Enrico Riziero Galvaligi

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Enrico Riziero Galvaligi
NascitaSolbiate Arno, 11 ottobre 1920
MorteRoma, 31 dicembre 1980
Cause della morteagguato terroristico
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Regno d'Italia
Italia (bandiera) Italia
Forza armata Regio Esercito
Esercito Italiano
ArmaArma dei Carabinieri
Anni di servizio1939 - 1980
GradoGenerale di brigata
GuerreSeconda guerra mondiale
Comandante diVicecomandante del Coordinamento dei Servizi di sicurezza per gli istituti di prevenzione e pena
DecorazioniMedaglia d'oro al valor civile

Medaglia d'argento al valor militare

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Enrico Riziero Galvaligi (Solbiate Arno, 11 ottobre 1920Roma, 31 dicembre 1980) è stato un generale italiano dei Carabinieri, ucciso dalle Brigate Rosse durante gli anni di piombo.

Origini e formazione

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Nacque a Solbiate Arno da una famiglia di origini modeste. Suo padre, Paolo, era un operaio. Dopo essersi diplomato all'Istituto Magistrale di Varese, Enrico decise di intraprendere la carriera militare nel 1939.

La partecipazione alla seconda guerra mondiale e la resistenza

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Durante la seconda guerra mondiale partecipò alla campagna italiana di Grecia, dove in maniera eroica salvò la vita ad un comandante dei Carabinieri. Nel 1942, all'età di 22 anni, entrò a far parte dell'Arma dei Carabinieri. Nell'aprile 1943, in servizio a Gorizia, ebbe uno scontro a fuoco con alcuni ribelli, per il quale ebbe nel 1947 la medaglia d'argento al valor militare. Dopo l'8 settembre 1943, decise di non aderire alla Repubblica Sociale e fu quindi arrestato dai tedeschi e trasferito nel carcere di Trieste.

Riuscì a fuggire dalla prigione pochi giorni prima della deportazione in Germania, ritornando quindi nella zona delle Prealpi Varesine, dove iniziò ad operare nella Resistenza come partigiano.

Stabilitosi a Brinzio, Riziero conobbe Federica Bergami, una donna di origini bolognesi, sfollata dall'Emilia con i suoi familiari, che sposò nel dopoguerra. Da lei avrà un figlio, Paolo, anch'egli divenuto in seguito ufficiale dei Carabinieri.

Gli incarichi nell'Arma dei Carabinieri

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Alla fine della guerra Galvaligi fu insignito di numerose decorazioni per il valore dimostrato.

Nel 1949 egli conobbe a Roma Carlo Alberto dalla Chiesa, del quale diventò buon amico. Durante gli anni cinquanta, sessanta e settanta Galvaligi fu dislocato ad operare a Roma, dal 1969 al gruppo di Palermo con dalla Chiesa, dal 1973 alla legione di Torino ancora con dalla Chiesa, poi di nuovo a Roma, e ricevendo continue promozioni di grado: capitano, maggiore, tenente colonnello, colonnello e infine nel 1975 generale di brigata.

Dalla Chiesa lo volle al suo fianco, nominandolo nel 1977 vicecomandante del Coordinamento dei Servizi di sicurezza per gli istituti di prevenzione e pena, incarico mantenuto poi alle dipendenze del generale Renato Risi, che aveva sostituito Dalla Chiesa nel 1978 nel comando. La sua mansione consisteva infatti nel coordinare la sorveglianza delle carceri di massima sicurezza dove erano detenuti i più pericolosi terroristi d'Italia, tra cui i penitenziari di Trani, Fossombrone, l'Asinara, Nuoro e Cuneo.

Nel dicembre del 1980 Galvaligi si occupò di dirigere da Roma un'operazione delicata: a seguito di una rivolta scoppiata nel carcere di Trani per mano di alcuni esponenti dell'eversione armata, egli ordinò al GIS dei Carabinieri di stroncare la sommossa con un blitz, che peraltro si concluse senza spargimento di sangue.

I terroristi decisero quindi di vendicare quella sconfitta e di attaccare l'importanza simbolica dell'incarico che Galvaligi ricopriva.

L'agguato e la morte

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L'assassinio del Galvaligi, programmato nel giro dei pochi e frenetici giorni che seguirono alla rivolta di Trani, in pieno rapimento D'Urso, dimostrò la temibile efficacia della macchina di morte brigatista, nonostante i durissimi colpi inferti dallo Stato nei mesi precedenti. Galvaligi aveva rifiutato la scorta, sollecitata da più parti. "Sono un soldato" aveva tagliato corto nel suo stile laconico e deciso.

L'agguato era stato studiato nei minimi particolari : i terroristi sanno di avere a che fare con un uomo dai riflessi pronti, che è stato in guerra e può reagire all'istante con micidiale determinazione. Per sorprenderlo studiano uno stratagemma da agenti segreti. In due si presentano al portiere del palazzo di via Girolamo Segato 13 verso l'ora di pranzo. Sono, si scoprirà più tardi, Pietro Vanzi e Remo Pancelli, che verranno arrestati qualche tempo dopo e condannati all'ergastolo. Portano una strenna natalizia, un cesto di bottiglie di vino, e anche questo è un particolare significativo : Galvaligi, alla vista di un pacco chiuso o di un involucro che avrebbe potuto nascondere un ordigno si sarebbe insospettito. Nel tardo pomeriggio, i brigatisti si presentano e restano a chiacchierare, aspettando il ritorno del generale. Il portiere ovviamente non si insospettisce : quei due ragazzi ormai sono facce note e sembrano altresì molto educati.

Sono le diciannove, Galvaligi ritorna a casa e alla vista dei due giovani che gli vanno incontro, egli sorride e tira fuori duemila lire dal portafoglio. Un instante più tardi i brigatisti estraggono le armi e fanno fuoco. Quattro proiettili centrano al petto e alla schiena Galvaligi, che cade a terra mentre uno dei due assassini tiene sotto il portiere, atterrito.

"L'hanno ammazzato!" urla la moglie Federica lanciandosi sul corpo del marito. Uno dei killer, a questo punto, si gira e spara anche a lei : la donna si salva per miracolo, una pallottola la ferisce di striscio al tallone. Resterà accasciata su quel corpo per oltre due ore, resistendo ad ogni tentativo di farla allontanare.

Il foro di uno dei proiettili ha trapassato il vetro del portone e, a distanza di trentasette anni è ancora lì : gli inquilini ne hanno fatto una sorta di ricordo alla memoria dell'alto ufficiale dell'Arma.[1]

I mandanti e gli esecutori

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Il comunicato di rivendicazione inviato successivamente ai giornali collegava l'assassinio al sequestro del giudice D'Urso, che venne finanche sospettato di aver indicato ai brigatisti il nome di Galvaligi quale mandante del blitz di Trani[2][3] Le ultime due brigatiste esecutrici materiali del delitto, Roberta Cappelli e Marina Petrella, sono state tra gli arrestati nell'aprile 2021 in Francia [4], ma non ancora estradate.

La bara di Enrico Riziero Galvaligi viene scortata al cimitero dopo le esequie. Brinzio, 3 gennaio 1981

Le esequie furono dapprima celebrate in forma pubblica il 2 gennaio 1981 presso la basilica dei Santi XII Apostoli di Roma, officiante l'ordinario militare d'Italia Mario Schierano, alla presenza delle massime autorità politiche e militari dello Stato (tra gli altri il presidente della Repubblica Sandro Pertini, i presidenti delle camere Nilde Jotti e Amintore Fanfani, il presidente del consiglio dei ministri Arnaldo Forlani e il capo di stato maggiore della difesa Giovanni Torrisi).

Il rito privato si tenne invece l'indomani alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Brinzio, officiante il vescovo di Como Teresio Ferraroni e alla presenza dello stesso generale Dalla Chiesa. La salma fu poi tumulata nel locale cimitero, nello stesso loculo in cui venne poi sepolta anche la moglie Federica, morta nel 2011.

Riconoscimenti

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Numerose sono le intitolazioni alla sua memoria. Tra queste la caserma del Comando provinciale Carabinieri di Gorizia, la Stazione Carabinieri di Roma Trullo e le sezioni dell'Associazione Nazionale Carabinieri di Monza,[5] Settimo Milanese [6], Magenta, Ternate e Cuvio.

Un monumento a ricordo del generale Galvaligi, opera dello scultore Ernesto Ornati, fu in seguito collocato per volere di un gruppo di cittadini nella piazza di Brinzio. È composto da due lapidi in granito con sculture in bronzo: nella parte superiore è visibile il ritratto del generale con gli emblemi dell'Arma dei Carabinieri e l'iscrizione: «A Enrico Riziero Galvaligi, generale dei Carabinieri, 1920 - 1980». In quella sottostante è invece visibile una bronzea composizione di pannocchie che si allaccia all'epigrafe: «Dalla terra che amasti».

Medaglia d'oro al valor civile - nastrino per uniforme ordinaria
«Addetto all'Ufficio di Coordinamento dei servizi di sicurezza degli Istituti di Previdenza e Pena, in un momento caratterizzato dal riacutizzarsi della violenza contro il l'intero sistema carcerario da parte della criminalità eversiva organizzata, perseverava, nonostante le ripetute minacce a lui rivolte, nella propria missione con assoluta dedizione e sprezzo del pericolo, in difesa delle istituzioni e nell'interesse della comunità. Nel corso di proditoria imboscata, tesa con estrema efferatezza da un gruppo di terroristi, veniva trucidato con numerosi colpi d'arma da fuoco, esplosigli da distanza ravvicinata, sublimando col supremo sacrificio una vita spesa al servizio della collettività. Roma, 31 dicembre 1980.»
— 14 maggio 1982[7]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Durante un’azione di rastrellamento contro ribelli armati in terreno difficile e insidioso, cui aveva chiesto di partecipare volontariamente, sorpreso con pochi uomini dall’imboscata di un nucleo avversario, si spingeva innanzi da solo arditamente, riuscendo ad uccidere il capo della banda che tentava di sopraffarlo. Nell’aspro conflitto che ne seguì dimostrava intrepido valore, dando valido apporto, con l’aiuto di rinforzi sopraggiunti, alla sconfitta dei ribelli costretti alla fuga dopo aver subito ulteriori perdite. Licavizza Media di Chiapovano (Gorizia), 30 aprile 1943.»
— 9 dicembre 1947[8]
Croce al merito di guerra (2 volte) - nastrino per uniforme ordinaria
Croce al merito di guerra (2 volte)
Medaglia di benemerenza per i Volontari della Guerra 1940–43 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia di benemerenza per i Volontari della Guerra 1940–43
Avanzamento per merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
Avanzamento per merito di guerra
  1. ^ Giovanni Bianconi, Piero Colaprico, Andrea Galli, Carlo Lucarelli, Massimo Lugli, Roberto Riccardi, Valerio Varesi, Carabinieri per la democrazia, storia dei caduti dell'Arma nella lotta al terrorismo, 2018ª ed., Mondadori, ISBN 9788804686071.
  2. ^ Ucciso il vice (segreto) di Dalla Chiesa. Il suo nome estorto dalle BR a D'Urso?, da La Prealpina, 1º gennaio 1981
  3. ^ Sergio Flamigni, La sfinge delle Brigate rosse, Milano, Kaos edizioni, 2004, p.276
  4. ^ Andrea Galli, Anni di piombo: «Quel giorno che uccisero mio papà, il carabiniere», su Corriere della Sera, 14 giugno 2021. URL consultato il 18 febbraio 2024.
  5. ^ http://www.ancmonza.it
  6. ^ vivisettimo.it
  7. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato
  8. ^ Sito web dell'Arma dei Carabinieri

Voci correlate

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