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La Serbia, una volta acquisita l'indipendenza, aveva iniziato a sentirsi investita dell'idea di riunire in un unico stato tutti i territori appartenuti all'[[Impero serbo|impero]] costituito da [[Stefano Uroš IV Dušan|Stefano Dušan]] nel [[Medioevo]], liberando dalla dominazione straniera tutte le terre slave irredente, in un processo simile a quello che aveva visto il [[Regno di Sardegna]] protagonista del [[Risorgimento|risorgimento italiano]]<ref name ="jb"/>. Questa idea di ''grande Serbia'', rimasta latente durante il regno della famiglia Obrenović legata alla monarchia austriaca, con Pietro I ebbe un forte impulso. |
La Serbia, una volta acquisita l'indipendenza, aveva iniziato a sentirsi investita dell'idea di riunire in un unico stato tutti i territori appartenuti all'[[Impero serbo|impero]] costituito da [[Stefano Uroš IV Dušan|Stefano Dušan]] nel [[Medioevo]], liberando dalla dominazione straniera tutte le terre slave irredente, in un processo simile a quello che aveva visto il [[Regno di Sardegna]] protagonista del [[Risorgimento|risorgimento italiano]]<ref name ="jb"/>. Questa idea di ''grande Serbia'', rimasta latente durante il regno della famiglia Obrenović legata alla monarchia austriaca, con Pietro I ebbe un forte impulso. |
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Nel [[1908]], il movimento dei [[Giovani Turchi]] impose al sultano [[Abdul Hamid II]] una costituzione democratica e |
Nel [[1908]], il movimento dei [[Giovani Turchi]] impose al sultano [[Abdul Hamid II]] una costituzione democratica e instaurò un nuovo regime con l'idea di modernizzare l'impero. Il nuovo assetto dello stato ottomano fu improntato ad un forte centralismo e all'esaltazione dell'identità turca. Questa politica esacerbò le spinte separatiste delle popolazioni non etnicamente turche, in particolar modo nei [[Rumelia|territori ottomani dei Balcani]]. Nel [[Vilayet del Kosovo]] la popolazione albanese si sollevò contro il governo centrale nel [[1909]] e nel [[1910]], e la repressione fu durissima<ref name="bg">[http://www.bradtguides.com/Book/140/Kosovo.html ''Kosovo: The Bradt Travel Guide''] su www.bradtguides.com</ref>. Nella regione, la convivenza tra la popolazione di etnia serba e quella albanese era molto difficile e i serbi denunciavano soprusi da parte degli albanesi e delle autorità turche<ref>[http://www.rastko.rs/kosovo/istorija/kosovo_chronicles/kc_part1b.html Kosovo and Metohia - A historical survey]</ref>. Pietro I, nel [[1911]], siglò un'alleanza col [[Regno di Bulgaria]], alla quale [[Lega Balcanica|si unirono]] il [[Regno di Grecia]] e, per ultimo, il [[Regno del Montenegro]] per combattere contro l'impero Ottomano, già fiaccato dalla recente [[Guerra italo-turca|sconfitta contro l'Italia]]. L'8 ottobre [[1912]], il Montenegro [[Prima guerra balcanica|dichiarò la guerra]] e fu seguito dalle altre nazioni. Pietro I assunse il comando supremo dell'esercito<ref name="rf"/>, mentre l'erede al trono Alessandro guidò personalmente le armate in diverse battaglie. |
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L'impero Ottomano fu sconfitto e l'esercito serbo e quello |
L'impero Ottomano fu sconfitto e l'esercito serbo e quello montenegrino conquistarono tutte le regioni della cosiddetta "vecchia Serbia" che comprendeva il [[Sangiaccato]], il Kosovo, la [[Metochia]], la Macedonia e il nord dell'Albania. Il [[Trattato di Londra (1913)|Trattato di Londra]] sancì queste conquiste, ma pretese la cessione del nord albanese al nuovo [[Regno d'Albania]]. La Bulgaria non accettò che la Serbia si annettesse l'intera Macedonia, e il 29 giugno del [[1913]] ingaggiò una [[Seconda guerra balcanica|nuova guerra]], stavolta, contro i vecchi alleati, ma fu battuta. Il 10 agosto fu siglato un trattato di pace a [[Bucarest]]: alla Serbia andavano la Macedonia e il Kosovo, al Montenegro, la Metochia e il [[Sangiaccato di Novi Pazar]]. Il prestigio di Pietro I crebbe ulteriormente in Serbia, perché venne visto come colui che, dopo cinque secoli, aveva vendicato la sconfitta serba nella [[Battaglia della Piana dei Merli|battaglia di Kosovo Polje]] e aveva riunificato il Kosovo alla madre patria. La riconquista del Kosovo non placò, comunque, i conflitti tra le popolazioni serbe e albanesi, e la provincia fu sottoposta ad un processo di re-slavizzazione<ref name="bg"/> per riequilibrare la composizione etnica dopo secoli di migrazioni ed esodi. |
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===La successione=== |
===La successione=== |
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Pietro I | |
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Pietro I nel 1914 | |
Re dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni | |
In carica | 1903— 1921 |
Predecessore | Alessandro I Obrenović |
Successore | Alessandro I Karađorđević |
Nascita | Belgrado, 29 giugno 1844 |
Morte | Belgrado, 16 agosto 1921 |
Luogo di sepoltura | Chiesa di San Giorgio (Oplenac) |
Casa reale | Karađorđević |
Padre | Aleksandar Karađorđević |
Madre | Persida Nenadović |
Consorte | Zorka del Montenegro |
Pietro Karađorđević (in lingua serba, Петар Карађорђевић) (Belgrado, 29 giugno 1844 – Belgrado, 16 agosto 1921), dal 1903 è stato re di Serbia; nel 1918 ha assunto il titolo di re dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni fino alla sua morte.
I primi anni
Gli studi
Terzo figlio di Aleksandar Karađorđević e di Persida Nenadović, nacque quando suo padre era principe regnante di Serbia e divenne erede al trono alla morte del fratello maggiore Svetozar nel 1847[1]. Iniziò gli studi a Belgrado, ma nel 1858 dovette lasciare il paese in séguito alla perdita del trono da parte della sua famiglia.
Nel 1842, una rivolta guidata da Toma Vučić-Perišić aveva detronizzato il principe Mihailo III Obrenović, figlio del primo sovrano della Serbia autonoma, Miloš e messo sul trono Aleksandar Karađorđević: di fatto, però, il potere del sovrano era assai limitato e le decisioni più importanti erano prese dai ministri, guidati dallo stesso Vučić-Perišić. Tra il principe Aleksandar e il governo i conflitti furono numerosi, fino a quando si creò una crisi istituzionale di cui i ministri accusarono il sovrano e lo indussero all'abdicazione, rimettendo sul trono il vecchio principe Miloš Obrenović.
Pietro seguì, dapprima, i suoi genitori nell'esilio di Timişoara, poi fu mandato a perfezionare gli studi a Ginevra, dopo di che si trasferì a Parigi dove frequentò il Collège Sainte-Barbe nel 1861 e l'accademia militare di Saint-Cyr dal 1862 al 1864[2]. A Parigi si appassionò di pittura e fotografia, e venne in contatto con ambienti politici ispirati al liberalismo, al parlamentarismo e alla democrazia. Nel 1868 pubblicò una traduzione del Saggio sulla libertà di John Stuart Mill, che diventerà il manifesto della propria azione politica[2].
La vita in esilio
Il 10 giugno 1868, Mihailo III, ritornato sul trono serbo nel 1860 dopo la morte del padre Miloš, fu assassinato. Il trono passò a Milan IV Obrenović, nipote di Mihailo III e da lui adottato come figlio. Gli assassini del sovrano non furono individuati, ma la colpa venne fatta ricadere sulla famiglia Karađorđević: per questo, nella costituzione serba venne inserita una norma con cui tutti i possedimenti dei Karađorđević venivano confiscati e ai membri della famiglia era vietato il ritorno in patria.
Pietro continuò la carriera militare in Francia e, nel 1870, si arruolò nella Legione straniera nei cui ranghi combatté durante la guerra franco-prussiana ricevendo la Legion d'onore[2]. Dal 1875 al '77 partecipò, col nome di battaglia di Petar Mrkonjić, alla rivolta dei serbi di Bosnia e Erzegovina contro il dominio ottomano, guidando un drappello di volontari, e, dopo la sconfitta, si dedicò all'attività politica con l'idea di ritornare in Serbia come regnante.
Tra la Serbia e il Montenegro non esistevano relazioni diplomatiche a causa della diversa impostazione della politica estera: il principe di Serbia Milan era favorevole a stretti rapporti diplomatici con l'impero austro-ungarico, mentre il principe Nicola I del Montenegro collaborava principalmente con l'impero russo. In oltre, l'amministrazione montenegrina nutriva una certa diffidenza verso la dinastia degli Obrenović. Pietro iniziò ad avvicinarsi al Montenegro come interlocutore alternativo, appoggiato dallo zar di Russia Alessandro III[3], e iniziò una politica di manovre dinastiche, proponendo se stesso come marito della figlia del principe Nicola, Ljubica Petrović-Njegoš, meglio nota col nome di Zorka e ipotizzando di dare una sua figlia in sposa ad un membro della casa dei Romanov[3]. Si trasferì a Cettigne dove venne nominato, nel 1883, senatore onorario[1]; l'11 agosto dello stesso anno, nel monastero di Cettigne, fu celebrato il matrimonio con Zorka che lo seguì a Parigi dove vissero per un breve periodo, finché non fecero ritorno in Montenegro.
Da Zorka, Pietro ebbe cinque figli: Jelena nel 1884, Milena nel 1886, l'erede designato al trono Đorđe nel 1887, Aleksandar nel 1888, che gli succederà al trono, e Andrija nel 1890. Dando alla luce l'ultimogenito, la principessa Zorka morì; Pietro restò a Cettigne per altri quattro anni, ma nel 1894, a causa della scarsità di mezzi finanziari, vendette le case che possedeva a Parigi e si trasferì a Ginevra.
Nel 1897 andò in Russia presso lo zar Nicola II per perorare la propria causa chiedergli l'appoggio per poter rientrare in Patria; nel 1900 provò invano di raggiungere un accordo con le autorità serbe per poter tornare a Belgrado, e nel 1901 iniziò una politica di avvicinamento alle autorità austriache presentando il proprio programma politico in caso di ascesa al trono. I suoi rapporti con i politici serbi continuarono in maniera informale, mantenendo i contatti con l'esponente del partito radicale Nikola Pašić[2].
Il colpo di stato a Belgrado
In Serbia, il principe Mihailo III, non potendo assicurare una discendenza diretta, aveva deciso di adottare Milan, il figlio di suo cugino Jevrem Obrenović, fratello del principe Miloš. Quando Mihailo fu assassinato nel 1868, Milan ne prese il posto e regnò sotto la tutela di una reggenza finché divenne maggiorenne nel 1872. La sua politica fu indirizzata ad una forte collaborazione con l'Austria; nel 1878, al termine della guerra russo-turca, ottenne dall'impero ottomano la completa indipendenza della Serbia. Nel 1882 si proclamò re suscitando l'indignazione della Russia[3] e del Montenegro. Nel 1889, Milan abdicò in favore del figlio Alessandro che, essendo tredicenne, fu affiancato da un consiglio di reggenza ispirato da re Milan. Nel 1892 fu formato un governo liberale, mentre la maggioranza parlamentare ere radicale e filorussa, quindi, in contrasto con la reggenza filoaustriaca, creando una situazione di forte ingovernabilità, finché Alessandro, sospendendo la costituzione, si sottrasse alla tutela, si dichiarò maggiorenne e nominò un governo radicale che permise alla Russia di estendere la sua influenza sulla Serbia; tale influenza cessò quando, nel 1897 Alessandro nominò il padre Milan capo dell'esercito e gli permise di riprendere stretti rapporti con Vienna.
Nel 1900 Alessandro sposò la nobile vedova Draga Mašin di 15 anni più grande di lui: la donna godeva di pessima fama, e il matrimonio fu osteggiato da partiti e sindacati. Nel 1901, il re strinse un patto di amicizia con l'impero russo: il continuo mutamento di fronte delle alleanze internazionali spinse Austria, Germania e Russia a non prendere più sul serio il sovrano serbo e a lasciarlo al proprio destino in un momento in cui la sua popolarità, in patria, era, ormai, inesistente. Non avendo figli, Alessandro decise, dapprima, di nominare successore il fratello di sua moglie, poi di dare la corona al principe Mirko del Montenegro, figlio del sovrano Nicola.
L'incertezza dinastica, la posizione ondivaga in campo internazionale e la politica interna instabile spinsero gli alti gradi dell'esercito a porre fine al regno di Alessandro. All'alba dell'11 giugno 1903, i soldati circondarono il palazzo reale, un gruppo di ufficiali appartenenti alla società segreta Crna ruka (Црна рука), guidati dal capitano Dragutin Dimitrijević, vi fecero irruzione e catturarono Alessandro e Draga che si erano nascosti negli appartamenti privati. I due sovrani furono uccisi, i loro corpi mutilati, e i resti gettati a pezzi dalle finestre del palazzo. Il Parlamento serbo concesse la corona a Pietro che ritornò in patria per prendere il potere, dopo 45 anni di esilio[2].
Il regno
Pietro si trovava nella propria casa a Ginevra quando ricevette la notizia del colpo di stato e della concessione, da parte del parlamento, a lui della corona serba.
La notizia che la famiglia Obrenović era stata definitivamente allontanata dal trono e che al suo posto sarebbe stato incoronato un membro della famiglia rivale dei Karađorđević provocò un enorme entusiasmo in tutto il paese: la propaganda iniziò a paragonare il principe Pietro al suo antenato Karađorđe Petrović che aveva guidato le lotte dei serbi per la libertà, identificandolo come un nuovo liberatore[4].
Politica interna
Immediatamente dopo la morte di re Alessandro, ci fu un cambio di governo che passò in mano al politico liberale Jovan Avakumović che Pietro decise di lasciare in carica fino a quando si fossero celebrate nuove elezioni. Il parlamento scelse di ripristinare la Costituzione democratica concessa da re Milan I nel 1888 e di emendarla nei punti in cui contrastava con la presenza di un sovrano della famiglia Karađorđević. Il 22 giugno 1903 il nuovo sovrano fece trionfalmente ingresso a Belgrado accolto dal primo ministro, dalle principali autorità e da una folla entusiasta[5]. Pietro I dichiarò che avrebbe regnato come un sovrano costituzionale[2], sull'esempio delle monarchie democratiche europee e facendo propri i principii di libertà che avava appreso in gioventù a Parigi. Immediatamente dopo il suo arrivo, si stabilì nella città di Topola, dove la sua famiglia possedeva una tenuta e dove aveva trascorso l'infanzia, vivendo in maniera molto semplice insieme alla popolazione del luogo[6].
L'incoronazione avvenne il 21 settembre 1904. Il re iniziò sùbito a mettere in pratica le riforme istituzionali per dare maggiore democrazia alla società serba, una delle quali fu la concessione di un'ampia libertà di stampa[7], di parola, e di associazione. In campo economico, Pietro I sviluppò il sistema di trasporto ferroviario e quello fluviale, incentivò la nascita di un'industria nazionale e diede impulso al commercio[8]. Durante i primi anni del regno di Pietro I l'economia serba ebbe un forte sviluppo. Si avvalse di uomini politici di idee democratiche: il 21 settembre 1903 alle elezioni parlamentari, il partito radicale aveva ottenuto la maggioranza e prese in mano il governo che fu presieduto da Sava Grujić che aveva contribuito a scrivere la costituzione liberale del 1888 e che, nel dicembre del 1904, fu sostituito da Nikola Pašić, seguìto, nel 1905 da Ljubomir Stojanović. Il partito radicale, oltre ad appoggiare le aperture monarchiche al sistema parlamentare e a forti garanzie democratiche, era di idee estremamente patriottiche, e, come era stato durante i regni dei sovrani precedenti, di tendenze filorusse e antiausctiache in politica estera.
Diminuita la dipendenza economica dall'impero austro-ungarico, la Serbia aumentò le relazioni commerciali con l'Regno d'Italia, la Francia, il Regno Unito, Malta, l'Egitto, il Belgio e la Svezia dove iniziò a vendere i prodotti non più esportati in Austria. La politica fiscale, con un aumento delle imposizioni e il controllo sulle riscossioni, un attento bilancio tra entrate e uscite, un oculato ricorso al debito pubblico e un'attenta opera di finanziamenti esteri, riuscì a risanare le casse pubbliche che, all'inizio del regno di Pietro I erano esangui[9].
Politica internazionale
Nell'ottica di affrancarsi dal legame economico con l'Austria, nel 1904, l'esercito serbo smise di comperare componenti meccaniche dall'azienda boema Škoda per rifornirsi presso la fabbrica francese Schneider[10]. Nel 1905, Pietro I strinse con la Bulgaria un accordo commerciale che, nel 1917 avrebbe dato vita ad un'unione doganale. Vienna rispose a questa politica con un embargo sulle carni suine serbe, al quale, a sua volta, la Serbia si adattò sviluppando l'industria conserviera che permise di esportare altrove i suoi prodotti. Questa che fu definita "la guerra dei maiali" durò fino al 1911 e pose le basi per un intenso scontro diplomatico.
All'indomani della guerra russo-turca che aveva visto sconfitto l'impero ottomano, il Congresso di Berlino aveva concesso all'impero austro-ungarico l'annessione della Bosnia e dell'Erzegovina, come contropartita per non aver contrastato l’offensiva militare russa. La Bosnia e l'Erzegovina, restavano formalmente possedimenti ottomani, e la Serbia, essendo territori abitati da slavi, le considerava una propria estensione, ipotizzando una futura unificazione. Dopo trent'anni dal congesso, il ministro degli esteri austriaco von Ährenthal stabilì che dalla semplice occupazione si dovesse passare ad una vera e propria annessione. Prese, quindi, accordi col suo omologo russo Izvol'skij il quale, in cambio del placet di Vienna sul passaggio di navi militari russe negli stretti turchi, si impegnò a non contrastare l'annessione[11]. Intanto, nei territori della Bosnia e dell'Erzegovina la popolazione si era fatta insofferente all'occupazione ed erano sorti associazioni e movimenti di carattere panslavo. Il 6 ottobre 1908 l'Austria ne dichiarò l'unione con l'impero. In Serbia iniziarono grandi proteste: fu mobilitato l'esercito e il principe ereditario Giorgio si pose alla testa dei dimostranti. La stampa russa, sconfessando il suo ministro, appoggiò le rivendicazioni serbe e il governo appoggiò questa posizione. Ben presto, vennero coinvolti il Regno Unito, la Francia, la Germania, il Montenegro e l'Italia in una fortissima crisi che rischiava di sfociare in un conflitto armato. Gli interessi delle diverse potenze, dapprima tutte contrarie all'Austria tranne la Germania, fecero sì che, in cambio di diverse contropartite, si optasse per accettare l'annessione e si chiedesse alla Serbia di evitare la guerra. Re Pietro, convinto dalle diplomazie europee, decise di rinunciare alle proteste[12]. I rapporti, però, tra Serbia e Austria, già lontani dall'essere cooperativi, divennero ancor più tesi.
La Serbia, una volta acquisita l'indipendenza, aveva iniziato a sentirsi investita dell'idea di riunire in un unico stato tutti i territori appartenuti all'impero costituito da Stefano Dušan nel Medioevo, liberando dalla dominazione straniera tutte le terre slave irredente, in un processo simile a quello che aveva visto il Regno di Sardegna protagonista del risorgimento italiano[10]. Questa idea di grande Serbia, rimasta latente durante il regno della famiglia Obrenović legata alla monarchia austriaca, con Pietro I ebbe un forte impulso.
Nel 1908, il movimento dei Giovani Turchi impose al sultano Abdul Hamid II una costituzione democratica e instaurò un nuovo regime con l'idea di modernizzare l'impero. Il nuovo assetto dello stato ottomano fu improntato ad un forte centralismo e all'esaltazione dell'identità turca. Questa politica esacerbò le spinte separatiste delle popolazioni non etnicamente turche, in particolar modo nei territori ottomani dei Balcani. Nel Vilayet del Kosovo la popolazione albanese si sollevò contro il governo centrale nel 1909 e nel 1910, e la repressione fu durissima[13]. Nella regione, la convivenza tra la popolazione di etnia serba e quella albanese era molto difficile e i serbi denunciavano soprusi da parte degli albanesi e delle autorità turche[14]. Pietro I, nel 1911, siglò un'alleanza col Regno di Bulgaria, alla quale si unirono il Regno di Grecia e, per ultimo, il Regno del Montenegro per combattere contro l'impero Ottomano, già fiaccato dalla recente sconfitta contro l'Italia. L'8 ottobre 1912, il Montenegro dichiarò la guerra e fu seguito dalle altre nazioni. Pietro I assunse il comando supremo dell'esercito[2], mentre l'erede al trono Alessandro guidò personalmente le armate in diverse battaglie.
L'impero Ottomano fu sconfitto e l'esercito serbo e quello montenegrino conquistarono tutte le regioni della cosiddetta "vecchia Serbia" che comprendeva il Sangiaccato, il Kosovo, la Metochia, la Macedonia e il nord dell'Albania. Il Trattato di Londra sancì queste conquiste, ma pretese la cessione del nord albanese al nuovo Regno d'Albania. La Bulgaria non accettò che la Serbia si annettesse l'intera Macedonia, e il 29 giugno del 1913 ingaggiò una nuova guerra, stavolta, contro i vecchi alleati, ma fu battuta. Il 10 agosto fu siglato un trattato di pace a Bucarest: alla Serbia andavano la Macedonia e il Kosovo, al Montenegro, la Metochia e il Sangiaccato di Novi Pazar. Il prestigio di Pietro I crebbe ulteriormente in Serbia, perché venne visto come colui che, dopo cinque secoli, aveva vendicato la sconfitta serba nella battaglia di Kosovo Polje e aveva riunificato il Kosovo alla madre patria. La riconquista del Kosovo non placò, comunque, i conflitti tra le popolazioni serbe e albanesi, e la provincia fu sottoposta ad un processo di re-slavizzazione[13] per riequilibrare la composizione etnica dopo secoli di migrazioni ed esodi.
La successione
Nel 1909 un brutto episodio che aveva visto il principe ereditario Giorgio uccidere a calci un domestico, fu preso a pretesto dagli alti ranghi dell'esercito che avevano organizzato il colpo di stato del 1903 per chiedere a re Pietro di estromettere il primogenito, con cui erano in contrasto, dalla successione. Per evitare problemi al genitore, lo stesso Giorgio rinunciò ai diritti dinastici[15] a favore del fratello minore Alessandro.
L'età avanzata del sovrano e i mesi passati sui campi di battaglia, che ne avevano minato la salute, indussero Pietro I ad accantonare molti degli impegni della politica attiva. Nel 1911 aveva dato inizio alla costruzione di un nuovo palazzo reale a Belgrado accanto a quello voluto da Milan I, ma gli eventi bellici ne avevano rallentato l'esecuzione.
Il sovrano decise di ritirarsi nella tenuta di Topola, e, nel giugno del 1914 lasciò al figlio Alessandro il pieno potere sul regno, nominandolo reggente, pur rimanendo formalmente sul trono. Nella tenuta di Topola, si dedicò all'amministrazione dell'azienda agricola di famiglia e ai contatti con i sudditi che richiedevano un suo aiuto.
L'annessione della Bosnia e dell'Erzegovina da parte dell'Impero Austro-ungarico aveva aumentato il sentimento di ostilità delle popolazioni slave delle due regioni nei confronti della dominazione asburgica e aveva ingrandito la loro volontà di riunirsi ai connazionali del Regno di Serbia. Le conquiste serbe nel Vilayet del Kosovo, che avevano riportato in patria gli slavi della Rumelia, lasciavano l'irredentismo bosniaco come l'ultimo grande scoglio da superare per la ricomposizione dell'antica Serbia. I movimenti panserbi in seno ai territori austriaci, tra i quali spiccavano le società segrete Crna ruka e Mlada Bosna, organizzarono attentati e proteste, fino al grave episodio che accadde a Sarajevo il 28 giugno 1914, giorno di San Vito, quando l'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando venne ucciso dal giovane serbo-bosniaco Gavrilo Princip. Dell'attentato, studiato, tra gli altri, da Dragutin Dimitrijević che aveva organizzato il colpo di stato che aveva permesso a re Pietro di tornare in Serbia nel 1903, era a conoscenza anche il governo serbo che rifiutò di consegnare i congiurati alle autorità austriache. Dopo tale rifiuto, Vienna decise di dichiarare guerra a Belgrado: la dichiarazione fu presentata il 28 luglio 1914.
L'esercito austriaco comandato dal generale Potiorek si spinse all'interno del territorio serbo: tra il 16 e il 19 agosto affrontò le armate serbe guidate dal generale Stepanović intorno al monte Cer dove fu sconfitto e dovette indietreggiare riattraversando il fiume Drina, dove, tra il 6 settembre e il 4 ottobre venne combattuta una battaglia di trincea favorevole agli austriaci che furono, invece, duramente sconfitti nello scontro di Kolubara terminato il 15 dicembre. L'offensiva austriaca riprese il 7 ottobre 1915: le armate asburgiche passarono i confini e si diressero su Belgrado. Pietro I che si trovava a Topola fu invitato a fuggire all'estero per evitare di cadere in mano nemica, ma si rifiutò e raggiunse il proprio esercito prima a Kragujevac e poi a Niš[16]. L'esercito serbo si scontrò con le armate bulgare nella battaglia di Ovče Pole e in quella della Morava tra ottobre e novembre, in fu sconfitto; tra il 10 novembre e il 4 dicembre 1915 combatté nell'offensiva del Kosovo contro gli eserciti austriaco, tedesco e bulgaro: la campagna si risolse in una disfatta, e i serbi si rifugiarono sulle montagne albanesi da cui raggiunsero la costa e si imbarcarono per l'isola di Corfù. Pietro I rimase insieme al suo esercito e restò nell'isola dove riunì il governo in esilio, che poi si spostò a Salonicco.
In Grecia l'armata regia venne pian piano rifondata: le potenze dell'Intesa, insieme a Grecia e Serbia, con la collaborazione dell'Italia, costituirono il fronte macedone per ricacciare austriaci e tedeschi dai Balcani. La prima grande vittoria ci fu il 15 settembre 1918 a Dobro Pole dove gli eserciti di Bulgaria e Germania furono sconfitti. Molte divisioni bulgare si ammutinarono, gli austriaci furono sconfitti sul Fronte italiano e quelle tedesche sul Fronte occidentale: a difendere le postazioni in Serbia rimasero guarnigioni sfornite che furono presto sbaragliate dalle truppe serbe e francesi. A Belgrado, il 13 novembre 1918 venne firmato un armistizio tra il comandante delle truppe dell'Intesa Louis Franchet d'Espèrey e il primo ministro del Regno d'Ungheria Mihály Károlyi.
L'unione degli slavi del sud
Dopo la disfatta bellica, l'Impero austro-ungarico si dissolse. I rappresentanti dei popoli slavi dell'Impero, riuniti in un consiglio nazionale diedero vita allo Stato degli Sloveni, Croati e Serbi che comprendeva i territori del Regno di Croazia e Slavonia, la Voivodina, il Banato, la Bosnia e l'Erzegovina. Lo stato non ebbe alcun riconoscimento internazionale e il Consiglio si rivolse al Regno di Serbia proponendo un'unificazione che mantenesse larghe autonomie. All'unione con la Serbia aderì anche il Montenegro. Il 1º dicembre 1918 il principe Alessandro, reggente di Serbia, dichiarò solennemente la nascita del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni la cui corona fu conferita a Pietro I che, infermo, era rimasto a soggiornare a Corfù.
Nell'estate del 1919, Pietro, gravemente ammalato, fece un ingresso trionfale a Belgrado[17]: andò a vivere in una casa di campagna nei pressi del parco Topčider a 4 chilometri dal centro della capitale, dove si spense il 16 agosto 1921. Fu tumulato nel mausoleo reale di Oplenac.
Note
- ^ a b Peter I su Encyclopædia Britannica
- ^ a b c d e f g HM King Peter I of the Serbs, Croats and Slovenes - sul sito della famiglia reale serba
- ^ a b c Novak Ražnatović: Ženidba kneza Petra Karađorđevića i crnogorsko-srbijanski odnosi su montenegrina.net
- ^ Utemeljenje kulta Petra I Karađorđevića su www.istorijskabiblioteka.com
- ^ 100 godina od dolaska Kralja Petra Prvog na presto (1903-2003) su web.archive.org
- ^ History - sul sito del mausoleo reale di Serbia
- ^ Sutra godišnjica smrti kralja Petra I Karađorđevića
- ^ Kralj Petar I Karadjordjevic
- ^ Lazar Paču – Državni kir janja na kub su Dnevni Akter
- ^ a b Jean Bérenguer: Les Habsbourg et les problèmes balkaniques in "Guerres et paix en Europe centrale aux époques moderne et contemporaine", Presses Universite Paris-Sorbonne, Parigi 2004 , ISBN 2840502585
- ^ Bosnian crisis of 1908 su Encyclopædia Britannica
- ^ Francesco Lamendola L’annessione austriaca della Bosnia-Erzegovina spinge l’Europa a un passo dalla guerra su www.ariannaeditrice.it
- ^ a b Kosovo: The Bradt Travel Guide su www.bradtguides.com
- ^ Kosovo and Metohia - A historical survey
- ^ U senci Nikole Pašića i Josipa Broza sul sito di Vreme
- ^ Zorica Golubović: Kralj je hteo da umre u Topoli
- ^ I su Enciclopedia italiana
Voci correlate
Collegamenti esterni
- (EN) (SR) Sito della famiglia reale serba
- (EN) (SR) Sito del mausoleo reale
Onorificenze
Onorificenze serbe
Onorificenze estere
Ordini tornarono
Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pietro I di Serbia
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