Nonostante l'acquisto di Pablito facesse presagire a un nuovo campionato di alta classifica, il Perugia – che il 28 ottobre 1979 perse dopo 37 gare l'imbattibilità nei campionati, a causa di una sconfitta interna con il Torino – disputò una stagione globalmente al di sotto delle aspettative. La situazione precipitò il 23 marzo 1980, quando la Guardia di Finanza fece irruzione negli spogliatoi dell'Olimpico di Roma (dove i biancorossi avevano disputato la gara di campionato contro la Roma, perdendo per 0-4) arrestando importanti giocatori come Mauro Della Martira, Luciano Zecchini e lo stesso Rossi: questi furono accusati di essere coinvolti nel cosiddetto scandalo del Totonero, riguardante un giro di partite truccate mediante le scommesse illegali.[3]
Dal processo federale che ne seguì furono comminate pesanti condanne ai tesserati (cinque anni a Della Martira, tre a Rossi e Zecchini), più 5 punti di penalizzazione da scontare nella stagione successiva. In tale contesto il Perugia smarrì la strada, concludendo il campionato di Serie A al settimo posto della graduatoria.
In quella stessa stagione il Perugia ebbe modo di esordire nelle competizioni confederali disputando la Coppa UEFA: dopo aver eliminato al primo turno gli jugoslavi della Dinamo Zagabria, il cammino biancorosso in Europa s'interruppe ai sedicesimi di finale per mano dei greci dell'Arīs Salonicco.
Grande novità della stagione 1979-1980, il Perugia ruppe uno storico tabù diventando il primo club italiano ad applicare un marchio pubblicitario sulle proprie maglie, il pastificio Ponte.[4] Per ovviare al divieto della Federazione – che ancora non permetteva questo tipo di accordi commerciali –, la squadra perugina fece ricondurre "ufficialmente" la sponsorizzazione a un maglificio per la produzione delle divise da gioco, la Ponte Sportswear, fondato ad hoc in maniera tale da evitare le sanzioni della FIGC.[5]
L'accordo pubblicitario venne stipulato dalla società perugina, essenzialmente, per ottenere i soldi necessari all'ingaggio di Paolo Rossi: quando il 26 agosto 1979 la squadra scese per la prima volta in campo con le nuove casacche sponsorizzate, in occasione dell'esordio stagionale in Coppa Italia al Curi contro la Roma, ironia della sorte proprio Rossi fu l'unico giocatore biancorosso a non poter esibire il marchio pubblicitario per via di un suo precedente accordo commerciale, siglato a livello personale, con un'altra azienda operante nel settore agroalimentare (la Polenghi Lombardo).[4][6]
La sponsorizzazione Ponte venne tuttavia subito stoppata dai vertici federali,[7] tanto da costringere la formazione umbra a giocare buona parte del prosieguo della stagione con le vecchie divise dell'annata precedente.
Al termine di un discreto iter burocratico con la Lega Nazionale Professionisti, l'esordio in Serie A della maglia sponsorizzata avverrà solo il 23 marzo 1980, ancora di fronte ai giallorossi, nella trasferta di campionato all'Olimpico di Roma;[8] il Perugia vestì in quella partita la terza divisa blu, e anche Rossi poté esibire il marchio pubblicitario.[9]
Per quanto riguarda le novità stilistiche delle maglie, non furono apportate particolari modifiche alle divise della passata stagione. In materia di casacche, è degno di nota quanto accadde il 14 ottobre 1979, in occasione della sfida interna di campionato contro il Milan: i rossoneri si presentarono in Umbria senza la loro seconda divisa bianca, così per ovviare al disguido il Perugia prestò agli avversari la sua terza maglia blu.[10]