Tracey Rose (Durban, 1974) è un'artista sudafricana. Vive e lavora a Johannesburg. Il suo lavoro si concentra sulla performance, la video installazione e la fotografia.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Tracey Rose nasce nel 1974 a Durban, in Sudafrica. Dopo aver frequentato la facoltà di Belle Arti alla University of the Witwatersrand a Johannesburg, si laurea nel 1996. Insegna al Vaal Triangle Technikon, Vanderbijl Park, in Sudafrica e alla University of the Witwatersrand. Tra febbraio e marzo del 2001 è in residenza a Città del Capo alla South African National Gallery, dove sviluppa il lavoro che presenta alla Biennale di Venezia dello stesso anno, curata da Harald Szeemann. La sua galleria statunitense è The Project, di Christian Have.[1]
Lavoro
[modifica | modifica wikitesto]l lavoro della Rose si confronta con i limiti del dogma, e i difetti nel dibattito culturale istituzionalizzato. L'insistenza con cui affronta le politiche identitarie, di genere, sessuali, razziali e gender, è una cifra sempre presente nel suo lavoro.[2] Secondo Jan Avgikos[3] "parte del fascino esercitato dal lavoro della Rose risiede nella sua capacità di citare fluidamente l'arte performativa degli anni '60 e '70".
Selezione di opere
[modifica | modifica wikitesto]- The Thinker (il pensatore), oggetti trovati e test, 1996. Una piccola riproduzione della scultura Il pensatore di Auguste Rodin, usata come arma durante una discussione familiare[4].
- Span I and Span II, presentata alla second Biennale di Johannesburg all'interno della mostra Graft, curate da Colin Richards, 1997. Il lavoro è stato presentato nella Biennale di Dakar del 2000.
- Ongetiteld (Untitled). Un progetto video con i Surveillance Camera Players[5] nel quale l'artista rasa tutti i peli del suo corpo. Presentato all'interno di Democracys Images, al Bildmuseet di Umeå in Svezia, 1998.
- Ciao Bella, Presentato alla Biennale di Venezia 2001.[6]
- The Kiss (Il bacio), fotografia, 2001. L'opera riprende la scultura omonima di Rodin e raffigura un bacio tra Rose e un suo commerciante d'arte afroamericano, entrambi nudi.[7]
Mostre
[modifica | modifica wikitesto]Secondo Sue Williamson[4], "Tracey Rose non è un professionista che approfitta di ogni occasione curatoriale che le viene offerta, si è infatti ritirata da più di una mostra, se le circostanze non le sono sembrate adatte." Il lavoro della Rose è stato ampiamente esposto in Africa, Europa e Stati Uniti. Alcune mostre personali recenti includono: "The Cockpit" a MC, Los Angeles, CA,[8] "Plantation Lullabies" alla Goodman Gallery, Johannesburg, Sudafrica,[9] entrambe nel 2008.
Tra le recenti mostre collettive figurano "El Mirall Sud-Africa" presso il Centre de Cultura Contemporània di Barcellona, in Spagna, "Mouth Open, Teeth Showing: Major Works from the True Collection" alla Henry Art Gallery di Seattle, "Memories of Modernity" in Malmö, Svezia, "Check List: Luanda Pop" presso il padiglione africano alla 52ª Biennale di Venezia "Heterotopias" alla Biennale di Salonicco in Grecia, e di "Global Feminisms" presso il Centro Elizabeth A. Sackler di arte femminista a Brooklyn, New York (tutti nel 2007).
Personali
[modifica | modifica wikitesto]- The Project, New York, 1999
- The Goodman Gallery, Johannesburg, 2000
- The Project, New York, 2000
- Ciao Bella, The Goodman Gallery, Johannesburg, 2002
- The Project, New York, 2002[10]
- The Project, New York City, 2004
- The Thieveing Fuck and the Intagalactic Lay, The Goodman Gallery, Johannesburg, 2004
- The Project, New York City, NY, 2007
- Plantation Lullabies, The Goodman Gallery, Johannesburg, 2008
- The Cockpit, MC Kunst, Los Angeles, 2008
- Raison d'être, Espace doual'art, Douala, 2009
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ (EN) Tracey Rose | Artist, su ArtFacts. URL consultato il 28 settembre 2023.
- ^ (EN) Art of Africa: The 50 best African artists, in The Independent, Independent News and Media Limited, 1º dicembre 2006. URL consultato il 30 aprile 2009.
- ^ Jan Avgikos, The Project - Reviews - Tracey Rose in "Art Forum", October 2002.
- ^ a b (EN) Sue Williamson, A feature on an artist in the public eye: Tracey Rose, su www.artthrob.co.za, marzo 2001. URL consultato il 28 settembre 2023.
- ^ (EN) Surveillance Camera Players, su www.notbored.org. URL consultato il 28 settembre 2023.
- ^ (EN) Sanya Osha, Tracey Rose, renegade South African artist: understanding her 30 years of outrage, su The Conversation, 4 ottobre 2022. URL consultato il 28 settembre 2023.
- ^ (EN) Helena Reckitt, The Art of Feminism, Revised Edition, Chronicle Books, 1º novembre 2022, ISBN 978-1-7972-2038-3. URL consultato il 28 settembre 2023.
- ^ (EN) Tracy Rose - profile, su artfacts.net. URL consultato il 4 dicembre 2016.
- ^ Tracy Rose, "Plantation Lullabies" [collegamento interrotto], su goodman-gallery.com, Goodman Gallery. URL consultato il 30 aprile 2009.
- ^ (EN) Holland Cotter, ART IN REVIEW; Tracey Rose, in The New York Times, 31 maggio 2002. URL consultato il 28 settembre 2023.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Sue Williamson, A feature on an artist in the public eye: Tracey Rose in "Artthrob", n. 43, marzo 2001.
- (EN) Jan Avgikos, The Project - Reviews - Tracey Rose in "Art Forum", ottobre 2002.
- (EN) Tracey Rose: Fresh, edito da Kellie Jones ed Emma Bedford, South African National Gallery, 2003.
- (EN) Emma Bedford, Tracey Rose in 10 years 100 artists: art in a democratic South Africa, ed. Sophie Perryer, Struik, 2004.
- (EN) Tracey Murinik, Tracey Rose: plasticienne, Les Carnets de la création, Carnets de la création: Afrique du sud, Éditions de l'Oeil, Paris, 2005.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tracey Rose
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