Pinus albicaulis

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Pinus albicaulis
Esemplari di Pinus albicaulis in natura
Stato di conservazione
In pericolo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisionePinophyta
ClassePinopsida
OrdinePinales
FamigliaPinaceae
GenerePinus
SpecieP. albicaulis
Nomenclatura binomiale
Pinus albicaulis
Engelm., 1863
Sinonimi
Nomi comuni

(IT) Pino dalla corteccia bianca
(EN) Whitebark Pine
(FR) pine à blanche écorce

Areale

Pinus albicaulis (Engelm., 1863), a volte detto pino dalla corteccia bianca, è una specie di pino, appartenente alla famiglia delle Pinaceae, originaria degli Stati Uniti (Idaho, Washington, Montana, Wyoming, California, Nevada e Oregon) e del Canada (Alberta e Columbia Britannica).[1]

Il nome generico Pinus, utilizzato già dai latini, potrebbe, secondo un'interpretazione etimologica, derivare dall'antica radice indo-europea *pīt = resina.[2] Il nome specifico albicaulis fa riferimento alla corteccia di colore grigio chiaro.[3]

Albero alto fino a 21 m con tronco monopodiale, talvolta contorto, che può raggiungere 1,5 m di circonferenza, inizialmente a portamento conico, con chioma marcatamente arrotondata e irregolare; i rami inferiori sono corti, contorti e ascendenti, spesso persistenti quelli alla base del tronco, quelli superiori flessibili e assurgenti. I virgulti sono robusti, puberolenti, con corti pulvini, di colore rosso-marrone pallido che con l'età diventa grigio-marrone pallido. I catafilli sono lunghi 5-7 mm, subulati, marroni, precocemente decidui e con margine intero.[3][4]

Le foglie sono aghiformi, fascicolate in gruppi di 5, di colore verde-giallo, lunghe 3-7 cm, ricurve, con punte acute, di colore giallo-verde sulla faccia abassiale, con linee bianche stomatiche su entrambe la facce adassiali; gli stomi, normalmente, sono disposti in 2-3 linee discontinue sulle superfici adassiali, mentre sono assenti o disposti su una linea in quella abassiale. Le gemme sono acute e ovoidali, quelle terminali lunghe fino a 1 cm, quelle laterali più piccole, di colore rosso-marrone, con perule a margine intero.[3][4]

Sono strobili maschili inizialmente rossi, poi marroni a maturazione, ovoidali-oblunghi, lunghi 1-1,5 cm, disposti numerosi sulle parti terminali dei giovani germogli. I microsporofilli sono peltati, lisci, larghi circa 1 mm.[3]

Le pigne, che si sviluppano nella parte superiore della chioma, rimangono sull'albero a meno che non vengano rimosse da animali; quindi non si aprono naturalmente, ma solamente attraverso l'azione meccanica da parte degli stessi. Lunghe 4-8 cm, sessili e di colore dal grigio opaco al nero-porpora, sono ovoidali, quasi globose. Presentano apofisi molto spesse, con punte ricurve, marroni; gli umboni sono corti e ricurvi, triangolari, con punte acute. I semi sono ovoidali, lunghi 7-11 mm, marroni, senza parte alata, commestibili.[4]

La corteccia è sottile, di colore inizialmente marrone-giallastro, poi con il tempo grigio pallido, ruvida e solcata, tendente a rompersi in piccole scaglie.[3]

Distribuzione e habitat

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Vegeta fino ad altitudini di 1350 m nella parte settentrionale dell'areale, mentre nella parte più meridionale raggiunge altitudini di 3650 m; è considerata una specie di pino di alta quota, tipica delle foreste di conifere subalpine che si sviluppano al limite superiore vegetativo. Il clima di riferimento è freddo e umido, con frequenti bufere nevose caratterizzate da venti impetuosi, condizioni nelle quali compete con poche altre specie; le precipitazioni sono allo stato liquido solo durante la breve estate, tra giugno e settembre, mentre nel resto dell'anno cadono allo stato solido, con il manto nevoso che spesso ricopre interamente i giovani esemplari. Si ritrova in associazione con Abies lasiocarpa, Tsuga mertensiana, P. contorta, Picea engelmannii, Pseudotsuga menziesii, P. flexilis, Larix lyalli e P. monticola. Nel sottobosco frequentemente vegetano Vaccinium scoparium, Vaccinium globulare, Vaccinium membrenaceum, Menziesia ferruginea, Luzula hitchcockii e Xerophyllum tenax; meno comuni ma localmente dominanti Festuca idahoensis, Juncus parryi, Poa nervosa, Arctostaphylos uva-ursi e Chimaphila umbellata. I semi di P. albicaulis costituiscono una importantissima fonte alimentare per almeno una ventina di specie animali. Tra di esse, eclatante è l'esempio dell'orso grizzly del Parco nazionale di Yellowstone, le cui femmine ricavano il 40-50 % della dieta autunnale dai semi; oppure il reciproco mutualismo con una specie di corvidi, Nucifraga columbiana, che rimuovono i semi dalle pigne, senza danneggiarle, per immagazzinarli come scorta alimentare. I semi che vengono inavvertitamente rilasciati nel terreno durante questa operazione di raccolta, saranno i futuri germogli, favorendo il ricambio generazionale dei pini.[1][3]

In assenza delle pigne, gli esemplari di P. albicaulis assomigliano fortemente a quelli di P. flexilis e possono essere confusi anche con quelli di un'altra specie, P. monticola.[4]

Sono stati riportati i seguenti sinonimi:[5]

  • Apinus albicaulis (Engelm.) Rydb.
  • Pinus cembroides Newb.
  • Pinus flexilis var. albicaulis (Engelm.) Engelm.
  • Pinus shasta Carrière

Il pino dalla corteccia bianca ha rivestito una grande importanza economica nel passato: tra il 1860 e il 1940 enormi quantità di legno di questa specie vennero utilizzate nel Montana per l'industria mineraria, come combustibile per le fonderie e per riscaldare le case dei minatori. Ai giorni nostri, meno di mille acri all'anno vengono deforestati.[1]

Conservazione

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Questa specie è fortemente minacciata a causa di due parassiti: la ruggine vescicolosa del pino e lo scarabeo del pino (Dendroctonus ponderosae) che, si stima, abbiano provocato una riduzione della popolazione di circa il 50 %; viene pertanto classificata come specie in pericolo (endangered) nella Lista rossa IUCN.[1]

  1. ^ a b c d e (EN) Mahalovich, M. & Stritch, L. 2013, Pinus albicaulis, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ Pinus, su American Conifer Society. URL consultato il 23 settembre 2020.
  3. ^ a b c d e f (EN) Aljos Farjon, A Handbook of the World's Conifers (2 vols.): Revised and Updated Edition, Brill, 2017, pp. 636-637. URL consultato il 23 settembre 2020.
  4. ^ a b c d Pinus albicaulis Engelmann 1863, su The Gymnosperm Database. URL consultato il 23 settembre 2020.
  5. ^ Pinus albicaulis Engelm., in Plants of the world. URL consultato il 2 maggio 2020.

Voci correlate

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