Sigilmassa - più propriamente Sijilmāsa (in arabo سجلماسة?) - è stata una città e un importante centro mercantile medievale nell'attuale Marocco.
Sguardo d'insieme
[modifica | modifica wikitesto]Sigilmassa è stata una città sita a SE di Fez (Marocco sul bordo settentrionale del Sahara, a cavallo del fiume Ziz. Fu fondata dai Sufriti kharigiti nel 757, dopo essere riusciti a ritagliarsi - stretti come erano fra gli Omayyadi di al-Andalus e i Fatimidi - un loro emirato indipendente nelle regioni a ovest dell'Ifriqiya, sulle rive del fiume Ziz (Wadi Ziz), a sud est di Fez, nel Marocco centrale.
Fino all'XI secolo, fu - come terminale della grande strada commerciale trans-sahariana occidentale che si dipanava dal fiume Niger a Tangeri, (nel nord del Marocco) nel Sahara occidentale - uno dei più importanti centri mercantili del Maghreb.
Sigilmassa divenne assai potente grazie ai floridi traffici con le regioni africane, e in particolar modo con l'antico Impero del Ghana, gravitanti cioè sul Golfo di Guinea, in cui venivano portati prodotti di alta complessità tecnologica e il prezioso salgemma estratto dalle miniere presenti nel deserto dei Taodeni e Tagahaza (Mali), scambiati col non meno prezioso oro, assai abbondante in quelle regioni (non a caso si parlava di "Costa d'Oro"), con avorio, penne di struzzo e con uomini, donne e fanciulli, presi schiavi dalle locali popolazioni.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Per quanto riguarda la sua potenza, la città fu in grado di assicurare la propria indipendenza grazie alla dinastia dei Beni Midrar, costituita dai berberi Miknasa che avviarono già verso il 771 una politica di sostanziale amicizia con il califfato omayyade di al-Andalus. Più tardi i Mikhnasa si avvicinarono all'imamato fatimide nel corso del X secolo ma essi vennero cacciati dalle regioni dai berberi Maghrawa che si erano invece accostati alla potenza omayyade iberica.[1]
Sotto i Maghrawa, Sigilmassa entrò in proficuo contatto con i Sanhaja (un altro importante gruppo tribale berbero) ma nel 1054 proprio i Sanhaja permisero all'almoravide Ibn Yasin di impadronirsi della città, imponendo una rigida osservanza sunnita ai suoi abitanti.
Una rivolta nel 1055 mise in rotta gli Almoravidi e il loro capo, Yahya ibn Umar, fu ucciso ma il suo successore, Abu Bakr Ibn Umar, piegò la rivolta nel 1056 e distrusse Sigilmassa, che non recuperò mai più il suo importante ruolo mercantile e culturale.
Sigilmassa fiorì ancora sotto i Beni Khazrun, e, dopo gli Almoravidi, cadde sotto controllo almohade. Successivamente entrò nei possedimenti della dinastia dei Merinidi. All'inizio del Trecento, secondo quanto scrivono Dumper e Stanley (p. 336), mercanti genovesi avevano ottenuto un funduq (fondaco), ossia un magazzino-emporio munito di mura: da essi il cartografo genovese Giovanni di Carignano (rettore della parrocchia di San Marco al Molo) avrebbe ricevuto molte informazioni sulla geografia nordafricana, fondamentali per la realizzazione delle mappe. Tra il 1446 e 1447 fu visitata dall'esploratore e mercante genovese Antonio Malfante, uno dei primi europei cristiani a raggiungere il Touat e riportarne informazioni e notizie.[2]
Distrutta ancora una volta nel 1363, Sigilmassa fu ricostruita per ordine del Sultano Mulay Ismail, nel XVIII secolo, Ebbe infatti qui sede la famiglia che diede origine alla dinastia alawide del Marocco.
Fu definitivamente distrutta dai nomadi di Ait Atta nel 1818.
Oggi le rovine di Sigilmassa, che si estendono a un paio di chilometri dal centro urbano di Rissani[3], sono state riconosciute dal World Monuments Fund come un sito soggetto a grave pericolo di scomparsa e custodito dal Ministero marocchino della Cultura.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Si ricorda come una delegazione maghrawa fosse ricevuta a corte dal califfo al-Hakam II ibn Abd al-Rahman che - pur non disprezzando quell'alleanza - rimase assai scandalizzato delle loro scarsissime conoscenze di base dell'Islam e del forte paganesimo ancora dominante fra loro.
- ^ Antonio Malfante, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- ^ Copia archiviata, su g26.ch. URL consultato l'8 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2008). Rissani und Sijilmassa
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Henri Terrasse, "Notes sur les ruines de Sijilmasa", in: Revue Africaine, 79 (1936), pp. 581–589.
- "Sijilmassa: The Rise and Fall of a Walled Oasis in Medieval Morocco", Annals of the Association of American Geographers, 86 (1), pp. 78–101, by Dale R. Lightfoot, Department of Geography, Oklahoma State University, and James A. Miller, Department of History and Geography, Clemson University.
- Anna Maria Di Tolla, "Sigilmassa nel dinamismo etno-culturale e storico-politico del Sahara berbero (VIII-XIV secolo)", tesi di Dottorato (non pubblicata), D.S.R.A.P.A., IUO, Napoli, 1990, 255 pp.
- Luigi Serra, "In margine a un testo orale berbero avente a titolo «La storia della gente di Sigilmassa»", Studi Magrebini VI (1974), pp. 57-71.
- Boris de Rachewiltz [a cura di], "Missione etno-archeologica nel Sahara Maghrebino, I Campagna: 29 maggio - 3 luglio 1971, II Campagna: 28 marzo - 7 maggio 1972", Istituto Italiano per l'Africa, Quaderni della rivista Africa, 2, Roma, pp. 519–568.
- Dumper, Michael; Stanley, Bruce E.; Abu-Lughod, Janet L. (2007), Cities of the Middle East and North Africa: A Historical Encyclopedia, ABC-CLIO, ISBN 1-57607-919-8, 9781576079195, [1]
Altri progetti
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Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Cos'è Sijilmassa?, su maisonsijilmassa.com. URL consultato l'8 maggio 2008 (archiviato dall'url originale il 4 ottobre 2008).
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