24 Ore di Daytona | |
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Altri nomi | (EN) Rolex 24 At Daytona |
Sport | |
Tipo | Endurance |
Categoria | Sport Prototipo e Gran Turismo |
Paese | Stati Uniti |
Luogo | Daytona Beach |
Impianto | Daytona International Speedway |
Cadenza | Annuale |
Storia | |
Fondazione | 1962 |
Record vittorie | Piloti: Hurley Haywood (5) Scott Pruett (5) Costruttore: Porsche (19) |
La 24 Ore di Daytona (ufficialmente denominata Rolex 24 at Daytona) è una corsa di resistenza per vetture sport-prototipo e Gran Turismo che si disputa dal 1966 a Daytona Beach in Florida sul circuito Daytona International Speedway. Questa corsa si è ispirata alla 24 Ore di Le Mans, introdotta nel 1923 e molto popolare negli Stati Uniti.
Il nome ufficiale della corsa è variato negli ultimi anni a seconda degli sponsor principali. La prova assunse il nome di 24 Hours Pepsi Challenge tra il 1978 e il 1983, poi di SunBank 24 at Daytona tra il 1984 e il 1991 e infine l'attuale Rolex 24 at Daytona a partire dal 1992. Dal 1991, la prestigiosa marca svizzera di orologi Rolex è lo sponsor principale della corsa, i vincitori di ciascuna categoria ricevono come premio un Rolex Cosmograph Daytona in acciaio della marca con inciso l'anno della vittoria.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La prima edizione della 24 Ore di Daytona è stata disputata nel 1966, l'origine risale però al 1962, con l'introduzione di una corsa detta la 3 Ore di Daytona valida per il campionato mondiale sport. Nel 1964, la gara viene trasformata in una 2000 chilometri (distanza doppia rispetto alle classiche prove di endurance) e vicino ad una durata di una dozzina di ore, prima di adottare il formato di 24 ore a partire dalla stagione 1966 su pressione della Ford, che voleva preparare al meglio il suo assalto alla 24 Ore di Le Mans di quell'anno. Questo formato persiste ancora oggi.
A differenza di Le Mans, la corsa di Daytona viene disputata interamente dentro ad un circuito chiuso senza perciò ricorrere all'uso di strade pubbliche, sfruttando alcune porzioni dell'anello dell'alta velocità comprese curve sopraelevate ed un tratto stradale interno al circuito. Sempre diversamente da Le Mans, la corsa si svolge in inverno, perciò le fasi notturne di gara sono molto più lunghe, il circuito è comunque dotato di un impianto di illuminazione lungo tutto il percorso sebbene la sezione interna sia scarsamente illuminata rispetto all'ovale principale. Tuttavia, le luci del circuito sono attivate solo ad un livello del 20%, con luci più brillanti nell'area dei box.
In passato, le vetture dovevano tagliare il traguardo dopo 24 ore per poter essere classificate, ciò ha portato spesso a scene drammatiche dove automobili danneggiate aspettavano ai box o a bordo pista per ore l'approssimarsi della fine della corsa, per poi riavviare i loro motori e concludere gli ultimi istanti di gara, venendo così classificati, anziché venire esclusi come corsa non conclusa. Una cosa del genere è accaduta per la prima volta nel 1962, durante la corsa di 3 ore: Dan Gurney che era in testa alla guida di una Lotus aveva costruito un buon margine di vantaggio sugli inseguitori, ma a pochi minuti dal termine ebbe dei problemi al motore e, temendo di non riuscire a completare ancora un altro giro fermò la vettura sulla parte superiore della curva sopraelevata antistante il traguardo, a un paio di metri dalla linea, attendendo che trascorresse il minuto e quaranta secondi che lo separava dallo scoccare delle tre ore di gara. Non appena il direttore di corsa sventolò la bandiera a scacchi e con i diretti inseguitori ancora distanti, Gurney premette il pulsante di accensione del motore e riuscì lentamente ad attraversare la linea del traguardo grazie alla spinta del motorino elettrico di avviamento, vincendo così la corsa[1][2]. Ciò portò all'istituzione di una regola internazionale che impone ad un'automobile di attraversare la dirittura d'arrivo per mezzo della propria potenza per poter essere classificata. Ironia della sorte, proprio lo stesso Gurney fu "vittima" di questa nuova regola alla 12 Ore di Sebring del 1966, quando mentre conduceva la gara il motore della sua Ford GT40 si fermò a soli 2 minuti dal termine: il pilota frustrato spinse a mano la sua vettura per circa un quarto di miglio fino a superare il traguardo[3], venendo poi squalificato[4].
Dopo essere stata battuta dalla Ford nel 1966 sia a Daytona che a Le Mans, la Ferrari vinse l'edizione del 1967 monopolizzando il podio, organizzando un arrivo in parata trionfale delle sue 3 vetture che percorsero la curva sopraelevata appaiate destando molto stupore tra gli spettatori.
La Porsche vittoriosa nell'edizione del 1968 ripeté un analogo arrivo in parata con le sue 3 vetture. Nel 1972, a causa della crisi energetica, la gara è stata ridotta a 6 ore, mentre nel 1974 per gli stessi motivi la corsa è stata cancellata del tutto.
A partire dal 1970 alle squadre fu consentito di schierare un equipaggio di 3 piloti per vettura, oggi invece spesso 4 o 5 piloti guidano la stessa vettura, sulla vettura vincitrice nel 1997 si alternarono alla guida ben 7 piloti.
Campionati e regolamenti
[modifica | modifica wikitesto]In origine, la 24 Ore di Daytona era una gara valevole per il Campionato del Mondo per Vetture Sport a cui partecipavano le migliori macchine guidate dai piloti specialisti di endurance. A partire dal 1982, questa gara di resistenza non è più stata inserita nel calendario delle prove del Campionato del mondo, in quanto venne adottato il regolamento tecnico della corsa, gestita dalla IMSA che non accettava ne la limitazione dei consumi prevista dalla FISA per le vetture iscritte al campionato riservato alle nuove Gruppo C, né alcuni accorgimenti ammessi per tali vetture (doppio turbocompressore e pedaliera oltre l'asse anteriore).
Nel 1982 divenne una prova valida solamente per il Campionato IMSA, la serie nordamericana di endurance. Questo cambiamento non limitò affatto la partecipazione alla gara da parte di veicoli e di equipaggi di qualità, al contrario gli anni ottanta furono tra i periodi più floridi, dominati dalle vetture GTP, categoria simile ai prototipi FIA Gruppo C. Ma all'inizio degli anni novanta, il regolamento tra le due serie si differenziò ancora di più (le vetture FIA adottarono motori di F.1), mentre di li a poco dei problemi finanziari colpirono i principali costruttori impegnati nelle due serie (Porsche, Nissan, Jaguar e Toyota) che si ritirarono, contribuendo ad un brusco calo dei partecipanti.
L'IMSA reagì dando vita nel 1994 ad una nuova categoria di vetture denominate World Sports Car (WSC), sport prototipi con carrozzeria aperta, di cui i due modelli più emblematici sono stati la Ferrari 333 SP e la Riley & Scott, senza comunque raggiungere il successo in termini di qualità e di partecipazione del decennio precedente.
Nel 1998, il regolamento tecnico IMSA stava per sposare la stessa normativa della 24 Ore di Le Mans, ma la volontà della famiglia France (proprietaria del circuito di Daytona) era quella di rendere la serie finanziariamente accessibile al maggior numero di team tagliando i costi delle vetture. Si giunse così ad una rottura con la federazione IMSA, e la gara passò sotto l'egida dello Sports Car Club of America (SCCA), organismo che dette vita alla serie denominata United States Road Racing Championship (USRRC) nella quale la 24 Ore di Daytona fece parte nel biennio 1998-1999, tale campionato non riscosse successo e ben presto fallì.
Nel 2000, la Famiglia France appoggiò un'altra federazione, la Grand American Road Racing Association, promotrice del nuovo campionato Grand-Am Rolex Sports Car Series (o più semplicemente Grand-Am), del quale la 24 Ore di Daytona fa tuttora parte e ne rappresenta l'evento di spicco. Rispetto all'American Le Mans Series organizzata dall'IMSA, la Grand-Am persiste con una politica orientata a garantire una griglia di partenza molto consistente livellando le prestazioni, sovente da alcuni criticata per il discreto livello qualitativo delle vetture, inclusi i prototipi che dovrebbero essere la classe regina.
Nel 2002 viene varato un nuovo regolamento tecnico, i tradizionali prototipi WSC vengono banditi e sostituiti da nuovi mezzi denominati Daytona Prototype, telai molto standardizzati costruiti solo da alcuni costruttori incaricati e dotati di motori derivati dalla grande produzione di serie, sono perciò meno sofisticati e più facilmente gestibili finanziariamente; anche le vetture Gran Turismo più potenti ed evolute vengono escluse, consentendo la partecipazione esclusivamente a versioni strettamente vicine a modelli stradali.
L'introduzione dei Daytona Prototype, ha contribuito anche ad isolare la 24 Ore di Daytona dalle altre gare e campionati del genere endurance, infatti queste vetture sport possono gareggiare solo nella Grand-Am; spesso vengono criticati dagli amanti dell'automobilismo che li considerano automobili poco spettacolari e con prestazioni contenute, la conformazione aerodinamica conferisce loro una dubbia estetica, soprattutto in confronto alla sofisticazione dei prototipi impiegati nella 24 Ore di Le Mans.
Diversi segnali positivi sostengono le scelte degli organizzatori; il parco partenti è numeroso, ricco di piloti famosi (presenza massiccia di campioni della NASCAR, nonché della IndyCar). L'assenza di costruttori ufficiali, che di solito occupano un ruolo dominante, permette di assistere a gare combattute, influenzate dalle doti dei piloti o per scelte strategiche delle squadre e solo in minima parte dalla supremazia tecnica.
Albo d'oro dei vincitori
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Stirling Moss Race History: 1962 Daytona Continental 3 hours, su stirlingmoss.com. URL consultato il 13 febbraio 2016 (archiviato dall'url originale il 5 maggio 2013).
- ^ (EN) 1962 Daytona Continental Finish, su YouTube, a 0 min 20 s. URL consultato il 13 febbraio 2016.
- ^ (EN) 12 Hours of Sebring Race 1966, su YouTube, Triangle Racefilm Team, 1966, a 22 min 20 s. URL consultato il 13 febbraio 2016.
- ^ (EN) 12 Hours of Sebring Race 1966, su YouTube, Triangle Racefilm Team, 1966, a 25 min 20 s. URL consultato il 13 febbraio 2016.
- ^ Copia archiviata (PDF), su imsa.com. URL consultato il 27 aprile 2015 (archiviato dall'url originale il 21 aprile 2015). La classifica ufficiale recita: 740 giri in 24h00m57,667s - tracciato di 3,560 miglia - distanza totale 2634.400 miglia
- ^ http://autoweek.com/article/imsa/results-2016-rolex-24-hours-daytona La classifica recita: 736 giri in 24h00m34,607s - tracciato di 3,560 miglia - distanza totale 2620,160 miglia
- ^ http://autoweek.com/article/imsa/complete-results-2017-imsa-24-hours-daytona La classifica recita: 659 giri in 24h00m57,343s - tracciato di 3,560 miglia - distanza totale 2346,040 miglia
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su 24 Ore di Daytona
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Pagina della 24 Ore di Daytona sul sito www.imsa.com (archiviato dall'url originale il 13 febbraio 2016).
- (EN) Pagina della 24 Ore di Daytona sul sito www.daytonainternationalspeedway.com (archiviato dall'url originale il 6 febbraio 2016).
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