Cattedrale di Santa Croce
Cattedrale di Santa Croce | |
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Stato | Italia |
Regione | Emilia-Romagna |
Località | Forlì |
Indirizzo | piazza Ordelaffi ‒ Forli' (FC) |
Coordinate | 44°13′25.32″N 12°02′17.66″E |
Religione | cattolica di rito romano |
Titolare | Santa Croce |
Diocesi | Forlì-Bertinoro |
Architetto | Giulio Zambianchi |
Stile architettonico | neoclassicista (corpo), rinascentista (capelle) |
Inizio costruzione | XIX secolo (corpo), XVI secolo (cappelle) |
La cattedrale di Santa Croce è il duomo di Forlì e sede del vescovo della diocesi di Forlì-Bertinoro. Al suo interno, nella cappella sinistra, si trova la xilografia della Madonna del Fuoco, patrona della diocesi.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]L'attuale aspetto neoclassico, frutto dei grandi lavori che seguirono l'abbattimento della primitiva chiesa romanico gotica, le fu conferito dall'architetto Giulio Zambianchi che completò la nuova fabbrica nel 1841. Della struttura precedente rimangono la cappella del Santissimo Sacramento nella navata destra e la grande cappella della Madonna del Fuoco nella navata sinistra realizzata tra il 1614 e il 1636 sovrastata da una cupola ottagonale affrescata da Carlo Cignani che vi raffigurò l'Assunzione della Vergine in cielo.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Sotto l'arco di sostegno della cupola, sul pavimento a destra, si trova la tomba di Carlo Cignani.
Il cardinale Fabrizio Paolucci, commissionò a sue spese l'altare maggiore (realizzato a Roma nel 1718) e la tribuna che racchiude la Madonna del Fuoco. La piccola ancona di bronzo dorato e lapislazzuli è opera di Giovanni Giardini. L'altare maggiore è sormontato dal fastigio dello scultore Camillo Rusconi, l'altare invece venne rifatto nel 1814 su disegno di Luigi Mirri. Fu realizzato per il transetto della basilica di San Paolo fuori le mura in fase di ricostruzione dopo il disastroso incendio che l'aveva colpita, ma l'inatteso dono, da parte dello Zar di Russia, di diversi blocchi di malachite verde, portò alla decisione di realizzare per quel luogo due altari gemelli ancora oggi ammirabili nella basilica Ostiense. Il dono al duomo forlivese fu occasionato da un incidente occorso al Papa stesso che, di passaggio a Forlì, celebrò messa in duomo sull'altare precedente dotato di una predella lignea che, forse per qualche tarlo di troppo, cedette sotto il peso dell'augusto ospite che commentò "divertito": «Vi regalo io l'altare nuovo, così se ripasso da Forlì, non rischio più la vita celebrando messa».
I due organi del Settecento sono del celebre organaro veneziano Gaetano Callido.
Cappella della Madonna del Fuoco
[modifica | modifica wikitesto]La cappella-santuario della Madonna del Fuoco fu realizzata negli anni 1619-36 dall'architetto faentino Domenico Paganelli, di cui è considerata il capolavoro. È coperta da una cupola ottagonale con alto tamburo che presenta un affresco rifinito a tempera di Carlo Cignani iniziato forse nel 1686 e terminato nel 1706 che rappresenta l'Assunzione della Vergine restaurato anche da Pompeo Randi. Nelle nicchie inserite sotto i pennacchi si trovano le statue dei quattro evangelisti, opera dello scultore bolognese Giuseppe Maria Mazza, mentre i putti in stucco sono di Filippo Balugani.
Sulla faccia interna dell'arco d'ingresso si trova Il miracolo della Madonna del Fuoco, opera di Pompeo Randi. Ai lati si trovano le due cantorie in marmo disegnate da Gaetano Stegani che nel 1770 circa sostituirono quelle primitive di legno. L'organo sulla parete destra è opera della bottega veneziana dei Callido. La tribuna nella quale è conservata la xilografia della Madonna del Fuoco, opera di Giovanni Giardini da Forlì, fu realizzata a spese del cardinale Fabrizio Paulucci, che commissionò anche l'altare maggiore.
Al centro della cappella si trova la xilografia della Madonna del Fuoco, risalente ai primi anni del XV secolo. Il tabernacolo ligneo è opera dell'intagliatore Francesco Brunelli.
L'immagine della Madonna del Fuoco
[modifica | modifica wikitesto]L'immagine della Madonna, una xilografia su carta sostenuta da una tavoletta di legno, era esposta fin dal 1425 sul muro di una scuola di Forlì dove insegnava un tal Mastro Lombardino da Riopetroso. Durante l'inverno, all'interno della scuola veniva acceso un focolare in modo da poter riscaldare gli alunni. Probabilmente quella sera, al termine delle lezioni, non ci si assicurò che le ceneri fossero ben spente. Durante la notte di mercoledì 4 febbraio 1428 si sviluppò quindi un incendio che avvolse la scuola, distruggendola. La popolazione accorrse per circoscrivere il fuoco e salvare il possibile. L'incendio però durò più giorni e della scuola rimasero solo macerie annerite. Destò perciò grande stupore rinvenire l'immagine della Madonna praticamente intatta[1]. Fra i testimoni c'era anche il celebre Ugolino Urbevetano da Forlì. Il Governatore della città, il Legato pontificio Monsignore Domenico Capranica, ordinò di portare l'immagine nel duomo della città con una solenne processione, tenutasi l'8 febbraio.
Cappella del Santissimo Sacramento
[modifica | modifica wikitesto]La cappella del Santissimo Sacramento, già santuario della Madonna della Ferita, venne costruita su progetto di Pace Bombace per volontà di Caterina Sforza nel 1490. Nel 1941 la cappella fu completamente ridecorata. All'altare maggiore della cappella si affiancano due altari minori: su quello destro si trova un frammento dell'affresco La Vergine delle Grazie, attribuito a Guglielmo Organi, mentre su quello sinistro si trova il quattrocentesco affresco La Vergine della Ferita, di ignoto autore, così chiamato per una pugnalata inferta nel 1490 da un giovane, in seguito alla quale l'immagine avrebbe cominciato a sanguinare sotto gli occhi dei presenti[2].
Cappella del Battistero
[modifica | modifica wikitesto]La cappella del Battistero si trova in fondo alla navata destra. Un tempo era decorata dal ciclo di affreschi di Livio Agresti "Nove Storie eucaristiche e sette Profeti" che attualmente fanno parte della collezione della Pinacoteca di Forlì. Verso la fine dell'Ottocento venne completamente rifatta. Attualmente la cappella conserva un pregevole Battistero esagonale di pietra datato 1504, opera di Tommaso Fiamberti e del suo collaboratore Giovanni Ricci. La base e la cornice superiore sono opera di Giacomo Bianchi da Dulcigno. Le sue sei facce presentano altrettanti bassorilievi quali "San Mercuriale col Drago", "San Giovanni Battista", "San Valeriano", "Il Battesimo di Cristo", "Sant'Elena e San Girolamo" e "La Decollazione del Battista".
Il Crocifisso della Cattedrale
[modifica | modifica wikitesto]È un'immagine dal valore storico che lo pone ai vertici del suo genere in Italia. Lo si riferisce al XII secolo. Il tronco è un unico pezzo di legno sul quale sono innestati i piedi e le braccia, anch’esse realizzate con un’unica trave, ancorata con un incastro dietro le spalle. L’iconografia è quella del Christus Triumphans, non accasciato, ma dominante sulla croce, senza segni di sofferenza evidenti (non esce sangue dal costato o dalle piaghe), con gli occhi aperti (ripristinati con l’ultimo restauro, togliendo le palpebre sovrapposte) e con una corona regale in testa, invece della corona di spine. Il corpo è appeso alla croce con tenue realismo; non sformato. Il volto è eretto, tranquillo e maestoso; la barba, i baffi e i capelli sono ben ordinati, lo sguardo è fisso e solenne. Il Cristo poggia i piedi, su di un suppedaneo costruito su delle foglie, come a richiamare l'albero della vita. La policromia è integra e presenta passaggi di colore delicati nell’incarnato e un rosso più acceso nel drappo punteggiato da piccoli gigli d’oro. Le dimensioni sono notevoli: 3 metri di altezza per 2 metri di larghezza. La croce, semplice e dipinta con lacca nera, presenta tracce di decorazione policroma ed escrescenze che suggeriscono una cornice quadrilobata. Sopra il capo del Cristo sono incise due frasi che recano la stessa iscrizione latina: "Rex Iudeorum" (Re dei Giudei). Quella posta più in alto, è di scrittura semplice e potrebbe sembrare goticheggiante. Quella sotto, su due righe, forse la più antica, presenta la stessa iscrizione con caratteri incerti tra il greco e il latino.
L'opera in origine era forse posizionata all’ingresso della cattedrale del Trecento, prima dei rifacimenti ottocenteschi. Successivamente è stata spostata in una zona a lato dell'altare, in alto, al termine della navata di sinistra. Nel 2024 è stato completamente restaurato dal laboratorio SOS Art di Carlotta Scardovi di Bologna, in memoria di Martino Brunelli. L'intervento ha pulito le superfici, consolidando i vari strati, ma ha anche provveduto a rimuovere elementi non originali, quali le palpebre sovrapposte agli occhi, che sono tornati aperti[3]. L'opera è stata esposta per circa due settimane fra agosto e settembre 2024 nel Vescovado, per essere poi ricollocata in Cattedrale il 15 settembre 2024[4], ricorrenza della festa della Vera Croce. Invece che nella zona defilata che occupava in precedenza, si è deciso di posizionare il Crocifisso nel centro del presbiterio, in considerazione del fatto che è stato scelto come simbolo dell'anno giubilare 2025[5].
Interventi di Pompeo Randi
[modifica | modifica wikitesto]Pompeo Randi viene chiamato a lavorare alla decorazione che prevede un progetto che globalmente vuole:
- Esaltare la Croce (per via della dedicazione del Duomo, ovvero Santa Croce): affresco dell’abside (1863-63) e in controfacciata (1874)
- Raccontare scene relative alla vita ecclesiastica forlivese: decorazione delle navate minori
- Aumentare la decorazione della cappella della Madonna del Fuoco, uniformandola anche alla nuova parte della chiesa (piccole cupole sopra i due altari laterali; affresco sul miracolo). Era presente anche un Battesimo di Cristo oggi non visibile perché coperto.
La decorazione absidale
[modifica | modifica wikitesto]L’Invenzione della Vera croce (dal latino invenire cioè trovare, inteso dunque come ritrovamento) è la sfida più grande per Pompeo Randi. In origine si era pensato di collocare sull’altare una Pala di Marco Palmezzano che si trovava nella chiesa interna delle monache, data la presenza in essa della Croce.
Poi si era passati all’ipotesi di far dipingere una pala a Randi, ma si decide infine di pensare un progetto grandioso di decorazione dell’intera abside, un affresco che segue la circolarità del muro e si estende su tutta la superficie.
Il tema è derivato dalla dedicazione del Duomo alla Santa Croce e si riferisce a un episodio di una leggenda, nata alla fine del IV secolo e poi diffusasi in periodo medievale grazie prima ai manoscritti carolingi, poi alla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine (1260). La leggenda riguardava la storia del legno e poi della Croce da esso derivato su cui era stato crocifisso Cristo. L’episodio scelto è quello chiamato “Invenzione della croce”, dove invenzione significa ritrovamento. Si racconta infatti che Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, fosse stata mandata dal figlio in Terrasanta per trovare la Croce che lui aveva sognato e che gli aveva consentito di vincere la Battaglia di Ponte Milvio. L’episodio avrebbe poi inaugurato la cristianizzazione di Roma ed è dunque un evento cardine della fede cristiana. Questa parte della leggenda è riferita da Sant’Ambrogio e arricchita da Paolino di Nola. Giunta sul luogo Elena, guidata dal vescovo di Gerusalemme, Macario, aveva trovato tre croci, ovvero quella di Cristo e quella dei ladroni. Per capire quale delle tre fosse quella che cercava si dice la accostasse a un infermo (o a un defunto) e che questi risultasse guarito (o resuscitato). L’evento viene raccontato da Pompeo Randi inserendo gli elementi principali:
- Sant’Elena inginocchiata e San Macario abbigliato da vescovo (riconoscibili dalle aureole)
- L’inferma (in questo caso l’iconografia scelta è quella di una donna)
- La croce principale e altre croci “accessorie”: le due che vengono scartate in secondo piano, quella portata dal corteo del vescovo (destra) e quella che domina la città (sinistra) che simboleggiano la vittoria del cristianesimo
- L’insegna SPQR che simboleggia il ruolo di Roma
- L’edificio in secondo piano che sarebbe la Basilica del Santo Sepolcro (che in effetti ha una cupola) ricorda maggiormente il Pantheon, omaggio del pittore ai suoi anni passati a Roma, ma anche la facciata stessa del Duomo di Forlì e la Rotonda di Palladio, edificio sotto cui si consumò la battaglia di Vicenza in cui perse la vita il fratello di Pompeo Randi
- Davanti si vedono delle rovine del tempio di Venere che si dice fosse sorto in precedenza sulla collina del Golgota. La rovina simboleggia la fine del paganesimo.
Gli abiti sono ricchi e si presentano come un misto fra abiti all’antica e invenzione romantica, come pratica comune dell’epoca, che non prevedeva grande filologia nelle scelte.
La resa del dipinto è complicata dall’incurvarsi del muro, per cui è necessario correggere gli errori di proporzione. La composizione è sapiente e ben orchestrata, con al centro la grande croce e la figura femminile protagonista del miracolo, esaltata anche dal bianco della veste. Il colore luminoso dato anche dalla presenza ariosa del cielo, costruisce delle corrispondenze armoniche che danno bilanciamento alla struttura.
Scene di vita ecclesiastica forlivese
[modifica | modifica wikitesto]Le scene sono collocate in alto lungo le navate laterali. Sono in genere affreschi a eccezione di due dipinti a olio.
Nella controfacciata si trovano: San Mercuriale battezza un fedele e I santi Grato e Marcello distribuiscono le elemosine. Mercuriale, Grato e Marcello sono i primi Santi forlivesi.
Lungo la navata di destra si trovano: Pellegrino Laziosi chiede perdono a San Filippo Benizi; Venerazione della Madonna della ferita; Un servo degli Orgogliosi si scaglia contro l’immagine della Madonna e un episodio che non è coerente con il programma decorativo indicato, dato che non riguarda l'ambito forlivese, ovvero La Fuga in Egitto. I temi collegati alla Madonna della Ferita si riferiscono alla presenza del Santuario della Madonna della ferita (un tempo edificio a sé stante ora inglobato nella chiesa) e alla presenza della relativa immagine devozionale al suo interno.
Lungo la navata di sinistra si trovano: Beato Marcolino Amanni in estasi; Traslazione della Madonna del Fuoco; Forlì liberata dalla pestilenza grazie alla Madonna del Fuoco; San Valeriano riceve la spada dall’imperatore di Costantinopoli. I due episodi legati alla Madonna del Fuoco sono determinati dal fatto che su questa navata si affaccia la Cappella della Madonna del Fuoco, mentre la scena con il Beato Marcolino si trova in corrispondenza con la teca in cui riposa il suo corpo.
Lavori all'interno della Cappella della Madonna del Fuoco
[modifica | modifica wikitesto]L’intervento più importante di Randi all'interno della Cappella si ha nella decorazione dell’interno dell’arco d’ingresso, dove viene raffigurato il miracolo della Madonna del Fuoco. Esiste un’immagine contemporanea al fatto dipinta da Giovanni di Mastro Pedrino in una lunetta ora staccata e conservata nel tesoro della cattedrale (davanti alla cappella ora si vede una riproduzione fotografica). Giovanni di Mastro Pedrino fu testimone oculare del fatto e dipinge con gusto ancora medievale la scena divisa in parti: al centro la scuola che brucia con in alto la xilografia, a sinistra i soccorsi a cui si prodigano uomini e donne, civili e soldati e infine a destra si vedono dei religiosi che collocano l’immagine della Madonna, in grandezza gerarchica, su un altare. Per spiegare al meglio sotto in caratteri gotici si trova la narrazione succinta del fatto («E fò nel 1428 a dì 4 febraro. Qui se demostra como per vertù de Nostra Donna broxando questa casa non ghe remase altro che la sua figura in una carta imbrocada in un’asse e la quale è in questa cappella e fa molti mirachuli»).
Randi, che deve riempire uno spazio curvilineo anche nella parte bassa, organizza tutto in maniera più unificata, collocando nel centro l’immagine della Madonna del Fuoco circondata dalle fiamme e intorno i soccorritori e i cittadini che tentano di spegnere il fuoco (a destra) o di mettersi in salvo (la donna in basso a sinistra con il bambino). Il modello può essere stata la lunetta con l’incendio di Borgo di Raffaello che Randi ha visto a Roma.
Trionfo della Croce (1876-77)
[modifica | modifica wikitesto]L’opera è l’ultima a essere realizzata da Randi nel Duomo di Forlì. Nel 1876 il pittore si trova a Napoli e gli viene commissionato il lavoro ad affresco che concluda il suo intervento nel Duomo. L’episodio è il conclusivo della Leggenda della Vera Croce di Jacopo da Varagine in cui l’imperatore Eraclio, recuperata la reliquia che era stata rubata dal re persiano Cosroe, la porta a Gerusalemme nel 629 e, per omaggiarla, la trasporta vestito con un semplice saio verde al cospetto del Patriarca Zaccaria, liberato dalla prigionia persiana che fa da tramite con lo spettatore indicando la scena. Il centro della scena è Eraclio con la croce molto evidente. Lo stesso Randi in una lettera dichiara che cercherà di far comprendere che non si tratta di Cristo, ma di Eraclio. Infatti si possono vedere due giovani dietro di lui che sorreggono i vestiti dell’imperatore bizantino e la corona, un persiano che rappresenta la sconfitta di Cosroe o forse il di lui figlio, Siroe, che secondo la tradizione si convertì al cristianesimo e vari stendardi con le croci e simboli sacri che fanno comprendere si tratta di una rievocazione dell’andata al Calvario, ma in ambito già cristiano.
Idealmente la collocazione si pone come ultima immagine vista da chi sta uscendo dalla chiesa: se la prima è l’abside con il ritrovamento della Croce, ovvero l’accostarsi al Cristianesimo, con il rinnegamento del paganesimo, l’ultima invita a portare con sé la propria croce con umiltà, indipendentemente da chi si è nella vita di tutti i giorni e senza peccare di superbia.
Lo sviluppo è fortemente orizzontale, il fulcro visivo è la croce posta di traverso che attira l’attenzione grazie alla collocazione che crea un piano ortogonale obliquo di forte impatto visivo. Il colore è pieno e modellante.
Pompeo Randi non segue il modello più noto, quello di Piero della Francesca del ciclo di Arezzo, mentre è più vicino a opere di ambito veneto, come quella con stesso soggetto di Palma il Giovane.
Campanile
[modifica | modifica wikitesto]Il campanile sfrutta quella che, anticamente, era una torre patrizia della famiglia degli Orgogliosi.
Celebri Maestri di Cappella
[modifica | modifica wikitesto]- Giulio Belli (intorno al 1600)
- Clemente Monari (1713-1729)
- Gasparo Garavaglia (intorno al 1752)
- Ignazio Cirri (1759-1787)
- Giovan Battista Cirri (1787-1808)
- Andrea Favi (1808-1822)
La Cappella Musicale ebbe anche una propria scuola, in cui studiarono musicisti poi divenuti celebri, come ad esempio Antonio Maria Pellegrino Benelli.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Rino Cammilleri, Tutti i giorni con Maria, calendario delle apparizioni, Edizioni Ares, 2020, p.54 (formato Kindle).
- ^ Rino Cammilleri, Tutti i giorni con Maria, calendario delle apparizioni, Edizioni Ares, 2020, p.161 (formato Kindle).
- ^ diocesiforli.it, https://diocesiforli.it/news/dopo-il-restauro-il-crocifisso-della-cattedrale-esposto-in-vescovado .
- ^ finestresullarte.info, https://www.finestresullarte.info/arte-antica/forli-restaurato-crocifisso-romanico-xii-secolo-cattedrale .
- ^ forlitoday.it, https://www.forlitoday.it/cronaca/crocifisso-duomo-simbolo-giubileo-sostegno-nostra-fede.html .
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Osvaldo Gambassi e Luca Bandini, Vita musicale nella cattedrale di Forlì tra XV e XIX secolo, Olschki, Firenze 2003.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla cattedrale di Santa Croce
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Chiesa della Santa Croce (Forlì) su BeWeB - Beni ecclesiastici in web
- Cattedrale di Forlì - Alla Madonna del Fuoco è boom di confessioni, su famigliacristiana.it. URL consultato il 4 febbraio 2021.
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