Idealismo magico

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Il potere del fuoco prometeico in un dipinto di Angerer il Vecchio.

L'idealismo magico estende il significato filosofico dell'idealismo all'ambito letterario, artistico ed esoterico. Il termine fu coniato dal poeta tedesco Novalis per descrivere la propria concezione romantica del mondo, attinta dall'idealismo trascendentale di Kant e Fichte.[1] Fu ripreso tra gli altri dal filosofo italiano Julius Evola per accentuare il senso idealistico della potenza creatrice dell'Io come «individuo assoluto».[2]

Novalis

L'«idealismo magico» di Novalis (1772–1801)[3] si presenta come una rielaborazione di quello fichtiano, che vede nell'Io il creatore assoluto e incondizionato della realtà. Novalis tuttavia intende ampliarne la valenza con significati mitici e fantastici: proprio perché incondizionato, il creare dell'Io è fuori da ogni logica contingente, e perciò prodigioso, in maniera simile al processo con cui l'Uno di Plotino emanava le ipostasi sotto di sé.[4]

La seduzione dell'idealismo fichtiano sta quindi per Novalis nelle sue fermenta cognitionisfermenti della conoscenza»), cioè nella capacità alchemica di suscitare nuove possibilità di riflessioni filosofiche e poetiche in grado di andare oltre lo stesso Fichte.[5] Riprendendo in particolare la sua nozione di «immaginazione produttiva», già introdotta da Kant, Novalis vede il mondo come il risultato di un incantesimo, di una magia, che ci porta a scambiare per reale quel che in verità è una nostra creazione inconscia.[5] L'idealismo è quindi anche la capacità di riappropriarsi di questa forza magica dirompente, diventando consapevoli della potenza creativa dell'Idea, utilizzandola volontariamente per conformare la materia al genio dello spirito.

Essendo l'Io essenzialmente un atto, un perenne agire dinamico, la natura non è altro che la sua solidificazione, attività pratica dello Spirito che si è arrestata, e quindi costituisce in un certo senso il suo passato che se n'è staccato, mentre l'Io andava oltre.[5] Ne deriva per Novalis un'analogia segreta tra microcosmo e macrocosmo, basata sulla corrispondenza, da un lato, tra l'anima individuale e il suo corpo fisico, e dall'altro tra l'Anima dell'Universo e l'essere umano stesso.[6]

«Noi sogniamo di viaggi per l'universo: ma l'universo non è in noi? Non conosciamo le profondità del nostro spirito. - Verso l'interno porta la via misteriosa. In noi o in nessun luogo sta l'eternità coi suoi mondi, il passato e l'avvenire. Il mondo esterno è il mondo delle ombre; esso getta la sua ombra nel regno della luce.»

La natura va quindi intesa per Novalis come un riflesso dell'essere umano, in antitesi alla visione sensista della borghesia illuministica che la riduceva a un oggetto da sfruttare. Essa è permeata dalla stessa moralità presente nella nostra interiorità che l'ha posta fuori di sé.[5]

Compito dell'idealismo magico, grazie alla poesia trascendentale che unisce poesia e filosofia, è riscoprire come «tutto è fiaba», e che più della scienza «la poesia è il reale veramente assoluto»:[8] questa comprensione non avviene più nelle antiche forme naturalistiche del «realismo magico» arcaico che scorgeva la magia nei fenomeni esteriori, ma ritrovando quest'ultima nell'attività interiore dell'Io trascendentale, ricreando liberamente il non-io che esso pone inconsciamente.[8]

Mentre Novalis aveva concepito il suo idealismo magico ispirandosi al Cristianesimo, quello del filosofo ed esoterista italiano Julius Evola (1898–1974) se ne discosta per farne un idealismo assoluto privo di qualsiasi presupposto oggettivistico, seppur riprendendo ad esempio la nozione di volontà come «energia magica».[9]

Ritratto dadaista di Julius Evola.

Confrontandosi sia con le figure di Stirner, Michelstaedter, Braun, Hamelin e Keyserling,[10] sia attingendo alle correnti occultistiche italiane del Novecento,[9] dalla teosofia all'antroposofia all'orientalismo, ma vagliandole sempre più criticamente alla luce della Tradizione ritenuta unica depositaria della sapienza perenne, Evola intende offrire un idealismo diverso e più completo a quello richiesto dai suoi tempi, proponendosi come alternativa iniziatica al neoidealismo di Croce e Gentile, col quale intende comunque misurarsi e «fare i conti», soprattutto con quello attualistico.[10]

L'atto puro dell'Io in cui l'attualismo gentiliano risolve tutta la realtà, è infatti per Evola un principio soltanto teorico o gnoseologico se privo di attuazione pratica, perché non serve affermare che il non-io è un mero prodotto dell'Io se si continua a subirne passivamente il determinismo negli eventi della vita. Occorre dunque tramutare la teoria filosofica in prassi realizzativa,[11] e questo può avvenire solo nella pratica magica ed ermetica:[12]

«Ciò che distingue l'idealismo magico è il suo carattere essenzialmente pratico: la sua esigenza fondamentale è non di sostituire una intellettuale concezione del mondo ad un'altra, bensì di creare nell'individuo una nuova dimensione e una nuova profondità di vita. Certamente, esso non cade in una astratta contrapposizione di teoretico e pratico; esso già nel teoretico e nel conoscitivo come tale – e quindi in ciò in cui soltanto è dato rivelarsi ad un lettore – vede un grado di attività creatrice, però ritiene che un tale grado rappresenta solo un abbozzo, un inizio di gesto rispetto ad una fase di realizzazione più profonda che è quella della magica o pratica propriamente detta, nella quale il primo deve continuarsi e completarsi.»

L'atto mentale con cui l'idealismo nega l'esistenza della realtà esterna deve quindi diventare opera concreta di distruzione, riconoscendo l'Io quale unico «individuo assoluto», con tutto quel che una tale posizione comporta, dato che per Evola nel «presupposto gnoseologico dell'idealismo magico, è implicito il solipsismo».[13]

  1. La prova del fuoco è il primo passo del cammino iniziatico dell'idealismo magico, in cui si sperimenta la negazione drastica di ogni principio e presupposto esterno a sé nella propria condotta di vita. Si tratta di bruciare nel fuoco alchemico purificatore tutto quel che si oppone all'Io, e che in quanto oggettività è pura «negazione», nel senso di azione negativa, dell'agire attivo del soggetto.[2]
  2. La prova della sofferenza è la seconda fase in cui si accetta di subire il disfacimento della propria vita, non più negandola nella maniera attiva e risoluta con cui di fatto ci si legava ancora ad essa, ma liberandosi in tal modo dalla dipendenza dell'oggetto da negare.[2]
  3. La prova dell'amore è quella infine in cui l'Io non ha più bisogno di opporsi a nulla, auto-determinandosi secondo il principio taoista dell'«agire senza agire» (wei-wu-wei). Mentre infatti «l'azione violenta ed appassionata contro delle cose testimonia che esse hanno a priori per l'Io una realtà, e a dir vero proprio come antitesi, e non riesce quindi a superare l'antitesi ma solo a esasperarla e riconfermarla»,[14] soltanto nell'amore incondizionato l'Io si riappropria del potere che aveva ceduto al mondo al fine di negarlo.[2]

«Il principio fondamentale della magica è che per avere realmente una cosa, occorre volerla non per l'Io ma per sé stessa, ossia amarla; che desiderare è precludersi la via alla realizzazione; che la violenza è il modo del debole e dell'impotente, l'amore e la dolcezza quello del forte e del signore. È la profonda dottrina del Taoismo: non volere avere per avere, dare per possedere, cedere per dominare, sacrificarsi per realizzare.»

Attraverso la via occultistica dell'amore, l'Io sperimenta sé stesso come infinita potenza e libertà assoluta, impossessandosi di quella forza creativa della realtà, per la quale l'idealismo magico di Evola trova un corrispettivo artistico nel dadaismo.[15]

Altre accezioni

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Altri riferimenti all'idealismo magico si ritrovano nel filosofo russo Pavel Aleksandrovič Florenskij (1882–1937).[16] Il professor David Farrell Krell definisce l'idealismo magico anche come «idealismo taumaturgico».[17]

In ambito letterario, all'idealismo magico di Novalis è ispirata la vicenda del protagonista del Lupo della steppa di Hermann Hesse nel «teatro magico».[18] Più recentemente, sono considerati all'insegna di un idealismo magico i romanzi della scrittrice colombiana Ángela Becerra.[19]

  1. ^ Frederick C. Beiser, German Idealism, pp. 421-431, Harvard University Press, 2002.
  2. ^ a b c d Franco Volpi, saggio introduttivo a Julius Evola, Saggi sull'Idealismo Magico, op. cit., § 2, pp. 13-16.
  3. ^ Alla maniera dei romantici, Novalis assegna al termine idealismo magico un significato ambivalente, intendendolo sia come filosofia, sia come la patologia del perfezionista che «non vuole nuotare prima di saperlo fare», rivalutando così la natura redentrice di una tale follia e imperfezione (cfr. Enrico Guglielminetti, Il mondo in eccesso: scambio dei toni in Hölderlin e Novalis, pp. 98-104, Jaca Book, 2003).
  4. ^ Novalis, Del poeta regno sia il mondo: attraversamenti negli appunti filosofici, a cura di Susanna Mati, pp. 21-42, Bologna, Pendragon, 2005.
  5. ^ a b c d Il pensiero di Novalis, su filosofico.net.
  6. ^ Eustaquio Barjau, introduzione a Novalis, Himnos a la noche, pag. 19, Madrid, Cátedra, 1992.
  7. ^ Novalis, Fragmente, trad. it. di Ervino Pocar, pp. 362-363, Milano, Rizzoli, 1976.
  8. ^ a b Giovanni Reale, Dario Antiseri, Storia della filosofia: romanticismo, idealismo e i suoi avversari, volume 7, appendice al cap. IV, Milano, Bompiani, 2008.
  9. ^ a b Piero di Vona, nota introduttiva a Julius Evola, Teoria dell'Individuo Assoluto, pp. 16-17, Roma, Mediterranee, 1998.
  10. ^ a b Franco Volpi, saggio introduttivo a Julius Evola, Saggi sull'Idealismo Magico, op. cit., § 4 e 6, pp. 11-23.
  11. ^ Luciano Pirrotta, L'idealismo magico, su ariannaeditrice.it, 2006.
  12. ^ Secondo Evola, infatti, «il principio fondamentale della magica è che il modo in cui ci si presenta il mondo non costituisce un'estrema istanza, che esso non è in sé inconvertibile, bensì un fenomeno, corrispetto alla pura potenza dell'Io» (Julius Evola, Saggi sull'Idealismo Magico, op. cit., pag. 86).
  13. ^ Julius Evola, Saggi sull'Idealismo Magico, op. cit., pag. 101.
  14. ^ Julius Evola, Saggi sull'Idealismo Magico, op. cit., pag. 89.
  15. ^ Claudio Bruni, Evola Dada, in AA.VV., Testimonianze su Evola, a cura di Gianfranco de Turris, pp. 57-63, Roma, Mediterranee, 1973.
  16. ^ Maria Candida Ghidini, Il cerchio incantato del linguaggio, pag. 125, Milano, Vita e Pensiero, 1997.
  17. ^ David Farrell Krell, Contagion: Sexuality, Disease, and Death in German Idealism and Romanticism, p. 21 e segg., Indianapolis, Indiana University Press, 1998.
  18. ^ Daniela Idra, introduzione a Hermann Hesse, Il lupo della steppa (1927), § 2, Milano, Mondadori, 2010.
  19. ^ Raymond Williams, A History of Colombian Literature, pp. 335-340, Cambridge University Press, 2016.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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