Ibram Lassaw (Alessandria d'Egitto, 4 maggio 1913 – New York, 30 dicembre 2003) è stato uno scultore statunitense di origini russe; si mise in evidenza intorno al 1933 con i suoi primi lavori vicini all'Astrattismo, ed è considerato uno dei rinnovatori della scultura americana[1][2][3].
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Lassaw nacque in una famiglia di nazionalità russa,[1][4][5] figlio di Philip Lassaw e Bertha Zaleski, che dopo aver soggiornato a Marsiglia, Napoli, Tunisi, Malta, Costantinopoli e Alessandria d'Egitto,[5] nel 1921 emigrarono negli Stati Uniti.[1]
Lassaw si appassionò all'arte fin da bambino dedicandosi ai lavori con l'argilla, con la creta[4] e con il catrame, oltre che collezionando ritagli e riproduzioni artistiche per una sua enciclopedia d'arte.[2][6]
La sua carriera scolastica e di formazione artistica si svolse al Brooklyn Children's Museum (1926), con la docente Dorothea Denslow,[7] al Clay Club (1928-1932), all'Istituto di Belle Arti e di Disegno (1930-1931)[8] e al City College di New York.[1]
Negli anni venti e trenta abitò nel Greenwich Village, frequentando artisti e scrittori come Arshile Gorky (1904-1948), Joseph Campbell (1904-1987) e Willem de Kooning (1904-1997),[7] ma gli capitò anche di dormire su una panchina a Washington Square Park.[2]
Sempre in quel ventennio, collaborò come tesoriere per l'associazione degli artisti disoccupati, aderì al programma di opere pubbliche d'arte e partecipò al progetto di arti federali del Works Progress Administration, come insegnante e scultore.[5][9]
Tra le numerose cariche ottenute durante la sua vita, Lassaw fu presidente dal 1946 al 1949 dell'associazione degli Artisti americani astrattisti, di cui fu anche uno dei cofondatori, nel 1936;[1][4][5] in quegli anni scrisse:
«Gli artisti devono lavorare come se l'arte del passato non fosse mai esistita; come se avessimo inventato l'arte.[7]»
Partecipò alla seconda guerra mondiale nell'esercito, dove si specializzò nelle saldature, tecnica che introdusse nelle sue sculture.[7]
Vendette la sua prima scultura nel 1951 e l'acquirente fu Nelson Rockefeller,[2] che ne acquistò, in seguito, altre dieci,[7] e nello stesso anno Lassaw effettuò la prima mostra personale, alla Galleria Koots newyorkese, seguita da quelle al Whitney Museum of American Art e alla Biennale di Venezia nel 1954, a San Paolo nel 1957 e all'Esposizione Internazionale di Bruxelles nel 1958.[1]
Dal 1953, Lassaw si interessò al Buddhismo Zen e al Taoismo, seguendo gli insegnamenti dello studioso Daisetz Suzuki, che ebbero una certa influenza sui suoi sviluppi artistici.[5][9]
Nel corso della sua carriera, le sue opere sono state mostrate nelle gallerie e nei principali musei di tutti gli Stati Uniti,[5] e dopo la sua morte, una retrospettiva del suo lavoro si è tenuta presso il Museo della Scultura Contemporanea, a Matera nel 2008.[9]
Lassaw si sposò con Ernestine, con la quale ebbe una figlia, Denise; Ibram Lassaw morì il 30 dicembre 2003 nella sua casa di New York.[7]
Stile e opere
[modifica | modifica wikitesto]Lassaw si mise in evidenza intorno al 1933 con i suoi primi lavori vicini all'Astrattismo, ed è considerato, assieme ad Alexander Calder (1898-1976), David Smith (1906-1965) e Isamu Noguchi (1904-1988), uno dei rinnovatori della scultura americana.[1][2]
Fin dagli esordì Lassaw si caratterizzò per gli intenti di plasmare soprattutto lo spazio, lo spazio aperto, tramite nuovi strumenti e nuovi materiali come il bronzo, l'argento, il rame e l'acciaio, variando tra l'astrattismo surreale ed il Neoplasticismo, tra la scoperta e l'approfondimento dell'inconscio e la razionalità, tra il geometrico, preciso, rigoroso e l'irrazionalità delle forme della natura, ispirandosi alla cosmologia, all'astronomia e alle costruzioni tecnologiche,[6] e proseguendo nel corso degli anni il suo sviluppo stilistico, che negli anni cinquanta culminò in elementi artistici peculiari, come nelle opere spaziali realizzate con fil di ferro saldato, assomiglianti alle tele del ragno, evidenzianti tutta la sua ispirazione spirituale, la sua creatività,[1] e l'influenza del Surrealismo, del Costruttivismo e del Cubismo.[6]
In questi suoi lavori esprimenti energia e materia si avvicinò all'Action painting, all'astrazione gestuale, all'Espressionismo astratto e alle opere di Jackson Pollock (1912-1956), di Philip Guston (1913-1980), di Bradley Walker Tomlin (1899-1953), di Mark Tobey (1890-1976),[4] risultando enfatizzato l'atto fisico dell'opera stessa,[10] e l'invito agli spettatori di abbandonarsi all'interno delle sue elaborate sculture, che diventarono tipiche nell'arte minimalista,[6] ispirate anche dagli sviluppi della cosmologia.[4]
Nel saggio del 1968 intitolato Perspectives and Reflections of a Sculptor: A Memoir, scrisse a proposito dell'intuitività dell'astrazione:
«Non sono interessato a comunicare con un pubblico. Comunicare implica che c'è qualcosa nella mia mente che desidero raccontare a qualcuno. So infatti che questo non è ciò che effettivamente avviene. Il lavoro è un "happening" alquanto indipendente dalla mia volontà cosciente.[5]»
In un'intervista rilasciata nel 1994 al The New York Times, Lassaw descrisse i suoi principi artistico basilari, che hanno contraddistinto la sua carriera:
«Ogni volta che qualcosa diventa una rappresentazione, so che devo portarla più lontano. Voglio che la mia scultura sia solo se stessa, non qualcosa da guardare per trovare l'immagine associativa.[7]»
Tra i suoi lavori, si occupò di numerose sculture monumentali, come il Pillar of Fire (1953) per la sinagoga di Springfield, e quella per la sinagoga di Providence.[1][9][11]
Tra le sue opere principali si possono menzionare la Scultura in acciaio (1938, Whitney Museum of American Art), realizzata con uno dei metalli preferiti da Lassaw, che dimostrò l'influenza di Alberto Giacometti (1901-1966), di Joan Miró (1893-1983) e di Alexander Calder,[4] caratterizzata da una cornice racchiudente l'opera che creava "lo spazio" come elemento strutturale;[6] la Via Lattea (1950, Denise Lassaw Collection), modellata con un materiale di metallo-plastica applicata e modellata su un filo robusto;[6] Kwannon (1952, Museum of Modern Art), eseguita con metallo, plasmando il filo zincato con uno strato esterno di bronzo fuso. Kwannon, nel Buddhismo Mahāyāna è il bodhisattva della grande compassione.[6]
Opere principali
[modifica | modifica wikitesto]- Scultura in acciaio, (1938, Whitney Museum of American Art);
- Via Lattea, (1950, Denise Lassaw Collection);
- Eternal Light, (1950, The Jewish Museum);
- Cluster in Lyra, (1950, Eric Firestone Gallery);
- Kwannon, (1952, Museum of Modern Art);
- Pillar of Fire, (1953, sinagoga di Springfield);
- AKASA, (1954, Eric Firestone Gallery);
- Untitled, (1954, Rago);
- Peace, (1970, RoGallery);
- Necklace, (1970, Rago);
- Construction, (Process II), (1970, RoGallery);
- Continuity, (1971, RoGallery);
- Continuity #1, (1979, Lions Gallery);
- Continuity No.1, (1979, Heritage Auctions);
- Gyre 2, (1995, Anita Shapolsky Gallery);
- Pendant, (1995, Anita Shapolsky Gallery)
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f g h i le muse, VI, Novara, De Agostini, 1964, p. 364.
- ^ a b c d e (EN) 'I Want My Sculpture to Be Only Its Self,' Says Ibram Lassaw, su nytimes.com. URL consultato il 20 ottobre 2018.
- ^ (EN) Ibram Lassaw (1913-2003), su harmonmeekgallery.com. URL consultato il 20 ottobre 2018.
- ^ a b c d e f (EN) Ibram Lassaw: The Sculptor as Explorer, su nytimes.com. URL consultato il 20 ottobre 2018.
- ^ a b c d e f g (EN) Ibram Lassaw (1913-2003), su michaelrosenfeldart.com. URL consultato il 20 ottobre 2018.
- ^ a b c d e f g (EN) Ibram Lassaw, su theartstory.org. URL consultato il 20 ottobre 2018.
- ^ a b c d e f g (EN) Ibram Lassaw, 90, a Sculptor Devoted to Abstract Forms, su nytimes.com. URL consultato il 20 ottobre 2018.
- ^ (EN) Ibram Lassaw, su americanart.si.edu. URL consultato il 20 ottobre 2018.
- ^ a b c d (EN) Ibram Lassaw, su guggenheim.org. URL consultato il 20 ottobre 2018.
- ^ (EN) Art History Definition: Action Painting, su thoughtco.com. URL consultato il 20 ottobre 2018.
- ^ (EN) Lassaw, Ibram, su jewishvirtuallibrary.org. URL consultato il 20 ottobre 2018.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Erika Duncan, "I Want My Sculpture to Be Only Its Self", Says Ibram Lassaw, in The New York Times, New York, The New York Times Company, 18 dicembre 1994.
- (EN) Nancy Gale Heller, The Sculpture of Ibram Lassaw, The State University of New Jersey, 1982.
- (EN) E. C. Goossen, R. Goldwater e I. Sandler, Three American sculptors: Ferber, Hare, Lassaw, New York, Grove Press, 1959.
- (EN) A. Kampf, Contemporary Synagogue Art: Developments in the United States 1945–1965, Union of American Hebrew Congregations, 1966.
- (EN) Ibram Lassaw, Ibram Lassaw, space explorations: A retrospective survey, 1929-1988 : Guild Hall Museum, East Hampton, New York, 14 August-25 September 1988, The Museum, 1988.
- (EN) Ibram Lassaw, Ibram Lassaw: Deep Space and Beyond, Radford, Radford University Foundation Press, 2002.
- (EN) Ibram Lassaw, Perspectives and Reflections of a Sculptor: A Memoir, Cambridge, The MIT Press, 1968.
- (EN) Joan Marter, Ibram Lassaw, in Grove Encyclopedia of American Art, I, Oxford, Oxford University Press, 2011, p. 106.
- (EN) Virginia M. Mecklenburg, The Patricia and Phillip Frost Collection: American Abstraction 1930–1945, Washington, Smithsonian Institution Press, 1989.
- (EN) Campbell Robertson, Ibram Lassaw, 90, a Sculptor Devoted to Abstract Forms, in The New York Times, New York, The New York Times Company, 2 gennaio 2004.
- (EN) William Slattery Lieberman, Ibram Lassaw, in An American Choice: The Muriel Kallis Steinberg Newman Collection, n. 74, New York, New York: Metropolitan Museum of Art, 1981.
- (EN) Roberta Smith, Ibram Lassaw: The Sculptor as Explorer, in The New York Times, New York, The New York Times Company, 11 settembre 1988.
- Giuseppe Appella, Ellen Russotto, Ibram Lassaw. Opere dal 1927 al 2003, Edizioni della Cometa, Roma 2008
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Controllo di autorità | VIAF (EN) 4779340 · ISNI (EN) 0000 0000 6685 400X · SBN CUBV161006 · Europeana agent/base/67248 · ULAN (EN) 500001384 · LCCN (EN) nr90007547 · GND (DE) 137779755 · J9U (EN, HE) 987007509850905171 |
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