Emily Ruete, nota anche come Salme (Zanzibar, 30 agosto 1844 – Jena, 29 febbraio 1924), fu una principessa, figlia del sultano di Zanzibar,[1] che visse nel XIX secolo.
Scrisse un libro autobiografico dal titolo Memorie di una principessa araba, descrivendo la propria vita a corte.[2] Quest'opera ha un grande valore per lo studio delle monarchie di Zanzibar e Oman, poiché si tratta dell'unico testo di questo genere scritto da una donna (sia a Zanzibar che nell'Oman, alle donne non veniva insegnato a scrivere, e l'unica lettura loro consentita era quella del Corano). A Salme è dedicata una stanza del Museo del Palazzo (Palace Museum) di Stone Town, a Zanzibar, un tempo dimora della famiglia del sultano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Gli anni a Zanzibar
[modifica | modifica wikitesto]Sayyida Salme (Salama) nacque a Beit el Mtoni, il più antico palazzo omanita dell'isola di Zanzibar, il 30 agosto 1844.[2] Figlia di Sa'id bin Sultan, sultano di Zanzibar e dell'Oman, e della concubina circassa Jilfidan, Salme visse i primi sette anni della sua vita nel palazzo in cui era nata per poi trasferirsi, insieme alla madre, a Beit el Watoro, nella residenza del fratello e futuro sultano Majid ben Said.
In questo periodo la principessa si dedica al tiro con l'arco e all'equitazione anche grazie all'incoraggiamento del fratello maggiore.[2] Come tutte le figlie del sultano, anche Salme imparò a leggere nella scuola dedicata a lei e ai suoi fratelli, e dedicava molta attenzione alla cura del suo aspetto. Lei stessa, nella sua autobiografia, scrive che tutte le figlie e tutti i figli del sultano dovevano avere i capelli in ordine ed indossare abiti appropriati per presentarsi al cospetto del padre. Salme specifica anche che il sultano era molto affettuoso con tutti i figli e sembrava avere una certa predilezione per le figlie femmine.[2]
Nel 1853, a causa dei frequenti dissidi con la moglie del fratello, Salme e la madre si trasferirono a Beit el Tani, un'altra residenza del sultano.[2] Nel 1856 il sultano muore e Salme eredita un palazzo e una piantagione; tre anni dopo muore anche la madre e alla principessa vengono assegnate altre tre piantagioni. In questo periodo Zanzibar diventa un Sultanato indipendente; Thuwaini ibn Said al-Said, uno dei numerosi fratelli di Salme, diventa sultano dell'Oman, mentre Majid sultano di Zanzibar. La famiglia di Salme e il Sultanato si sgretolano, dando il via ad un periodo particolarmente turbolento che culminò con lo scontro tra Majid e un altro fratello, Barghash bin Sa'id. Il legittimo sultano sconfisse l'usurpatore e lo costrinse ad un esilio a Bombay.
Salme, che durante gli scontri si era ritirata nei suoi possedimenti, si riavvicina al nuovo sultano e va a vivere a Mji Mkongwe, l'odierna Stone Town.
In città Salme incontra Rudolph Heinrich Ruete, un uomo d'affari tedesco. La principessa racconta che i primi contatti con l'uomo avvennero dalla finestra; ben presto, nel 1866, gli sguardi a distanza si trasformarono in una relazione e Salme rimase incinta.
Suo fratello Majid venne informato e lei, rischiando la condanna a morte per lapidazione, scappò con l'uomo che diventò suo marito grazie all'aiuto del console inglese.[2]
Gli anni in Germania
[modifica | modifica wikitesto]La fuga di Salme da Zanzibar ha inizio quando lo stato di gravidanza è già avanzato e il primogenito della principessa e dell'uomo d'affari nacque ad Aden, nello Yemen. Qui Salme viene battezzata assumendo il nome di Emily.[2] Prima di raggiungere la Germania, nel giugno 1867, il figlio di Emily muore durante il passaggio in Francia.
I coniugi Ruete si stabilirono ad Amburgo e nel 1868 nacque una bambina; la coppia darà alla luce altri due figli, un maschio e una femmina, in appena quattro anni, poi Rudolph morì lasciando Emily vedova e sola.
A seguito della sua fuga da Zanzibar, il sultano confiscò tutti i beni di Emily che trascorse anni difficili in terra straniera, confortata, come lei stessa scrive, dall'amore dei figli.[2]
Seppur in grosse difficoltà, anche economiche, Emily non smise mai di tenere i contatti con la terra di origine. Nel 1875, quando seppe che il fratello Barghash, divenuto sultano di Zanzibar dopo la morte di Majid, sarebbe andato in visita a Londra, decise di imparare l'inglese ed intraprese un viaggio verso l'Inghilterra. Nonostante gli sforzi, tuttavia, le fu negato il consenso di incontrare il fratello e la Regina Vittoria, quindi fece ritorno in Germania dai suoi figli.[2]
Dieci anni dopo, grazie all'intervento di Otto von Bismarck, Emily organizzò una visita, con i suoi figli, a Zanzibar: il viaggio, reso possibile anche dall'apertura del canale di Suez, fu lungo e terminò l'11 agosto 1885.[2]
Una volta riconosciuta, gli abitanti di Zanzibar andarono a farle visita mostrando l'affetto e il rispetto dovuto ad una principessa, nonostante lei fosse fuggita e avesse cambiato nome, religione e status sociale; il sultano però, non contento delle attenzioni che la sorella riceveva, inflisse punizioni a chi le rendeva visita e tentò di isolarla. Dopo alcuni mesi trascorsi nella terra natia, Emily e i suoi figli intrapresero il viaggio di ritorno in Germania.[2]
Una volta rientrata in Europa, Emily concluse la sua autobiografia, e nel 1886 la pubblicò. Il 29 febbraio 1924, a 79 anni, Emily Ruete morì a Jena a causa di una polmonite.[3]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Royal Ark, su royalark.net.
- ^ a b c d e f g h i j k Memoirs of an Arabian Princess: An Autobiography, su World Digital Library, 1888. URL consultato il 9 settembre 2018.
- ^ Saïda Yahya-Othman, Des femmes écrivent l'Afrique. L'Afrique de l'Est, su books.google.fr, Éditions Karthala, 2010. URL consultato il 9 settembre 2018.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikisource contiene una pagina in lingua tedesca dedicata a Emily Ruete
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Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]Controllo di autorità | VIAF (EN) 59135369 · ISNI (EN) 0000 0001 0905 5591 · LCCN (EN) n83149451 · GND (DE) 118852736 · BNF (FR) cb122290351 (data) · J9U (EN, HE) 987007267453105171 |
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