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Alison Des Forges
Alison Des Forges (nata Liebhafsky; Schenectady, 20 agosto 1942 – Clarence Center, 12 febbraio 2009) è stata una storica e attivista statunitense per i diritti umani nella regione dei Grandi Laghi africani, in particolare durante il genocidio del Ruanda del 1994. Al momento della sua morte era una consulente senior per il continente africano presso Human Rights Watch.[1]
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nacque da Sybil Small e Herman A. Liebhafsky. Nel 1964 sposò lo storico Roger Des Forges, docente dell'Università di Buffalo. Conseguì la laurea in storia presso il Radcliffe College nel 1964 e il master e un dottorato di ricerca nella stessa disciplina presso l'Università Yale nel 1966 e nel 1972. La sua tesi di master e la dissertazione di dottorato affrontano l'impatto del colonialismo europeo sul Ruanda.[2][3]
Esperta della regione dei Grandi Laghi, studiò il genocidio ruandese. Fu inoltre un'autorità in materia di violazioni dei diritti umani nella Repubblica Democratica del Congo e in Burundi.[4]
Nel 1994 lasciò il mondo accademico in risposta al genocidio ruandese, per concentrarsi a tempo pieno sui diritti umani.[5]
Nel 1999 fu nominata MacArthur Fellow in riconoscimento del suo lavoro come "leader dei diritti umani.[6] Fu inoltre consulente senior di Human Rights Watch per il continente africano.
Morì il 12 febbraio 2009 nell'incidente aereo del volo Continental Connection 3407.[2]
Testimonianza del genocidio del Ruanda
[modifica | modifica wikitesto]Nell'aprile del 1994 Des Forges era al telefono con Monique Mujawamariya quando quest'ultima si scusò per aver posato il telefono perché non voleva che Des Forges la sentisse morire. Ciò significa che[7] Des Forges fu una dei primi stranieri ad osservare che in Ruanda era in corso un genocidio in piena regola, e in seguito guidò un team di ricercatori per confermare i fatti.[8] Testimoniò 11 volte davanti al Tribunale penale internazionale per il Ruanda e fornì prove sul genocidio ruandese a commissioni dell'Assemblea nazionale francese, del Senato belga, del Congresso degli Stati Uniti, dell'Organizzazione dell'unità africana e delle Nazioni Unite.[3] Fu l'autrice principale del libro del 1999 Leave None to Tell the Story, che l'Economist[8] e il New York Times[2] descrivono come il racconto definitivo del genocidio ruandese. Nel libro sostiene che il genocidio fu organizzato dal governo ruandese all'epoca dominato dagli hutu, e non uno spontaneo scoppio di conflitti tribali.[4]
Riconoscimento postumo
[modifica | modifica wikitesto]L'africanista René Lemarchand afferma: "Il fatto che la storia del Ruanda sia conosciuta negli Stati Uniti oggi deve molto al lavoro di Philip Gourevitch e Alison Des Forges".[9]
Human Rights Watch assegna il premio Alison Des Forges per l'attivismo straordinario, fino al 2009 noto come Human Rights Defenders Award.[10][11]
Opere
[modifica | modifica wikitesto]- Des Forges, Alison. Defeat Is the Only Bad News: Rwanda under Musiinga, 1896–1931 (1972; 2011).
- Des Forges, Alison. Leave None to Tell the Story: Genocide in Rwanda – Human Rights Watch et FIDH – 1999 – ISBN 1-56432-171-1.
- Roth, Kenneth; DesForges, Alison (Summer 2002). "Justice or Therapy?". Boston Review.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Scott Straus e Lars Waldorf, Remaking Rwanda: State Building and Human Rights after Mass Violence, Univ of Wisconsin Press, 18 aprile 2011, p. xiii, ISBN 978-0-299-28263-9.
- ^ a b c Chan, Sewell (2009-02-13). "Alison Des Forges, Human Rights Advocate, Is Dead at 66". New York Times. Retrieved February 13, 2009.
- ^ a b Biografia su Human Rights Watch, su hrw.org. URL consultato il 13 febbraio 2009 (archiviato dall'url originale il 12 febbraio 2009).
- ^ a b Bigg, Matthew, Key human rights advocate dies in U.S. plane crash, in Reuters, Thomson Reuters, 13 febbraio 2009. URL consultato il 14 febbraio 2009 (archiviato dall'url originale il 16 febbraio 2009).«A central thesis of her award-winning book, “Leave None to Tell the Story,” was that the genocide was not an uncontrollable explosion of ancient tribal hatreds but a carefully orchestrated by the government which seized control of Rwanda in April, 1994. Des Forges also argued that the rebel army that defeated the genocide regime and is now in power should also be held accountable for crimes during and just after the genocide.»
- ^ "Alison des Forges" Archiviato il 17 febbraio 2009 in Internet Archive. United States Holocaust Memorial Museum. Retrieved February 13, 2009.
- ^ Alison L. Des Forges su MacArthur Foundation, su macfound.org. URL consultato il 25 dicembre 2020.«Through informed analyses, Des Forges has focused attention on Rwanda and Burundi in particular, and central Africa in general, before, during, and after the 1994 Rwandan genocide, and has been instrumental in assisting the International Criminal Tribunal in its prosecution of those responsible. She visited the sites of massacres, exhumed bodies from mass graves, collected human bones strewn in the game parks of Rwanda, and interviewed victims of atrocities. Her book, Leave None to Tell the Story: Genocide in Rwanda (1999), marks the culmination of years of intense work and research.»
- ^ [1], Papicek, 9 April 2009, European Tribune, Retrieved 1 March 2016
- ^ a b Obituary, Alison Des Forges, in The Economist, 19 febbraio 2009, p. 88. URL consultato il 6 marzo 2009 (archiviato dall'url originale il 27 febbraio 2009).
- ^ René Lemarchand, The Dynamics of Violence in Central Africa, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 2009, p. 88, ISBN 978-0-8122-4120-4.
- ^ HRW to Honour Six Human Rights Defenders, su ipsnews.net.
- ^ Copia archiviata, su brandsaviors.com. URL consultato il 30 marzo 2016 (archiviato dall'url originale l'11 aprile 2016).
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Alison Des Forges
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Alison Des Forges, su enciclopediadelledonne.it, Enciclopedia delle donne.
- (EN) Opere di Alison Des Forges, su Open Library, Internet Archive.
- (EN) Alison Des Forges, su Goodreads.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 67382838 · ISNI (EN) 0000 0000 8159 0962 · LCCN (EN) n88682055 · GND (DE) 123797004 · BNF (FR) cb13502451x (data) · J9U (EN, HE) 987007260298405171 |
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