HC(CH2CH2)3N+–−BMe3 [ΔHr° = -84 kJ/mol]
Et3N + BMe3 → Et3N+–-BMe3 [ΔHr° = -42 kJ/mol]
La chinuclidina reagisce con acqua ossigenata o perossidi dando il corrispondente N-ossido:[23]
HC(CH2CH2)3N + [O] → HC(CH2CH2)3N+–O−
Questo risulta essere stabile rispetto a reazioni di apertura d'anello e, sottoposto a pirolisi, mostra solo deossigenazione.[23] Questo N-ossido è una molecola molto più polare della chinuclidina, in quanto N-ossido alifatico è previsto che il suo momento di dipolo sia compreso tra 4,5 e 5,0 D.[24] Non avendo idrogeni uniti ad atomi molto elettronegativi, è anche una molecola aprotica e il suo uso come solvente polare aprotico è stato suggerito in generale ed anche in sostituzione dell'esametilfosforammide, che è sospettata essere pericolosa per la salute.[25]
Una struttura analoga alla chinuclidina, ma con un altro azoto al posto del carbonio 4, è l'1,4-diazabiciclo[2.2.2]ottano (DABCO), un catalizzatore basico, usato in polimerizzazioni e un ottimo nucleofilo,[26] pur essendo parecchio meno basico della chinuclidina: per il suo acido coniugato si ha un pKa di 8,7.[27]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Quinuclidine, su scbt.com, Santa cruz biotechnology, inc..
- ^ Illustrated Glossary of Organic Chemistry - Bridgehead, su chem.ucla.edu. URL consultato il 26 agosto 2021.
- ^ chinino nell'Enciclopedia Treccani, su treccani.it. URL consultato il 26 agosto 2021.
- ^ quinine | Search Online Etymology Dictionary, su www.etymonline.com. URL consultato il 31 gennaio 2024.
- ^ (EN) Andreja Radman Kastelic, Renata Odžak e Iskra Pezdirc, New and Potent Quinuclidine-Based Antimicrobial Agents, in Molecules, vol. 24, n. 14, 23 luglio 2019, pp. 2675, DOI:10.3390/molecules24142675. URL consultato il 26 agosto 2021.
- ^ (EN) NIST Office of Data and Informatics, Quinuclidine, su webbook.nist.gov. URL consultato il 31 gennaio 2024.
- ^ 1-azabicyclo[2.2.2]octane, su stenutz.eu. URL consultato il 25 agosto 2021.
- ^ (EN) Stanley Leonard e Samuel Elkin, A New Synthesis of Quinuclidine, in The Journal of Organic Chemistry, vol. 27, n. 12, 1962-12, pp. 4635–4636, DOI:10.1021/jo01059a502. URL consultato il 9 luglio 2020.
- ^ (EN) Advances in Heterocyclic Chemistry, Academic Press, 28 febbraio 1970, p. 476, ISBN 978-0-08-057598-8. URL consultato il 31 gennaio 2024.
- ^ QUINUCLIDINE CAS#: 100-76-5, su www.chemicalbook.com. URL consultato il 31 gennaio 2024.
- ^ J. E. Huheey, E. A. Keiter e R. L. Keiter, Chimica Inorganica, Principi, Strutture, Reattività, 2ª ed., Piccin, 1999, pp. 352-353, ISBN 88-299-1470-3.
- ^ (EN) Wafaa S. Hamama, Osama. M. Abd El‐Magid e Hanafi H. Zoorob, Chemistry of quinuclidines as nitrogen bicyclic bridged‐ring structures, in Journal of Heterocyclic Chemistry, vol. 43, n. 6, 2006-11, pp. 1397–1420, DOI:10.1002/jhet.5570430601. URL consultato il 31 gennaio 2024.
- ^ Hext, N. M., Hansen, J., Blake, A. J., Hibbs, D. E., Hursthouse, M. B., Shishkin, O. V. e Mascal, M., Azatriquinanes: Synthesis, Structure, and Reactivity, in J. Org. Chem., vol. 63, n. 17, 1998, pp. 6016–6020, DOI:10.1021/jo980788s, PMID 11672206.
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- ^ (EN) NIST Office of Data and Informatics, Quinuclidine, su webbook.nist.gov. URL consultato il 13 maggio 2024.
- ^ (EN) NIST Office of Data and Informatics, Triethylamine, su webbook.nist.gov. URL consultato il 13 maggio 2024.
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- ^ (EN) Category 5, Compounds with One Saturated Carbon Heteroatom Bond: Amine N-Oxides, Haloamines, Hydroxylamines and Sulfur Analogues, and Hydrazines, 1ª ed., Georg Thieme Verlag, 2009, DOI:10.1055/sos-sd-040-00583, ISBN 978-3-13-146251-0. URL consultato il 13 maggio 2024.
- ^ Ian A. O’Neil, Duncan Wynn e Justine Y. Q. Lai, Quinuclidine N-oxide: a potential replacement for HMPA, in Chemical Communications, n. 1, 1999, pp. 59–60, DOI:10.1039/a808779b. URL consultato il 13 maggio 2024.
- ^ Uppuluri V. Mallavadhani, Nicolas Fleury-Bregeot. "1,4-Diazabicyclo [2.2.2]octane". In Encyclopedia of Reagents for Organic Synthesis, 2010, John Wiley & Sons, Ltd. DOI: 10.1002/047084289X.rd010m.pub2
- ^ (EN) Varinder K. Aggarwal, Ingo Emme e Sarah Y. Fulford, Correlation between p K a and Reactivity of Quinuclidine-Based Catalysts in the Baylis−Hillman Reaction: Discovery of Quinuclidine as Optimum Catalyst Leading to Substantial Enhancement of Scope, in The Journal of Organic Chemistry, vol. 68, n. 3, 1º febbraio 2003, pp. 692–700, DOI:10.1021/jo026671s. URL consultato il 31 gennaio 2024.
Voci correlate
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