È una piccola casa di poco meno di duecento metri quadrati: l'atrio presenta in una parete resti della decorazioni con tre nicchie di cui una, decorata con una conchiglia, adibita a larario; tra gli ambienti meglio conservati è il triclinio, con affreschi in quarto stile, tra cui si una donna con un pavone ed un uomo con lo stesso animale, mentre altri sono stati staccati e conservati nel museo archeologico nazionale di Napoli.
È caratterizzata da un grosso portone e da un atrio corinzio con sedici colonne, alte quattro metri e mezzo. Notevole il larario, con dedica al padrone e ai lari della casa e le tracce di pitture presenti nel tablino, con soggetti di piante stilizzate ed architetture fantastiche, oltre ad una scena di Marsia che sfida Apollo a suonare la tibia.
È un grande casa con oltre venticinque stanze e con un doppio atrio, in uno dei quali è posto un larario, caratterizzato da una grossa colonninadorica e ancora affrescato: possiede inoltre un tablino e due peristili; numerose sono le decorazioni rimanenti, sia pavimentali, a mosaico, sia parietali, con pitture in primo e quarto stile, mentre altra particolarità è rappresentata dalla cucina che era anche utilizzata come panificio privato.
È stata scavata nel 1858 ed in seguito nel 1869 ed è così chiamata poiché sia nel triclinio che nel cubicolo è stato ritrovato un graffito che si riferiva alle città di Sodoma e Gomorra: la casa, grande poco più di centotrenta metri quadrati, ha sei stanze ed un atrio centrale.
È stata esplorata nel 1851 e l'ingresso è anticipato da una bottega: l'abitazione è di modeste dimensioni e composta da un cubicolo, da un triclinio, che presenta residui di decorazioni parietali e un piccolo giardino, nel quale è una fontana, affrescata in origine con una ninfa che aveva tra le mani un cratere a forma di fontana dal quale usciva l'acqua.
Chiamata anche Casa del Gallo II ha nel triclinio l'ambiente più importante ritrovato: è caratterizzato da un soffitto a volta e conserva i suoi affreschi sia lungo le pareti che nella parte del tetto; anche un cubicolo nei pressi del peristilio ha resti di decorazioni parietali, ma rovinate dal tempo: in particolar modo nella scena centrale di un pannello dovevano essere raffigurati Galatea e Polifemo; la casa era dotata anche di un piano superiore.
Chiamata anche Casa di Bellerofonte o Casa della Principessa Margherita presenta ancora sulla facciata d'ingresso resti di affreschi, così come nell'atrio dov'era dipinto Bellerofonte, poi staccato per essere conservato al museo archeologico nazionale di Napoli: la casa inoltre aveva in alcuni ambienti una pavimentazione in cocciopesto ed in altri a mosaico, mentre tra gli altri affreschi rinvenuti una pittura raffigurante le tre Grazie.
Dopo un breve corridoio d'ingresso, ha un atrio, intorno al quale si aprono diversi ambienti tra cui cubicoli con resti della decorazione in stucco e intonaco: nello stesso ambiente è presente anche un focolare e diverse nicchie utilizzate come larari; nella zona del giardino si aprono il triclinio ed un'esedra, mentre del peristilio restano solo due colonne con scarne decorazioni in stucco, oltre ad un puteale.
Presenta un atrio con impluvium in marmo e pareti, così come quelli dei cubicoli e del triclinio, con resti di decorazioni pittoriche in giallo, rosso e nero; superato il tablino si accede nel giardino con i resti delle basi delle colonne e di un larario, mentre nella cucina si osserva il focolare ed una latrina.
È stata scavata nel 1869: l'atrio ha un caratteristico larario a nicchia sostenuto da due colonne e poggiante un alto podio dipinto in rosso, sul quale si osservano, anche se sbiaditi, due serpenti in giallo; segue quindi il tablino ed il giardino.
Chiamata anche Casa della Principessa Margherita o Casa del Granduca di Toscana è stata esplorata nel 1849 e nel 1869: negli ambienti della casa si notano ancora resti della decorazione parietale, anche se i principali reperti, rappresentati da mosaici sono stati staccati e conservati al museo archeologico napoletano, come ad esempio la raffigurazione di Nettuno e Anfitrite ed una raffigurazione di pesci ed anatre.
Apparteneva ad un decurione della città, nonché sacerdote di Marte; presenta un atrio con larario, un tablino ed un giardino pensile arricchito con statue in marmo: Una scala conduceva al piano superiore, mentre delle decorazioni, in parte staccate e conservate al museo archeologico di Napoli, rimangono quadretti con soggetti mitologici e architetture fantastiche, tipiche del quarto stile, come il trionfo di Bacco.
Aveva un dipinto di Mercurio e Minerva sulla facciata, mentre nel corridoio d'ingresso era posta la scala che conduceva al piano superiore: l'atrio ha impluvium e puteale ed intorno ambienti con tracce di decorazioni parietali tra cui la raffigurazione di Iside con in mano una cornucopia ed ai suoi piedi un globo, conservata al museo archeologico nazionale, il giardino invece presenta un colonnato su tre lati ed un larario.
È stata esplorata nel 1871 e misura poco più di cento metri quadrati con sole cinque stanze: in una di esse fu ritrovato un graffito, posto nella zona dove doveva esserci un letto, con i due nomi con cui è soprannominata la casa e si riferivano probabilmente ai due coniugi che l'abitavano.
Chiamata anche Casa dello Scheletro o Casa di Stronnius è stata scavata nel 1877 e presenta resti di pitture, sia lungo le pareti, che ridotte a quadretti per essere esposte al museo archeologico napoletano: nei cubicoli intorno all'atrio si osserva Arianna, Dioniso e un sileno e Venere con un ariete, mentre in un ambiente nei pressi del giardino è, in un pannello, la raffigurazione di Efesto che porta l'armatura ad Achille.
È così chiamata poiché in una stanza è presente un affresco raffigurante scene di vita quotidiana di pigmei lungo il corso del fiumeNilo: si osservano quindi anche torri, templi e vari animali tra i quali un ippopotamo; la casa presenta il classico impianto delle abitazioni romane, con atrio, tablino e peristilio.
È il frutto dell'unione di due abitazioni ed è quindi ha due atri con altrettanti impluvium ed un largo peristilio; si conservano inoltre numerosi reperti di tipo decorativo, come mosaici pavimentali nella zona dell'ingresso ed affreschi, la maggior parte in quarto stile, tra cui alcuni di tipo erotico ed altri a tema mitologico come Europa seduta su un toro, Ercole ed Onfale ed Arianna e Dioniso con una pantera ed una statua di Pan.
Ha restituito un gran numero di pitture, in larga parte staccate in epoca borbonica per entrare a far parte della collezione privata reale, come Fedra, Medea che medita di uccidere i bambini, Afrodite e Paride e Giasone e Pelia, affresco da cui la casa prendere il nome; la casa è ampia circa quattrocento metri quadrati e suddivisa in quattordici stanze, oltre all'atrio ed il giardino, disposto tutto in un impianto irregolare.
È così chiamata poiché al suo interno venne ritrovato un anello che aveva incise tali lettere: è composta da un atrio con scarsi resti dell'impluvium, sul quale si aprono diverse stanze; segue quindi il tablino ed il giardino dove è presente una vasca e sul quale si apre il triclinio: restano scarse decorazioni parietali, mentre è andata perduta la pavimentazione in cocciopesto con tessere bianche nella zona del vestibolo.
È stata esplorata nel 1878 ma in seguito è stata pesantemente bombardata nel 1943 causandone la distruzione dell'atrio e di quattro camere: la parte meglio conservata è quella del giardino, con resti superstiti di colonne, nel quale si apriva un larario.
Era in fase di restauro al momento dell'eruzione del Vesuvio nel 79 in quanto la maggior parte delle pareti erano in uno stato grezzo e furono inoltre rinvenuti innumerevoli strumenti utilizzati per i lavori di ristrutturazione: è disposta intorno all'atrio con impluvium in tufo, segue quindi il tablino, il giardino con resti del peristilio ed il triclinio, all'interno del quale furono ritrovati gioielli, monete e tre statuette in bronzo di divinità.
In parte ancora da scavare, ha una pianta irregolare con otto stanze che si aprono intorno all'atrio, dal quale si accede anche direttamente al giardino, dove si trova il larario che dà il nome alla casa: l'interno della nicchia è rivestita in stucco giallo ed al centro era disegnato un albero con uccelli, alla base era dipinta una statua adornata con una maschera, mentre nella zona del timpano tracce di decorazioni in stucco.
È stata indagata nel 1868 e nel 1879 restituendo numerosi affreschi, alcuni dei quali perduti, altri conservati al museo archeologico nazionale di Napoli: su una parete del corridoio d'ingresso era la raffigurazione di Arianna abbandonata da Teseo, sulla parete del triclinio un frammento di affresco di Didone ed Enea, che dà il nome alla casa, e delle sirene; in altri ambienti poi, il dipinto di Polifemo e quello di Dedalo ed Icaro.
Non è stata ancora completamente esplorata: le prime indagini sono cominciate nel 1878; della casa è visibile l'atrio, il tablino ed il giardino, anche se parte del suo peristilio, insieme a quattro stanze sono andati distrutte durante la seconda guerra mondiale: tra le principali decorazioni ritrovate, ma poi andate perdute, un affresco di un medaglione con la testa di Venere ed un larario sostenuto da colonne.
È stata parzialmente scavata e poi nuovamente interrata: è stata chiamata in questo modo poiché sulla sua facciata venne ritrovata un'iscrizione elettorale che riportava appunto il nome di Clodius Attalus.
Chiamata anche Casa di Venere e dei Quattro Dei è una casa parzialmente scavata, che presenta sulla facciata ancora resti di affreschi, ben conservati: si notano una scena della processione in onore di Cibele, Diana, Mercurio, Giove, Apollo, la Venere Pompeiana ed il busto di Dioniso in una nicchia.
Chiamata anche Casa di P. Sittius Coniunctus è stata esplorata parzialmente nel 1912: si nota esclusivamente l'ingresso tra due lesene con capitelli in ordine corinzio, mentre le iscrizioni elettorali sulla facciata sono andate perdute.
È stata parzialmente scavata nel 1912 ed è possibile osservare solo la facciata esterna dove è conservato un affresco che raffigura Venere trainata da cavalli e nello scomparto inferiore il tipo di lavoro, la produzione di stoffa, che veniva svolta nella bottega attigua.
È stata parzialmente esplorata nel 1912: è visibile solo la facciata, dove è stato possibile ottenere dei calchi in gesso delle ante della porta d'ingresso; al momento dello scavo diverse raccomandazioni elettorali erano dipinte sulla parete.
Chiamata anche Casa del Cavallo Troiano è scavata esclusivamente nella parte dell'atrio: sono stati comunque rinvenute diverse decorazioni parietali, alcune ancora visibili, soprattutto nella zoccolatura, altre staccate per essere conservate al museo archeologico nazionale di Napoli, come la raffigurazione dell'ingresso del cavallo di Troia.
È così chiamata per il ritrovamento di un pezzo di vetro in uno dei suoi ambienti: ampia oltre centocinquanta metri quadrati e divisa in più di dieci stanze, al suo interno si conservano resti di intonaci colorati alle pareti, molti dei quali andati perduti, come l'affresco di un pavone e Diana con la testa coronata di foglie: la maggior parte delle pitture era in terzo stile.
Chiamata anche Casa di Caprasius Felix e Fortunata o Casa della Fortuna viene così denominata per il colonnato del peristilio che presenta delle giunzioni da una colonna all'altra ad arco, ma anche perché apparteneva a Caprasius Felix, nome rinvenuto su delle anfore contenenti vino: sono stati ritrovati una testa in marmo raffigurante Iside, numerosi affreschi in terzo stile ed una fontana decorata a mosaico con tessere colorate.
Dotata anche di stanze sul retro, una scala conduceva al piano superiore, nella cui parte sottostante sorgeva una latrina; resta visibile un nicchia, probabilmente rivestita in stucco bianco.
Oltre a diverse iscrizioni elettorali ritrovate al momento dello scavo sulla parete esterna, all'interno rimangono tracce di decorazioni parietali in bianco e rosso, tra cui si è ben conservata la raffigurazione di un paesaggio sacro, poi staccato, e diversi graffiti.
È così chiamata in quanto esplorata nel 1879 a diciotto secoli di distanza dall'eruzione del Vesuvio ed è il frutto dell'unione di tre abitazioni: l'atrio presenta un pavimento a mosaico e pitture a soggetto teatrale, mentre il tablino dà l'accesso al peristilio porticato; al centro del giardino è la piscina, mentre sul fondo un piccolo ninfeo: la casa è dotata anche di un secondo quartiere più piccolo, con atrio centrale, circondato da stanze.
Al suo interno venivano vendute probabilmente bilance e pesi e venne rinvenuta una meridiana: si notano resti della decorazione pittorica in bianco e rosso.
Parzialmente scavata, presentava iscrizioni elettorali sulle pareti esterne, mentre all'interno è stato ritrovato un larario decorato con corna ed una ghirlanda ed un affresco raffigurante Teseo che abbandona Arianna sull'isola di Nasso.
Così chiamato per via di un graffito ritrovato su una parete, si estende su un'area di circa centosessanta metri quadrati: è diviso in nove ambienti e presenta tracce di affreschi alle pareti.
Era utilizzata sia come bottega che come abitazione ed è stata scavata nel 1887: la casa presenta un impianto irregolare con un piccolo atrio con un cubicolo, il tablino e il giardino con un piccolo larario a nicchia, in origine stuccato in bianco.
Chiamata anche Casa di Sulpicius Rufus prende il nome sia da un affresco della cucina raffigurante un maiale, sia da un sigillo ritrovato nei pressi dell'ingresso recante il nome di Sulpicius Rufus: la casa conserva numerosissimi resti di affreschi in diversi ambienti sia in terzo che in quarto stile come ad esempio nei cubicoli intorno all'atrio, dove si osservano i pannelli decorativi quasi del tutto intatti o nel triclinio o nella cucina.
Deve il suo nome a diversi graffiti ritrovati più volte sulla facciata principale: è una piccola casa di appena sessantacinque metri quadrati, divisa in quattro stanze; al suo interno rimangono scarni resti della decorazione parietale, soprattutto nella zona del triclinio, mentre il larario affrescato, posto nella cucina, è andato perduto.
Non è stata ancora scavata, eccetto la facciata nel 1911, che ha restituito i resti di un affresco, raffigurante la processione ad un santuario; nei pressi dell'ingresso inoltre erano presenti dei graffiti, andati perduti.
Non è stata ancora del tutto esplorata ed è visibile solo la parte della facciata, che presenta alcune iscrizioni elettorali e due dipinti raffiguranti Ercole e Minerva, quest'ultimo però andato perduto.
È una casa ancora parzialmente scavata, di cui è visibile solo la facciata, che presenta la particolarità di avere un secondo piano realizzato tramite l'utilizzo di colonne; nelle vicinanze della casa fu inoltre ritrovata una grossa anfora.
È stata parzialmente esplorata nel 1912 e poi danneggiata da un bombardamento nel 1943: la casa si presenta con la facciata a due piani, con il secondo retto da colonne, mentre all'interno, nei pochi ambienti riportati alla luce, resti di decorazioni pittoriche.
Era in corso di ristrutturazione al momento dell'eruzione, come testimoniato dai disegni preparatori sulle mura realizzati prima di essere colorati. In parte usata come panificio, presenta numerose pitture tra cui quelle di amanti riuniti a convito. Nella stalla sono stati inoltre ritrovati gli scheletri dei muli utilizzati per caricare il grano.
Ha permesso agli studiosi di ben comprendere le modalità di pittura dell'epoca romana, in quanto al momento dell'eruzione dei pittori stavano eseguendo dei lavori di decorazione. La casa presenta un grosso salone, che affaccia su un giardino con un piccolo portico ed aiuole simmetriche.
È stata parzialmente scavata nel 1913 e nel 1970 ed è visibile solo la facciata sulla quale sono presenti alcuni graffiti, mentre al momento dello scavo erano presenti anche alcuni affreschi come quello raffigurante Romolo ed Enea con il padre Anchise.
Risale all'epoca sannitica: costituita da due ingressi, è dotata di un secondo piano attraverso il quale si accedeva con tre scale. La maggior parte delle decorazione degli ambienti, come l'oecus, il tablino e l'atrio sono in secondo stile e degni di nota sono un medaglione con la raffigurazione Obelio figlio e della moglie e la scena di un banchetto; la casa è inoltre dotata di giardino.