Catepanato d'Italia | |||||
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Informazioni generali | |||||
Nome ufficiale | Κατεπανίκιον Ἰταλίας | ||||
Capoluogo | Bari | ||||
Dipendente da | Impero bizantino | ||||
Evoluzione storica | |||||
Inizio | 965 | ||||
Fine | 1071 | ||||
Causa | conquista normanna del sud Italia | ||||
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Il Catapanato d'Italia (o Catepanato) fu una provincia dell'Impero bizantino, comprendente parte dell'Italia continentale al di sotto della linea immaginaria tra il Gargano e il Golfo di Salerno. Anche Amalfi e Napoli, sebbene a nord della linea, mantennero legami di fedeltà a Costantinopoli sottomettendosi all'autorità del Catapano.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Nell'876 minacciata dalle scorrerie dei saraceni, Bari[1] si rivolse allo stratego bizantino di Otranto Gregorio così i bizantini nello stesso anno, ristabilirono il proprio dominio su Bari, già sede dell'ultimo Esarca di Ravenna. Costituito come thema di Langobardia, questo territorio fu governato per mezzo di un funzionario a cui venne attribuito il titolo di strategos o patrizio. Tra il 970 e il 976 questo funzionario fu sottoposto all'autorità di un Catapano (o Catepano), traducibile come "Sovrintendente"; il palazzo sede del Catapano sorgeva nel sito dell'odierna basilica di San Nicola[2]. Al Catapano d'Italia rispondevano anche gli strategoi di Calabria e di Lucania[3].
I longobardi del Principato di Salerno continuamente lottarono con i bizantini per espellerli dal meridione italiano. Riuscirono con Guaimario V ad occupare tutta la Puglia e la Calabria tra il 1039 ed il 1047, unificando tutto il meridione continentale per la prima volta[4]. Con la scomparsa del Principato di Salerno, nel 1077, termina la presenza longobarda nella storia italiana (durata mezzo millennio, dal 568 al 1077). Successivamente i bizantini riuscirono a rioccupare Bari ed altre localitá, ma subito dovettero affrontare i normanni che li sconfissero definitivamente.
Infatti nel 1017 alcuni avventurieri normanni, in pellegrinaggio a Monte Sant'Angelo sul Gargano, prestarono il proprio aiuto militare alle città longobarde di Puglia, in rivolta contro i Bizantini. Dal 1016 al 1030, del resto, i Normanni furono semplici mercenari, che offrivano i propri servigi militari tanto ai Bizantini quanto ai Longobardi. Solo nel 1030, con l'instaurazione del condottiero Rainulfo Drengot nella fortezza di Aversa per iniziativa del duca Sergio IV di Napoli, i Normanni disposero di un primo presidio dal quale iniziarono poi la loro sistematica conquista del Mezzogiorno. Sempre nel 1030 giunsero in queste regioni i fratelli Guglielmo e Drogone, figli di Tancredi d'Altavilla, un crudele nobile di Coutances, in Normandia. I due fratelli si unirono ai duchi longobardi nel loro tentativo di sottrarre la Puglia ai Bizantini, i quali, nel 1040, avevano già perduto buona parte di quella provincia. Bari fu conquistata nel 1071 e i Bizantini furono definitivamente estromessi dal territorio italiano, a parte una breve ricomparsa con un nuovo assedio di Bari nel 1156.
Il Catapanato fu dunque spazzato via a seguito della conquista normanna dell'Italia meridionale.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Quando Bari era la capitale del Sud: viaggio tra i resti bizantini della città, su Barinedita. URL consultato il 26 novembre 2019.
- ^ Bisanzio in Sicilia e nel sud dell'Italia, pag. 77.
- ^ Bisanzio in Sicilia e nel sud dell'Italia, pag. 65-66.
- ^ i principi longobardi, su digilander.libero.it. URL consultato il 6 novembre 2023.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Vera von Falkenhausen, La dominazione bizantina nell'Italia meridionale dal IX all'XI secolo, Bari, 1978.
- R.Cassano, G. Musca e M. Pani, Dalla Preistoria al Mille, in F. Tateo, Storia di Bari, vol. 1, Roma, Bari, 1989.
- G. Musca e F. Tateo, Dalla conquista normanna al Ducato sforzesco, in F. Tateo, Storia di Bari, vol. 2, Roma, Bari, 1990.
- N. Lavermicocca, Bari bizantina, 1. Capitale mediterranea, Bari, 2003.
- N. Lavermicocca, Bari bizantina, 2. 1071-1156: il declino, Bari, 2006.
- Adele Cilento, Bisanzio in Sicilia e nel sud dell'Italia, Udine, Magnus Edizioni, 2005, ISBN 88-7057-196-3.