«...avanzò di tanto il suo maestro stesso (Giotto) che fu, e meritamente, tenuto il miglior di quanti pittori erano stati infino a quel tempo, come chiaramente dimostrano l’opere sue.»
Stefano Fiorentino (Firenze, 1301 – Firenze, 1350) è stato un pittore italiano, allievo di Giotto, ricordato in numerose fonti letterarie, ma del quale non ci è nota nessuna opera certa[1].
Vita e opere
[modifica | modifica wikitesto]È citato in un documento di Pistoia risalente al 1347, dove viene indicato come autore della scomparsa pala dell'altare maggiore per la chiesa di San Giovanni Fuorcivitas di Pistoia.
Viene nominato in una novella di Franco Sacchetti, scritta tra il 1388 e il 1395. Filippo Villani, nel suo Liber de origine Florentinae et eiusdem famosis civibus (1375–1404), dà del pittore un giudizio piuttosto scettico, etichettandolo come una "scimmia" ossessionata dalla mimesi della natura sin nel più piccolo dettaglio.
Il Ghiberti nei Commentarii lo ricorda come primo allievo di Giotto, lo definisce "egregiissimo dottore" e gli attribuisce alcuni affreschi in Firenze (tre Storie nel chiostro della basilica di Santo Spirito, un ritratto di san Tommaso d'Aquino e altre pitture in Santa Maria Novella) e ad Assisi (una "Gloria" incompiuta).
Giorgio Vasari gli dedicò un capitolo delle Vite nel quale lo considera il migliore allievo di Giotto, colui che superò il maestro nel disegno e nel colore: "oltre all'essere stato più vario nell'invenzioni, fu ancora più unito nei colori e più sfumato che tutti gl'altri, e sopra tutto non ebbe paragone in essere diligente"; per l'aretino, Stefano dipingeva di "una maniera tanto dolcissima e tanto unita, che pare quasi impossibile che in que' tempi fosse fatta". Le opere che il Vasari gli attribuisce, con grandi elogi sulla sua "modernità", sono:
- una Madonna in affresco nel Camposanto di Pisa ("che è alquanto meglio di disegno e di colorito che l'opera di Giotto"[2]);
- tre Storie di Cristo nella basilica di Santo Spirito, in tre archetti, forse tre lunette[3]:
- Trasfigurazione di Cristo ("il che, come ho detto, non era stato considerato né anche da Giotto stesso");
- Cristo libera l'indemoniata ("che pare che cominciasse a vedere un certo lume della buona e perfetta maniera de' moderni");
- La Navicella ("essendo appresso i moderni lodatissima, dovette certo ne' tempi di chi la fece parere un miracolo in tutta Toscana");
- un San Tommaso d'Aquino, un Crocifisso nei chiostri di Santa Maria Novella[4];
- alcuni lavori per Matteo Visconti a Milano (forse nella Cappella dei Visconti nella chiesa di Sant'Eustorgio oppure nell'Abbazia di Chiaravalle);
- Storie del martirio di san Marco nella cappella degli Asini in Santa Croce a Firenze;
- alcune Storie di Cristo nell'abside dell'antica basilica di San Pietro a Roma;
- un San Ludovico da Tolosa nella chiesa di Santa Maria in Araceli a Roma;
- una Gloria celeste nella Cappella Maggiore della basilica inferiore di Assisi[5];
- una Madonna dell'Umiltà nel tabernacolo dei Gianfigliazzi, presso il ponte alla Carraia[6];
- gli affreschi della volta e delle pareti nella cappella di San Jacopo a Pistoia;
- gli affreschi della cappella di Santa Caterina nella chiesa di San Domenico a Perugia.
Neppure una delle opere citate dal Vasari è sopravvissuta e pertanto non è stato possibile operare alcun tentativo di ricostruzione critica dell'attività artistica di Stefano.
Nonostante ciò, la notizia vasariana dell'attività milanese di Stefano ha consentito di attribuirgli con buona probabilità gli affreschi con Storie della Vergine nel tiburio dell'abbazia milanese di Chiaravalle[7].
Fu padre, secondo Vasari ed altri, dell'altrettanto enigmatico Giottino.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Federico Zeri non gli attribuisce neppure un'opera nota
- ^ Distrutta nel 1944, è tuttavia nota attraverso fotografie che sono quindi determinanti per avere un'idea dell'arte di Stefano [1]
- ^ La basilica fu interamente ricostruita nel Quattrocento
- ^ Il ritratto di san Tommaso d'Aquino, sulla porta del cimitero nel passaggio verso il Chiostro dei Morti, benché malamente restaurato in epoche successive, potrebbe rivelare ancora un disegno di Stefano Fiorentino; il dipinto con gli Angeli ribelli in Santa Maria Novella venne distrutto nel 1574.
- ^ distrutta nel 1622. Ad Assisi resta un gruppo di affreschi con Allegorie francescane che mostra una notevolissima padronanza del colore, della narrazione e dell'espressività delle figure che viene genericamente attribuita a un "parente di Giotto", da alcuni indicato come forse Stefano stesso.
- ^ Del tabernacolo, che doveva trovarsi sul lungarno Corsini, non resta traccia
- ^ Restauro del ciclo di affreschi giotteschi nel tiburio dell'Abbazia di Chiaravalle
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Jane Turner (a cura di), The Dictionary of Art. 29, pp. 598–599. New York, Grove, 1996. ISBN 1884446000
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Stefano Fiorentino
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Stéfano, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Stefano Fiorentino, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 95726869 · CERL cnp00576061 · Europeana agent/base/42383 · ULAN (EN) 500007537 · GND (DE) 123524237 |
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