Agrapha (ἄγραφα, singolare: ἄγραφον, àgraphon, «non scritto») è una parola greca utilizzata per indicare quei detti di Gesù che non sono contenuti nei vangeli canonici, ma che sono stati tramandati da fonti extra-evangeliche o extra-canoniche.
Questo termine fu usato per la prima volta da J.G. Körner nel 1776 e introdotto nella moderna critica biblica da Alfred Resch all'inizio del XX secolo. Resch distinse 194 agrapha provenienti da fonti patristiche e dalla tradizione testuale del Nuovo Testamento, dai detti di Gesù contenuti nei testi cosiddetti "apocrifi"; successivamente questa distinzione è stata abbandonata.
Fonti degli agrapha
[modifica | modifica wikitesto]Altri libri del Nuovo Testamento
[modifica | modifica wikitesto]Un primo esempio di agraphon è riportato all'interno degli Atti degli Apostoli, 20:35[1]. In questo brano, si racconta del discorso di Paolo di Tarso agli anziani della comunità di Efeso; Paolo afferma:
« In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere! » ( Atti 20:35, su laparola.net.) |
Il detto attribuito da Paolo a Gesù, «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!», non è tramandato da alcun testo evangelico, e dunque è un vero e proprio agraphon.
Anche le lettere di Paolo contengono alcuni agrapha; il più famoso è quello riportato nella Prima lettera ai Tessalonicesi, 4:15-17[2]:
« 15 Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. 16 Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; 17 quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore. » ( 1Tess 4:15-17, su laparola.net.) |
In questo caso l'agraphon non è chiaramente delineato, e probabilmente risente dell'influsso del pensiero paolino.
Tradizione testuale
[modifica | modifica wikitesto]Una fonte differente di agrapha è la tradizione testuale del Nuovo Testamento. In alcuni manoscritti, infatti, sono contenuti dei brani che la critica biblica ritiene non essere parte dei vangeli, ma che non di meno sono considerati verosimilmente autentici, derivati, cioè, dalla tradizione orale legata alla predicazione di Gesù. Un esempio di tali agrapha è contenuto nel Codex Bezae, un manoscritto in lingua greca del V secolo; nel Vangelo secondo Luca, dopo la pericope dei discepoli che strappano le spighe di sabato (6:1-5[3]) e prima della guarigione avvenuta di sabato (6:6-11[4]), nel Codex Bezae è inserito il seguente brano:
«Quando, quello stesso giorno, vide un uomo lavorare di sabato, gli disse: "Uomo! Se sai cosa stai facendo, sei benedetto! Ma se non lo sai sei maledetto e trasgressore della legge."»
Un altro esempio di agraphon è il cosiddetto "logion di Freer". Il Vangelo secondo Marco termina con dodici versetti (Marco 16:9-20) che non erano verosimilmente inclusi nell'originale, ma che furono aggiunti successivamente. Oltre a questi dodici versetti, anche detti "finale lungo di Marco", i manoscritti tramandano un finale corto e il "logion di Freer", che nel Codex Washingtonianus è inserito dopo il versetto 16:14:
«E Cristo rispose loro "Il termine degli anni del potere di Satana è stato raggiunto, ma altre cose orribili si avvicinano. E per coloro che hanno peccato io sono stato consegnato alla morte, perché essi potessero tornare alla verità e non peccare più, affinché essi potessero ereditare la gloria spirituale e incorruttibile della giustizia che è nei cieli"»
Letteratura sub-apostolica, patristica e apologetica
[modifica | modifica wikitesto]Una terza fonte di agrapha è costituita dalla letteratura subapostolica, testi molto antichi (non oltre il II secolo) attribuiti a discepoli degli apostoli, dalla letteratura patristica e apologetica. Agrapha sono riscontrabili nella Prima lettera di Clemente, nella Lettera di Barnaba e nelle opere di Giustino, Clemente Alessandrino, Origene e Afraate.
Il problema di raccogliere gli agrapha di Gesù fu sentito dallo scrittore cristiano Papia, vescovo di Ierapoli, che all'inizio del II secolo compose un'opera intitolata Esegesi delle parole del Signore; l'opera di Papia è andata perduta, ma alcuni brani furono citati da Ireneo di Lione. Tra questi, vi è un brano, riportato nell'opera Contro gli eretici (5.33.3f), che contiene una parabola di Gesù non presente nei vangeli.
Testi evangelici non canonici
[modifica | modifica wikitesto]Alcuni agrapha sono contenuti anche nella quarta tipologia di fonti, quella dei testi evangelici "apocrifi", cioè non inclusi nel canone biblico.
Un esempio di tale fonte è l'anonimo vangelo conservato in maniera frammentaria nel Papiro di Ossirinco 1224, secondo alcuni studiosi risalente addirittura all'anno 50. Il frammento in questione richiama brani contenuti nei vangeli canonici (Marco 2:16-17[5], Matteo 5:44[6], Marco 9:40[7]), ed è seguita da un agraphon, ricostruibile come:
«Colui che oggi è lontano, domani vi sarà vicino.»
Fonti islamiche
[modifica | modifica wikitesto]Un certo numero di detti attribuiti a Gesù sono contenuti anche all'interno di fonti islamiche; in generale, le tradizioni contenute nel Corano derivano da fonti apocrife.
Ad esempio, nella Sura 3.49 del Corano si dice:
«In verità, vi reco un segno da parte del vostro Signore. Plasmo per voi un simulacro di uccello nella creta e poi vi soffio sopra e, con il permesso di Allah, diventa un uccello. E per volontà di Allah, guarisco il cieco nato e il lebbroso, e resuscito il morto. E vi informo di quel che mangiate e di quel che accumulate nelle vostre case. Certamente in ciò vi è un segno se siete credenti!»
Il brano è un chiaro riferimento ad un episodio contenuto nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso (2:2-5).
Un altro famoso agraphon proveniente da una fonte islamica è un testo scritto sull'arcata della moschea di Buland Darwaza a Fatehpur Sikri, in India, il cui testo recita:
«Gesù figlio di Maria (sia pace su di lui) disse: "Il mondo è un ponte, passaci sopra, ma non costruirvi alcuna casa. Colui che spera per un'ora può sperare per l'eternità. Il mondo non dura che per un'ora. Passala in preghiera, poiché il resto non è visto".»
Si tratta di un agraphon molto simile ad un detto contenuto nel Vangelo di Tommaso, il numero 42: «Siate passanti!».
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Hans-Josef Klauck, Apocryphal Gospels: An Introduction, Continuum International Publishing Group, 2003, pp. 6-21, ISBN 9780567083906.
- Mauro Pesce (a cura di), Le parole dimenticate di Gesù. Testo greco e latino a fronte, Mondadori, 2004.
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- agrapha, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Alberto Pincherle, AGRAPHA, in Enciclopedia Italiana, vol. 1, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1929.
- agrapha, su Vocabolario Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- (EN) Agrapha, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.
Controllo di autorità | LCCN (EN) sh85070140 · GND (DE) 4455943-4 · BNF (FR) cb119816519 (data) · J9U (EN, HE) 987007293460005171 |
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- ^ At 20:35, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ 1Ts 4:15-17, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Lc 6:1-5, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Lc 6:6-11, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Mc 2:16-17, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Mt 5:44, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Mc 9:40, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.