La Provincia Maritima Italorum era la provincia bizantina comprendente l'odierna Liguria.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La Liguria fu conquistata dai Bizantini nel 538, durante la guerra gotica (535-553), ma fu pacificata solo nel 554. Il territorio ligure continuò a far parte della provincia delle Alpi Cozie anche sotto la dominazione bizantina, come narrato da Paolo Diacono nella sua descrizione dell'Italia alla vigilia dell'invasione longobarda:[1]
«Quinta vero provincia Alpes Cottiae dicuntur, quae sic a Cottio rege, qui Neronis tempore fuit, appellatae sunt. Haec a Liguria in eurum versus usque ad mare Tyr renum extenditur, ab occiduo vero Gallorum finibus copulatur. In hac Aquis, ubi aquae calidae sunt, Dertona et monasterium Bobium, Genua quoque et Saona civitates habentur.»
«La quinta provincia dell'Italia è quella delle Alpi Cozie, che prendono il nome dal re Cozio, vissuto ai tempi di Nerone. Questa (provincia) si estende dalla Liguria verso il sud est fino al mar Tirreno; a occidente è delimitata dai territori dei Galli. Comprende le città di Acqui, nota per le sue acque calde, Tortona, il monastero di Bobbio, Genova e Savona.»
Si ritiene che questa provincia fosse la sede di uno dei quattro ducati di frontiera bizantini posti a difesa dell'arco alpino: quello che presidiava le Alpi Graie e Cozie. Stando alle disposizioni della Prammatica Sanzione del 554, la provincia doveva essere governata da un governatore civile (Iudex provinciae) eletto dai vescovi e dai notabili.
Nel 569 i Longobardi conquistarono Milano e gran parte dell'Italia nord-occidentale, al punto che Paolo Diacono sostenne che ai Bizantini rimasero solo le città poste sul litorale ligure.[2] Tuttavia sembra in realtà che i Longobardi nei loro primi anni di espansione in Italia abbiano occupato solo l'Italia transpadana (a nord del Po); Bisanzio poté dunque mantenere almeno inizialmente il possesso della Liguria e del basso Piemonte, mantenendo addirittura il possesso di alcune fortezze al di là del Po (Susa e Anagnia, cadute in mano franca nel 575-577, e l'Isola Comacina, conquistata da Autari solo nel 588).[3] Nel frattempo, secondo almeno alcuni studiosi, la provincia delle Alpi Cozie sarebbe stata soppressa e accorpata, insieme ad altre province (le residue zone rimaste in mano ai Bizantini in Liguria, Tuscia, Valeria, Piceno e Campania settentrionale) nell'eparchia Urbicaria, intorno al 580.[4] L'ipotesi si basa sulla Descriptio orbis Romani del geografo Giorgio Ciprio, redatta intorno al 610, che suddivide l'Italia bizantina in cinque eparchie. Gli studiosi Formentini e Conti ritengono che la sezione relativa all'Italia della Descriptio orbis romani descriva la suddivisione amministrativa dell'Italia bizantina intorno al periodo 578-580, e che l'aggregazione della costa ligure all'eparchia Urbicaria fosse una misura di emergenza, volta ad rendere più sicuro per Roma il controllo delle regioni costiere occidentali; essi sostengono che l'istituzione della Provincia Maritima Italorum fosse successiva a tale misura di emergenza.[5] All'epoca, dunque, i Bizantini in Liguria e in Basso Piemonte controllavano ancora, secondo Giorgio Ciprio:[6]
- Neapolis (Novara in Piemonte secondo il Conti, ma l'identificazione è controversa)
- Γὰραντα (Quadrata in Piemonte secondo il Conti, ma l'identificazione è controversa)
- Ventimiglia in Liguria
- Genova in Liguria
- Luni in Liguria
Altri studiosi (come il Cosentino), invece, hanno messo in dubbio l'esistenza di questa presunta riforma amministrativa, giudicando inattendibile la sezione relativa all'Italia dell'opera di Giorgio Ciprio, il quale, essendo molto probabilmente armeno, era verosimilmente poco informato sull'Italia e potrebbe aver preso o dedotto la suddivisione dell'Italia in cinque eparchie da fonti disorganiche non direttamente provenienti dalla cancelleria imperiale, risultando in una generale inattendibilità di quella sezione; d'altronde, tale suddivisione dell'Italia in cinque eparchie, a dire del Cosentino, risulterebbe anche andare in contrasto con quanto riferito da fonti coeve italiche, come l'epistolario di Papa Gregorio Magno e le epigrafi.[7]
Intorno al 584 anche l'eparchia Urbicaria venne soppressa e la parte della Liguria rimasta bizantina assunse in seguito il nome di Provincia Maritima italorum, termine per la prima volta attestato dal geografo di fine VII secolo Anonimo Ravennate (le Epistole di Papa Gregorio Magno, invece, non menzionano alcuna provincia con questo nome).[8] Scavi archeologici a Ventimiglia, Albenga e Luni hanno provato che i collegamenti marittimi tra la Liguria e le altre regioni rimasero intensi.[9] Nel frattempo, sotto re Autari e successivamente con re Agilulfo, i Longobardi si espansero ulteriormente ed intorno al 599 conquistarono il Basso Piemonte, riducendo la Liguria bizantina alle coste intorno al 599 e tagliando la Liguria dal resto dell'Italia bizantina con la conquista in particolare delle fortezze di Bismantova e Suriano-Filattiera.[10] Tanto l'entroterra longobardo si era avvicinato al litorale ligure bizantino che Papa Gregorio Magno scrisse di aver ricevuto la notizia della nascita del figlio di Agilulfo, Adaloaldo, da una missiva inviata poco distante da Genova.[11]
Negli ultimi anni di regno di Agilulfo e sotto i suoi successori Adaloaldo e Arioaldo, i Longobardi mantennero la pace con i Bizantini, ma quando salì al trono re Rotari (636), questi perseguì una politica espansionistica contro Bisanzio. Nel 639 Rotari conquistò Oderzo e Altino nel Veneto e nel 643 tentò addirittura di conquistare Ravenna, scontrandosi presso il fiume Scultenna con l'esercito bizantino: Rotari vinse la battaglia, ma la vittoria non fu così risolutiva come la dipingono le fonti filolongobarde del tempo, dato che Rotari rinunciò alla presa di Ravenna e si diresse verso ovest, puntando verso la Liguria bizantina.
Negli ultimi mesi del 643, Rotari conquistò tutta la Liguria bizantina:
«Chrotharius cum exercitu Genavam maritimam, Albinganum, Varicottim, Saonam, Ubitergium, et Lunam civitates littoris maris de imperio auferens vastat, rumpit, incendio concremans, populum diripit, spoliat et captivitate condemnat; murosque earum usque ad undamentum destruens, vicos has civitates nominare praecepit.»
«Rotari sottrasse all’Impero, devastandole e incendiandole con l’esercito, le città sul litorale, ovvero Genova marittima, Albenga, Varicotti, Savona, Ubitergium [Oderzo, nel Veneto] e Luni, depredando, spogliando e condannando alla servitù la popolazione; inoltre rase al suolo le mura di dette città, e comandò che tali città siano nominate borghi.»
In realtà il quadro di diffuse devastazioni descritto dallo spesso inaccurato Fredegario (che infatti colloca erroneamente gli avvenimenti nell'anno 630), con incendi, devastazioni, riduzione in schiavitù della popolazione, distruzione delle mura e declassamento da città a villaggi dei centri conquistati, è stato ridimensionato dalla storiografia moderna, che lo ritiene frutto per lo più della sorpresa dei testimoni, che dopo un quarantennio di relativa pace dovettero tornare ad assistere alle asperità belliche; la riduzione in schiavitù, in particolare, risulta del tutto incompatibile con le modalità dell'insediamento longobardo in Italia, a settant'anni dalla conquista, tanto che non esiste alcuna altra testimonianza in merito a tale pratica.[12] Anche gli esiti degli scavi archeologici sembrano sconfessare il quadro di devastazioni descritto da Fredegario: da quanto risulta dai dati archeologici, solo Albenga sembrerebbe essere stata pesantemente devastata e incendiata durante la conquista longobarda del 643, mentre altre città liguri, come Luni, Savona e Ventimiglia, non sembrerebbero aver subito danni rilevanti durante la transizione dal dominio bizantino a quello longobardo, in quanto i danni attestati dagli scavi sarebbero da attribuire alle invasioni barbariche del V secolo e non alla conquista longobarda del VII secolo.[13]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Bavant, pp. 44-50.
- ^ Paolo Diacono, Historia Langobardorum, II, 25.
- ^ Origone, p. 14.
- ^ Bavant, pp. 49-50.
- ^ Christie, p. 234.
- ^ Giacomo De Iuliis, Brittion-Aprutium? Una questione di storia teramana, in Notizie dalla Delfico, n. 3, Teramo, 2009, pp. 5-11. URL consultato il 10 settembre 2018 (archiviato dall'url originale il 10 settembre 2018).
- ^ Cosentino, p. 21.
- ^ Christie, pp. 233-234.
- ^ Christie, p. 229.
- ^ Origone, p. 15.
- ^ Papa Gregorio Magno, Epistole, XIV, 12.
- ^ Lida Capo, Commento a Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, pp. 524-525.
- ^ Christie, p. 235.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (FR) Bernard Bavant, Le duché byzantin de Rome. Origine, durée et extension géographique, in Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes, vol. 91, n. 1, 1979, pp. 41-88.
- Lidia Capo, Commento, in Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992, ISBN 8804330104.
- Neil Christie, Byzantine Liguria: An Imperial Province against the Longobards, A.D. 568-643, in Papers of the British School at Rome, vol. 58, 1990, pp. 229-271.
- Salvatore Cosentino, Storia dell'Italia bizantina (VI-XI secolo): da Giustiniano ai Normanni, Bologna, Bononia University Press, 2008, ISBN 9788873953609.
- Sandra Origone, La Liguria nell'età esarcale (PDF), in Porphyra, n. 8, novembre 2006, pp. 12-25.