Murattiani
Murattiani | |
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Leader | Guglielmo Pepe Michele Carrascosa |
Stato | Due Sicilie |
Sede | Napoli |
Fondazione | 1815 |
Dissoluzione | 1860 |
Ideologia | Monarchia costituzionale Conservatorismo liberale Liberalismo (in parte) Centralismo Nazionalismo romantico[1][2] |
Collocazione | Centro-destra/Destra |
I murattiani furono un gruppo politico e militare del Regno delle Due Sicilie, attivo principalmente nei primi anni del Regno. Erano soprattutto funzionari e generali, ma anche intellettuali di formazione illuministica, che avevano prestato servizio sotto il re di Napoli Gioacchino Murat e che dopo la restaurazione della monarchia borbonica al termine delle guerre napoleoniche, erano rimasti fedeli ai suoi ideali e a quelli diffusi in Italia dalla rivoluzione francese.[3][4] Per questo motivo i Borbone dubitavano della loro fedeltà.
I murattiani non erano un partito politico strutturato, bensì una élite dalle tendenze eterogenee. La loro principale rivendicazione era la promulgazione di una costituzione[5] e facevano pressioni sul re Ferdinando I per riforme liberali nell'amministrazione dello Stato e per la concessione di un parlamento.[6] Erano centralisti, in quanto si opponevano all'indipendenza della Sicilia dal Regno, seppur accettassero una parziale autonomia,[7] ed erano di tendenze patriottiche, in quanto ex sostenitori del proclama di Rimini di Murat durante il suo tentativo di unificare l'Italia, ed anche, nella maggior parte, ex sostenitori della Repubblica Napoletana del 1799. Per questo motivo, nel 1821 si opposero all'invasione austriaca delle Due Sicilie per ripristinare la monarchia assoluta. Alcuni di essi, come Guglielmo Pepe e Pietro Colletta, erano moderati e simpatizzavano per la Carboneria, mentre i più conservatori, come Michele Carrascosa, non erano completamente liberali, diffidavano dei carbonari e si mantenevano su posizioni conservatrici e moderatamente clericali. Anche i più conservatori comunque si distanziavano dai reazionari, fortemente contrari alla costituzione e al parlamento, apertamente filo-borbonici e clericali.
I murattiani furono inizialmente sostenuti dal presidente del Consiglio Luigi de' Medici di Ottajano e dal ministro Donato Tommasi, esponenti del dispotismo illuminato, attraverso la politica dell'amalgama, con la quale si integrava nella legislazione delle Due Sicilie i codici e le riforme del decennio francese e si amalgamava la burocrazia borbonica con quella napoleonica,[8] ma quando nel 1821 i moti liberali furono repressi, furono costretti a fuggire dal Regno, o addirittura dall'Italia, per evitare la condanna a morte,[9] oppure cambiarono schieramento, decidendo di appoggiare in modo definitivo la monarchia borbonica, come nel caso di Carlo Filangieri.[10]
Tuttavia i murattiani non scomparvero con la repressione austriaca degli anni 1820, ma tornarono brevemente sulla scena politica nel 1830-1831, quando il re Ferdinando II ne richiamò molti per prendere parte alle nuove timide riforme liberali e burocratiche. Ricomparvero di nuovo durante la prima guerra d'indipendenza italiana, quando Ferdinando II, sulla scia dei moti siciliani e campani, concesse la costituzione[11] e il parlamento, e di conseguenza gli esuli poterono tornare nel Regno. Durante il biennio 1848-1849 i murattiani servirono nuovamente la monarchia borbonica e alcuni ebbero cariche importanti nel Regno delle Due Sicilie. Pepe fu nominato comandante delle truppe inviate nell'Italia settentrionale al fianco del Regno di Sardegna, mentre Filangieri combatté contro la rivoluzione siciliana.[12] In particolare Pepe, in seguito al ritiro dalla guerra delle Due Sicilie, decise di disertare e rimase a combattere gli austriaci,[13] motivo per il quale, dopo la fine dell'ondata rivoluzionaria, fu nuovamente condannato all'esilio.[14] Gli altri murattiani che si erano opposti al ritiro napoletano e alla soppressione del costituzionalismo, si ritirarono a vita privata.
Durante gli anni '50 alcuni degli esponenti ancora in vita del gruppo, aderirono al nuovo movimento, di più ampio supporto politico e legato al Secondo Impero francese, denominato murattismo. In base agli accordi di Plombières, fu infatti paventato di scacciare i Borbone ed affidare il trono delle Due Sicilie a Luciano Murat, figlio di Gioacchino,[15] ma a seguito degli sviluppi della seconda guerra d'indipendenza, ciò non avvenne. Infine, con la scomparsa del Regno nel 1860 a seguito della spedizione dei Mille, il gruppo murattiano cessò definitivamente di esistere.
Murattiani nel XXI secolo
[modifica | modifica wikitesto]Un certo risveglio del movimento dei murattiani è stato a Napoli negli anni 2001-2006 (creazione della società "Guardia d'onore del re Gioacchino Murat" e l'associazione "Dame d'onore di Carolina Bonaparte Murat" come parte dell'Unione Nobilità Napoleonica). (Unione Nobilta Napoleonica)
Il Comitato "Murattiani Orientali" è stato creato nell'autunno del 2021; nel 2024 unisce circa 20 colleghi dai paesi diversi (Polonia, Ucraina, Russia, Armenia, Kazakistan, Italia, Israele, Francia). Il quartiere generale si trova nella città di Uralsk, Kazakistan. La creazione del Comitato è stata preceduta da un gruppo iniziativo che lavorava sul progetto del museo della famiglia reale Murat nell'Ucraina (la città di Skala-Pоdilska nel distretto di Ternopol o la città di Ivano-Frankove (Janow) nel distretto di Leopoli) che è stato fermato per la ragione della guerra. Il Comitato si posiziona come "neomurattiani" - la continuazione estetica nell'Europa Orientale del movimento politico degli anni 1850-60. ("Сосенский вестник", 9 ноября 2022 года. Администратичный округ Новая Москва) [1] [2]
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Esponenti principali
[modifica | modifica wikitesto]Presidenti del Consiglio
[modifica | modifica wikitesto]Tra gli uomini che servirono il Regno di Napoli murattiano, tre ricoprirono successivamente la carica di presidente del Consiglio dei ministri del Regno delle Due Sicilie:
- Gennaro Spinelli di Cariati (1848-1849)
- Giustino Fortunato (1849-1852)
- Carlo Filangieri (1859-1860)
Civili
[modifica | modifica wikitesto]Militari
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Gianluca Formichi, Il Risorgimento: 1799-1861, Firenze, Giunti, 2003, p. 49.
- ^ Clelia Nascimbene Pasio, Patriottismo romantico e patriottismo classico nei prodromi del risorgimento italiano, Bologna, Zanichelli, 1931, p. 104.
- ^ IL DECENNIO FRANCESE, su Cose di Napoli, 14 luglio 2017. URL consultato l'8 dicembre 2021.
- ^ LA NAPOLI DI GIOACCHINO MURAT – HistoriaPage, su historypage.it. URL consultato il 14 dicembre 2021.
- ^ Natale Vescio, Nicola Nicolini e la Costituzione napoletana del 1820, Modena, Enrico Mucchi Editore, Archivio giuridico Filippo Serafini, 2015, CCXXXV, 1.
- ^ Colletta, vol. II, Capitolo secondo.
- ^ Palmieri.
- ^ Luigi Blanch, Luigi de' Medici come uomo di stato ed amministratore, Archivio storico per le province napoletane, L[1927], pp. 1-198.
- ^ Colletta, vol. II, Capitolo III.
- ^ Filangieri Fieschi Ravaschieri.
- ^ Horst Dippel (a cura di), Constitutions of the world, Vol. 10: Europe, De Gruyter, 2010, p. 492. Ospitato su Google libri.
- ^ Filangieri Fieschi Ravaschieri, pp. 172, 175.
- ^ Scardigli, pp. 137-138.
- ^ (EN) Ronald S Cunsolo, Venice and the Revolution of 1848–49, in Encyclopedia of Revolutions of 1848, Ohio University. URL consultato il 22 novembre 2008 (archiviato dall'url originale il 20 dicembre 2008)..
- ^ (EN) AFFAIRS IN FRANCE; The Difficulties among the Free Masons Prince Lucien Murat and his Proceedings The Election of Prince Napoleon as Grand Master., in The New York Times, 17 giugno 1861.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Pietro Colletta, Storia del Reame di Napoli dal 1734 sino al 1823, 3ª ed., Firenze, Le Monnier, 1856 [1834]. Ospitato su Google libri.
- Teresa Filangieri Fieschi Ravaschieri, Il generale Carlo Filangieri, principe di Satriano e duca di Taormina, Milano, Treves, 1902.
- Pasquale Hamel, La Sicilia al Parlamento delle due Sicile 1820/21, Palermo, Thule editore, 1986.
- Lino Martini, Sulla Battaglia di Rieti-Antrodoco 7-10 marzo 1821, Rieti, Studio storico-critico, 2015, ISBN 978-88-940765-0-9.
- Francesco Mastroberti, Costituzioni e costituzionalismo tra Francia e Regno di Napoli: (1796-1815), Cacucci, 2014.
- Francesco Mastroberti, La transizione dall'antico al nuovo diritto nel Regno di Napoli: momenti e letture, Cacucci, 2020.
- Nicola Nisco, Ferdinando II. e il suo regno, Napoli, Morano, 1884.
- Nicolò Palmieri, Saggio storico e politico sulla Costituzione del Regno di Sicilia infino al 1816 con un'appendice sulla rivoluzione del 1820; con una introduzione e annotazioni di Anonimo (Michele Amari)., Losanna, S. Bonamici e compagni, 1847, SBN IT\ICCU\PAL\0047321.
- Guglielmo Pepe, Relazione delle circostanze relative agli avvenimenti politici e militari in Napoli nel 1820 e 1821, diretta a S.M. il Re delle Due-Sicilie [...], Parigi, 1822.
- Piero Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino, Einaudi, 1962.
- Marco Scardigli, Le grandi battaglie del Risorgimento, Milano, Rizzoli, 2011, ISBN 978-88-17-04611-4.
- Antonio Stassano, Memorie storiche del Regno (1799-1821), Venosa, 1994.