Dhimmitudine è un neologismo derivante dall'arabo dhimmi, usato per definire l'attitudine dei non islamici a sottomettersi ai musulmani. Dhimmi (dialettalmente suona come zimmi; in arabo ذمي?, traducibile come "protetto") è lo status giuridico riconosciuto ai non-musulmani che vivono in un sistema politico governato dal diritto musulmano.
La parola dhimmi è un aggettivo ma di norma è usato come un sostantivo in Occidente. Deriva dal sostantivo dhimma, che significa "patto di affidabilità" e denota la relazione giuridica tra non-musulmani e Stato islamico. "Dhimmitudine" aggiunge il suffisso "-tudine" all'aggettivo dhimmi, creando un nuovo sostantivo con un significato diverso da dhimma. A seconda degli autori, il termine assume significati diversi ma tra loro correlati: può avere una valenza esclusivamente storica o contemporanea o comprendere le due; può riferirsi all'intero sistema del dhimma o alle sole persone.
Etimologia
[modifica | modifica wikitesto]Si dice che il termine sia stato coniato nel 1982 dal leader libanese maronita Bashir Gemayel per indicare i presunti[senza fonte] tentativi della leadership musulmana del paese di subordinare la popolazione cristiana. In un discorso del 14 settembre di quell'anno pronunciato a Dayr al-Salib, in Libano, disse: «Il Libano è la nostra patria e rimarrà una patria per i Cristiani... Noi vogliamo continuare a battezzare, celebrare i nostri riti, seguire le nostre tradizioni, la nostra fede ed il nostro credo ogni volta che lo desideriamo... per questo ci rifiutiamo di vivere sotto qualsiasi dhimmitudine!»[1].
Il termine è stato introdotto in Occidente dalla scrittrice Bat Ye'or verso il 1983.[2] È stato utilizzato in inglese dal 1985 in una recensione del Prof. James E. Biechler sul Journal of Ecumenical Studies, dove apprezza il lavoro di Ye'or commentando che «probabilmente il contributo singolo più importante dell'autore è la definizione e sviluppo del concetto di "dhimmitudine"».[3] Ye'or ha ulteriormente popolarizzato il termine con i libri The Decline of Eastern Christianity under Islam. From Jihad to Dhimmitude. Seventh-Twentieth Century[4] ed il seguito del 2003 Islam and Dhimmitude: Where Civilizations Collide[5] Dopo gli Attentati dell'11 settembre 2001 l'uso del termine si è ulteriormente diffuso specialmente nei dibattiti sull'Islam.
Anti Dhimmitudine
[modifica | modifica wikitesto]Anti Dhimmitudine, un neologismo correlato, descrive il comportamento opposto adottato da chi si oppone o combatte la dimmitudine. È generalmente utilizzato da autori che si oppongono all'attivismo islamico. Fra questi Oriana Fallaci, Bat Ye'or, Ibn Warraq e Ayaan Hirsi Ali.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ As reprinted in Lebanon News 8, no. 18 (September 14, 1985), 1-2
- ^ Bat Ye'or, "Terres arabes: terres de 'dhimmitude'", in La Cultura Sefardita, vol. 1, RMI 44, no. 1-4, 3rd series (1983): 94-102
- ^ James E. Biechler, recensione di The Dhimmi: Jews and Christians under Islam in Journal of Ecumenical Studies (Philadelphia). 1985?
- ^ Bat Ye'or, The Decline of Eastern Christianity under Islam. From Jihad to Dhimmitude. Seventh-Twentieth Century, Madison/Teaneck, NJ, Fairleigh Dickinson University Press/Associated University Presses, 1996, ISBN 0-8386-3688-8.
- ^ Bat Ye'or, Islam and Dhimmitude. Where Civilizations Collide, Madison/Teaneck, NJ, Fairleigh Dickinson University Press/Associated University Presses, 2003, ISBN 0-8386-3943-7.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]Oltre ai testi indicati in nota, si vedano:
- Alberto Ventura, "L'islam sunnita nel periodo classico (VII-XVI secolo)", in Islam, a c. di G. Filoramo, Laterza, Roma-Bari 2007, pp. 77–202.
- Nicola Melis, “Il concetto di ğihād”, in P. Manduchi (a cura di), Dalla penna al mouse. Gli strumenti di diffusione del concetto di gihad, Angeli, Milano 2006, pp. 23–54.