Colosso di Nerone | |
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Civiltà | romana |
Epoca | 64-68 d.C. (costruzione) |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Comune | Roma |
Dimensioni | |
Altezza | 35,5 metri |
Mappa di localizzazione | |
Il Colosso di Nerone (Colossus Neronis) era un monumento dell'antica Roma, raffigurante in origine l'imperatore Nerone.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Il Colosso fu costruito in bronzo dallo scultore Zenodoro, ed era alto 110 piedi (33,5 m) secondo Plinio il Vecchio[1], 120 (36,6 m) secondo Svetonio[2] o 102 (31,1 m) secondo il Cronografo del 354[3] eretto su un piedistallo di 11 m. Originariamente il colosso era situato nel vestibolo della Domus Aurea, in summa sacra via[4]. Dalla vicinanza del Colosso l'anfiteatro Flavio fu soprannominato Colosseo.
L'incendio della Domus Aurea danneggiò il monumento che fu restaurato da Vespasiano,[5] il quale lo convertì in una rappresentazione del dio Sole[6]. Intorno al 127 d.C. Adriano impiegò ventiquattro elefanti nell'impresa di spostarlo accanto al Colosseo per far posto al nuovo tempio di Venere e Roma[7]; è ancora visibile il basamento di tufo sul quale era collocata la statua.
Del trasporto fu incaricato l’architetto Decrianus. Così ricorda l’evento l'Historia Augusta (Adriano 19.2):
«Con l’aiuto dell’architetto Decriano, trasportò il Colosso via dal luogo dove ora sorge il Tempio di Roma, mantenendolo in posizione eretta, benché il suo peso fosse tale che per il lavoro furono impiegati ventiquattro elefanti. Poi consacrò la statua al Sole, dopo aver cancellato i tratti di Nerone, a cui prima era stata dedicata, e progettò anche di farne una simile in onore della Luna, assegnando l’incarico all’architetto Apollodoro.»
Successivamente l'Imperatore Commodo trasformò il colosso in una statua di sé stesso nelle vesti di Ercole sostituendo la testa originaria,[8] ma dopo la sua morte il colosso fu restaurato all'aspetto precedente, e così rimase fino alla scomparsa.[9]
La statua bronzea si ispirava probabilmente al Colosso di Rodi, e rappresentava Nerone come il dio Sole, con il braccio destro in avanti e appoggiato, in età tarda, ad un timone, il braccio sinistro piegato per reggere un globo terrestre. Sulla testa portava come copricapo una corona composta da sette raggi, lunghi ciascuno 6 metri. Queste raffigurazioni ci sono state tramandate attraverso le monete di Alessandro Severo[10] e Gordiano III.[11]
Il 6 giugno il Colosso veniva incoronato, cioè addobbato con ghirlande di fiori[12]. L'ultima citazione della statua è nel Cronografo del 354; nulla rimane del Colosso di Nerone tranne le sopraddette fondamenta del basamento vicino al Colosseo.
È possibile che sia stato distrutto nel Sacco di Roma (410), oppure caduto in un terremoto che Roma subì nel V secolo, ed il suo metallo riutilizzato.[13]
I resti dell'imponente piedistallo della statua, un tempo rivestito di marmo,[14] furono rimossi nel 1936 nell'ambito dei lavori di riqualificazione dell'area che portarono anche all'eliminazione di quanto rimaneva della Meta Sudans.[15] Le fondamenta sono state riportate alla luce nel 1986, ed oggi sono visibili in loco.[13]
Collegamenti con il Colosseo
[modifica | modifica wikitesto]Molti storici concordano sul fatto che il nome del Colosseo derivi dalla statua "colossale" di Nerone.[16][17]
Beda il Venerabile (c. 672–735) scrisse un famoso epigramma a celebrazione del simbolico significato della statua: «Quamdiu stabit Colyseus stabit et Roma; cum cadet Colyseus cadet et Roma; cum cadet Roma cadet et mundus» ("Finché starà il Colosseo starà Roma, quando cadrà il Colosseo cadrà anche Roma e quando cadrà Roma cadrà il mondo").[18] Tale epigramma viene spesso inteso come un riferimento al Colosseo piuttosto che al Colosso di Nerone (come, per esempio, nel poema Childe Harold's Pilgrimage di Lord Byron). Tuttavia, all'epoca nella quale Beda scrisse, nonostante la statua fosse già andata distrutta, il sostantivo colyseus era applicato al colosso neroniano e non a quello che era ancora conosciuto solo come Anfiteatro Flavio.[19]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Plinio il vecchio, Storia naturale, XXXIV, 7 s18
- ^ Svetonio, Vite dei dodici Cesari, "Nerone", 31
- ^ Topographie der Stadt Rom in Alterthum II (1871), pp.543-571
- ^ Marziale, Spettacoli, II, 1; Epistole, I, 71, 7; Cassio Dione, LXVI, 15)
- ^ Svetonio, Vita di Vespasiano, 18.
- ^ Girolamo, in Hab. c3; Svetonio, Vite dei dodici Cesari, "Vespasiano" 18; Plinio il vecchio l.c.; cfr. Historia Augusta, Commodo, 17; Cassio Dione, Storia di Roma, LXXII, 15
- ^ Historia Augusta, Adriano, 19
- ^ Hist. Aug. Com. 17; Dione Cassio LXXII.22.
- ^ Herodian I.15.9; Reg. IV.
- ^ CNI XII 3 (Martin V); Muntoni 2 (Pius II); Berman 390; apparentemente non pubblicato, ma vedi Gnecchi II, p. 80, 9 (dritto) e Gnecchi III, p. 42 = Toynbee pl. 29, 7 (retro). Vedi anche BMC 156-157 e Cohen 468 per i sesterzi della stessa tipologia (che però datano al 223 d.C.).
Fronte: IMP CAES M AVREL SEV ALEXANDER AVG, busto laureato e drappeggiato di Severo Alessandro a destra.
Retro: PONTIF MAX TR P III COS P P; l'anfiteatro Flavio (Colosseo), è mostrato frontalmente con quattro livelli: il primo con archi, il secondo con archi che contengono statue, il terzo con nicchie che contengono statue e il quarto con finestre quadrate e clipei circolari; in una vista a volo d'uccello si può vedere l'interno con due file di spettatori. All'esterno, a sinistra Severo Alessandro è in piedi e sacrifica su un basso altare; dietro a lui la Meta Sudans e una grande statua del Sole. A destra un edificio a due piani con due timpani e una statua maschile (Jupiter?) accanto. - ^ Gnecchi p. 89, 23 and Tav. 104, 6; cf. Cohen 166.
Fronte: IMP GORDIANVS PIVS FELIX AVG, busto laureato con drappo e corazza;
Retro: MVNIFICENTIA GORDIANI AVG, toro che combatte con elefante nel Colosseo visto dall'altro; Colosso di Nerone e Meta Sudans, e Tempio di Venere e Roma, o Ludus Magnus sull'altro lato. - ^ Charles-François Dupuis, Origine des tous les cultes, Parigi, Louis Rousier, 1836, p. 242.
- ^ a b Albertson, Fred C.(2001). "Zenodorus's "Colossus of Nero"". Memoirs of the American Academy in Rome
- ^ CIL VIII, 21282
- ^ Nash, Ernest. 1961. Pictorial Dictionary of Ancient Rome, Volume 1. (New York: Frederick A. Praeger) p 268.
- ^ Samuel Ball Platner and Thomas Ashby, 1929. A Topographical Dictionary of Ancient Rome, (London: Oxford University Press), s.v. "Colossus Neronis".
- ^ Leland M. Roth, Understanding Architecture: Its Elements, History and Meaning, First, Boulder, CO, Westview Press, 1993, ISBN 0-06-430158-3.
- ^ The Coliseum, in The Catholic Encyclopedia, New Advent. URL consultato il 2 agosto 2006.
- ^ Il colosso si identificava con la fortuna di Roma e, per estensione, con il destino del mondo, ma ai tempi di Beda era già stato distrutto, forse durante le invasioni gotiche. La memoria del perduto colosso, tuttavia, diede nome al vicino anfiteatro, dal Medioevo in poi. Si veda, in proposito, Serena Ensoli, Eugenio La Rocca, Aurea Roma p. 67.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Fonti primarie
- Cassio Dione, Historia Romana, libri LXIII. URL consultato il 16 ottobre 2015 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2015). ((EN) Storia romana — traduzione in inglese su LacusCurtius).
- Plinio il Vecchio, Naturalis historia.
- (EN) Natrualis historia — traduzione in inglese di Università di Chicago.
- Svetonio, De Vita Caesarum, libri VII.
- (IT) De vita Caesarum — traduzione in italiano di Progettovidio;
- (EN) De vita Caesarum — testo latino, traduzione in inglese su LacusCurtius.
- Tacito, Annales.
- Fonti storiografiche moderne
- Andrea Carandini, Le case del potere nell'antica Roma, Roma-Bari, Laterza, 2010, ISBN 978-8842094227.
- Eugen Cizek, La Roma di Nerone, Milano, Ed.Garzanti, 1986.
- Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Verona, Arnoldo Mondadori Editore, 1984.
- Filippo Coarelli, Roma, Bari & Roma, Laterza, 2012.
- Fabiola Fraioli, Regione IV. Templum Pacis, a cura di Andrea Carandini, collana Atlante di Roma antica, Milano, Mondatori Electa, 2012, pp. 281-306, ISBN 978-88-370-8510-0.
- Elisabetta Segala & Ida Sciortino, Domus Aurea, Milano, Electa Mondadori, 2005, ISBN 88-370-4105-5.
- Philipp Vandenberg, Nerone, Milano, Rusconi, 1984.
Altri progetti
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