Incontro | |
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Artista | Francesco Guccini |
Autore/i | Francesco Guccini |
Genere | Musica d'autore |
Edito da | Edizioni musicali La voce del padrone |
Pubblicazione originale | |
Incisione | Radici |
Data | 1972 |
Etichetta | EMI Italiana |
Durata | 3 min 34 s |
Incontro è un brano musicale scritto ed interpretato da Francesco Guccini, contenuto nell'album Radici (1972).
Composizione e contenuti
[modifica | modifica wikitesto]In Incontro Guccini narra del suo rendez-vous modenese, a dieci anni di distanza, con un'amica dei tempi andati. È una malinconica occasione per rievocazioni nostalgiche e per constatare i cambiamenti avvenuti, come «i nostri miti morti ormai | la scoperta di Hemingway» e «la mia America e la sua | diventate nella via | la nostra città tanto triste».
L'autore così spiega la genesi del brano:
«Incontro parla di un'amica mia che, bontà sua, era innamorata di me. Era anche molto carina, ma aveva poche tette e io ero molto sensibile all'argomento. Oggi guardo altre cose, anche perché sono cambiati i tempi. In quegli anni avere la ragazza senza tette era un handicap mica da ridere. Con questa ragazza rimanemmo comunque amici. Diventò professoressa di ginnastica e si sposò con un americano che viveva a Bologna. Per un po' vissero in America, poi si trasferirono a Berlino e fu lì che si innamorò di un altro, un tipo piuttosto instabile, purtroppo. Così, quando a Natale lei raggiunse suo figlio in America, lui fece l'albero e si impiccò. Al suo ritorno in Italia la mia amica venne subito a cercarmi per raccontarmi cos'era successo. Andai a trovarla, e dopo quel pomeriggio trascorso insieme scrissi Incontro, forse il mio primo tentativo di scrivere per immagini veloci, molto cinematografiche.[1]»
Ed infatti proprio in ambito cinematografico la canzone è stata particolarmente apprezzata: inserita nella colonna sonora del film Radiofreccia di Luciano Ligabue, ha ricevuto inoltre l'apprezzamento del regista Leonardo Pieraccioni, che ha affermato: «conosco a memoria molte canzoni di Guccini. La mia preferita è Incontro con le parole "la tristezza poi ci avvolse come miele"»[2] e «se mi avessero dato venti lire ogni volta che ho ascoltato Incontro mi ci sarei comprato un biglietto aereo da farci il giro del mondo»[3].
Guccini ha chiarito l'origine letteraria di alcuni passaggi del testo: «la tristezza poi ci avvolse come miele» è ispirato a Suzanne di Leonard Cohen («il sole si riversa come miele»); «le stoviglie color nostalgia» è tratto dalla poesia La signorina Felicita ovvero la Felicità di Guido Gozzano («E gli occhi fermi, l'iridi sincere | azzurre di un azzurro di stoviglia»)[4]; «noi corriamo sempre in una direzione | ma qual sia e che senso abbia chi lo sa» viene da una frase di Edmund Husserl citata in un manuale di Anceschi («Il tutto infinito scorre infinitamente in una direzione, quale sia noi non lo potremo sapere»). Guccini ha inoltre spiegato: «non è vero che ci siamo incontrati con lei che mi correva lungo le scale. Però tutto sommato era carino, sembrava la sequenza di un film di Lelouch al rallentatore...»[5].
Cover
[modifica | modifica wikitesto]- Enrico Ruggeri (album Contatti, 1989)
- Roberto Vecchioni (Club Tenco, 1989)
- Luciano Ligabue (Note di Viaggio, 2019)
- Federico Fiumani (Un ricordo che vale dieci lire, 2014)
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Francesco Guccini, Stagioni. Tutte le canzoni, a cura di Valentina Pattavina, Einaudi, Torino, 2000, p. 72, ISBN 88-06-15712-4.
Guccini ha anche raccontato, riguardo a questa sua amica: «tra tutte le ragazze che conoscevo era la più emancipata [...] quando avevo diciassette anni mi disse una frase che mi colpì: – Ti rendi conto che io ho ormai sedici anni e non ho ancora scopato? Magari domani muoio e non ho mai scopato –. Questa frase mi fece un certo effetto, perché devo confessare che neanche io a diciassette anni avevo mai goduto di questa leccornia. Sempre di lei mi ricordo che le coprivo alcune uscite. Le cose andavano così. La Betty mi telefonava e mi chiedeva di andarla a prendere la sera. Questo voleva dire che io mi presentavo in famiglia e dicevo: – Buonasera signora, lascia venire la Betty fuori con me? – Uscivamo, e svoltato l'angolo c'erano dei maschi altissimi con delle spalle enormi che l'aspettavano. Io, insomma, ringraziavo e andavo via». (ivi, p. 279) - ^ Leonardo Pieraccioni, citato in Roberto Incerti, Pieraccioni sorriso amaro, su firenze.repubblica.it, La Repubblica, 14 dicembre 2007. URL consultato il 30 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 18 giugno 2008).
- ^ Leonardo Pieraccioni, citato in Roberto Roversi, Dicono di Guccini..., su railibro.rai.it, Rai Libro. URL consultato il 30 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 25 aprile 2012).
- ^ Anche il finale richiama un'altra poesia di Gozzano, Il gioco del silenzio, in un punto in cui il poeta, come nella canzone di Guccini, riflette in un treno («Giocosa amica, il Tempo vola, invola | ogni promessa»)
- ^ Francesco Guccini, Stagioni. Tutte le canzoni, op. cit. , pp. 279-284.