Per signoria si intende in maniera generale il dominio esercitato da un signore. Più nello specifico, nella storia medievale con signoria si intendono due concetti distinti: l'insieme dei poteri esercitati nelle campagne dall'aristocrazia nel periodo medievale e la forma di governo tipica delle città italiane succeduta all'età comunale (precisata come signoria cittadina).
Signoria delle campagne
[modifica | modifica wikitesto]Con "signoria" si intende l'insieme dei poteri esercitati da grandi proprietari – chiamati appunto signori, o in latino dominus[1] – sulle popolazioni rurali. Questi proprietari terrieri potevano essere laici o ecclesiastici, dunque famiglie nobili o enti religiosi che avevano fortificato le proprie terre e avevano stretto attorno a sé clientele vassallatiche; oppure discendenti di titolari di incarichi pubblici in epoca caroligia, quali conti, marchesi e duchi; infine, semplici proprietari o custodi di castelli e fortificazioni.[2]
I poteri esercitati erano i più vari: spesso erano di natura pubblica, come la potestà di punire e giudicare, ma anche riscuotere tasse e imporre prestazioni d'opera; l'insieme di questi poteri erano definiti bannali, poiché col termine di banno si indicava generalmente il potere di costrizione di origine pubblica. Tuttavia, la capacità di prelevare censi dai contadini dipendenti o l'imposizione di monopoli quali l'uso esclusivo di mulini e forni di proprietà del signore erano caratteristiche comuni a molti proprietari terrieri già prima del XI secolo. Questa forma di signoria, detta domestica se esercitata sugli schiavi o fondiaria se coinvolgeva anche i liberi affittuari, era così distinta dalla signoria di banno poiché priva di un'autorità politica riconosciuta e della capacità di esercitare un potere pubblico sul territorio. Nella pratica però non era facile distinguere tra le diverse forme, dato che esazioni, prelievi e prestazioni tendevano a confondersi tra esercizio del potere pubblico e giurisdizione privata.[3]
Inoltre sugli stessi contadini le dominazioni signorili si sovrapponevano: se infatti i contadini liberi allodieri erano sottoposti all'autorità del signore solamente in quanto titolare del banno, i dipendenti e affittuari dovevano versare un canone per coltivare i campi e prestarsi alle corvées nella riserva signorile. Dunque le signorie si presentavano molto eterogenee al suo interno: il signore infatti non poteva pretendere le stesse prestazioni e contributi da tutti i contadini in maniera uguale, e al tempo stesso il dominio fondiario, molto più di quello territoriale, era estremamente frammentato; in sostanza, rimanevano sempre zone dove il controllo di un signore era più forte e altre invece più debole.[4] Poteva accadere così che la stessa persona fosse assoggettata a due diversi signori: il signore territoriale, che governava dal suo castello, e il proprietario fondiario da cui aveva ricevuto le terre in concessione. All'epoca non si faceva distinzione tra le diverse tipologie e gli uomini del medioevo non erano consapevoli di essere assoggettati ad un signore "fondiario" piuttosto che ad uno "di banno".[5]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]In seguito alla disgregazione dell'Impero carolingio, tra il X e l'XI secolo nelle campagne europee si svilupparono forme di dominazione signorili
Feudalesimo e ordinamento signorile
[modifica | modifica wikitesto]Tipologie
[modifica | modifica wikitesto]Come già detto le forme di dominazione signorili potevano essere profondamente diverse, contraddistinte da vari attributi e caratteristiche. La medievistica ha provato ad interpretare e categorizzare queste diverse forme elaborando alcuni modelli concettuali: la signoria domestica, la signoria fondiaria e la signoria territoriale o di banno.[6][7]
Signoria domestica
[modifica | modifica wikitesto]All'interno delle curtes, i proprietari fondiari acquisirono progressivamente un forte potere sui propri dipendenti, fossero essi servi o contadini liberi. La pars dominica, ovvero la parte dell'azienda agricola a conduzione diretta e coincidente (almeno in parte) con la residenza signorile e il caput curtis, era quella dove il dominio del proprietario terriero era esercitato in maniera più forte e continuativa. Nella riserva domenicale risiedevano principalmente servi prebendari ma anche quei contadini di condizione libera che si erano consegnati al padrone, e in questo modo venivano integrati nella cosidetta familia o masnada del signore.[8][9]
Questa forma di dominio, che viene definita signoria domestica, giunse ad arrogarsi alcune funzioni originariamente spettanti al potere pubblico; di fatto, il proprietario terriero esercitava una forma di giustizia signorile sui suoi dipendenti, sottratti dalle precedenti condizioni giuridiche e livellando così le distinzioni tra liberi e servi.[8] Con l'emergere delle signorie territoriali, le signorie domestiche entrarono in contrasto con queste ultime, dato che arrogavano diritti sugli uomini della familia padronale; allora le rivendicazioni dei proprietari fondiari sulla propria familia aumentarono, conservando e rafforzando la propria autorità su quegli uomini che vivevano a stretto contatto con il padrone. Tuttavia, i proprietari fondiari persero controllo su quei dipendenti che, vivendo troppo lontano dalla residenza signorile, sfuggivano al loro potere.[10]
Signoria fondiaria
[modifica | modifica wikitesto]Signoria territoriale
[modifica | modifica wikitesto]Diversi nomi: "territoriale", "rurale", "di banno" o "di castello". Dominatus loci
Signoria cittadina
[modifica | modifica wikitesto]
La signoria cittadina fu una forma di governo personale che si affermò nelle città italiane nel corso del XIII secolo. In diversi comuni infatti il governo iniziò ad essere affidato a personaggi dotati di elevato prestigio e statura politico-militare; questi potevano essere investiti delle massime cariche cittadine, se non prendere il titolo di signore, come accadde ad Obizzo II d'Este a Ferrara nel 1264.[11][12]
Il signore riceveva il governo della città a vita, spesso in risposta ai conflitti interni che opponevano le diverse fazioni, e dunque doveva porsi come elemento super partes capace di ristabilire la pace e l'ordine nel comune. Il signore dal canto suo tendeva a preservare il potere acquisito, tramandando il proprio incarico ai discendenti e instaurando così delle dinastie vere e proprie. Dunque, se in un primo momento le istituzioni comunali furono mantenute, progressivamente vennero di fatto esautorate dal nuovo ruolo politico del signore, nel quale ormai erano accentrati tutti i poteri. Le magistrature cittadine comunque continuarono ad operare, sebbene ora sotto un monarca.[13]
Inoltre, molte delle dinastie che istituirono le signorie nelle città italiane erano di tradizione feudale e spesso avevano possedimenti fuori dalle città quando non veri e propri basi di potere. Queste famiglie signorili dunque riuscirono ad imporsi nel contesto comunale intervenendo ad esempio nelle lotte tra fazioni. Un esempio è rappresentato dai marchesi d'Este, famiglia di antica nobiltà che si inserì nelle dinamiche di potere a Ferrara, assumendone poi la signoria; ma altri casi analoghi sono quelli dei Visconti, dei Gonzaga e dei Da Camino.[14] Nonostante ciò in molti comuni furono invece famiglie già inserite nel contesto urbano a prendere il potere e istituire una signoria: è il caso degli Scaligeri a Verona o dei Pepoli a Bologna.[15]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Già nella prima metà del Duecento si affermarono alcune signorie nelle città dell'Italia settentrionale: i Da Romano nella Marca Trevigiana, Oberto II Pallavicino in Lombardia e il marchese del Monferrato Guglielmo VII che divenne signore di Ivrea, Alessandria e Pavia. Tuttavia questi domini sovracittadini, legati alle fazioni ghibelline e filo-imperiali, si sfaldarono in seguito all'indebolimento dello schieramento svevo e non riuscirono a consolidare il governo delle proprie dinastie nelle città.[16]
Successivamente la forma di governo signorile si diffuse in tutta l'Italia centro-settentrionale, imponendosi in circa l'80% delle città comunali in Lombardia, Veneto, Emilia, Romagna, Toscana e Marche, sia pure con durata e caratteristiche diverse da zona a zona. Non furono toccate dal fenomeno signorile le repubbliche marinare come Genova e Venezia – nonostante quello del Doge fosse un incarico vitalizio; mentre fu scarsamente presente nei centri toscani come Lucca, Pisa, Pistoia e soprattutto Firenze, che fece del proprio repubblicanesimo un modello ideologico. In queste città, che comunque conobbero in alcuni momenti esperienze signorili (come quella di Castruccio Castracani), la tendenza fu piuttosto una chiusura oligarchica dei ceti di governo.[17]
Nel corso del tempo i signori, instaurando un dominio di tipo monarchico e dinastico, cercarono una legittimazione superiore del proprio potere assumendo il titolo di vicario e governando le città in qualità di rappresentante papale o dell'imperatore – detti vicariato apostolico il primo, vicario imperiale il secondo. Inoltre, nel corso del Trecento e del Quattrocento l'azione politica delle signorie tese ad uscire dall'ambito di una sola città, estendendo il proprio dominio su aree più vaste ecostituendo così principati territoriali.[18]
Altri significati
[modifica | modifica wikitesto]Il termine "signoria" nell'Italia medievale poteva indicare anche i governi di stati non monarchici: ad esempio nella Repubblica di Venezia la Serenissima Signoria era il vertice dello stato, con a capo il Doge affiancato da sei consiglieri e tre capi della Quarantia.
A partire dal XIV secolo a Firenze era definita Signoria la massima magistratura comunale, composta dal Gonfaloniere di Giustizia e da otto priori.[19]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Barbero, Frugoni, p. 226.
- ^ Barbero, Frugoni, p. 227.
- ^ Barbero, Frugoni, pp. 227-229.
- ^ Sergi, pp. 18-19.
- ^ Montanari, p. 113.
- ^ Embriaco, 2006.
- ^ Treccani, Dizionario di Storia.
- ^ a b Albertoni.
- ^ Duby, p. 228.
- ^ Duby, pp. 228-230.
- ^ Treccani.
- ^ Franceschi, Taddei, p. 161.
- ^ Franceschi, Taddei, pp. 160-161.
- ^ Franceschi, Taddei, p. 163.
- ^ Franceschi, Taddei, p. 164.
- ^ Franceschi, Taddei, pp. 157-158.
- ^ Franceschi, Taddei, pp. 158-160.
- ^ Franceschi, Taddei, pp. 161-162.
- ^ Franceschi, Taddei, p. 166.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Alessandro Barbero e Chiara Frugoni, Dizionario del medioevo, Roma, Bari, Laterza, 2008, ISBN 978-88-420-6374-2.
- Georges Duby, L'economia rurale nell'Europa medievale, traduzione di Ilio Daniele, Bari/Roma, Laterza, 2022, ISBN 978-88-581-4731-3, SBN IT\ICCU\BA1\0152044 Controllare il valore del parametro
sbn
(aiuto). - Massimo Montanari, Storia medievale, Roma, Laterza, 2002, ISBN 978-88-420-6540-1.
- Franco Franceschi e Ilaria Taddei, Le città italiane nel Medioevo. XII-XIV secolo, Bologna, Il Mulino, 2012, ISBN 978-88-15-13825-5.
- Giuseppe Sergi, Villaggi e curtes come basi economico-territoriali per lo sviluppo del banno, in Curtis e signoria rurale: interferenze fra due strutture medievali, collana I florilegi, Torino, Scriptorium, 1993, ISBN 88-86231-01-6.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Signoria, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Signoria, in Dizionario di storia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2011.
- Giuseppe Albertoni, L’economia curtense e la signoria rurale, in Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2014.
- Primo G. Embriaco, Il Regno italico e le signorie territoriali, su Reti Medievali. Iniziative online per gli studi medievistici, gennaio 2006, ISSN 1593-2214 .
- Primo G. Embriaco, I poteri signorili (Regno italico: secoli IX - XIII), su Reti Medievali. Iniziative online per gli studi medievistici, dicembre 2008, ISSN 1593-2214 .