Il toponimo dialettale Carlaç, poi italianizzato in Carlazzo parrebbe derivare dal latino medievale castellaceum, derivato da castrum (castello), con la "s" mutata in "r" per un fenomeno di dissimilazione[4]. Nello specifico, il nome deriverebbe da una torre di segnalazione chiamata Castrum ratii[5][6]. Buona prova dell'origine per dissimilazione da castrum è l'esistenza della frazione Castello[4], che effettivamente ospita i resti di una fortificazione[7][8], e dalla estesa presenza del cognome Castelli nella zona[4].
L'antica leggenda locale che farebbe risalire il nome Carlaç a un individuo di nome Carlo non ha fondamento linguistico alcuno.[4]
Dal 1757 il territorio di Carlazzo si estese alla comunità di Castello, che fino ad allora costituiva un comune autonomo[10].
Sempre appartenente alla stessa pieve, il comune di Carlazzo fu inserito per la prima volta nella provincia di Como nel 1786 a titolo provvisorio[11]. Spostato nella provincia di Milano cinque anni più tardì[11], Carlazzo tornò alle dipendenze amministrative di Como con Napoleone Bonaparte, nel 1801[12].
Tra 1807 e il 1812, due decreti di riorganizzazione amministrativa del Regno d'Italia napoleonico sancirono rispettivamente l'annessione a Carlazzo dei comuni di Gottro e di Piano (1807), così come di quello di Cusino (1812)[12]. In seguito, la Restaurazione comportò l'abrogazione delle aggregazioni comunali, pur tuttavia mantenendo il ricostituito comune di Carlazzo con Castello alle dipendenze del capoluogo lariano, dapprima nel distretto VI di Porlezza e in seguito, con l'attivazione delle province del Regno lombardo-veneto, nella provincia di Como[13].
Il primo Consiglio comunale fu eletto nel 1821[13]. Al comune era aggregata la frazione di San Pietro Sovera con una propria individualità datale dalla sua separata parrocchia.
Il comune cambiò nome in Carlazzo Valsolda nel 1861, e tornò alla denominazione originale nel 1928 quando annesse Gottro e Piano Porlezza riproponendo l'analogo provvedimento già emanato ai tempi di Napoleone ma poi annullato dagli austriaci.[14]
Lo stemma, privo di concessione ufficiale, è liberamente adottato dal Comune.
«Di cielo, alla rosa dei venti a quattro punte, attraversante su tre foglie recise di quercia, legate alla base da un nastro di rosso svolazzante e scritto dalla data MCMXXVIII, il tutto su un paesaggio montuoso, con due laghi sulla destra, ed al naturale.»
Lo sfondo è la rappresentazione naturalistica del paesaggio che circonda Carlazzo: i due specchi d'acqua sono il lago di Piano e il lago di Lugano, che bagnano il paese. La rosa dei venti di quattro punte, simboleggia le frazioni di San Pietro Sovera, Piano di Porlezza, Grotto e Carlazzo.[15] Le foglie di quercia sono legate da un nastro rosso con la data 1928 in numeri romani, anno di creazione del comune nato con l'annessione di Grotto e Piano di Porlezza.[16]
La chiesa dei Santi Giacomo e Fedele,[17] attestata all'interno della pieve di Porlezza dal XIII secolo, fu elevata a parrocchiale nel 1613[18]. Alle dipendenze della parrocchia retta dalla chiesa dei Santi Giacomo e Fedele soggiace l'oratorio di Sant'Antonio[19], attestato già nel 1751, durante la visita pastorale dell'arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli alla pieve[18]. Internamente, ospita un affresco del XVI secolo e altri dipinti del XVIII secolo.[20]
Nella frazione di Piano si trovano la chiesa dei Santi Nazaro e Celso[21], dal 17 novembre 1635 sede dell'omonima parrocchia[22], e l'oratorio di Sant'Agata[23], attestato già durante la visita pastorale dell'arcivescovo Pozzobonelli alla pieve di Porlezza del 1751[22].
Chiesa dei SS. Pietro e PaoloNella frazione di San Pietro Sovera si trova la chiesa dei Santi Pietro e Paolo Apostoli[24], alle dipendenze della pieve di Porlezza già nel XIII secolo ed eretta a sede parrocchiale negli anni 1640-1641[25].
Chiesa di Santo Stefano Protomartire[26], dal 23 giugno 1735 sede dell'omonima parrocchia creata tramite separazione dalla chiesa matrice di Porlezza[27].
Chiesa romanica di San Giorgio[28], risalente al XII secolo ma rimaneggiata nel corso dei secoli[29].
In passato, il borgo di Castello[30] comprendeva un sistema di mura, torri e porte che racchiudevano la zona più elevata del paese[7][8]. Nello specifico, il complesso includeva il Castel San Pietro[5], situato a 318 ms.l.m. sulla sommità del montecchio del Brione, un promontorio che si getta nel Lago di Piano e il cui nome è probabilmente da attribuire alla somiglianza morfologica con un muscolo bovino chiamato, appunto, "brione"[31]. Anticamente, il montecchio costituiva una vera e propria isola all'interno del lago, ragion per cui la fortezza era anche nota come Mont'Isola.[32]
Dell'antica rocca, teatro di scontri durante la Guerra decennale tra Como e Milano, restano oggi solo parti delle mura e di una torre semaforica[33][34], nonché resti di alcune abitazioni[7], tra cui una casatorre provvista di un sottopassaggio.[7][6] Queste strutture sarebbero databili al VI secolo.[34]
Verso il XV secolo, periodo a cui risale il timpanato portale che introduce complesso[34], il luogo servì anche come borgo agricolo fortificato.[7][34]
Nel complesso, arricchito da un palazzo padronale del XVIII secolo noto come Villa Sala,[35] fu inoltre costruito un edificio adibito alla bachicoltura.[34]
Una zona pianeggiante a destra del torrente Cuccio ospita la località Ponte Dovia, un piccolo complesso di edifici attraversato dalla vecchia mulattiera che collegava Carlazzo a Cavargna.[7] Il nucleo ospita l'edificio che un tempo era sede di una doganaaustro-ungarica (oggi abitazione privata), oltre ai i resti di un forno fusorio, di una fucina con maglio ad acqua e di alcuni magazzini di carbone. La mulattiera e gli edifici ad essa prospicienti fanno parte della cosiddetta "Via del Ferro", un percorso tematico sui siti minerari e siderurgici localizzati sugli antichi tracciati che, attraversando il Motto della Tappa o Cima Verta (2078 m), mettevano in collegamento le valli Cavargna, Albano e Morobbia. Fino al 1911, Ponte Dovia ospitava anche un mulino sul torrente Cuccio, andato distrutto durante un’alluvione.[7]
Poco distanti dal nucleo di Ponte Dovia è possibile osservare un'antica calchera in buono stato di conservazione, nonché un impianto idroelettrico del 1903 ancor'oggi in funzione.[7]
Dal 2002, la sede originaria della Latteria Sociale di Carlazzo ospita il Museo Etnografico del Latte, ove è possibile osservare una collezione di oggetti tradizionalmente utilizzati per raccogliere, conservare e lavorare latte e burro[7].
^Per il dialetto comasco, si utilizza l'ortografia ticinese, introdotta a partire dal 1969 dall'associazione culturale Famiglia Comasca nei vocabolari, nei documenti e nella produzione letteraria.
Santino Langè, Ville delle province di Como, Sondrio e Varese, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Vol. Lombardia 2, Milano, Edizioni SISAR, 1968.
Luigi Mario Belloni, Renato Besana e Oleg Zastrow, Castelli basiliche e ville - Tesori architettonici lariani nel tempo, a cura di Alberto Longatti, Como - Lecco, La Provincia S.p.A. Editoriale, 1991, pp. 22-23, 44-45.
Annalisa Borghese, Carlazzo, in Il territorio lariano e i suoi comuni, Milano, Editoriale del Drago, 1992.
Touring Club Italiano (a cura di), Guida d'Italia - Lombardia (esclusa Milano), Milano, Touring Editore, 1999, ISBN88-365-1325-5.